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XV

All'improvviso le grida e l'eco degli spari che provenivano da fuori raggiunsero anche me.

Come avevo fatto a non notarli prima?

Erano quelli che avevano attirato l'attenzione di Rachid.

Il suo volto mi diceva che stava per accaderci qualcosa di terribile: avevamo attirato davvero l'ira di Allah?

Si ricoprì il viso col velo e uscì in fretta dalla tenda.

Io lo seguii e una volta all'esterno, vidi la gente fuggire in tutte le direzioni come impazzita.

Rachid mi prese per mano e mi trascinò verso l'interno del palmeto, dicendomi di rimanere al riparo con le altre donne e i bambini.

Stava già per correre via, quando lo fermai.

- Portami con te - lo supplicai, ma lui strofinò il suo viso coperto contro le mie guance, come avevo visto fare a molti uomini della sua tribù in segno di profondo affetto e mi ordinò di non seguirlo.

Corse verso il luogo da cui provenivano gli spari e quando scomparve dalla mia vista, fui sopraffatta dall'angoscia.

Avevo sentito parlare molte volte delle razzie dei predoni del deserto: in quei luoghi erano molto frequenti, ma nonostante avessi una paura folle, sarei voluta andare lì a difendere colui che amavo con tutta me stessa.

Oltre le dune sentivo le urla degli uomini che attaccavano il villaggio.

Cosa avrei fatto se proprio adesso avessi perso Rachid?

Mi aveva appena confessato di amarmi... Mi aveva sempre amata fin dal primo momento...

Ora capivo il perché di ogni suo comportamento: aveva cercato in ogni modo di non farmelo capire.

Quella volta in cui mi aveva abbracciata nel palmeto, stringendo i miei piccoli polsi nelle sue grandi mani e quella stessa mattina nella piccola oasi, aveva sempre reagito bruscamente per non lasciarsi andare a un sentimento irrealizzabile.

E io che credevo fosse pentito di aver toccato una donna insignificante che non desiderava affatto!

Ma perché il nostro amore era impossibile?

A quella domanda, mi ricordai fulmineamente di Amìnah... Dov'era? Forse era in pericolo...

Anche se Rachid mi aveva ordinato perentoriamente di non muovermi, feci come sempre di testa mia e tornai di corsa verso l'accampamento ignorando i proiettili che sfrecciavano in tutte le direzioni.

Dovevo trovare la piccola Amìnah. Non sapevo chi fosse, ma ero certa che era importante per Rachid.

Intravidi Zahîrah che era rimasta indietro e quando la raggiunsi, mi accorsi che era stata ferita. Cercai di farla alzare per portarla al riparo, ma lei, con le ultime forze che le erano rimaste, mi indicò un punto non lontano da noi.

Voltandomi nella direzione che m'indicava, vidi Amìnah che piangeva terrorizzata.

Grazie a Dio l'avevo trovata; la presi tra le mie braccia e tornai a soccorrere Zahîrah, ma mi resi conto che era molto grave. Le accarezzai la fronte per tranquillizzarla e le presi una mano.

- A... Ben-Had... - mi sussurrò con voce flebile.

- Cosa? - le chiesi avvicinando il mio orecchio al suo visto.

- Ait-Ben-Haddou... cercala... - mi disse guardandomi un'ultima volta e poi chiuse gli occhi di colpo.

Cosa dovevo cercare? Cosa tentava di dirmi?

Tra le lacrime provai in tutti i modi di risvegliarla, sperando che non fosse troppo tardi.

La chiamai disperatamente finché non capii che doveva essere morta.

Rimasi immobile accanto al suo corpo ormai esanime per diverso tempo, stringendo il fragile corpicino di Amìnah tra le mie braccia.

Ero sconvolta: non so come né quando né dove, mi sembrava di aver assistito a quella scena un'altra volta o forse in un'altra vita.

Non avevo più la forza di muovermi: davanti ai miei occhi avevo sempre la stessa immagine, un'immagine di morte come quella che avevo visto tante volte nel mio sogno.

Purtroppo, il mio incubo si era davvero avverato: quando finalmente avevo raggiunto l'uomo che tanto amavo, il grosso ragno nero era arrivato seminando morte e distruzione.

Quando sentii scuotermi da qualcuno, lentamente tornai alla realtà.

Per prima cosa mi ritornò l'udito: sentii il pianto della bambina che avevo in grembo e poi sentii la voce di Rachid.

Le urla e gli spari erano finalmente cessati.

Poi mi tornò la vista e vidi il volto dell'uomo che gridando cercava di farmi reagire.

In quel momento fu come se la mia anima si sdoppiasse: una parte di me stessa vide l'altra parte aprirsi finalmente a un pianto liberatorio.

Rachid mi strinse a sé per consolarmi e proprio in quel momento notò che ero stata ferita a una spalla.

In quell'istante mi accorsi anch'io di avere la camicia inzuppata di sangue e improvvisamente un dolore fortissimo mi fece ritornare violentemente nel mio corpo.

Fu l'ultima cosa che ricordo. Dopo probabilmente non riuscii a reggere tutte le emozioni che avevo provato nelle ultime ore e cedetti anche fisicamente.



Per qualche giorno rimasi in uno stato di semincoscienza. Sentivo delle voci e vedevo delle presenze, però quando iniziai a riprendere pienamente i sensi, mi sembrò di essermi svegliata solo allora da un lungo sonno senza sogni.

Vidi accanto a me una persona addormentata con la testa appoggiata sul suo braccio, mentre stringeva la mia mano. Era una donna che non avevo mai visto prima.

Appena mi mossi, si svegliò subito e a prima vista, anche se non la conoscevo, mi fece subito provare benevolenza nei suoi confronti. Doveva essere rimasta sicuramente a vegliarmi per tutto il tempo e mi accorsi anche che era visibilmente stanca.

Stranamente quella donna portava il velo come una donna araba e non come una donna tuareg, che al contrario degli uomini, non si coprono il viso.

Potevo solo vedere i suoi occhi che attiravano subito l'attenzione: erano grandi come due nocciole di un colore a metà tra il marrone e il granato.

- Chi sei? - le chiesi, ma la mia voce uscì con fatica. Mi sentivo molto debole.

Disse qualcosa, ma non riuscii a capirla perché sentii una fitta terribile dietro la schiena.

Credo che persi di nuovo conoscenza.

Non so quanto altro tempo passò finché riuscii di nuovo ad avere la capacità di rendermi conto di quello che mi succedeva intorno.

Sentii delle voci all'inizio confuse, poi sempre più chiare.

Il dolore fisico era insopportabile.

Riconobbi la voce di Rachid e provai subito a muovermi, ma a stento riuscii a trattenere un lamento. Sapere che almeno lui stava bene, in ogni caso mi rincuorò.

- Poco fa mi ha chiesto chi fossi - diceva la donna, - poi ha perso di nuovo i sensi... Poverina, deve soffrire molto...

La donna stava parlando di me.

Diceva "poco fa", eppure a me era sembrato che fossero passate ore.

Non riuscivo a muovere la testa senza che provassi un dolore atroce. Volevo girarmi verso di loro per fargli sapere che ero sveglia, ma non ci riuscivo.

Volevo capire chi fosse quella donna che parlava francese.

Comprendevo benissimo quello che diceva perché conoscevo quella lingua abbastanza bene.

Quell'attimo in cui l'avevo guardata non mi era sembrata giovanissima, ma dalla voce non doveva essere nemmeno troppo avanti con gli anni.

- Dobbiamo portarla in un ospedale. È grave: se resta qui potrebbe peggiorare. La pallottola l'ha presa di striscio, ma ha perso molto sangue - disse.

- No, non è in grado di viaggiare - le rispose Rachid. - Mi prenderò io cura di lei...

Non mi sfuggì il tono amorevole di Rachid e a quanto pare nemmeno a quella donna sconosciuta.

- Ti sei innamorato di lei? - gli chiese incredula.

Silenzio.

- Rachid, come hai potuto? È ancora una bambina! - lo ammonì la donna.

- Sì, ma è stata così coraggiosa da salvare Amìnah...

- Lo so, se non avesse preso mia figlia tra le sue braccia, a quest'ora sarebbe morta - disse con voce incrinata.

Ecco svelato il mistero di quella donna: era la madre della piccola Amìnah...

Mi era stata accanto perché si sentiva in debito con me per averla salvata? Ma dove era stata finora?

- Perché l'ha fatto? Cosa sa di noi? - continuò sempre più incredula la donna.

Parlava con Rachid con un tono molto confidenziale, come se fra loro ci fosse un legame molto forte.

- Lei non sa niente... Sarà stato uno strano scherzo del destino se si trovava qui proprio in questo momento. Era scritto che toccava a lei salvare la nostra Amìnah - rispose lui.

Aveva detto "la nostra Amìnah". Allora era anche sua figlia?

- Le dirò tutto... Non riesco a sopportare che non sappia chi sono... Non appena si sveglia le dirò la verità...

- Sei pazza! - le disse Rachid fermando l'impeto di quella donna che parlava sempre più nervosamente. - Tu non le dirai niente. Anzi, è meglio che non ti trovi qui quando riaprirà gli occhi.

- Ma io devo dirle chi sono, Rachid. Non possiamo nasconderglielo.

- Invece sì, non lo dovrà mai sapere. Mai... Capito?

Rachid era diventato furioso, nonostante cercasse di non alzare la voce. Conoscevo bene quel lato del suo carattere ormai.

La donna tacque come intimorita, ma poi dopo un po' disse a bassa voce, come rassegnata: - Sei come tuo padre, ma forse hai ragione tu. Forse è meglio che non mi veda. Spero soltanto che si rimetta presto, così una volta che sarà tornata alla sua vita, si dimenticherà di te e di tutto quello che è successo.

Rachid tornò a parlare, questa volta con un tono diverso, quasi affranto: - Sarà più facile per tutti se tornerà in America da suo padre dove ha sempre vissuto. Questo non è un posto per lei: prima o poi se ne sarebbe andata come hai fatto tu. Non lo avrei sopportato... no, per la seconda volta no...

- Rachid, non parlarmi così. Le tue parole sono ancora piene di odio per quello che è successo due anni fa. Sai bene che sono stata costretta ad andar via a causa di Sahid. Quanto vorrei che lui ci perdoni...

- Non lo farà mai.

- Lo so, non ricordarmelo. In fondo non è malvagio: ha reagito in quel modo solo perché si è sentito tradito. Chiunque avrebbe fatto lo stesso al suo posto... Mi dispiace per tutto quello che vi ho fatto: per colpa mia vi siete divisi... Sono io la causa di tutto il suo odio...

Diceva tutte quelle parole a singhiozzi e in frasi confuse.

Rachid riprese a parlare: - Ma Amìnah è l'unica che ne sta pagando le conseguenze. Ha quasi due anni, tra un po' inizierà a capire e non può crescere senza di te. Come vorrei che tu potessi rimanere qui... Mi sei mancata...

- Anche tu... Sono piena di rimorsi che non mi fanno più vivere.

A quelle parole a stento riuscii a trattenere un singulto. Ormai ero sempre più consapevole di quello che c'era stato e forse c'era ancora tra quella donna e Rachid.

Non potevo crederci: tutto quello che io e lui avevamo vissuto in quei giorni era solo frutto di una passione che presto si sarebbe spenta.

Mi aveva anche detto che non voleva che andassi via: aveva fatto il possibile affinché io rimanessi più a lungo in quel posto nonostante tutto, mentre adesso aveva nuovamente cambiato idea...

Perché? Forse pensava che quella donna non sarebbe più tornata e invece...

Era inevitabile che tra le due scegliesse lei. Come potevo competere con quella donna e fargli dimenticare il passato che aveva vissuto con lei?

- Quando ho saputo, sono venuta subito qui... e ti ho trovato insieme a Shirley. Cosa vuoi che faccia adesso? - disse la donna chiamandomi stranamente per nome.

- Sai che non puoi restare. Se Sahid tornasse e ti trovasse qui? Sarebbe capace di tutto... Ha già cercato di fare del male a Shirley. Penso che l'abbia fatto per vendicarsi di me... Sono stato uno stupido a innamorarmi di lei. Non avrei dovuto portata fin qui e farle correre tutti questi pericoli.

- Come potevi sapere cosa aveva in serbo il destino per tutti noi? Come hai detto prima, era scritto che doveva essere lei a salvare Amìnah. Le sarò sempre grata per questo...

- Ricordo come se fosse ieri quando me la mettesti tra le braccia. Era appena nata ricordi? - disse Rachid.

- Sì che lo ricordo.

- So quanto ti costa lasciarla ancora una volta, ma per me la sua felicità viene prima di tutto. Vai ora. Fa' quello che ti dico prima che Shirley si svegli e ti veda.

- Rachid, questo lo faccio per te. Ti prego, fa' che non possa mai pentirmi di quello che mi stai facendo fare.

La donna si avvicinò per sfiorarmi una mano e dovetti fare un tremendo sforzo per non reagire e rimanere immobile.

- Anche se non ti conoscerò mai, ti ringrazierò sempre per aver salvato la mia piccola Amìnah - disse rivolgendosi a me, poi uscì in fretta, come se scappasse o come se avesse paura di non trovare più la forza di andare via.

Rachid sospirò e mi si avvicinò, ma io feci finta di dormire.

Stavo troppo male per poter credere a tutto quello che avevo udito, eppure di fronte a tutto quello che il destino aveva deciso di farmi sapere, contro la volontà di tutti, il dolore del corpo scomparve improvvisamente lasciando il posto al dolore dell'anima.

Ero certa di aver compreso tutta la verità: quella donna aveva lasciato Sahid per Rachid col quale aveva avuto una figlia... Amìnah.

E ora i due fratelli si odiavano...

Io ero di troppo: dovevo andarmene per permettere almeno alla bellissima e innocente Amìnah di crescere felice con la sua famiglia.

Se solo avessi saputo tutto fin dall'inizio, avrei potuto evitare tante inutili sofferenze.



***

⚠️ANGOLO SPOILER⚠️

Ciao a tutti... per favore ditemi cosa pensate di questo capitolo.

Lo so... amo le mezze verità e le cose lasciate in sospeso, ma saprete tutto a tempo debito... Non odiatemi... 😋

Mi piacerebbe comunque conoscere le vostre idee o ipotesi: chi è secondo voi questa donna misteriosa? Cosa vi aspettate che accadrà?

Scrivetemi qui - >

D.J.

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