🧡Capitolo 3🧡
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Il Cairo, 29 Marzo 2023
Il sole del mattino era già alto, spargendo una luce dorata sul paesaggio arido che si stendeva oltre le tende color senape della carrozza. L'aria era calda ma non opprimente, e una leggera brezza sollevava granelli di sabbia dal terreno, trasportandoli in un piccolo turbine di venticello.
Raissa si trovava seduta accanto a Edoardo, entrambi in silenzio, mentre i cavalli avanzavano a un ritmo rilassato sulla strada che portava alle piramidi, visibili in vicinanza come giganti silenziosi che dominavano l'orizzonte.
Per l'occasione, Raissa aveva scelto un abbigliamento leggero e pratico tra cui una maglia bianca di lino che le accarezzava la pelle, un paio di pantaloncini beige, che lasciavano scoperte le gambe al di sopra del ginocchio, e un cappello di paglia a tesa larga che la proteggeva dal sole cocente.
Anche Edoardo sembrava essersi coordinato inconsciamente con lei, indossando una camicia bianca ben stirata e dei pinocchietti color sabbia, che richiamavano i toni caldi del deserto.
La carrozza avanzava tranquilla, ma l'atmosfera tra loro era meno serena di quanto sembrasse. Dopo gli eventi della sera precedente, né Raissa né Edoardo avevano più toccato l'argomento sull'ombra misteriosa. Edoardo sembrava aver rimosso gli avvenimenti, aveva liquidato il tutto come un effetto della stanchezza accumulata dal viaggio, e lei, anche se a malincuore, aveva accettato quella spiegazione. In effetti, nulla nella stanza era stato toccato, e le telecamere di sicurezza del corridoio dell'hotel non avevano rivelato niente di anomalo.
Eppure, il dubbio continuava a insinuarsi nella mente di Raissa. Possibile che sia stata un'illusione? Si chiese, guardando fuori dalla tendina aperta. Il pensiero la tormentava, eppure sapeva che insistere non avrebbe portato a nulla. Edoardo era pragmatico, sempre con i piedi per terra, e non avrebbe mai dato peso a qualcosa che non poteva spiegare razionalmente.
«Sembra che tu abbia qualcosa per la testa» disse Edoardo, rompendo il silenzio. Non stava guardando Raissa, ma era evidente che la osservava attraverso la coda dell'occhio.
Lei scosse la testa, costringendosi a sorridere. «No, niente di importante. È solo... strano vedere le piramidi così vicine. Mi sembra ancora un sogno essere qui.»
Edoardo si voltò verso di lei, gli occhi nascosti dagli occhiali da sole, e accennò un sorriso. «Beh, sei in un sogno. Ma questa volta non serve svegliarsi.»
Raissa rise, cercando di mascherare l'agitazione che le montava dentro. Non voleva ammettere quanto ancora fosse turbata.
La carrozza si fermò brevemente per permettere ai cavalli di bere, e Raissa ne approfittò per scendere, sentendo il bisogno di allungare le gambe. Mentre si avvicinava al bordo della strada, lasciando affondare i sandali nella sabbia calda, si concentrò sul panorama.
Non era il paesaggio incontaminato e sacro che aveva letto nei libri o visto nei documentari. Tra la sabbia dorata si intravedevano bottiglie di plastica abbandonata, lattine schiacciate e sacchetti di patatine o spazzatura trasportati dal vento. Quello che avrebbe dovuto essere un luogo di bellezza e mistero, sembrava ormai profanato dall'invadenza turistica.
La delusione le serrò il petto per un attimo, ma cercò di scacciare il pensiero. Non voleva rovinare l'esperienza, e dopotutto, le piramidi si stagliavano ancora maestose davanti a lei, conservando quel fascino intramontabile.
«Non è come nei libri, vero?» disse Edoardo, notando l'espressione di sua sorella mentre si avvicinò a lei. La sua voce aveva un tono leggero, ma Raissa percepì una nota di amarezza.
«No» ammise lei, abbassando lo sguardo. «Ma forse... bisogna guardare oltre. Chissà quante cose hanno visto le piramidi» mormorò tra sé.
«Potrebbero raccontarcele.» disse lui con un tono scherzoso.
Raissa gli lanciò un'occhiata, sorridendo appena. «Non essere ridicolo. Le piramidi non parlano.»
«Ah, non lo sai? Magari questa sera sentirai una voce che ti dice il contrario» rispose Edoardo con un sorriso provocatorio.
Raissa si irrigidì per un attimo, ma non rispose. Si ripromise di lasciarsi andare, di non permettere a quelle stranezze di rovinare la sua esperienza. Questo era il suo viaggio, il suo momento, e non avrebbe permesso a nulla di toglierle quella magia.
«Andiamo?» chiese Edoardo, indicando la carrozza pronta per ripartire con un cenno del capo.
Raissa annuì, risalendo accanto a lui. Ma mentre i cavalli riprendevano il cammino, non riuscì a scrollarsi di dosso la sensazione che qualcosa, o qualcuno, li stesse osservando nuovamente.
La carrozza si avvicinò al punto di partenza del tour, dove il gruppo si stava già radunando accanto ai cammelli.
Sicuro di sé, Edoardo salì in groppa al suo cammello sotto la guida esperta del conduttore, trovando subito l'equilibrio mentre l'animale si rialzava emettendo un verso di dolore. Raissa invece osservava con una certa esitazione. Non amava vedere quanta agonia si celava in quei poveri animali soprattutto quando venivano maltrattati.
«Forza, Raissa, vieni! Non è difficile» la incoraggiò Edoardo dall'alto iniziando a muoversi lentamente sul posto.
Lei si avvicinò, cercando di mascherare il nervosismo. La guida le porse una mano e l'aiutò a salire, ma non appena fu a metà del suo intento, il cammello si ribellò, emettendo un verso basso e scuotendo il corpo con forza. Raissa perse l'equilibrio e si aggrappò all' uomo per non cadere.
«Assolutamente no. Non fa per me» gridò, con voce carica di panico.
Il conduttore alle sue spalle riuscì a calmarla e la aiutò a rimettere i piedi per terra. «Va bene così, miss. Nessun problema. La carrozza può portarti più vicino alle piramidi.»
«Sì, grazie. Preferirei la carrozza» disse Raissa con il volto ancora pallido.
«Raissa, ma sei sicura? Possiamo fare qualcos'altro se vuoi» disse Edoardo, che nel frattempo era sceso dal suo cammello con un misto di preoccupazione.
Lei scrollò la testa con decisione. «No, vai tu. Ci tieni tanto. Io proseguirò con la carrozza e ti aspetterò davanti alle piramidi.»
Edoardo esitò per un momento, ma alla fine accettò, seppur con riluttanza. «Va bene, ma non fare stupidaggini. Ti raggiungo appena possibile.»
Raissa gli fece un cenno con la mano mentre la carrozza ripartiva, lasciandosi dietro il gruppo. Era un po' delusa di non aver potuto partecipare, ma si consolava con l'idea di avere del tempo per esplorare da sola.
Quando il cocchiere si fermò dinanzi alle piramidi, Raissa scese lentamente, restando senza fiato davanti a quella vista imponente. I blocchi di pietra sembravano toccare il cielo, ogni gradino era alto almeno quanto un piano di casa. Si chiese, come molti altri prima di lei, come fosse stato possibile costruire un'opera del genere senza le moderne tecnologie.
Estrasse il cellulare e iniziò a scattare foto, provando a immortalare la vastità di quelle strutture. Ma sembrava impossibile catturare l'intero panorama, ogni foto non dava giustizia a quella meraviglia che solo gli occhi potevano catturare.
Ripose il telefono in tasca con le mani che tremavano leggermente, un'inquietudine inspiegabile le montava dentro. Edoardo era ormai già lontano, lo aveva convinto a proseguire senza di lei, ma ora si sentiva sola, più vulnerabile di quanto avrebbe mai ammesso.
Mentre si avvicinava alla biglietteria, cercando una guida che potesse accompagnarla all'interno della piramide più grande, una sensazione le strinse lo stomaco. Si sentì osservata. Voltò lo sguardo, ma non vide nulla. Solo turisti, cammelli e il deserto infinito.
Poi, una voce la fece quasi sobbalzare.
«Sta cercando qualcuno?»
Quella voce.
Si voltò di scatto, alla ricerca di qualcosa che non sapeva definire e fu allora che lo vide.
Lui era lì, seduto su un cammello come se fosse comparso dal nulla. I suoi occhi, neri come la notte buia, la fissavano con un'intensità che la fece tremare. La luce del sole faceva brillare la sua pelle ambrata, mentre il velo bianco che gli circondava la testa circondava i capelli neri mossi che scendevano sulla fronte quasi come onde. Aveva un volto scolpito, quasi irreale, come un dipinto perfetto. E un sorriso che non aveva nulla di casuale. Era disarmante, sicuro, e in qualche modo... familiare.
Per un attimo, Raissa non riuscì a parlare. Si limitò a fissarlo, il cappello di paglia che le ombreggiava il volto non abbastanza grande da nascondere il rossore che le stava tingendo le guance.
Non riusciva a distogliere lo sguardo, come se qualcosa di invisibile li legasse in quel momento.
«Io...» balbettò, incapace di formulare una frase.
Prima che potesse terminare la frase, lui scese dal cammello con un movimento fluido, quasi predatore, e lei non poté fare a meno di ammirarlo. La sua figura sembrava scolpita nel marmo, perfetta e innaturalmente affascinante, il bianco del suo abito si contrastava con la profondità oscura del suo sguardo. Accarezzò l'animale estraendo una carota dalla tasca per offrirgliela, ma il suo sguardo non lasciò mai quello di Raissa.
Lei si sentì disarmata, le parole le si strozzarono in gola. Fece un respiro profondo, cercando di recuperare la calma. «Sto cercando una guida... qualcuno che possa mostrarmi l'interno della piramide.»
«Allora oggi è il tuo giorno fortunato. Io sono Caspian»
La sua voce aveva qualcosa di ipnotico, quasi pericoloso e come se sapeva quello che stava facendo, si avvicinò, con movimenti lenti e misurati allungando poi la mano nella sua direzione. Raissa esitò, ma alla fine accettò quella stretta, sentendo una scarica di adrenalina che si diffondeva con il calore della sua mano contro la sua pelle
«Io sono...» C'era qualcosa nei suoi occhi, che le fece dimenticare dove si trovava. La tensione che aveva sentito fino a quel momento sembrava dissolversi, sostituita da un'attrazione magnetica che non riusciva a spiegare.
«Raissa, vero?» chiese, con tono basso, quasi un sussurrato, ma pieno di qualcosa di inspiegabile, come se stesse dicendo il suo nome per la prima volta, rendendolo sensuale.
Trasalì incerta.
«Come fai a sapere chi sono?» chiese con voce più squillante di quanto volesse, mentre il respiro le si faceva corto.
«Ci sono cose che non si dimenticano» mormorò la sua voce scivolando su di lei come seta grezza. «Come il tuo sguardo... così fuori posto in un luogo come questo.»
Raissa deglutì, sentendo il cuore martellarle nel petto. Non riusciva a capire se fosse paura, attrazione o qualcosa di ancora più potente. Lui era così vicino ora che poteva sentire il calore del suo corpo, percepire il leggero profumo di spezie che sembrava avvolgerlo come un'aura.
Caspian allungò una mano verso di lei, fermandosi a pochi centimetri dal suo viso. Non la toccò, ma il gesto era sufficiente per farle trattenere il respiro. «Posso mostrarti molto di più di quanto una semplice guida potrebbe fare. Non hai niente da temere. » disse, ma il modo in cui le sue parole si piegarono sembrava dire l'esatto contrario.
Raissa sentì un brivido attraversarle la schiena, nonostante il caldo torrido. C'era qualcosa in quell'uomo che le faceva dimenticare ogni razionalità ma una parte di lei urlava di essere prudente, di non fidarsi. E così fece.
«Non... non posso. Devo tornare da mio fratello» disse, facendo un passo indietro per mettere spazio tra loro, anche se ogni fibra del suo corpo voleva il contrario.
Caspian inclinò la testa, osservandola con uno sguardo enigmatico. Poi le sorrise nuovamente.
«Come vuoi» disse semplicemente, ma il suo tono suggeriva che non era finita lì.
Lei lo osservò combattuta mentre si allontanava, il deserto sotto i suoi passi sembrava appartenergli di diritto, mentre sue parole le rimbombavano nella testa: "Posso mostrarti cose che non troverai in nessuna guida."
Si morse il labbro, il cuore ancora fuori controllo. Cosa stava facendo? Aveva appena rifiutato un'offerta che probabilmente non si sarebbe mai più ripetuta. Il sole bruciava la pelle, ma il calore che sentiva dentro era diverso, più profondo, più confuso. Guardò oltre, verso il cammello di Caspian che avanzava lentamente, e poi verso l'orizzonte. Fece un respiro profondo, sentendo il nodo nello stomaco sciogliersi mentre le gambe iniziavano a muoversi da sole. La sua voce uscì prima ancora di potersi fermare.
«Aspetta!»
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Prince Caspian 🧡
🧡Spazio autrice🧡
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