XII
Nelle ore che seguirono io e Rachid quasi non ci parlammo più.
Ci trovavamo nei pressi di una piccola oasi, dove ci eravamo rifugiati quella notte dopo la tempesta.
Il giorno precedente era stato terribile per me. Ero distrutta sia moralmente che fisicamente, così per quasi tutta la mattinata dormii per riprendere le mie forze.
Quando mi svegliai, mi accorsi che dormire stesa sulla sabbia era terribilmente scomodo. Avevo la schiena a pezzi!
Riaprendo gli occhi, questa volta non mi ero ritrovata avvinghiata tra le braccia di Rachid, ma compresi che lui, la notte prima, mi aveva fatto da cuscino solo per farmi stare più comoda. Dovetti ammettere a me stessa, infatti, che in fin dei conti, era molto meglio dormire su di lui, invece che sulla dura rena.
Pensavo di essere rimasta sola e inosservata, ma guardandomi intorno, mi accorsi di essermi sbagliata.
Rachid era poco distante da me e, sapere che mi era stato vicino durante il sonno mi fece avvertire una piacevole sensazione di protezione.
- Come ti senti? – mi chiese.
Non sapevo che cosa rispondergli. Neanche io sapevo come mi sentivo dopo averlo visto.
Dire che ero rimasta decisamente impietrita è troppo poco. Non ci sono parole per descrivere quello che provai nel vederlo lì di fronte a me.
Portava solo dei larghi pantaloni bianchi e nient'altro.
Lo avevo visto senza velo solo per due brevissime volte e solo di notte.
Questa volta era pieno giorno e non portava i pesanti turbanti che usava sempre.
La pelle ambrata del suo torace faceva da forte contrasto con tutto il resto. L'espressione del suo viso accompagnava quella dei suoi occhi, rendendoli diversi da quelli che ero abituata a guardare.
Il suo capo, completamente libero finalmente dal tagelmoust, era ornato da lunghe ciocche nerissime di capelli così ricci da sembrare annodati.
Non pensavo che Rachid potesse essere così bello.
I suoi occhi nerissimi, il suo viso dalla pelle dorata ricoperto a tratti da una barba appena cresciuta erano ciò che di più bello avessi mai visto.
Se ne stava seduto su una roccia con un braccio appoggiato su un ginocchio e mi guardava in attesa di ricevere una risposta alla sua domanda.
- Forse vorresti fare un bagno? – continuò non ricevendo nessuna risposta. – Io ne ho appena fatto uno – affermò.
Mi ero accorta infatti che i suoi capelli erano ancora umidi e per evitare di continuare a fissarlo, volsi lo sguardo verso la polla d'acqua al centro dell'oasi, così piccola da poterci al massimo infilare solamente i piedi.
Avevo gli abiti e i capelli incrostati di sabbia dall'avventura del giorno prima e avrei dato qualsiasi cosa per immergermi in un'enorme vasca colma d'acqua.
Alla vista di quella misera vena sorgiva che si perdeva tra rigogliose pianticelle, rimasi un po' delusa, anche se mi trovavo di fronte a un piccolo miracolo in pieno deserto.
Guardai Rachid incredula mentre mi sorrideva.
Non l'avevo mai visto sorridere anche con la bocca. La sola cosa che avevo visto sorridere in quei giorni erano i suoi occhi.
Ora era così strano scorgere ogni sua espressione del viso. Mi sembrava di aver accanto una persona diversa. Non era più quell'uomo che avevo tanto temuto all'inizio per il suo aspetto autoritario, ma era diverso, trasparente e protettivo, o forse erano gli occhi dell'amore che me lo facevano vedere così.
- Dove vuoi che lo faccia un bagno? – chiesi titubante.
Lui scoppiò a ridere e alzandosi, mi porse una mano per poi trascinarmi nella polla d'acqua. Si fece spazio tra i folti arbusti che avevano ricoperto un piccolo ruscello poco profondo ed io mi fermai un po' esitante.
Si girò a guardarmi quando si accorse della mia incertezza, così mi invitò a seguirlo tirandomi delicatamente verso di lui.
- Fidati di me – mi disse con improvviso entusiasmo. – Voglio farti vedere qualcosa di meraviglioso!
Io allora immersi i piedi nell'acqua un po' fangosa e mi infilai attraverso il fogliame rigoglioso in cui Rachid si era aperto un varco.
Un attimo dopo l'acqua diventava improvvisamente più alta e il fondo più scivoloso.
Rachid mi prese in braccio e iniziò a camminare nella parte più bassa del ruscello che si perdeva in mezzo al verde dell'oasi.
L'acqua gli arrivava a metà coscia.
Non mi ero sentita mai così agitata, sia perché ero curiosa di vedere dove lui mi stesse portando e sia perché ero nuovamente tra le sue braccia, con il mio corpo incollato al suo petto nudo.
Sentivo sempre più vicino un leggero scrosciare d'acqua che proveniva da qualche parte dietro le foglie.
Dopo un percorso un po' impervio, iniziai a chiedergli: - Ma dove mi stai portando?
Lui allora mi mise giù e spostando un ramo di una pianta, mi disse: - Guarda!
Io mi voltai e vidi dinanzi a me una piccola cascata che scendeva da una roccia.
Rimasi incantata e incapace di pronunciare parole dinanzi a quello spettacolo della natura.
L'acqua scendeva da una rupe, gettandosi ai nostri piedi in una pozza abbastanza profonda e limpida da sembrare una piscina naturale abbastanza grande da poterci nuotare.
Era così immersa nel verde che a mala pena qualche raggio di sole riusciva a filtrare dall'alto creando chiaroscuri meravigliosi che si rifrangevano nell'acqua.
Era un incredibile miracolo della natura. Non avevo mai visto niente di simile: le uniche cascate che conoscevo erano quelle di Central Park, che ovviamente non avevano nulla a che vedere con quella meraviglia che avevo di fronte.
Diventai ancora più incredula quando mi ricordai di essere in un posto circondato da miglia e miglia di deserto, dove poche ore prima avevo rischiato la vita.
Feci qualche passo in avanti e fui risvegliata dalla corrente che mi accarezzava con una dolce forza i fianchi e le gambe.
Vi immersi anche le braccia scoprendo un bellissimo refrigerio.
- È stupendo! – esclamai. – È incredibile come il deserto possa presentare volti completamente diversi. Ieri mi faceva paura, ora invece scopro che può nascondere paradisi sperduti come questo. È così bello stare qui... Non vorrei lasciare questo posto per nessuna cosa al mondo.
Non resistendo più, anche se ero vestita, mi immersi completamente nell'acqua. Non assaporavo più quella gioia da parecchio tempo ormai.
- Dici sul serio? – mi domandò Rachid risvegliando la mia attenzione.
- Anche prima hai detto che New York non ti manca affatto.
- Mi è difficile ammetterlo – risposi, - ma da quando ho conosciuto questi luoghi così incontaminati dall'uomo, le città mi sembrano dei posti invivibili.
- Il deserto è fatto così – spiegò lui, - presenta degli aspetti mai uguali a sé stessi capaci di attrarre chiunque, ma solo chi vi è nato e vi ha vissuto tutta la sua vita è in grado di amare completamente anche gli aspetti più malvagi di esso. Il deserto è vita, ma soprattutto anche morte e desolazione: due aspetti ben diversi che una persona come te non è mai riuscita ad accettare insieme.
Mentre ascoltavo Rachid, mi persi completamente in quel bagno ristoratore e senza pensare continuai a occhi chiusi a dire: - Ho vissuto nel deserto abbastanza da amarlo e da poter dire che mi piacerebbe viverci per sempre con...
Dopo quelle parole mi immersi completamente sott'acqua, riprendendomi velocemente. Stavo per dire "con te, Rachid!", ma riuscii a fermarmi in tempo.
Avevo già fatto capire troppo dei miei sentimenti, ma per fortuna mi ritornò in mente come lui aveva reagito quella mattina, quando lo avevo abbracciato.
Evidentemente però quelle parole anche se non pronunciate, erano ormai irrimediabilmente afferrabili da chiunque.
Rachid in un attimo mi afferrò tirandomi fuori dall'acqua e riaprendo gli occhi, mi ritrovai prigioniera tra le sue braccia.
- Ripetimi quello che hai detto – mi ordinò lui guardandomi negli occhi, come si guarda qualcuno di cui non riesci a credere le parole e forse nemmeno l'esistenza.
- È così Rachid! – dissi sentendomi il sangue ribollire nelle vene.
Non avrei mai più trovato il coraggio di ripetere quello che poco prima distrattamente stavo per rivelargli, ma ora che ero ritornata in me stessa, non potevo più confessare i miei sentimenti, che pensavo non sarebbero stati mai ricambiati.
Dissi solo con la voce rotta, più che dall'emozione, dalla sorpresa di quell'abbraccio inaspettato che mi aveva tolto il respiro: - Sento di amare questo posto. Sento che gli appartengo come se ci fossi nata. Anche se il deserto per certi versi è più sconfinato e inospitale di qualunque altro luogo al mondo, io lo amo. New York mi è rimasta alle spalle. È una città in cui non riuscirei più a viverci. Tutto è falso e artificiale...
Mentre parlavo pensavo a quello che mi aveva rivelato mio padre. Non odiavo lui, ma mi sentivo profondamente triste per essere stata presa in giro. Ero nata chissà in quale posto del Marocco, mentre avevo sempre pensato che fossi nata negli Stati Uniti d'America.
- Odio New York – continuai. – La odio perché fa parte di una civiltà corrotta e conformistica. Io invece ora sento di amare profondamente queste sabbie, perché solo qui mi sento veramente libera e in pace con me stessa.
- Non è esattamente quello che stavi dicendo. Con chi vorresti viverci in questo posto? – mi domandò scrutandomi negli occhi, deciso a farmi confessare spudoratamente la verità, anche se era fin troppo chiara.
Cercai di nascondere il mio sguardo, perché non riuscivo a sostenere il suo così fermo e deciso.
- No, guardami! – mi disse sollevando il mio viso contro il suo con una mano.
Ci guardammo negli occhi per qualche istante che a me sembrarono non passare mai, poi lo supplicai dicendogli: - Non tormentarmi così!
- Giurami – mi chiese lui continuando a tenermi stretta, - che saresti disposta a vivere con me!
A quelle parole rimasi incredula, tanto da chiedermi se le avevo davvero udite.
Sentii crescere in me una passione che non avevo mai provato prima. Senza rendermene conto pronunciai un sì con le labbra, senza produrre alcun suono, ma sono sicura che Rachid lo sentì nel suo cuore, perché un attimo dopo lui abbassò il suo viso per sfiorare lievemente la mia bocca con la sua, con una dolcezza che non gli avevo mai visto usare prima.
Era possibile che di fronte a me avevo lo stesso uomo forte e duro che tante volte mi aveva intimorita?
Dinanzi a me in quel momento avevo solo l'uomo che amavo e tutto il resto non importava.
Le nostre labbra si erano sfiorate solo un attimo, ma ciò era bastato a destare in me un sentimento che neanche io riuscivo a comprendere.
Solamente un attimo... ed ero rimasta lì immobile perché ancora non ero riuscita a capire che cosa fosse successo.
- Le tue labbra hanno detto sì – disse lui con un tono inaspettatamente aspro, staccandosi improvvisamente da me, - ma sei solo una bambina e dopo un po' di tempo che avrai vissuto più a lungo tra questi deserti impervi e tra la nostra gente, ti accorgerai che non sei fatta per questa vita e rimpiangendo la vita comoda che facevi prima, te ne andrai. Tu appartieni a un mondo diverso!
Le sue dure parole mi colpirono come una pugnalata al cuore.
Lo guardai sperando che ritirasse quello che mi aveva appena detto, ma nei suoi occhi riconobbi il suo sguardo cupo di sempre.
Quel magico momento di poco prima, si era dissolto come nel vento, ma pregai intensamente che stesse solo fingendo.
Guardai le sue labbra desiderandole nuovamente sulle mie e quel pensiero così audace, a cui non ero abituata, mi fece arrossire, ma non riuscivo a distogliere il mio sguardo.
Dopo non so quanto tempo che eravamo rimasti senza fiatare ognuno negli occhi dell'altro, mentre si poteva sentire solo il rumore della cascata, lui abbandonò la sua maschera di freddezza e nei suoi occhi vidi il riflesso del mio stesso desiderio.
Improvvisamente mi baciò di nuovo e questa volta lo fece con più ardore di prima, come se si fosse a lungo trattenuto.
Sentii le sue labbra premere sulle mie: erano impetuose, ma al tempo stesso morbide, così lentamente mi lasciai andare.
Dischiusi la bocca e lui approfondì il bacio, ma nelle mie orecchie risuonarono le sue parole: "Tu appartieni a un mondo diverso!".
Che cosa stavo facendo?
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