Cerotto
Aspetto con ansia che questa giornata finisca; guardo l'orologio che segna le 13:44. Tiro giù la tendina e vedo la risposta di Gino al mio messaggio, dove l'avvisavo che non sarebbe dovuto venire a prendermi. 'Ok signorina Iris, ma stia attenta'. Blocco lo schermo e mi accorgo dell'espressione curiosa di Sebastian.
-Il mio autista- sussurro. Lui trasalisce e mi guarda con espressione indecifrabile, poi sorride e sembra quasi arrossire. 'Sebastian imbarazzato? Fa strano' dico tra me e me, ridendo sotto i baffi. Inizio a mettere nello zaino le mie cose e il mio compagno di banco sembra notarlo:
-Ansiosa di andare via?- mi prende in giro.- Solitamente prepari lo zaino quando suona la campanella-. Continua.
-C'è qualcosa che ti sfugge?- domando scherzosamente. -No- risponde lui serioso. Lo guardo e capisco che vuole farmi apprendere che qualsiasi cosa io faccia o dica, non passerà inosservata e, soprattutto, sarà incisa nella sua mente. Assento e torno a sistemare le cose, mentre cerco di immaginare dove Sebastian voglia portarmi. Non so molto di lui e, soprattutto, non è né una persona scontata, né una persona che si fa leggere facilmente. Ma spero che non abbia a che fare con le moto perché, di guidare, non ne avrei il coraggio.
Finalmente suona la campanella e scatto all'in piedi, afferro lo zaino e il pacchetto di sigarette. Aspetto che la classe si svuoti, con Sebastian che mi fissa confuso.
-Perché tutta questa paura che qualcuno si accorga di te?- mi sorprende e io, non posso che rispondere solo una cosa: -Broccolo!-. Mi fissa per un momento e poi annuisce.
-Va bene, ma sono contento che non mi abbia mentito. A quanto pare sei una che rispetta veramente le promesse-. Si alza e afferra lo zaino nero, mettendoselo in spalla.
-Odio deludere le persone, anche se, a quanto pare, non so fare altro- ammetto con un cenno d'amarezza. Non ho mai sentito nessuno dire 'Sono fiero di te', nemmeno Gino. Anche se so che almeno non gli ho procurato delusioni.
-E come può, chi si nasconde dal mondo e resta in silenzio, deludere qualcuno?- chiede serioso. Mi limito ad alzare le spalle: non so come ribattere. In effetti non ho mai creato problemi a nessuno, non ho mai dato fastidio a nessuno, eppure i miei genitori e coloro che mi circondano, mi hanno sempre fatta sentire sbagliata. Come se fossi un errore da eliminare dalla faccia della terra. Come se fossi una rampicante che prende possesso del muro fino a sgretolarlo nel tempo.
-E voi che ci fate qui?- irrompe Eris, poggiata allo stipite della porta di legno d'accesso all'aula.
-Questa è la nostra classe, volpe- ribatte Sebastian, prendendosi gioco di lei. Eris diventa paonazza in volto, colorata della stessa tonalità di una fragola: i suoi occhi guizzano verso di me e sono sicura che se avesse qualche potere, lo utilizzerebbe per uccidermi infliggendomi il peggior dolore mai esistito, come un Avada kedavra.
-La campanella è suonata già da qualche minuto- sottolinea lei, mettendo le braccia conserte, mentre oscilla sul piede destro. La gonna nera corta svolazza, attirando l'attenzione sulla coscia perfettamente definita, mentre il maglioncino bianco corto mostra il piercing all'ombelico che, come un gioiello, scende sul ventre piatto.
-Anche tu sei ancora qui e mi stai rompendo le palle. Non vuoi andare a casa?- risponde Sebastian, in modo scorbutico e infastidito. Lei sussulta, come fosse incredula per quella risposta. La sua espressione fa trapelare che la rabbia, ora, si sia trasformata in vera e propria ira. Sebastian si avvicina all'uscita e supera la figura di Eris, ignorandola completamente. La ragazza sgrana gli occhi e, appena realizza che Sebastian sta lasciando la scuola, gli corre dietro.
Scendo anch'io e li vedo parlare in disparte: lei che sorride mentre intreccia una ciocca bionda attorno l'indice affusolato, lui che la guarda mentre l'ascolta parlare. Eris allunga una mano sul braccio di Sebastian e lui ride per qualcosa che evidentemente lei ha detto. 'Forse è meglio se torno a casa' mi dico, abbassando lo sguardo. Esco dal cancello della scuola mentre guardo il suolo. Mi avvio verso la fermata dell'autobus mentre guardo il pacchetto di sigarette tra le mie mani e, se possibile, mi rattristo ancor di più: avrei voluto fumarne una con lui.
Tiro fuori una sigaretta e me la porto alle labbra, l'accendo e inspiro: la mente vaga a quella mattina e ripenso al suo sapore sulle mie labbra. Intenso. Provo un po' d'amarezza per aver visto quei due insieme ma non posso negare che formino una bella coppia, e non mi sorprenderebbe vederli di nuovo uniti. Sono così belli che sembrano fatti l'uno per l'altro.
'Sono proprio una stupida' mi dico, sorridendo amaramente. 'Come hai potuto pensare che qualcuno fosse davvero interessato a te?' mi sbeffeggia la coscienza. E ha pienamente ragione: basta guardarmi per capire che sono un disastro. I capelli spettinati, gli occhi cupi, i vestiti larghi e l'aspetto trasandato. 'Chi mai vorrebbe davvero stare in mia compagnia? Probabilmente mi ha usata per farsi due risate, niente più' mi incolpo di averci creduto. Do un calcio a un sassolino mentre cammino e sono assorta nei miei pensieri, quando:
-Pesavo avessi detto di sì- sento dire dal lato. Mi volto e trovo Sebastian in sella alla sua moto, che allunga un casco verso di me. Il mio sguardo rimbalza da lui all'oggetto che stringe tra le mani, confusa.
-Ti ho visto impegnato- dico con una punta d'acidità, mentre inspiro un altro tiro. Sebastian alza un sopracciglio, sembra divertito. Ritira la mano, mette il cavalletto e incrocia le braccia, mentre sul suo viso appare un sorriso soddisfatto.
-Sei gelosa?- domanda ridacchiando. Sento andare il volto a fuoco: 'Ma come gli viene in mente!'. Scuoto velocemente la testa e aggrotto le sopracciglia. Forse un po', ma non glielo dirò.
-Secondo me sei gelosa- mi canzona, porgendomi nuovamente il casco.
-Sali o faremo tardi- continua. Getto la sigaretta a terra e afferro il casco: lo guardo bene e noto subito un piccolo arcobaleno disegnato sopra con gli indelebili e non posso fare a meno di sorridere, sembra fatto apposta per me e, qualcosa, mi dice che è proprio così. 'Dove lo ha preso?' mi domando. Siamo stati tutto il tempo in classe insieme. Ma ora non importa, è il momento di scoprire cos'ha in mente questo ragazzo imprevedibile: piede sul pedale, mano sulla sporgenza e salgo. Sto diventando brava.
-Grazie per il pensiero- dico, indicando la protezione sulla mia testa, picchiettandola con l'indice. Fa un cenno positivo con il capo e parte. Ringrazio di avere la scodella anziché il casco integrale, cosicché posso godermi quell'aria che tanto amo, quell'aria che mi accarezza il volto e mi toglie il respiro, quell'aria che mi fa sembrare di volare via da ogni problema e infelicità. Si dirige verso la periferia, prendendo la Pontina. Poco dopo svolta in direzione Fiumicino Aeroporto.
-Sebastian, non stiamo per partire, vero? Perché io non ho i vestiti e nemmeno il caricatore. E con me ho solo soldi contanti. Le carte sono a casa- urlo velocemente senza riprendere fiato, per farmi sentire nonostante il rumore del vento che s'infrange su noi, nel panico più totale. Lo vedo ridere e scuotere il capo: 'Spero sia un no'. Anche se, probabilmente, accetterei lo stesso di imbarcarmi su un aereo in queste condizioni. L'importante è andare via da qui, ancor meglio con una persona che mi sta facendo bene all'anima. Sebastian è come un cerotto per me.
-Cerotto!- grido, prima di scoppiare a ridere. 'Perché cavolo l'ho fatto? Ora mi reputerà ancora più strana di quanto non dimostri già'.
-Hai bisogno di un cerotto?- domanda. E questo mi fa divertire ancora di più. Questa situazione è tanto esilarante quanto strana e, per qualche motivo, mi sentivo nel posto giusto con la persona giusta. Scuoto il capo; Sebastian accelera improvvisamente cogliendomi impreparata: sento il corpo andare all'indietro e, d'istinto, chiudo gli occhi e mi aggrappo alla sua giacca, posando il volto sulla sua schiena. Il suo profumo m'invade le narici, inebriandomi di quell'odore dolce e pungente al tempo stesso, quel profumo che, probabilmente, è diventato il mio preferito. Sento il cuore così leggero da dubitare sia ancora al centro del mio sterno. 'Dio, che sciocca! Ho tredici anni o diciassette?' mi rimprovero. Conosco Sebastian da solo tre giorni e già posso dire che mi dispiacerebbe non averlo più nella mia vita, anche solo per una sigaretta.
Tredici anni. Se ci penso, non ho mai avuto una vita da tredicenne: le mie coetanee scoprivano i trucchi, la piastra per i capelli, i primi reggiseni imbottiti. Io, invece, cercavo il metodo più veloce di bruciare calorie e grassi. Cercavo il modo di soffrire di meno quando mi causavo il vomito dopo un'abbuffata o di come ordinare lassativi senza ricetta. Fortunatamente per non sentirmi, i miei genitori mi regalarono una carta tutta per me a soli dodici anni, intestata a me, che ricaricavano ogni weekend. E così potevo ordinare ogni tipo di medicina da siti illegali. Lassativi e anfetamine sono state mie amiche per quasi un anno: fino al crollo in Croazia.
-Siamo arrivati- mi avvisa Sebastian, facendomi rinsavire dai miei pensieri. Non mi sono neanche accorta della strada che abbiamo percorso; lascio subito la presa dalla sua giacca e arrossisco violentemente. Quel tocco, quella vicinanza, quel lui. Appena mi volto, riconosco subito quel posto:
-Che ci facciamo qui?- domando, davanti l'entrata del centro commerciale 'The Wow Side'.
-Tra poco lo vedrai, ma prima mangiamo- dice, mentre mette il blocco alla moto. Mi irrigidisco davanti quella parola: mangiare. È il mio demone, è ciò che mi affossa da anni. È la causa di ogni mio male. 'Puoi mangiare e poi correre in bagno a vomitare' dice la mia coscienza. Sì, farò così. Non deluderò Sebastian, voglio che oggi sia una giornata perfetta. Noto il suo sguardo accigliato; evidentemente i segnali del mio corpo risultano ambigui.
-Va bene- sorrido forzatamente. -Cosa vuoi mangiare?- continuo. Spero di non finire dentro qualche fast food o roba simile, non voglio mangiare cose grasse e unte.
-Mc Donald's?- bingo! Proprio ciò che non volevo. Però potrei giocare questo a mio favore, magari con Sebastian, riuscirò a fare un passo verso ciò che mi terrorizza, lontana dalla comfort zone. Faccio un cenno positivo col capo e ci avviamo all'interno. Prendiamo il tapis roulant che ci porta al piano dei ristoranti. La fila per ordinare al Mc Donald's è lunga ma Sebastian non sembra demordere. Arrivati davanti lo schermo spalanco gli occhi: tutte quelle foto dei panini, patatine, bibite, fanno viaggiare la mia mente sulle calorie. Il grasso che s'attacca sull'addome, sulle braccia, sulle cosce, sui fianchi. 'Quanto ingrasserò mangiando queste cose? Quanto esercizio dovrò fare? Quanto peso vedrò sulla bilancia? Quante altre smagliature sui fianchi mi verranno? Quante altre imperfezioni dovrà avere il mio corpo?'.
Ed eccola qui: l'ansia. Il respiro accelera, cerca di farmi respirare ma i macigni dei miei pensieri non fanno altro che schiacciarmi: pressano la testa e il petto, causandomi un dolore che nessun antidolorifico riuscirebbe a combattere. Poso le mani sulla testa e la scuoto; voglio far tacere queste voci, voglio godermi uno dei rari momenti piacevoli della mia vita, ma non riesco: e tutto questo perché il seme del male, piantato dentro di me, ha affondato le radici e ora non sono in grado di sradicarlo o di farlo tacere neanche quando voglio. Chiudo gli occhi e cerco di regolarizzare il respiro: so che tutti mi stanno guardando, so che ho tutti gli occhi addosso, li sento come scrutano, come mi guardano imbarazzati, divertiti, scioccati, schifati. Vorrei sparire in questo momento: vorrei dissolvermi nell'aria, teletrasportarmi o essere rapita dagli alieni, purché andare via da qui, evitando questi sguardi inquisitori che mi bruciano sulla pelle. Sento che non riuscirò a sopportare questo a lungo, sento che la pressione sta per schiacciarmi. Poi, quell'odore: due braccia mi avvolgono le spalle, il mio naso sul suo petto, le sue labbra sulla mia testa. Quel contatto sembra farmi respirare di nuovo, come una bolla d'ossigeno sott'acqua, m'ha salvata da annegamento certo.
-Andiamo- dice Sebastian, prendendomi per mano. Mi basta questo per non crollare davanti gli sguardi sconosciuti di chi mi giudica senza sapere. Il mio indice si incrocia col suo mignolo, mentre la sua figura davanti a me guarda attentamente chiunque incroci la nostra strada. Sebastian è così protettivo e non capisco il perché. Sembra tutto così surreale che quasi mi fa paura, ma il mio essere stata sola per tutto questo tempo, fa tacere qualsiasi tipo di campanello d'allarme possa suonare.
-Cos'è successo?- mi domanda lui, una volta in disparte e da soli.
-Io... come te lo spiego senza sentirmi così stupida?- rispondo, colma di rabbia verso me stessa: rabbia per rovinare tutto, rabbia per mostrarmi fragile, rabbia per non riuscire a tenere il controllo delle mie emozioni, rabbia perché non riesco a non farmi schiacciare.
-Ehi- si avvicina, prendendomi il viso tra le mani. Lo solleva e i nostri occhi s'incrociano, dando vita a un turbinio di emozioni dentro di me. Sono così tante, intense e diverse, che non riesco a distinguerle una per una. Semplicemente mi travolgono e fanno di me ciò che vogliono, come se fossero i proprietari della scatola che contiene i mie organi. Sento il volto incendiarsi, mentre il cuore trema e il respiro s'assenta.
-Te l'ho detto, non devi preoccuparti con me- mi rassicura e, per qualche strano motivo, sento che posso davvero fidarmi di questo ragazzo che sta stravolgendo le mie giornate, facendo vivere conflitti interiori repressi da una vita intera. I suoi occhi non mollano i miei neanche per un secondo, cercando di captare ogni minima sensazione o emozione che passa in me. E, a quanto pare, a lui non posso nascondere niente per qualche ragione a me sconosciuta.
-Non mi piace mangiare davanti alle persone- dico, sapendo che non è del tutto la verità, ma neanche una bugia. Ho promesso di non mentire, ma non riesco ancora a non omettere in parte una verità che mi sta uccidendo.
-Se me lo avessi detto prima, non ti avrei mai portata lì. Non voglio che tu ti senta a disagio con me-. Sembra sincero nel dire quelle parole.
-Sebastian, posso farti una domanda?- chiedo curiosa. Ho voglia di capire. Lui annuisce e allora ne approfitto:
-Perché passi il tuo tempo con me?-.
Angolo autrice
Amoriiiii come state? Ho deciso di dividere il capitolo in due parti per non renderlo troppo pesante. Volevo dirvi... e se facessi un POV dal punto di vista di Sebastian? Vi piacerebbe leggere dal suo punto di vista? Fatemi sapere <3 A presto!
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