XIV
Rimasi per un attimo perplessa davanti al difensore della mia vita e della mia virtù.
Rachid mi aveva sempre rispettata, ma non avendo nessuna esperienza con gli uomini, solo in quel momento mi resi conto vagamente di come il mio gesto poteva essere interpretato.
Avevo visto alcune donne osservarmi di sbieco mentre entravo nella sua tenda, ma essere fonte di pettegolezzi era l'ultimo dei miei pensieri in quel momento, anche se la cosa mi divertiva.
Guardai rapidamente l'alcova al centro della stanza, notando quanto fossero preziose le coperte e le cortine che la separavano dai restanti spazi.
Ai lati della tenda, notai anche dei piccoli scaffali pieni di libri e ne rimasi sorpresa.
Non era come il palazzo sfarzoso del mio sogno ricorrente, ma c'era qualcosa di molto intimo e familiare in quell'ambiente.
Tornai a guardare Rachid, ma il mio sorriso si spense di fronte al suo disappunto: lui era di fronte a me a volto scoperto, ma sembrava che portasse comunque una maschera.
Non credevo che entrare in quel posto così privato per lui, oltre che essere indecoroso, lo avrebbe contrariato, ma la determinazione che avevo dentro non mi fece cedere.
Ignorai le sue parole, sebbene mi ricordai di non aver ancora scoperto chi fosse la piccola Amìnah e cosa aveva scatenato il litigio tra lui e suo fratello Sahid.
- Devo parlarti subito, perciò è meglio se mi ascolti – dissi con un coraggio che non credevo di possedere.
- Nessuno mi ha mai dato degli ordini – ribatté seccamente.
Il tono con cui mi aveva parlato sarebbe bastato ad ammansire l'uomo più ardito, ma io riuscii a trovare non so dove la forza di continuare.
- Nemmeno a me! – lo affrontai decisa.
Lui mi afferrò per un braccio cercando di trascinarmi fuori con la forza, ma io feci duramente resistenza. Feci un passo veloce girandomi verso di lui e così gli finii addosso.
Impulsivamente lui poggiò saldamente le mani sulle mie spalle, ma non saprei dire se in quel momento volesse allontanarmi o trattenermi. So solo che quando mosse delicatamente le mani facendole scivolare lungo la mia schiena, tutta la sua forza era scomparsa.
Quel contatto mi destabilizzò.
- Levami le mani di dosso – gli apostrofai ad alta voce, temendo che la sua vicinanza mi scoraggiasse dal parlargli.
Le mie parole ebbero un certo effetto su di lui. Mi guardò come se mi avesse vista per la prima volta.
A dire la verità neanch'io mi sapevo capace di comportarmi in un modo così risoluto.
Lui allora incrociò le braccia spazientito.
- Almeno dimmi perché sei fuggita – disse con l'aria di chi ha ancora l'intenzione di comandare.
Non risposi.
- Allora? Sto aspettando... - mi disse con aria di sfida.
Il mio coraggio a quel punto iniziò a vacillare: se me n'ero andata era anche perché volevo fuggire da lui, da lui che mi stava rubando il cuore e che al tempo stesso faceva di tutto per allontanarmi, da lui che soltanto in quel momento mi accorgevo che non avrei mai voluto lasciare.
Cercai disperatamente di risalire e l'unico modo che trovai per non cadere verso il fondo, un baratro fatto di un amore deluso e impossibile, fu quello di puntargli il dito contro con accuse che nel profondo del mio cuore sapevo fossero false.
- È stato Sahid a convincermi: mi ha detto che non mi avresti mai permesso di andarmene!
Lui spalancò gli occhi: evidentemente non aveva ancora sospettato del fratello. Certamente neanche sapeva che ci eravamo già incontrati a Marrakech.
- E tu hai preferito credere a uno sconosciuto, piuttosto che a me?
- Mi avresti permesso veramente di andarmene? – ignorai la sua domanda.
- Non mi hai risposto: a chi hai creduto? A lui o a me? – continuò deciso.
- Non ha importanza se non rispondi prima alla mia domanda – insistetti.
- Sei più testarda di un cammello. Fingi che non abbia nessuna importanza solo perché non vuoi rispondermi. Invece è importante, è molto importante per me: rispondi e poi io risponderò alla tua domanda.
Io abbassai gli occhi: non avevo il coraggio di mentirgli.
- A te – risposi. – Ho sempre creduto in te – ammisi abbandonando ogni difesa.
- Ma sei fuggita lo stesso. Perché?
Lo guardai, ma non risposi. Era freddo e impassibile come sempre.
Non potevo confessargli che ero rimasta delusa dal suo rifiuto dopo quella sera in cui l'avevo sentito litigare con Sahid. Non mi ero sentita così umiliata neanche quando gli avevo fatto quel giuramento alla cascata.
Non potevo permettere di rivelargli i miei sentimenti ancora una volta.
- Fuggivi da me? – insistette lui.
Io sussultai. Forse aveva già capito che ero fuggita perché temevo che lui non mi avrebbe mai amato.
Mi feci forza e cercai di sostenere ancora il suo sguardo.
- Adesso tocca a te rispondere alla mia domanda – dissi per coprire il mio imbarazzo.
- Quale domanda? – finse lui ancora imperterrito.
- Smettila di prendermi in giro – gli dissi avvicinandomi.
Era giunta l'ora che anche lui mi dicesse la verità.
Lo guardai negli occhi a pochissimi passi da lui.
- Sii sincero – gli dissi, – vuoi che vada via?
Lui mi guardò e nonostante avesse ancora sul volto un'espressione impassibile, i suoi occhi erano fermi e sinceri.
- No, adesso no! – rispose.
Per un attimo pensai, anzi desiderai che avesse risposto così perché anche lui mi amava e che non voleva perdermi, ma scacciai subito quell'illusione dalla mia mente.
- Lo dici perché ho infranto una regola sacra e adesso devi punirmi? – gli chiesi riferendomi alle loro credenze di cui Zahîrah mi aveva parlato.
- No! – disse lui sorridendo. – Non devi avere nessun timore: quella regola vale per una promessa sposa o per una moglie.
Cercai di non dargli a vedere quanto le sue parole mi ferirono e gli chiesi: - Perché allora? Non capisco perché tutti qui adesso mi guardano in uno strano modo, come se avessi commesso chissà quale crimine.
- Perché credono che ti sposerò e così la mia discendenza non sarà nobile – disse lui indifferente, - ma non ti preoccupare: chiarirò la faccenda al più presto. La nostra gente ha una paura morbosa delle maledizioni. Pensano che gli occidentali portino solo odio per quelli come noi.
- Allora perché non mi permetterai di andarmene? – chiesi ostinatamente.
In quel momento odiavo tanto la sua freddezza e la sua indifferenza, mentre io ero pazzamente innamorata di lui e senza nessuna speranza.
- Perché... - rispose lui dopo un lungo istante di riflessione, come se stesse cercando allora le parole per rispondere, - nessun uomo mi ha mai detto quello che devo fare e meno che mai lo farà una bambina. Sei stata qui dentro già abbastanza. Esci adesso e cerca di non fartelo ripetere due volte.
Così dicendo mi mostrò l'uscita e a quel suo gesto non riuscii a controllare tutto il mio dolore e la mia collera, così esplosi.
Era davvero quello il motivo?
Non ammetteva nessuno che lo contraddicesse? Lui non riceveva ordini da nessuno ed io non dovevo sciupare l'immagine inflessibile a cui aveva abituato i suoi uomini?
- Adesso capisco quello che voleva dirmi Sahid. Aveva perfettamente ragione: sei perfido! Sono stata una stupida, perché solo adesso mi accorgo quanto sei crudele. Ti sei preso gioco di me, nonostante sapessi quello che provavo per te. Non so come ho fatto a innamorarmi di te... Mio Dio, sapessi quanto mi odio perché non riesco a non amarti.
Le parole mi uscirono senza che volessi e quando me ne accorsi, era ormai troppo tardi.
Cercai di allontanarmi, ma non appena mi girai, Rachid mi afferrò senza molta fatica.
Cercai di staccarmi da lui, ma mi stringeva così forte che quasi mi si bloccò il respiro.
Lui si accorse della mia improvvisa debolezza e mi sorresse tra le braccia per non farmi cadere.
Quando riaprii gli occhi mi trovai viso a viso con un uomo ancora una volta diverso.
Il suo volto era pallido e sconvolto e le sue labbra fremevano.
I suoi occhi poi, sembravano chiedermi pietà e supplicarmi di non tormentarlo: erano gli occhi di una persona che soffriva da tantissimo tempo e che fino ad allora aveva solo finto di non provare nessun sentimento.
A quella vista il mio cuore, già agitato per le parole che con rabbia avevo appena detto, iniziò a sussultarmi nel petto all'impazzata, tanto che lo sentivo battere furiosamente come se volesse uscire.
Dov'era finito il suo sguardo duro e freddo come il ghiaccio?
Quel suo modo di reagire annientò tutta la mia collera, facendomi sentire meschina per tutte le parole che gli avevo detto. Mi aveva completamente disarmata. Nel giro di qualche secondo dimenticai tutto il resto delle parole che avrei voluto lanciargli contro per ferirlo e non so come mi ritrovai tra le sue braccia completamente inerme.
Tutta la violenza che c'era stata prima nel suo abbraccio e nel mio tentativo di svincolarmi era cessata lasciando il posto a una dolcezza improvvisa.
- Ti sbagli! – mi sussurrò. – La sola cosa di cui puoi rinfacciarmi è di aver cercato disperatamente di resisterti. Ho dovuto lottare come un pazzo per non farti capire tutto quello che provo per te. Ho cercato di respingerti, ma ora, dopo quello che mi hai detto, non ci riesco più.
Rimasi incredula per qualche secondo e mi risvegliai solo quando sentii le sue dita sfiorarmi i capelli.
- I tuoi capelli d'oro rosso mi ricordano i mogani del Lagos.
Lentamente scese ad accarezzarmi una guancia e continuò: - La tua pelle bianca sembra riflettere la luce della luna e le tue labbra sono delicate come i fiori del deserto... Eri così bella oggi alla cascata che ho perso completamente la ragione. Io credo di essermi perso nei tuoi occhi azzurri come il cielo e di non riuscire più a trovare la strada per tornare indietro. Questa mattina quando mi sono accorto di quello che stavo facendo, avrei voluto uccidermi. Non avrei mai dovuto permettermi di dirti quelle cose, di baciarti, ma ora mi accorgo che è completamente impossibile starti lontano. Ti ho amato fin dal primo istante e se sono stato così crudele con te è stato solo perché non volevo che anche tu t'innamorassi di me. Mio piccolo fiore, noi non possiamo stare insieme: ti ho già fatto soffrire abbastanza e non voglio che tu soffra ancora a causa mia...
- Ma perché hai aspettato così tanto a dirmi che mi ami. Sarebbe bastata solo una tua parola ed io sarei stata la donna più felice del mondo.
- Non sarai mai felice con me, Shirley! Non possiamo amarci, dobbiamo dimenticarci!
- Ma perché? Tu credi che io appartenga a un mondo diverso dal tuo, ma in che cosa sono diversi? Spiegamelo! Se noi ci amiamo il mondo non conta per me...
Lui chiuse gli occhi disperato.
- Magari fosse solo questo...
Lo fermai poggiandogli un dito sulle labbra: forse c'era un'altra donna, c'era la piccola Amìnah... ma non volevo saperlo, non volevo sciupare quel momento così dolce con altre parole dolorose.
- Non parlare Rachid... non dire più niente. Qualsiasi altra cosa possa esserci tra noi, per favore non svegliarmi da questo sogno meraviglioso.
Lui mi sorrise e gli occhi gli brillarono dalla tenerezza. Era così bello...
- Ti amo Shirley! Tu mi hai reso schiavo e farei qualsiasi cosa pur di non perderti. I miei uomini riderebbero di me se sapessero dei miei sentimenti. Un uomo come me non può essere debole, ma io, se servisse a qualcosa, sarei pronto a umiliarmi davanti a tutto il mondo pur di dimostrare quanto ti amo. Eppure, tutto questo non basterebbe.
I suoi occhi mi guardarono ardentemente ed io mi lasciai accendere dal dolce fuoco del suo sguardo.
- Potrai mai perdonarmi per quello che ti ho detto prima? – gli dissi piano. – Non lo pensavo veramente!
- E cosa pensi veramente di me? – mi chiese avvicinando il suo viso al mio.
Non dissi niente, ma bastò che mi guardasse negli occhi per comprendere tutto quello che i movimenti delle mie labbra volevano dirgli.
Mi poggiò una mano dietro la nuca ed io abbassai lo sguardo indifesa: ormai era inevitabile che gli cedessi.
Mi sfiorò le labbra ancora una volta in quel giorno, finché me le catturò interamente unendole alle sue.
Rimasi immobile non capendo esattamente quello che mi stesse succedendo.
All'improvviso sentii le sue mani attirarmi verso di sé e allora mi abbandonai completamente a lui.
Il suo bacio si fece più intimo e istintivamente risposi appassionatamente abbandonando tutte le mie timidezze.
Non ero più una bambina e da quell'istante scoprii che cosa significasse la parola "amore".
Un vortice di sensazioni meravigliose mi trascinò via in un mondo senza suoni e senza immagini, tanto che fu difficilissimo ritornare alla realtà, quando Rachid improvvisamente si staccò da me.
Lo guardai interrogativamente senza capire che cosa fosse successo: il suo volto era cambiato, era serio e turbato.
- Maledizione! – imprecò.
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