Capitolo 18
Abbiamo deciso di dormire dai suoi genitori, sperando che un ambiente familiare potesse aiutarci a mettere da parte le tensioni. Ma le cose tra noi rimangono fragili. Durante la notte, mentre ci stringiamo in un abbraccio, sembra che l'amore fluisca, ma quando il sole sorge, la magia svanisce e ci ritroviamo a litigare.
Oggi ho preso il computer, ho deciso di concentrarmi sul lavoro. Gli esami si avvicinano e c'è anche lo spettacolo di inizio anno da preparare. "Dovresti riposare," mi dice Alberto, con un tono che mi infastidisce.
"Non mi affatico," rispondendo, afferrando il telefono per iniziare a fare le mie telefonate.
"Il bello è che mi ha detto che non si affatica", commenta lui sarcastico, ma la sua voce tradisce anche una certa preoccupazione. "Mi dici cosa devo fare? Posso chiamarli io."
La sua offerta mi fa esplodere. "Non capisci che ho bisogno di aiuto? Non ho bisogno di essere trattata come un'ammalata!" La mia voce è carica di frustrazione, e un silenzio pesante si posa tra noi.
Alberto si ferma, visibilmente irritato. "Non sto cercando di farti sentire un'ammalata, ma voglio che tu stia bene." Ma il suo tono è impaziente, e questo non fa che aumentare la mia irritazione.
"E se non faccio nulla? Se mi siedo e aspetto? Non voglio restare ferma mentre il mondo va avanti!" Esclamo, il cuore che batte forte per l'ira e la paura.
«Non hai bisogno di dimostrare nulla a nessuno», ribatte lui, la sua voce si fa più alta. "Ma non puoi semplicemente ignorare i tuoi limiti!"
"Ma io non ho limiti, Alberto! È solo un momento difficile!" La mia risposta è carica di sfida, e il nostro sguardo si incrocia, ma c'è un abisso tra di noi.
La tensione nell'aria è palpabile mentre il silenzio tra noi si allunga. "Non posso più sopportarlo, Alberto! Devi andare via!" dico, la voce tremante ma decisa. Non riesco a trattenere l'ira, la frustrazione che ha accumulato in me come una tempesta pronta a scoppiare.
"Cosa stai dicendo?" rispondi lui, incredulo. "Stai davvero pensando di mandarmi via?" I suoi occhi cercano i miei, cercando una ragione nel mio dolore.
"Sì, lo sto dicendo!" sbotto. "Non voglio che tu sia qui a controllarmi ea farmi sentire una fallita! Ho bisogno di spazio, di respirare!"
Alberto sembra ferito, le parole che pronunciano lo colpiscono. "Non ti sto controllando, voglio solo aiutarti! Ma tu non vuoi ascoltare, sembri solo desiderare di affondare."
"Affondare?" rido amara. "Non puoi capire! Ogni volta che apri bocca, mi fai sentire ancora più impotente. Non ti rendi conto che mi stai soffocando?"
"Non ti sto soffocando, Melina! Sto cercando di prendermi cura di te e del nostro bambino!" La sua voce è alta, e il suo sguardo tradisce la frustrazione che prova.
"Sei stanco di me, lo so! Vuoi solo che io stia ferma come un'ammalata!" Dico, sentendo le lacrime scendere. "Ma io non sono così! Non voglio essere trattata come una malata, voglio riprendere in mano la mia vita!" Inizio ad alzare la voce, e sento che la pancia mi si indurisce, ma non dico nulla perché la rabbia non lascia posto ad altre emozioni.
"Non sto dicendo che sei un'ammalata! Ma è una situazione difficile e vuoi ignorarlo!" La sua voce si spezza, mostrando quanto sia provato.
"Non voglio discutere più! Ti prego, vai via!" urlo, il dolore continua a persistere, il mio cuore si spezza mentre pronuncia quelle parole. "Ho bisogno di stare sola, di capire le mie emozioni senza di te intorno."
Alberto fa un passo indietro, visibilmente ferito. "Se è così che la pensi, io... io non so cosa dire." Le sue parole escono a fatica, il dolore nei suoi occhi è palpabile.
«Lasciami, per favore», dico, la voce ora un sussurro.
Con un gesto deciso, Alberto raccoglie le sue cose e si dirige verso la porta. "Se questo è quello che vuoi..." mormora, ma il suo tono tradisce quanto sia deluso.
"Sei solo un'idiota!" lo grido, mentre il dolore si intensifica. Alberto sbatte la porta e io, in preda alla furia, sento un dolore acuto che mi costringe a piegarmi in due.
Pochi minuti dopo, Ramona entra nella stanza, visibilmente preoccupata. "Ei, ei, cosa c'è che non va?" Mi scruta con attenzione e mi vede che sto male "Dobbiamo andare in ospedale.
Saliamo in macchina, ma il dolore cresce e io sento che la situazione sta precipitando. Ogni sobbalzo dell'auto sembra amplificare il disagio che sento nella pancia, e il panico inizia a fare capolino.
"Alberto, cazzo, rispondi!" grida lo chiama al telefono, ma senza nessuna risposta , la voce rotta dall'ansia. Mi volto verso di lei, cercando il conforto nei suoi occhi, ma vedo solo che è preoccupata e non sa gestire bene la situazione"
"tranquilla, io ci riesco ho te e ho chiamato anche Ornella... basta che non mi lasciate mai" gli dico
Per fortuna, arriviamo subito in ospedale e Lucas, che aveva già chiamato, è lì ad aspettarci. Mi prende con delicatezza e mi aiuta a sedermi su una sedia a rotelle, poi ci dirigiamo rapidamente verso la sua stanza. La tensione mi stringe il petto, ma cerco di rimanere calma.
"Che cosa sta succedendo?" Mi chiedo con un filo di voce, cercando di mantenere il controllo, ma dentro sento che il panico sta crescendo.
Lucas si ferma un attimo, si china vicino a me e mi guarda negli occhi con uno sguardo serio ma rassicurante. "Melina, si è verificato un distacco della placenta, e sei entrata in travaglio. Dobbiamo agire in fretta per evitare complicazioni, ma per ora va tutto bene. La piccola ha colto il pericolo e ha deciso di nascere prima. È forte, proprio come sua madre.
Le sue parole mi danno un briciolo di speranza, ma la paura rimane lì, come un peso sul petto. Il pensiero messo che il mio corpo abbia in pericolo la nostra bambina mi sconvolge. Non avrei mai immaginato di trovarmi in questa situazione.
"Cosa succede ora?" domando, mentre sento un'altra fitta che mi costringe a stringere i pugni.
Lucas mi posa una mano sulla spalla. "Ora devi fare la tua parte, Melina. Rilassati e respira, lascia che il tuo corpo faccia il resto. Noi ci occuperemo di tutto il necessario per la piccola." Sento la sua voce rassicurante che cerca di calmare il mio cuore in tempesta.
Annuisco, cercando di trovare un punto di equilibrio tra la paura e la speranza. Ma il terrore di perderla, di non poterla stringere tra le braccia, mi riempie gli occhi di lacrime. Nonostante tutto, il mio sforzo di restare forte.
-
Ramona
Stringo il telefono tra le mani, il cuore in gola. "Albi, ti prego, rispondimi..." mormoro, l'ansia che cresce a ogni squillo.
Dopo pochi secondi, la sua voce risponde dall'altro capo, ma ha un tono teso, quasi freddo. "Dimmi."
"Meli... è in ospedale. Non ho ancora notizie precise, ma per favore, metti da parte il tuo orgoglio e vieni. Lei ha bisogno di te."
Dall'altra parte della linea c'è silenzio, poi un profondo sospiro. "Va bene... aggiornami." Stavolta la sua voce si incrina appena, e per un attimo sento che il muro tra di noi si abbassa.
Poso il telefono, cercando di calmarmi. Mentre aspetto, vedo Ornella che arriva trafelata. "Dov'è?"
"In una stanza con Lucas," le dico, e aggiungo a bassa voce, "Stavano litigando e poi si è sentita male."
Ornella sospira, scuotendo la testa. "Non fanno altro che litigare..."
Proprio in quel momento, vedo Alberto arrivare, lo sguardo cupo, ma preoccupato. Prima che possa fare domande, Lucas esce dalla stanza e ci rivolge un'occhiata seria.
"Che succede?" chiede Alberto, con voce tesa.
Lucas inspira profondamente. "Ci siamo. Sta per nascere la bambina. Non posso ancora dire quali complicazioni potrebbero insorgere durante la fase di travaglio, ma faremo il possibile per garantire la sua sicurezza."
"Posso vederla?" chiede Alberto, con un filo di speranza.
Lucas scuote la testa, dispiaciuto. "Mi spiace, al momento può entrare solo Ornella, come Melina ha richiesto. Lei e Ramona saranno con lei."
Alberto annuisce lentamente, abbassando lo sguardo. "Va bene... tenetemi aggiornato."
Io gli prendo un braccio, cercando di trasmettergli un po' di forza. "Andrà tutto bene, Albi. Siamo qui tutti insieme... so che è difficile, ma dobbiamo solo avere pazienza."
Lui sospira, passandosi una mano tra i capelli, e poi mi stringe forte. Rimaniamo così, abbracciati per un lungo momento, mentre lui cerca di trovare un equilibrio tra preoccupazione e speranza. Dopo un attimo, Ornella si prepara a entrare con Lucas.
Alberto resta fuori, a pochi passi dalla porta, lo sguardo fisso sul corridoio, mentre io entro nella stanza. Trovo Melina distesa sul lettino, pallida, ma determinata. Mi avvicino a lei, prendendole la mano.
"Siamo tutti qui con te, Meli," le dico dolcemente, accarezzandole il viso. "Non sei sola."
Lei mi guarda, i suoi occhi sono pieni di paura, ma anche di una forza che conosco bene. Con un sorriso debole, mi stringe la mano, come a trovare conforto.
Melina
Ornella mi guarda con una dolcezza che solo una madre potrebbe avere. "È meglio che tu sia con chi ti ama," mi dice, come se volesse ricordarmi quanto sia importante il supporto di Alberto in questo momento. Ma dentro di me, una resistenza forte mi blocca. Non voglio vederlo, non dopo tutto ciò che è successo. Eppure, nel profondo, sento un bisogno disperato del suo sostegno, della sua presenza.
"Non puoi capire..." interviene Ramona, cercando di farmi ragionare. "È qui fuori e vuole fare qualcosa, vuole aiutarti."
Mi giro verso di lei, cercando di mantenere il controllo. "Non mi importa," rispondo, ma la mia voce trema leggermente. Mi sento intrappolata tra il dolore e l'orgoglio. Non voglio mostrarmi vulnerabile, non dopo il nostro litigio, ma sento il peso della sua assenza in un momento così delicato.
Ornella si avvicina e mi accarezza il braccio. "Ammettere che hai bisogno di lui non è una debolezza, Meli. È normale volerlo qui adesso."
Le sue parole mi trafiggono il cuore. Chiudo gli occhi per un momento, cercando di placare il tumulto dentro di me. Non voglio ammettere quanto mi manchi, quanto vorrei stringergli la mano e sentire la sua voce rassicurante accanto a me.
Mentre cerco di contenere le lacrime, Ramona mi stringe la mano. "Pensaci," dice dolcemente. "È lì fuori, disposto ad affrontare tutto pur di stare con te."
Respiro profondamente, combattendo contro il desiderio di correre tra le sue braccia e quello di mantenere la mia posizione.
Le contrazioni diventano sempre più forti, e ogni volta che sento quel dolore, mi piego in due, cercando di respirare. Cerco di concentrarmi sulle istruzioni di Lucas, che mi dice di assecondare le spinte solo quando lo sento. Ramona è alla mia sinistra, mi tiene la mano e cerca di rassicurarmi, mentre Ornella mi accarezza la fronte, sussurrandomi parole di incoraggiamento.
"Vai, Meli... ci sei quasi, sei forte, ce la farai," dice Ornella con voce dolce, anche se vedo la tensione nei suoi occhi. Mi sento esausta, svuotata. A ogni spinta mi sembra di avvicinarmi al limite di quello che posso sopportare, eppure continuo, perché so che la mia bambina ha bisogno di me.
Cerco di non pensare a lui, ma lo percepisco lì, dall'altra parte della porta. So che Alberto mi sta guardando, e questo pensiero mi fa male e mi conforta al tempo stesso. Cambio posizione su consiglio del medico, mettendomi a carponi per cercare sollievo, ed è in quel momento che lo vedo: il suo sguardo attraverso il vetro. I nostri occhi si incontrano, e all'improvviso tutto il dolore, la rabbia, la frustrazione e la paura svaniscono per un attimo. Rimane solo lui, lì, con quella luce negli occhi che sembra dire più di mille parole.
Sento che Ornella e Ramona sorridono, forse hanno visto che c'è Albi
"Alberto..." mormoro tra le lacrime, troppo stanca per nascondere quanto mi manca, quanto vorrei che fosse qui, accanto a me. I nostri sguardi si incontrano oltre il vetro, e in quell'istante sembra che tutto il dolore svanisca, lasciando spazio a qualcosa di più forte, più profondo.
Alberto posa una mano sul vetro, con lo sguardo intenso e pieno di emozione. "FORZA" sussurra, con una voce rotta dalla preoccupazione e dal sollievo. Le sue parole arrivano come un abbraccio, mi avvolgono e mi danno la forza di andare avanti. Chiudo gli occhi, lasciandomi pervadere da quell'emozione, consapevole che, nonostante tutto, lui è qui per noi.
Lucas mi riporta alla realtà. "Melina, ci siamo. Quando ti senti pronta, spingi di nuovo, questa sarà l'ultima," dice con fermezza e dolcezza.
Sfinita, mi lascio andare completamente, mentre le lacrime continuano a scendere silenziose. Resto con lo sguardo fisso sul volto di Alberto al di là del vetro, ogni linea, ogni sfumatura del suo viso mi racconta il suo amore e la sua preoccupazione. E lui, con un sorriso, sembra voler abbattere quella barriera, colmando la distanza che ci separa con il solo potere dei suoi occhi. Per un istante, anche se divisi da quella parete, mi sembra di sentire tutto il suo calore, la sua presenza avvolgermi come fosse lì, a stringermi le mani. È un momento sospeso, senza tempo, in cui ogni emozione si mescola con la fatica e il dolore, e io mi sento finalmente a casa.
Poi, inizia un'altra contrazione, più forte, più intensa. Mi sembra di non avere più forze, ma i suoi occhi mi danno un motivo per continuare. Lo sento vicino, lo sento spingere con me, come se anche lui stesse attraversando questo percorso al mio fianco.
Ornella si avvicina, e con una voce rassicurante mi dice: "Ci sei quasi, Melina. Ancora un po'."
Raccolgo tutto il coraggio rimasto, e con l'ultima spinta metto al mondo la nostra bambina. Un grido lieve, delicato e poi il silenzio rotto solo dai respiri. Sento il peso di tutto dissolversi, mentre il piccolo corpo di nostra figlia viene avvicinato a me, il suo calore si fonde con il mio.
Alberto continua a guardarmi dall'altra parte della parete, e ora nei suoi occhi leggo la stessa emozione che sento nel mio cuore. Ci stiamo guardando, senza bisogno di parole, consapevoli che questo momento ci ha uniti più di quanto avessimo mai immaginato.
In quel momento, mentre tengo nostra figlia tra le braccia, tutto ciò che è stato, tutto ciò che ci ha divisi o feriti, sembra dissolversi. Alberto è ancora oltre il vetro, ma sento che tra noi non c'è più alcuna distanza. La sua espressione è un mix di stupore, emozione e tenerezza. Vedo le lacrime brillare nei suoi occhi, lacrime che parlano di tutte le volte che abbiamo sognato questo momento, di tutte le difficoltà affrontate, di tutto l'amore che ci ha tenuti insieme.
Ornella rompe il silenzio con un sussurro: "Vuoi salutarla?" mi chiede con un sorriso gentile, passando delicatamente nostra figlia tra le mie braccia, e io mi sento sopraffatta dalla fragilità e dalla forza che avverto in quel minuscolo corpicino.
"Ciao, piccolina..." sussurro, la voce spezzata dalle emozioni. Sento il suo respiro regolare, piccolo e perfetto, e mi sembra di aver finalmente trovato un senso a tutto. I suoi occhi sono chiusi, ma ogni suo piccolo movimento, ogni respiro, riempie il mio cuore di un amore che non pensavo nemmeno possibile.
Finalmente, la porta si apre, e Alberto entra nella stanza. Non dice nulla, ma in un istante è al mio fianco. Si china su di noi, posando un bacio lieve sulla fronte della piccola e poi su di me.
"È bellissima," mormora, con la voce roca per l'emozione. Le sue dita sfiorano il volto della bambina, come se stesse cercando di memorizzare ogni dettaglio.
"Lo è davvero..." rispondo, senza riuscire a trattenere un sorriso.
La guardiamo, stupiti, come se non riuscissimo a credere che sia davvero nostra. Ma so che il momento è breve, e le infermiere si avvicinano per portarla nell'incubatrice, spiegandomi che essendo nata prematura dovranno monitorarla attentamente.
Mentre una delle infermiere mi guarda, con un sorriso gentile mi chiede: "Avete deciso un nome per lei?"
Senza esitazione, stringendo appena la mano di Alberto, sussurro: "Beatrice... si chiama Beatrice."
L'infermiera annuisce con un sorriso e annota il nome. Poi, con delicatezza, prende nostra figlia per portarla nell'incubatrice. Sento un'ondata di emozione e timore nel doverla lasciare andare, anche solo per un po'. Mi guardo intorno, il cuore stretto dalla separazione, ma Alberto è qui, accanto a me, e i suoi occhi riflettono la stessa speranza e preoccupazione.
"Ce la farà," mormora lui, stringendomi la mano. "La nostra piccola è forte, come sua madre."
Mi aggrappo alle sue parole e, mentre la vedo allontanarsi tra le braccia delle infermiere, capisco che, anche se prematura, la nostra Beatrice è già una guerriera.
Rimango a fissare la porta, sentendo la mancanza di Beatrice e l'inquietudine che mi sale lentamente. Anche se è un momento di felicità, l'idea che debba stare in un'incubatrice mi stringe il cuore. Alberto non lascia la mia mano, ed è una presenza rassicurante, il calore che mi ancora alla speranza che tutto andrà per il meglio.
"Vorrei solo poterla tenere qui," sussurro, cercando di fermare le lacrime, "cullarla e rassicurarla che andrà tutto bene."
Lui mi guarda con occhi dolci, un sorriso appena accennato che però non nasconde l'ansia dietro i suoi occhi. "Melina, siamo qui con lei, e lei lo sa. Sente che non l'abbiamo lasciata, anche se non possiamo tenerla ora. È forte, proprio come te."
Annuisco lentamente, cercando conforto nelle sue parole. Mi lascio cadere contro la sua spalla, esausta, sentendo ogni emozione del parto, della paura e del sollievo insieme, come un peso che si scioglie nel calore del suo abbraccio.
Dopo che ci hanno portato nella stanza, l'atmosfera è sospesa. Alberto è seduto accanto a me, gli occhi bassi, come se cercasse di trovare le parole giuste. Io stessa non so se dovrei rompere il silenzio. La culla vuota è lì, come un doloroso promemoria di quanto è appena successo.
Lui si avvicina alla sedia accanto al mio letto, passando una mano tra i capelli, in segno di nervosismo. "Mi dispiace," inizia, la sua voce più dolce ora, "non avrei dovuto insistere così. Avrei dovuto capire che hai già attraversato questo... che sai cosa significhi essere mamma e come ti senti adesso."
Annuisco, stringendo le lenzuola tra le mani. "Sì, so cosa vuol dire, ma stavolta è diverso, e io... io ho bisogno di sentire che tu ci sei senza che mi protegga troppo. Ho paura, certo, ma voglio affrontarla con te, non come una bambina da salvare."
Lui sospira e si china, appoggiando la fronte sulla mia mano. "Hai ragione. È che, quando ti vedo così, tutto quello che voglio fare è proteggerti, senza rendermi conto che forse, in un certo senso, ti sto togliendo forza invece di darti il mio sostegno."
Le sue parole mi scaldano il cuore e allentano un po' la tensione. Lo guardo e gli stringo la mano. "Allora impariamo insieme, perché non importa quante volte io sia stata in questa situazione, ogni volta è diversa. Stavolta c'è Beatrice, e stavolta ci sei tu."
Alberto sorride e annuisce, e in quell'istante sento che entrambi siamo pronti per affrontare qualsiasi cosa arriverà, insieme.
Annuisco, sentendo un po' del peso svanire. "Ma voglio che tu sappia che... io non smetto di amarti, nemmeno quando siamo arrabbiati."
Alberto sorride piano, sfiorandomi la guancia. "Nemmeno io, nemmeno per un secondo."
Proprio in quel momento, una leggera bussata ci interrompe, e un'infermiera si affaccia alla porta con un sorriso gentile. "Volete vedere la piccola?"
Alberto mi guarda, e nei suoi occhi vedo una luce di speranza. Non serve parlare, ci alziamo insieme, sorreggendoci l'un l'altro, mentre seguiamo l'infermiera verso l'area neonatale. Non appena vedo la piccola Beatrice, avvolta nell'incubatrice, il mio cuore si riempie di amore e protezione.
L'infermiera ci invita a prendere contatto con Beatrice, mostrandoci come accarezzarla delicatamente attraverso i piccoli buchi laterali dell'incubatrice. Appoggio le dita sul suo petto minuscolo, trattenendo il respiro per paura di disturbarla, e con un filo di voce sussurro: "Ciao, piccola mia. La tua mamma e il tuo papà sono qui. Siamo qui per te, e ti amiamo già più di quanto tu possa immaginare."
Poco dopo, Lucas entra nella stanza con un sorriso rassicurante. "Sta bene," dice, rivolgendosi a noi con tono calmo. "Ha reagito bene, ed è forte. Presto la porteremo da voi, giusto il tempo di fare qualche altro controllo di routine."
Le sue parole sono un sollievo, e lo sguardo di Alberto mi conferma che anche lui si sente più tranquillo. Restiamo a osservarla ancora per un momento, poi ci accompagnano nella nostra stanza per riposare.
Non passa molto tempo prima che Ornella e Ramona entrino, visibilmente emozionate. Ornella si avvicina al letto e mi abbraccia forte. "Come stai? Mi hai fatto prendere un colpo," sussurra, accarezzandomi i capelli.
"Sto bene," le rispondo, sentendomi finalmente più calma. "E anche Beatrice sta bene, per fortuna"
Ramona sorride, un misto di preoccupazione e gioia negli occhi. "Vedrai, è una combattente, proprio come sua madre."
Ridiamo insieme, lasciando che la tensione delle ultime ore si sciolga, e mentre parliamo di Beatrice e del lungo viaggio che ci ha portato fino a qui, sento il cuore più leggero.
Ornella mi guarda con un sorriso affettuoso. "Sai, Melina, non poteva essere che così. È una storia degna di voi due, con tutto il caos e la forza che ci avete messo."
Alberto accenna un sorriso e stringe la mia mano. "Beh, diciamo che ci piace rendere le cose complicate," scherza, lanciandomi uno sguardo complice.
Ramona ridacchia, scuotendo la testa. "Sì, ma stavolta hai superato te stesso, Albi. Litigare proprio prima della nascita? Direi che è un nuovo record!"
Mi sento leggermente in colpa, e abbasso lo sguardo. "So che è colpa mia... avrei potuto gestire meglio tutto quanto," dico in un sussurro.
Alberto si avvicina, sollevandomi il mento con un dito per incrociare i suoi occhi. "Ehi, basta così. Entrambi eravamo sotto pressione, e la cosa importante è che Beatrice è qui, sana e salva. Tutto il resto è secondario."
Ornella sorride, annuendo. "Giusto, ora è il momento di pensare solo a lei. E a voi due, insieme."
Alberto mi guarda e aggiunge, con un tono più dolce: "Promettiamo di fare meglio da ora in poi, ok? Per lei, per noi."
Gli sorrido, sentendo finalmente la pace. "Ok," mormoro, stringendo la sua mano e guardando la nostra piccola. "Lo prometto anch'io."
Mentre parliamo, la porta si apre e l'infermiera entra con un sorriso. "Siete pronti a rivedere la piccola?"
Tutti noi annuiamo, le voci si abbassano e l'attenzione è tutta su di lei. L'infermiera ci passa la bambina, e il mondo sembra fermarsi mentre la tengo in braccio. I suoi piccoli occhi si aprono appena, e Alberto la guarda con uno sguardo di puro amore.
"Beatrice," sussurro, quasi come una preghiera. "Benvenuta al mondo, amore mio."
Alberto si avvicina con dolcezza, posando una mano sulla mia spalla mentre continuiamo a guardare la nostra piccola. I suoi occhi brillano mentre osserva Beatrice, che si muove appena tra le mie braccia, serena e piccolissima.
"Non pensavo che potesse essere così," mormora Alberto, il suo sguardo fisso sul viso della nostra bambina. "È come se tutto il resto fosse scomparso, come se ci fossimo solo noi tre."
Mi volto verso di lui, trovando conforto nella profondità dei suoi occhi. "È incredibile come una creatura così piccola possa cambiare tutto."
Ornella si avvicina, rompendo il nostro momento di silenzio con un sorriso affettuoso. "Siete bellissimi. Lei è bellissima. È perfetta."
Ramona annuisce, e vedo che ha gli occhi lucidi. "Dovreste essere fieri di quello che avete costruito insieme, nonostante tutte le difficoltà. Guardate dove vi hanno portato i vostri passi."
Alberto annuisce, stringendomi ancora la mano. "Lo siamo. E sai una cosa? Non c'è altro posto in cui vorrei essere. Questo è tutto per me."
La stanza è pervasa da una calda atmosfera familiare quando Claudia e Piero, insieme ai nostri genitori, varcano la soglia. I loro volti, illuminati da sorrisi emozionati e occhi luccicanti, esprimono quanto siano felici per noi. L'amore e la commozione che si respirano sono palpabili, e non posso fare a meno di sentirmi sopraffatta da questa ondata di affetto.
"È così piccola, ma già così forte," mormora mia madre, avvicinandosi con delicatezza alla culla e osservando Beatrice, che dorme tranquilla. "Somiglia a te da bambina, sai?" aggiunge con un sorriso dolce, mentre papà annuisce emozionato.
"Sì, sembra proprio che abbia preso dalla mamma," dice anche Claudia, strizzandomi l'occhio con un'espressione affettuosa. "È bellissima, Meli."
Alberto, accanto a me, stringe la mia mano e guarda tutti con gratitudine. "Abbiamo passato momenti difficili, ma sapere di avere tutti voi al nostro fianco ha fatto la differenza." Poi si volta verso Beatrice, con uno sguardo pieno d'amore. "Non vedo l'ora di raccontarle quanto sia fortunata ad avere una famiglia così."
Piero si avvicina, appoggiando una mano sulla spalla di Alberto. "Sarà una bambina speciale, non c'è dubbio. Con tutto l'amore che ha intorno, crescerà sapendo quanto sia amata."
Ramona e Ornella ridacchiano tra di loro, scambiandosi qualche battuta su chi farà da madrina. "Mi dispiace, Ramona, ma io sono chiaramente la favorita della piccola!" dice Ornella scherzando, facendo ridere tutti nella stanza.
"Vedremo!" risponde Ramona con una risata.
Alberto si gira verso sua madre e, con un tono rivelatore, dice: "Mamma, non ti ho detto che Melina non voleva che io fossi presente al parto. È stata una situazione così difficile... ha insistito che avrei dovuto stare fuori."
La madre lo guarda con comprensione. "Mi dispiace, deve essere stato straziante per te non essere lì con lei."
"Sì, ci sono rimasto male," continua Alberto, il suo sguardo si fa triste. "Volevo supportarla, ma lei era così determinata a farlo da sola. È come se avesse voluto allontanarmi in quel momento, e non riesco a capire perché."
"Le donne spesso affrontano il travaglio in modi diversi," interviene il padre di Alberto. "Melina potrebbe aver avuto bisogno di un momento per se stessa, ma questo non significa che non ti voglia bene. Potrebbe aver avuto paura di mostrarsi vulnerabile."
Alberto annuisce, riflettendo sulle parole di suo padre. "Lo so, ma vedere Beatrice attraverso quella porta è stata una tortura. Desideravo solo essere lì per entrambi."
"Parlate di questo quando sarete soli," suggerisce sua madre. "La comunicazione è fondamentale. Dovete affrontare queste emozioni insieme."
"Lo farò," risponde Alberto, determinato a non lasciare che il loro legame si spezzi.
Sua madre si avvicina a me con gli occhi lucidi di gioia, guarda Beatrice e si rivolge a me con una dolcezza che mi fa sentire subito a casa.
"Melina, è una benedizione averti nella nostra famiglia," mi dice, accarezzandomi la spalla. "Hai portato tanta gioia nelle nostre vite, e ora con Beatrice... non potremmo essere più grati."
"Esatto," aggiunge il padre di Alberto, che si avvicina per osservare meglio la piccola. "Ha lo sguardo dolce come il tuo, Meli, e quel che vedo in lei è solo amore e serenità. Sono così orgoglioso di voi." Poi posa una mano sulla spalla di suo figlio. "Alberto, siete un'ottima squadra."
La madre di Alberto, con uno sguardo che trasmette comprensione, rompe il ghiaccio. "Ho sentito un po' dei vostri litigi... voglio solo che sappiate che va bene discutere, è normale in una relazione. L'importante è affrontare le cose insieme."
Alberto, visibilmente imbarazzato, abbassa lo sguardo. "Sì, ma a volte sembra che non ci sia via d'uscita. Ho paura di perdere Melina e la nostra piccola."
"Non preoccuparti, amore," rispondo, cercando di rassicurarlo mentre mi stringo a lui. "Siamo qui l'uno per l'altra. Dobbiamo solo trovare il modo di comunicare meglio."
Il padre di Alberto interviene: "La comunicazione è fondamentale. Abbiamo affrontato anche noi delle sfide, ma alla fine ciò che conta è la famiglia. Ricordate che siete una squadra."
"Esatto," concorda sua madre, prendendo la mano di Alberto. "Non dovete avere paura di mostrare le vostre vulnerabilità. È così che ci si avvicina. L'amore richiede lavoro, ma ne vale sempre la pena."
Claudia e Piero ci lanciano uno sguardo curioso. "E adesso, dove andrete a vivere?" chiede Claudia, sorridendo ma con un velo di preoccupazione nei suoi occhi.
Alberto scambia uno sguardo con me prima di rispondere: "Credo che ci trasferiremo a casa dei miei genitori per un po'. Almeno finché Melina non si sentirà pronta per tornare a ballare e insegnare."
Piero annuisce, comprendendo. "È una buona idea. Avere supporto in questo momento è fondamentale. E poi, è importante che tu ti prenda il tempo necessario per recuperare."
"Esatto," dico io, sentendo un misto di emozioni. "Voglio tornare a fare quello che amo, ma devo anche essere sicura di essere pronta. Beatrice ha bisogno di me, e voglio essere la mamma migliore possibile."
Mentre la serata volge al termine, sento la stanchezza che mi avvolge. Tutti sono andati via, ora inizia la nuova avventura, chissà che cosa ci porterà....
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