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Capitolo 51

Era una giornata come tante, immersa nella quiete della nostra casa. Il suono improvviso del campanello rompe la tranquillità, risuonando come un tuono in un cielo limpido. Alberto, incuriosito, si alza con naturalezza e si dirige verso la porta. Io resto nel mio angolo della casa, nella nostra stanza, un luogo che solitamente mi trasmette calma, ma che in quel momento sembra stringersi intorno a me. Il mio cuore accelera in modo irregolare, come se volesse anticiparmi qualcosa di inevitabile.

Alberto apre la porta, rivelando Ignazio e la sua fidanzata. Entrambi sorridono, un gesto semplice e cortese che dovrebbe mettere a proprio agio, ma che per me è come una spina nel cuore. Tra le loro mani, un elegante invito, bianco e dorato, che brilla quasi come a sottolineare l'importanza del momento. Rimango a distanza, immobile, osservandoli con uno sguardo che tradisce la mia lotta interiore.

Ignazio parla con tono amichevole, spiegando i dettagli del matrimonio. Alberto ascolta con attenzione, mantenendo quel suo tipico atteggiamento gentile e disponibile. Ma io non riesco a muovermi. Ogni parola che esce dalla bocca di Ignazio è come un'eco lontana, coperta dal rumore assordante dei miei pensieri. Finalmente, trovo il coraggio di alzarmi e mi avvicino lentamente, sentendo il peso di ogni passo.

Senza proferire parola, afferro l'invito dalle mani di Alberto. Il gesto lascia tutti in silenzio. Con una freddezza che non riconosco nemmeno in me stessa, lo strappo in due, poi in quattro, lasciando cadere i pezzi a terra. Il suono del cartoncino spezzato sembra riempire lo spazio vuoto tra noi. Ignazio e la sua fidanzata rimangono senza parole, il loro sorriso si spegne in un lampo. Alberto non reagisce, il suo sguardo è impassibile, come se sapesse che qualcosa del genere sarebbe accaduto.

"Mi dispiace, ma non ci sarò," dico con una voce ferma, ma che tradisce un'emozione trattenuta. Poi mi giro e me ne vado, lasciando gli altri tre immersi in un silenzio imbarazzante.

Ignazio e la sua fidanzata cercano di minimizzare, scambiandosi uno sguardo d'intesa. Prima di andarsene, Ignazio posa una mano sulla spalla di Alberto, forse un gesto di comprensione o forse un modo per dire "è tutto a posto." Alberto accetta il saluto con un cenno della testa, accompagnandoli alla porta.

Quando la porta si chiude e il suono dei loro passi si dissolve, il silenzio si trasforma in tensione. Alberto torna da me, il suo volto calmo, ma i suoi occhi riflettono qualcosa di più profondo. Mi volto verso di lui, cercando di anticipare quello che sta per dire. "Decidi tu cosa fare, Alberto," dico senza mezzi termini. "Ma sappi che non ci sarò. Non chiedermelo, perché non cambierò idea."

Lui mi guarda a lungo, lasciando che le mie parole si assestino nell'aria. Poi annuisce, con una comprensione che mi disarma. "Va bene," dice, la sua voce ferma, ma priva di giudizio. "Ci andrò da solo. Non ti forzerò mai a fare qualcosa che ti fa stare male." Il peso delle sue parole sembra alleggerire l'atmosfera.

Per un attimo, tutto tace. Mi avvicino a lui, guardandolo negli occhi. "Mi dispiace, ma non ce la faccio," confesso, e la mia voce si spezza leggermente. Alberto mi prende per mano, stringendola delicatamente. "Non devi giustificarti. So cosa provi, e non ti biasimo."

Quel momento di connessione silenziosa mi fa capire quanto profondo sia il nostro legame. Anche se le nostre scelte possono divergere, c'è un amore che ci tiene uniti, che supera le differenze e accetta le ferite del passato.

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