- Capitolo Diciasette -
La guardai da capo a piedi.
Ma dove sei, mamma? Non ti riconosco più.
«Ancora per poco, madre», sottolineai quella parola con disprezzo, perché da me avrebbe ricevuto solo quello, da ora in poi.
Sapevo benissimo che dovevo tenermela buona per scoprire cosa c’era ancora da sapere.
Lei non lasciava niente all'immaginazione.
Ogni volta che la guardavo, il suo odio era troppo evidente.
Morivo dalla voglia di sapere perché, ero talmente esausta di tutto, pronta a capire, a cogliere la mela marcia che era alla base di tutto.
«Molto spiritosa.. senti, ragazzina, mettiamo in chiaro una piccola cosa. Se vuoi vivere tranquilla, comportati bene in questo ultimo anno. Questo vuol dire, niente alcool, niente droga, niente puttanella in giro per locali, niente sesso, niente di niente. Comportati come ti ho detto e non ci saranno problemi!» elencò con le dita le regole che per me avrebbero contato meno di zero, visto come mi trattava.
Non si meritava la mia obbedienza. Ero sempre stata una ragazza educata e ligia alle regole, ma adesso, di quello che diceva e pretendeva, me ne sbattevo altamente.
«Io non seguirò un bel niente, madre.
Per un anno ancora avrò la mia vita, come piace a me e questo vuol dire che la vivrò come dico io, che ti piaccia.. oppure no.»
Senza darle il modo di rispondere ancora e dare voce ad altri pensieri che mi frullavano per la testa, la lasciai lì, le diedi le spalle e salii di corsa le scale al piano superiore.
«Felicity... sto parlando!»
Puoi farlo anche da sola, brutta stronza.
Non ce la facevo più a sopportarla.
Con la testa persa nei miei pensieri, avevo percorso i gradini talmente in fretta che nell'ultimo persi l'equilibrio per quanto erano lucidi.
Stupendo, la reggia ha scale in marmo, dieci punti a Crudelia.
Mi riaddrizzai e davanti a me trovai un lungo corridoio pieno di stanze, quattro alla mia destra e tre alla mia sinistra.
Tutte di legno bianco.
Tranne una.
Al centro, in fondo al corridoio, una porta di legno blu notte come il mare profondo attirò la mia attenzione.
Non sapevo quale fosse la mia stanza, ma quella porta mi richiamava come il canto delle sirene richiamava i pescatori, come se non avessi altra scelta.
Avevo già deciso, sarebbe stata la mia stanza, senza sapere nemmeno cosa si celasse all'interno.
Mi avvicinai e spalancai la porta, per poi ritrovarmi di fronte al mio mondo.
Una luce quasi accecante proveniva dalle finestre di fronte a me, era tutto completamente bianco.
Il letto, le pareti, la scrivania, l'armadio.
C'era però una poltrona, all'apparenza molto confortante, e tende soffici al tatto che risaltavano su tutto, per il colore: blu cobalto.
Mi guardai intorno, desiderosa di ammirare ogni piccolo dettaglio.
In fondo, era una stanza normale, ma altre tre cose mi sorpresero: il bagno in camera, totalmente blu notte, il letto a baldacchino con una decina di cuscini di tonalità diverse dello stesso colore e, in un angolo, come se fosse solo ed indifeso, il mio migliore amico. Un pianoforte a coda, dello stesso colore della porta.
Avevo già deciso che quella sarebbe stata la mia camera e ora ne ero più che certa.
Le note di "Beautiful things", la suoneria del mio telefono, si sparsero per tutta la camera. Mi guardai intorno alla ricerca della mia borsa. Non sapevo dove Clotilde, la governante, l'avesse messa mentre disfaceva le mie cose.
Trovai la mia Gucci, regalo delle mie sorelle, nell'armadio insieme alle altre.
Sbuffai vedendo il nome di Celine lampeggiare sullo schermo.
«Ehi scricciolo» Ancora prima di rispondere, mia sorella mi aveva già salutato.
«Ehi Cel, ti hanno buttato giù dal letto?Di solito nel pomeriggio dormite ancora.» risposi, sedendomi sulla poltrona blu, aspettando di ricevere belle notizie almeno da lei.
«Si un grande omone con tutti muscoli. Giocatore di football! L'ho lasciato nel mio letto ora, mi sta aspettando. Gli ho promesso dei g-»
«Celineeeeee! Per favore.»
«Ok la smetto, suor Felicity.
Sono dovuta venire al college per portare dei documenti.
Sei arrivata? Hai trovato la tua camera o stai girovagando nel villone di mamma, alla ricerca della sua stanza delle torture?»
«No, veramente sto affilando i miei ultimi acquisti per poi poter uccidere nostra madre. Sai questi coltelli che ho preso settimana scorsa sarebbero ottimi per un omicidio.» sorrisi pensando alla sua risposta mentre mi alzavo e guardavo nella stanza.
«Fammi sapere ora e luogo, vengo a darti una mano. Dai su racconta.. Cosa ha combinato quella grandissima stronza?»
«Oh! A parte ripudiarmi come figlia, farmi vivere lontana da tutti e organizzare un matrimonio nulla di che. »
Sospirai mentre mi buttavo sul letto.
«Organizzare cosaaaa?»
«Hai capito bene, da domani comincerà a organizzare il mio matrimonio insieme a Nicholas. Si è fatto trovare davanti alla porta appena siamo arrivati qui e ha elencato tutto ciò che si aspetta da me, per concludere dicendo che a luglio dell’anno prossimo ci sposeremo nella sua villa a Cuba.»
«E quella stronza ? Ha acconsentito? Cazzo Ty, hai solo diciott'anni ancora.
Le prenderei quel bicchiere di vino rosso che beve sempre e sai dove glielo ficchere? Su per il c-...
Buongiorno Mrs Poppins, buona giornata anche a lei!»scoppiai a ridere e mi allungai sul letto con una mano sulla faccia.
Mia sorella si era fatta beccare.
«Cel che succede? Con chi parli?»
«La mia professoressa di matematica, mi è appena passata di fianco e mi ha sentito imprecare su nostra madre, ma chissenefrega.
Tornando a noi, adesso io e Cry ci organizziamo e veniamo a prenderti. Almeno questi pochi giorni li passerai con noi e quando dovrai ricominciare ad andare a scuola tornerai a casa.»
«Ma allora vuoi farla arrabbiare seriamente? Sai che non mi lascerà mai venire da voi.» dissi scuotendo la testa anche se non poteva vedermi.
La mamma non avrebbe mai acconsentito, parlavamo di due settimane soltanto certo, ma lei non avrebbe mai accettato di non potermi tenere sotto la sua sorveglianza.
L'idea di Celine mi stuzzicava più del solito, avrei respirato aria pulita e non quella stantia che si respirava a casa mia da due anni.
«Non me ne frega un cazzo di quello che dice la mamma, noi abbiamo una camera libera nel nostro appartamento, ancora non abbiamo trovato coinquiline e non sono ancora iniziate le lezioni. Abbiamo qualche incontro con i professori durante questi giorni ma nulla di preoccupante.. tu verrai da noi che lo voglia o meno. Siamo le tue sorelle e ci manchi.
Quindi prepara la valigia veniamo a prenderti!!!!»
Dal suo tono ero sicura che non ammettesse repliche, ma io ci provai lo stesso.
«Cel lo sai come ragiona, anche voi mi mancate, ma non voglio se la prenda anche con te e Cry»
«Ty ho detto muovi il culo e vieni da noi. Arriveremo stasera a prenderti, quindi vai a prepararti e metti in valigia costumi e vestitini. Faremo festa e ci divertiremo talmente tanto da far incazzare la mamma ogni qualvolta pubblicheremo qualche foto di noi ubriache marce.»
Rise sguaiatamente perché sapeva benissimo che nostra madre teneva a vederci sempre ligie al dovere.
Ma non sapeva delle nostre notti indimenticabili tra alcool e sesso sfrenato, almeno per le mie sorelle.
Io, dopo la mia esperienza, avevo approvato solo l'alcool, per il sesso ancora ero in alto mare.
Ma chi poteva giudicarmi?
«Va bene, ok d’accordo.. ci vediamo stasera. Sai che si incazzerà da morire vero?»
Mia sorella amava far arrabbiare mia madre, amava farla andare su tutte le furie perché sapeva benissimo che poteva togliermi tutto, tranne Charlie e le mie sorelle.
«E tu sai che non me ne frega nulla, vero? Ti lascio preparare... a stasera.» riagganciai con un sorriso sulle labbra e decisi che dovevo dar retta a mia sorella.
La vita era una sola e dovevo godermela come volevo io, almeno per quello che mi rimaneva possibile.
Un ultimo anno di libertà, questo avevo, e avrei vissuto al massimo.
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