Sensi
Mi dai di spalle di fronte alla finestra.
La tua camicia bianca abbaglia i miei sensi.
Sbottoni piano,
ora uno, ora l'altro polsino
con gesti misurati lenti e sensuali.
Rimango ferma,
bloccata.
Le radici lungo i miei piedi.
Inchiodata.
Ti guardo misurato e freddo
mentre sfili i gemelli dorati e li getti sul tavolo
dove disegnano capriole involontarie.
Respiri appena, le spalle dritte.
La testa si inclina, la tua nuca scoperta.
Rabbrividisco,
eppure non mi muovo.
La tua camicia bianca, si torce in mille pieghe misteriose.
Non ti volti, e io non ti raggiungo.
Siamo impotenti, arroccati nella nostra rabbia,
entrambi colpevoli.
Eppure basterebbe poco,
forse una tua lieve indecisione,
un respiro più incerto.
Potrei sfiorarti la spalla tesa
stringerti forte con la mano
per dirti che ci sono.
Ma non succede nulla,
rimango statua di marmo contorta in me stessa,
in lotta con un amore che ci consuma entrambi.
La tua camicia abbagliante si flette,
si alza con te, in un respiro rassegnato.
Hai aspettato, forse hai sperato.
Ti volti senza guardarmi,
intuisco il tuo volto,
perché non riesco a impormi di vederlo.
Fai semplicemente due passi,
due ultimi passi misurati.
E mi pervadi con il tuo profumo,
mentre leggo il tuo corpo avvolto
in quella camicia bianca aristocratica.
Ed esci muto,
io vinta
tu tormentato.
Niente
e nessuno che ci sia testimone.
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