Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

16. La doppia spirale [ parte seconda ]

SAGE

Ciò che era successo nel pomeriggio mi aveva turbata, aveva fatto sì che la mia mente fosse ricolma di pensieri, quesiti che mi ponevo e a cui rispondevo da sola. Avevo evitato di cenare, pensando che la cosa migliore fosse riposare e dimenticare quella faticosissima giornata, concentrandomi soltanto sull'indomani e sul compito complesso che aspettava gran parte di noi, ma nel tragitto ero stata distratta da una madre che, insieme ai suoi figli, si dirigeva quieta oltre il corridoio che l'avrebbe condotta nei dormitori. Incontrarono il mio sguardo, mi salutarono con un eccessivo rispetto e passarono oltre. Incuriosita dall'insolito atteggiamento, li seguii lasciandomi guidare silenziosamente verso una stanzetta non troppo grande, illuminata da candele e pervasa da un forte odore di incenso, al cui interno vi erano una decina di persone, inginocchiate e a capo chino. Sul fondo, proprio di fronte all'entrata, vi era una statuetta di terracotta di media grandezza, illuminata da un cerchio di piccole candele che le mettevano in risalto le grinze del vestito, le mani aperte verso il basso e i capelli lunghi, sciolti sulle spalle. Quello sembrava essere in tutto e per tutto un luogo di preghiera, un luogo in cui rivolgere i proprio pensieri, in cui venerare la Grande Madre. Quando una donna si spostò dal punto in cui era abbassata, mi accorsi di un'altra figura di ceramica che somigliava spaventosamente alla mia persona. Non riuscii a trattenermi e dovetti sgranare gli occhi per accertarmi che fosse realmente così, che quel piccolo fatturato fosse stato realizzato per me; non mi sbagliavo, e ciò che mi lasciava di sasso più di ogni altra cosa - oltre allo stupore che mi aveva colpito in pieno viso - era la consapevolezza di star diventando oggetto di preghiera per chi era fortemente devoto alla Grande Madre e ai suoi frutti. D'un tratto, riuscii a collegare il motivo per il quale i rifugiati, specialmente gli anziani, le famiglie, avevano cominciato a salutarmi con una fin troppo evidente forma di rispetto, il medesimo utilizzato in quel momento un uomo attempato, porgendomi un sorriso lieve, calando poi il capo. Restai ad osservarlo con gli occhi sgranati e la bocca schiusa, stordita dalla scoperta fatta.

La mia vita era già cambiata radicalmente, eppure le novità che continuavano a stravolgerla non parevano aver voglia di cessare. Per certi versi le sentivo quasi soffocarmi, sopraffarmi, come se fosse troppo per me riuscire a reggerle tutte insieme, ma poi cercavo di rilassarmi, di pensare che quelle diversità potevano rivelarsi utili non solo per l'Ordine dei Sovvertitori, ma per tutto il Terzo Humus. Era già difficile accettare di non essere la persona che credevo di essere, familiarizzando giorno dopo giorno con i miei poteri, ma come comportarsi quando le persone cominciavano a considerarti qualcosa di sacro? Non riuscivo neanche ad immaginarlo.

E mentre la mia testa si riempiva di ulteriori pensieri e quesiti, la figura di Hunter comparve silenziosa al mio fianco, poggiandosi allo stipite della porta, imitando la mia posizione. «Mi chiedevo dove fossi», mormorò, tenendo lo sguardo fermo di fronte a sé, sulle ombre formate sulle mura dalla luce delle candele. «Travis mi ha accennato ciò che è successo oggi», aggiunse con un tono di voce più basso, lasciando la frase sospesa lì, tra i bisbigli volti a venerare la Grande Madre e la speranza che fossi io a continuare il discorso.

«Eritrea che tutto illumina, tu fuoco, tu acqua, tu vita, tu morte, guidaci», stava dicendo un Sovvertitore, un soldato, che osservai distrattamente riflettendo sulle parole da utilizzare.

Alla fine scelsi restare in silenzio per qualche attimo, a braccia conserte, le molteplici immagini di ciò che era accaduto in quella singola giornata, fin troppo pesante per me. Lui dovette notare la mia difficoltà, invitandomi così a fare due passi - richiesta che accettai senza esitare - per essere poi guidata nel luogo che più poteva darmi un po' di pace: sulla terrazza, tra i Grifoni che riposavano, i nostri corpi illuminati soltanto dal chiarore della luna piena ed alta nel cielo. Congedò addirittura la sentinella per far sì che fossimo molto più liberi di parlare. Durante il tragitto avevo cominciato ad accennargli qualcosa, più sicura lontano da orecchie indiscrete, e avevo proseguito poco dopo essermi accomodata sul corrimano.«Oggi ho cercato di convincere una ragazza ad unirsi a noi», avevo annunciato con lo sguardo vacuo, ancora bloccata con la mente in quella piazza. «Era terrorizzata non solo dall'idea di quello che le sarebbe potuto accadere se avesse accettato, ma da ciò che noi rappresentiamo: la diversità, qualcosa di nuovo.»

Hunter mi aveva guardata di sfuggita, aveva aspettato che salissi le scale e, accomodandosi all'aperto per primo, aveva lasciato che andassi avanti, così come stavo ancora facendo. «Credo di essermi resa conto che non tutti lì fuori capiranno, ci sosterranno; mettersi contro Victor potrebbe voler dire mettersi contro una gran parte della nostra gente...», trasalii visibilmente - nonostante la penombra - al pensiero di lottare per una giusta causa, e perdere per il consenso mancato; se Victor possedeva la fiducia del popolo, avevamo già perso in partenza. «Eppure ciò che facciamo mi sembra ancora giusto, mi sento motivata a farlo proprio per chi non ha più speranza e vive nella paura.»

Era strano realizzare ciò che avevo appena detto, capire che era davvero questo a non far sì che mi dessi per vinta, che non mi ritirassi; seppur con la paura forte e chiara, io sentivo di dover ancora perseguire l'obiettivo dell'Ordine. Forse Hunter, rimasto in silenzio ad ascoltarmi e scrutarmi per tutto il tempo, mi trovava leggermente fuori di testa, ma aveva l'eleganza di non darlo a vedere. Che mi stessi facendo problemi inutili? Non lo sapevo, e probabilmente mi avrebbe consigliato di pensare solo a ciò che potevo fare con le mie capacità e alla missione del giorno seguente.

«Hai stoffa», disse, invece, un sorrisetto compiaciuto che sollevava il suo zigomo destro, rischiarato dalla luce lunare. «Mi confermi ciò che sono riuscito a scorgere in te, sotto tutta quella diffidenza e spavalderia», continuò, provocando un sorriso ad entrambi, «lo spirito di un leader, qualcuno di abbastanza forte da unificare queste terre e portare la pace.»Era pressoché impossibile restare impassibili di fronte ad una confessione del genere; l'emozione, il brivido, la paura e la preoccupazione danzavano insieme in quella notte, mandandomi in subbuglio dall'interno, mente e corpo. In più, dovevo fare i conti con la morsa che mi prendeva lo stomaco quando realizzavo che quella stima e fiducia provenisse proprio da Hunter.

Tuttavia, riportai me stessa con i piedi per terra e feci comparire una smorfia contrariata sul mio viso: apprezzavo lo sforzo, ma forse lui vedeva qualcosa che non c'era. «Non penso di essere come mi descrivi, o quantomeno non sono convinta di avere questa forza, né di esserne portata. Le mie spalle non sono abbastanza larghe, e anche se lo fossero sarebbe difficile sostenere altro peso», ammisi, con una punta di rabbia mista a malinconia, che minacciava di inumidirmi gli occhi, per ciò che stavo per dire. «Ciò che ho scoperto oggi, questo strano simbolo sulla mia nuca, ha aperto una voragine tra le mie certezze.»

Hunter assunse un'espressione interrogativa, grattandosi distrattamente un braccio scoperto. «Che cosa vuoi dire?»

«Io non ne ero a conoscenza, e dubito che quella voglia mi sia spuntata soltanto adesso, con la manifestazione dei miei poteri. Ho cominciato a chiedermi se mia madre fosse consapevole di tutto e se, nel caso, me l'abbia tenuto nascosto», oppressa dal dubbio che non avrei più potuto dissipare, mi passai le mani sul viso, riavviando poi i capelli. «La cosa mi fa impazzire e non so neanche più chi diavolo io sia, adesso. E se anche la fiducia che riponevo in lei, a cui ho dedicato la mia vita, è svanita, vuol dire che non posso più fidarmi di nessuno. Capisci perché mi è così difficile? Più saranno vuote le mie mani e meno avrò da perdere.»«Ma le tue mani non sono vuote, Sage», sospirò e fece una pausa. «Mi dispiace sembrarti così duro, probabilmente sono la persona meno indicata per consolarti in un momento come questo, ma voglio che tu sappia che se tua madre ti ha nascosto una parte di te, è stato solo per proteggerti; tenerti al sicuro anche da te stessa, lasciandoti inconsapevole e libera, nonostante tutto», provò a dar luce su un altro punto di vista, permettendomi di guardare le cose da un'altra prospettiva. Nelle sue parole c'era un fondo di verità assoluta, universale, perché era la stessa che motivava le scelte di Laryngard, che si ostinava a non raccontare ad Hunter di essere suo padre.

«E se posso permettermi, lei è solo la punta dell'iceberg: la vita che il destino ha scelto per te è dura e questo non sarà il primo tradimento che riceverai, né la prima persona a cui non potrai più chiedere spiegazioni, così come per me e per gli altri. Ciononostante dobbiamo stringere i denti, per noi e per coloro che ci hanno lasciato.»

Gli occhi mi si riempirono di emozioni diverse, così tante e mescolate tra loro che fu impossibile per me identificarle; ero in un vortice di sensazioni, positive e negative, e non avevo la minima idea di come gestirle, né di come affrontare ciò che sarebbe sopraggiunto col tempo. Ero davvero troppo fragile per poter affrontare tutto.

Poi Hunter posò una mano sulla mia, sporgendosi e avvicinandosi a me: «Non ti dico queste cose per ferirti, è l'ultima cosa che vorrei fare; lo dico per renderti ancora più forte di quanto tu non sia già, anche se non lo sai.»

E ci riusciva sempre; aveva una dote innata, mi infondeva fiducia anche quando sembrava che le cose stessero precipitando, anche quando non consideravo me stessa all'altezza della situazione, proprio come il quel frangente.

Annuii, in parte rasserenata. Non ero sola, nonostante il mio timore e riserbo avevo ancora qualcuno che stavo imparando a conoscere, che per il momento sembrava essere uno dei pochi su cui poter contare davvero.

«Probabilmente mia madre non avrebbe voluto che conducessi questa vita, nessuna madre ne sarebbe contenta.»

Il Sovvertitore emise uno sbuffo di riso, le spalle che si sollevavano e si abbassavano dall'ilarità che i suoi pensieri gli stavano portando. «Non so dirti cosa avrebbe preferito la mia, invece. Forse si sarebbe aspettata di vedermi con una moglie, una donna rispettabile, e dei figli che intraprendono il mestiere del proprio padre: il contadino, o il pescatore...», scherzò, ma con un velo di tristezza che gli ovattava la voce.

«Quando questa lotta sarà finita, quando potremo tirare un sospiro di sollievo, sono sicura che riuscirai a soddisfare il suo desiderio», e ci speravo davvero, seppur il pensiero di Hunter con in mano una rete da pesca mi provocava un certo divertimento.

«Non potrò comunque. La donna che mi ha fatto da madre, che si è presa cura di me, era già in età avanzata ed è morta poco prima che Laryngard mi portasse via dal mio villaggio di nascita», la sua confessione mi spiazzò, sia perché vederlo aprirsi così era più che inusuale, sia per la scoperta che il piccolo Hunter avesse vissuto in una famiglia adottiva, anche se sempre con suo padre biologico accanto, a debita distanza.

Mi scusai e mostrai tutto il mio dispiacere per la sua perdita, e l'unica cosa che disse - oltre al fatto di non aver mai conosciuto la sua mamma naturale - fu un doloroso ''le mie cicatrici sono troppo antiche per poter essere riaperte da un ricordo''. Mi sentii una bugiarda e una pessima amica, se così potevo essere definita, a nascondere la verità sul suo passato e sulla sua famiglia, ma tacqui comunque.

L'aria si fece meno carica di tensione, e una volta superati i consigli, le confessioni e l'intensa conversazione avuta, riuscii non solo a godermi l'aria fresca della notte, i profumi e i versi degli animali, ma anche la compagnia di Hunter che, man mano che il tempo passava, lasciava che conoscessi altri aspetti del suo carattere; passammo del tempo insieme a parlare dell'addestramento, a sorridere al ricordo del primo e memorabile incontro avuto con lui e con tutti i Sovvertitori. Il riso d'intesa che arrivò su ambedue i volti quando lui tirò fuori il modo in cui avevo gridato durante il salto giù dal dirupo. S'incuriosì per davvero, e per la prima volta senza secondi fini, delle peculiarità che mi distinguevano da tutti gli altri; mi chiese se avessi mai avuto un sentore, un segno della mia diversità.

«No», avevo detto. «Certo, pensandoci bene, ho sempre avuto un legame speciale con la natura e con gli animali, sin da bambina. E' come se, in un certo senso, mi avesse spesso parlato, ma mai mi sarei immaginata che potesse farlo per davvero.»

Il tempo parve volare, mentre gli argomenti non scarseggiavano affatto. Finimmo anche per ''giocare'' con Vunari, a cui ordinai di volare, silenziosa, con la sola forza del pensiero.

«E' sempre strabiliante per me vedere ciò che sei in grado di fare, oltre che un tantino surreale. Non ho mai creduto a queste cose», il suo sguardo era rivolto verso l'altro, la schiena che dava le spalle all'orizzonte scuro.

«Sei fortunato che ci sia io a dimostrarti il contrario, allora», finsi di vantarmi, sogghignando.

«E' per questo che sono contento che tu sia qui», replicò con una viva sincerità negli occhi e con un guizzo del labbro senza alcuna forma di malizia.

Ringraziai silenziosamente l'oscurità che riuscì a nascondere l'imbarazzo che mi tinse il volto, arrossando così le gote. «Allora potrò contare su di te per quanto riguarda chi non lo è», volli sdrammatizzare, ricordando quanto frustrante fosse la pressione di Zenda, nello specifico. Mi voleva fuori a tutti i costi, e forse solo per un proprio tornaconto.

Lui sbuffò, tornando a guardare il cielo. «Zenda è innocua, l'importante è non cadere in provocazione come spesso cerca di indurre lei.»

Feci una pausa, metabolizzando il significato della sua frase e ponderando l'idea di chiedergli cosa avesse trovato in Zenda di così attraente. «Tu devi saperlo bene, siete così intimi...», bofonchiai a testa bassa; le parole erano venute fuori prima che potessi rimangiarmele, e mi maledissi per avere la lingua così lunga.

Uno sprazzo di luce illuminò il cipiglio sul volto di Hunter, intento a voltarsi nella mia direzione. Soppesò a lungo la mia espressione, e poi si decise a parlare: «Certo, siamo cresciuti insieme e per un periodo siamo diventati qualcosa in più di semplici amici», ammise, apparentemente senza alcun tipo di problema. Lo guardai di sottecchi, assumendo poi un'espressione falsamente sbalordita, come se non fossi stata a conoscenza di quella notizia.

Hunter ridacchiò, si inumidì le labbra e incrociò le braccia al petto. «Non fingere di esserne sorpresa, tutto il tuo viso urlava che ne fossi già a conoscenza. Volevi solo una conferma da parte mia, ragazzina, ed io ho parlato solo perché ero curioso di osservare la tua ipotetica reazione», mi rimproverò con il sorriso sulle labbra, divertito dalla situazione.

Una smorfia si formò sul mio viso, oltre ad un lieve imbarazzo per la situazione venutasi a creare. «Non volevo ficcanasare, è che le voci in questo posto corrono piuttosto veloci e mi chiedevo se fossero false...»

«Le voci, eh? Queste voci hanno già informato tutti del fatto che quella sia una storia conclusa?»

Mi ammutolii, incassando il colpo e scuotendo la testa in segno di diniego. Non riuscii a capire come mi fece sentire quanto detto, che sensazione potesse donarmi, sapevo solo che c'era uno strano sfarfallio nel mio stomaco in quell'esatto momento.

«Prima o poi ti toccherà dirmi a chi piace spettegolare a mio discapito», sussurrò lui, sforzandosi di trattenere un sorriso, vanamente.

«Non parlerò mai!»

«Sono il tuo istruttore, posso sempre costringerti», la sua voce si fece più cupa.

«Mi costringerai a parlare più avanti. Domani è il grande giorno e devo essere concentrata al massimo, anche se confesso di essere un tantino agitata. Voglio essere pronta», sospirai, mentre ripercorrevo mentalmente il piano per la milionesima volta.

«Non lo sei.»

Quelle tre parole rappresentavano la realtà, eppure non potevo far sì che avessero la meglio sulla mia volontà e il mio impegno per quella missione. «Ma dovrò esserlo», dissi, semplicemente.

«Non è così», fece lui.

«Che cosa intendi dire?»

Hunter inspirò profondamente, scegliendo accuratamente le parole da utilizzare. Alla fine, come di consueto, andò dritto al punto. «Ho deciso di lasciarti qui domani. So che questa è in parte la tua operazione, un tuo piano, ma è troppo rischioso e tu non sei ancora pronta come dovresti.»Strabuzzai gli occhi nell'ascoltarlo; stentavo a credere che potesse anche solo immaginare di tagliarmi fuori dopo tutta la fatica e la preparazione. «Hunter, la guerra non aspetta nessuno, lo sai.»

«Sì, la guerra, quella contro Victor. Mi servi al massimo, non posso mettere a repentaglio settimane di lavoro solo per delle insulse bestie volanti», era serio, maledettamente serio: quello a parlare era il capo del nostro esercito. «E' qualcosa che posso gestire da solo, Sage.»

Me ne restai in silenzio per qualche istante, cercando di mantenere la calma e di trovare un modo per convincerlo a cambiare idea. Sapevo in cuor mio che non ci sarei riuscita, quella volta. «Perché, allora, mi hai messa a capo di quest'impresa?»

«Per dimostrare a te stessa, a me e a tutti gli altri che non sei solo un burattino con grandi poteri nelle nostre mani, sei di più. Che se anche non fossi una dei sette, avresti comunque la stoffa per diventare una Sovvertitrice. Potresti essere una guerriera anche senza alterare e controllare la flora e la fauna intorno a noi, e avresti comunque una marcia in più rispetto al resto dei tuoi compagni», e dimostrò ancora una volta la sua totale stima e fiducia nei miei riguardi.

S'avvicinò leggermente, lo sguardo fisso nel mio, dopodiché sollevò una mano e la portò sul mio petto, e mi sentii a disagio nel sapere che in quel modo avrebbe sicuramente avvertito il cuore che batteva veloce. «Perché la tua fiamma parte dal tuo spirito, e non dalla tua mente.»Gli attimi successivi tornarono all'originaria leggerezza, fin quando Hunter domandò dove fosse finita Vunari, gettando così la testa all'indietro, lo sguardo al cielo, sporgendosi oltre il parapetto sul quale era seduto.

Successe tutto in un attimo: vidi la sua figura sparire dalla mia visuale e il suo corpo precipitare all'indietro, verso il vuoto. Scattai in piedi e mi sporsi, mentre un grido violento fuoriusciva dalla mia bocca e spezzava il silenzio della notte. «Hunter!»

Non vi era traccia di lui, neanche un lamento fu possibile riuscire ad udire, probabilmente perché il panico che mi era montato dentro mi assordava, così come il battito frenetico del mio cuore, questa volta per motivi nettamente diversi. Hunter era scivolato, precipitando e io sentivo le forze venire a mancare.

Ma poi il suo viso mi apparve davanti, di fronte al quale trasalii. Sfoggiava un furbo ghigno, divertito e compiaciuto; io indietreggiai mentre la tensione e il terrore abbandonavano il mio corpo, spossandolo, e lui se ne stava comodo sul dorso di Vunari.

«Nonostante tu sia il mio insegnante, devi sapere che sei un totale idiota», ansimai, portando una mano sul mio petto. Mi aveva provocato il fiato corto tale era stata la paura che avevo provato.

«Allora non sei completamente glaciale sotto tutta quella scorza dura», mi sbeffeggiò senza ritegno, ritornando sulla balconata con un balzo.

Azzardai, mollandogli un pugno leggero al braccio e sentendomi perfettamente a mio agio insieme a lui, molto più di quanto mi fossi sentita in precedenza. Hunter non solo mi aveva alleggerita, ma mi aveva regalato un po' della sua storia e un po' del suo vero io. Più di tutto, era riuscito a donare a me stessa più sicurezza per il futuro che mi attendeva.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro