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XXVII

A te mostrerò il tuo destino...

(dall'Eneide)


Quando arrivarono al fiume, il cuore di Shirley batteva fortissimo. Era così agitata che anche il suo cavallo, che la sentiva rigida, era nervoso.

Rachid l'aiutò a scendere e la pilotò verso il sentiero che portava verso la cascata.

- Sei sicura di voler salire? – le chiese ancora.

- Sì, sono sicura.

Vedendola determinata, l'aiutò a camminare, attento che non scivolasse o che mettesse un piede in fallo.

Shirley sentiva il rumore della cascata farsi sempre più forte. Era un rumore che ricordava benissimo.

Suoni, immagini e sensazioni la inondarono come un giroscopio impazzito, ma cercò in tutti i modi di affrontare con coraggio la marea di ricordi che cercavano di inghiottirla in quel vortice turbolento di emozioni contrastanti.

Ricordò quella melodia e le parole che le disse Rachid cinque anni prima: "Eri così bella oggi alla cascata che ho perso completamente la ragione". Ricordò il suo dolce bacio e la sensazione che aveva provato subito dopo.

Poi di colpo sentì la voce di Sahid che le devastava quel dolce ricordo: "Lui ha ucciso l'unica donna che amavo... È morta per colpa sua. Questo non ti basta? Come puoi amarlo? Come puoi difenderlo?".

A ogni passo Shirley sentiva l'angoscia che l'opprimeva sempre di più. Ora le immagini le piombavano nella mente con la forza di un ciclone e le voci le sembravano dei tuoni che le risuonavano nella testa.

Ricordò le parole di Martin: "Non puoi permetterti di sprofondare nel passato... Devi vivere intensamente questi giorni della tua vita che volano via, anche se il vuoto è difficile da colmare. La vita continua...".

Ricordò il suo sguardo furioso e la sua voce tagliente come una spada che le penetrava il cuore: "Non gettare via la tua vita per un bastardo che ti ha detto solo menzogne: se ti avesse amato veramente non ti avrebbe mai lasciata andare via".

Di colpo Shirley sentì il terreno sprofondarle sotto i piedi.

Una pietra si era smossa ed era rotolata giù e man mano che scendeva trascinava via con sé altre pietre fino a formare una vera e propria piccola frana.

Shirley sarebbe sicuramente scivolata se Rachid non l'avesse attirata a sé abbracciandola repentinamente.

Tra le sue braccia chiuse gli occhi, mentre le immagini della sua caduta le passavano nella mente come la pellicola di un film.

Ricordò in un lampo come rotolava giù e come disperatamente cercava di aggrapparsi a qualcosa per fermarsi.

Sentiva ancora il rumore delle pietre che in fondo al sentiero continuavano a cadere una dopo l'altra, finché a una a una si fermarono sul fondo e così piano piano quel rumore si spense, lasciando spazio al silenzio assoluto e al buio più totale.

Shirley allora ritornò alla realtà: sentì il calore dell'abbraccio di Rachid, il rumore della cascata, ma quando riaprì gli occhi vide solo il buio, quel buio che sempre da qualche giorno la opprimeva.

Era stato tutto inutile! I suoi occhi vagavano ancora verso un nulla totale.

Rachid si accorse che Shirley tremava violentemente come una foglia e capì che il suo spavento non dipendeva da quei piccoli sassi che erano scivolati giù per il sentiero, ma da qualcosa che ormai la opprimeva sempre più, così continuò a stringerla a sé, finché lei si abbandonò a un pianto liberatorio.

Poi la prese in braccio e la portò di nuovo giù.

Shirley si calmò quando il rumore della cascata divenne appena percepibile. Udiva soltanto il dolcissimo canto del corso d'acqua che scorreva placido e rassicurante, ma continuò a singhiozzare.

I due si sedettero a pochi passi dalla riva senza dire parole che avrebbero interrotto le voci quasi irreali della natura. Rachid iniziò a lanciare dei sassi nell'acqua e Shirley, al rumore di quei tonfi, parve finalmente destarsi da un brutto sogno.

Quando Shirley finalmente finì di piangere, tremava ancora lievemente.

Rachid avrebbe voluto non averla mai portata lì: era stata una sofferenza inutile, ma poi decise di rompere il silenzio.

- Mio padre quando ero piccolo, mi portava spesso vicino al fiume e mi raccontava sempre questa storia... Questo luogo con le sue voci sembra volerci parlare: lo sciabordio dell'acqua sembra dire "Coraggio, fa' come noi: qualunque cosa succede, noi scorriamo imperturbabilmente; se incontriamo un masso che ci sbarra la strada, lo arginiamo; persino i sassi sono contenti di lasciarsi levigare e trasformare le loro forme e i detriti che portiamo con noi lungo il corso della nostra vita, prima o poi li lasciamo a valle ai bordi del nostro letto. Perciò anche tu aggira gli ostacoli, trasforma quello che ti circonda in modo che possa piacerti di più e tutti i ricordi tristi, che porti sempre dentro di te, abbandonali ai bordi della tua vita: essi sono del tutto inutili."

Rachid pronunciò quelle parole che raccoglievano una filosofia di vita con un tono quasi solenne, ma Shirley, mentre le pronunciava, teneva il viso lucido di lacrime sollevato verso di lui. I suoi occhi azzurri erano per la prima volta accesi di una luce nuova che irradiava tutt'intorno un riverbero di speranza: quegli occhi per un attimo non erano più vuoti e non sembravano più neanche ciechi.

Rachid allora si alzò in piedi di scatto e si avvicinò a Shirley che nel frattempo però aveva chinato il capo facendo scivolare i lunghi capelli in avanti.

- Io invece – disse Shirley, - mi sento un piccolissimo ceppo di legno che solca le acque sbattendo di qua e di là, senza possibilità alcuna di poter virare verso la via giusta e consapevole di andare inesorabilmente verso la deriva, trasportato dai venti e dalla corrente. La mia rotta è una rotta cieca e prima o poi mi arrenderò sulla riva aspettando che la morte mi trascini via.

Rachid che era balzato in piedi perché per un attimo aveva pensato che Shirley avesse riacquistato la vista, udendo quelle ultime parole di sconforto, si abbandonò di nuovo vicino a lei.

- Il tuo è un dolore antico che non ha niente a che vedere con quello che è successo ultimamente, vero? – disse Rachid con un tono dolce e caldo.

Shirley chinò la testa e non rispose.

Poi sentì prendersi le mani: per qualche minuto Rachid gliele strinse e in quel gesto voleva darle tutto il suo conforto, più di quello che potessero darle le sue inutili parole.

E in effetti nessuna parola per Shirley sarebbe stata più efficace di quella stretta che la rincuorò.

Ricordò i momenti che aveva trascorso nell'ultima settimana con quella persona che ora teneva le sue mani tra le sue: Raji Al Hajid era l'unico che non la faceva sentire una cieca brancolante nel buio, così in un lampo riuscì a dimenticare tutto ciò che l'affliggeva e le venne voglia di vivere una nuova vita.

Certo, avrebbe voltato pagina e avrebbe ricominciato tutto daccapo e dopotutto aveva almeno la speranza che la sua cecità potesse essere solo momentanea e lei doveva fare di tutto per sbloccarsi.

A quei pensieri, Shirley ebbe la consapevolezza che tornare lì non era stato del tutto inutile, anche se aveva fatto ben poco.

Era riuscita a seppellire i ricordi, i tumulti, le paure del passato, ma tutto ciò era qualcosa di molto instabile.

Non era che il principio di una lunga strada che avrebbe portato alla completa rinascita, ma era una strada in salita e Shirley era molto debole. Nessuno poteva dirle che ce l'avrebbe fatta. Sarebbe bastato un nonnulla per farla ripiombare in basso e questo anche Shirley lo sapeva, ma decise di affidarsi completamente a quel medico: aveva bisogno di una guida.

Dopotutto l'amore era una medicina potente e Rachid era l'unica che poteva darle.

Un amore che provava con tutto se stesso. Un amore che aveva cercato di soffocare per tutti quegli anni, ma che era ritornato prepotentemente in superfice, non appena l'aveva rivista davanti a quel recinto. Un amore che era reso ancora più forte dal fatto di non poterla avere.

Pensava che si fosse sposata, per quanto si ostinasse a non crederci, e lui doveva fare uno sforzo tremendo per non abbracciarla, per non dirle quello che provava.


Decisero di rientrare al villaggio e quando arrivarono, Shirley cercò di smontare da cavallo da sola, ma l'animale un po' nervoso tentò di mordicchiarle una gamba.

Per fortuna portava gli stivali, ma per lo spavento scivolò in malo modo finendo dritta tra le braccia di Rachid che con uno scatto le impedì di ruzzolare direttamente a terra.

Era ostinata e incorreggibile come sempre, pensò Rachid. Ma quel pensiero lo fece sorridere e al tempo stesso perdere il fiato quando sentì il suo corpo schiacciato contro il suo.

- Sei sempre testarda come un cammello... potevi aspettare che ti aiutassi... - le disse senza più fingere e stringendola forte.

Shirley s'irrigidì confusa a quelle parole e a quella stretta.

Finalmente la verità s'infilò nella sua mente, anche se in cuor suo l'aveva sempre saputa.

Come era possibile?

- Credi nel destino? – le chiese Rachid a bruciapelo, quando lei ancora non riusciva a credere a tutto quello che stava succedendo in quel momento.

Lei, ancora folgorata da quell'improvvisa rivelazione, non gli rispose, ma rimase immobile come una statua di sale.

A quel punto lui si mosse staccandosi appena da lei, per poi tornare dopo qualche istante a prenderle una mano con il suo solito tocco delicato.

Lei rabbrividì non appena si accorse di qualcosa di freddo che era scivolato nel suo palmo. Strinse forte mentre la mano di Rachid avvolgeva a pugno la sua piccola mano.

Quella presa leggera come una carezza le sciolse il gelo che avvolgeva la sua anima fino a un attimo prima e un ricordo prepotente si fece vivo davanti ai suoi occhi.

Ricordò la prima volta che aveva visto Rachid, quando lui, dopo averla salvata, le aveva restituito la sua croce.

Un ricordo o era realtà?

Chiuse gli occhi e li riaprì sbattendo le palpebre più volte.

Rachid era davanti a lei, lo percepiva, con il corpo, con il cuore e con l'anima.

Poteva un piccolo oggetto racchiudere un così grande potere: quella croce era la sua bussola, la sua luce, il faro che l'aveva ricondotta a lui.

- Di' qualcosa, ti prego – le disse Rachid.

- Io... - sussurrò Shirley paralizzata dall'intensità di quell'emozione sconfinata e improvvisa.

- Tu?

- Io... ti vedo! – disse con incredula gioia fissando i suoi occhi nei suoi. - Sei qui? Sei tu? Sei sempre stato tu? – balbettò ancora.

- Mi vedi? – le chiese con esitante felicità notando che lei aveva sollevato verso di lui il suo sguardo che fino a pochi istanti prima era perso nel vuoto.

Shirley gli fece un cenno affermativo con il capo e tutto il mondo parve scomparire di nuovo: vedeva solo lui, il suo viso, i suoi occhi... In quel momento non c'erano né bugie, né verità mai rivelate, né ostacoli all'amore che provavano l'uno per l'altro.

Era lì tra le sue braccia in cui era finita per mano del fato o grazie a quella croce magica.

Non era sbagliato... non poteva esserlo...

Quell'abbraccio divenne più stretto e contemporaneamente si sporsero uno verso l'altro, in simbiosi, guidati da una connessione intima e profonda, finché le loro bocche si scontrarono vincendo quella lotta crudele che li aveva tenuti separati fino a quel momento.

Fu un attimo e le loro labbra suggellarono nuovamente le loro anime.

Con lentezza e passione assaggiarono nuovamente ognuno le labbra dell'altro, riconoscendone il sapore mai dimenticato, memorabile delizia del cuore.

Credi nel destino?

Cosa può portare due persone a trovarsi, perdersi e ritrovarsi ancora infinite volte finché non si compia il volere del fato? Tutto questo andava oltre ogni umana comprensione.


- Cosa diavolo sta succedendo qui? – gridò un uomo riportandoli sulla terra.

Martin!





***

Come promesso, un altro capitolo tutto per voi... ❤❤

Fatemi sapere se sono riuscita a trasmettervi un po' d'emozione.

Cosa succederà adesso che Martin è tornato?

Al mio segnale, scatenatevi con le ipotesi... 👉

😂😂😂

Visto che molti mi hanno fatto notare la mia nonchalance con cui ogni tanto inserisco degli spoiler durante la storia, avete notato la canzone "I See You" di Leona Lewis? Ebbene sì, era un MEGASPOILER!!! 😉


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