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Regan buttò Dejanire da un lato del letto: - Arrivo papà! - chiuse di scatto il portatile e si fiondò giù per le scale, poi risalì e si affacciò alla camera: - Se ci senti salire, nasconditi -
- Perché? Lui ci potrebbe aiutare! - protestò Dejanire
- Fa' come ti dico ok? - e poi Regan sparì. Ma di fare come diceva la ragazza Dejanire non ne aveva alcuna intenzione.

- Buongiorno - Dejanire scese le scale e Regan strabuzzò gli occhi
- Oh, lei è una tua amica? - chiese suo padre vedendo la ragazza scendere le scale
- Veramente noi_ -
- Ci conosciamo da poco, è nuova a San Francisco. Va alla mia stessa scuola -
Dejanire non capiva perché tenere nascosta la sua identità a qualcuno che poteva aiutarle, ma l'occhiata di Regan stavolta la convinse che era meglio così.
- Già - commentò solo. Regan sorrise.
- Regan non va molto d'accordo a scuola, sono contento che si stia facendo qualche amica- sorrise il padre di Regan - e... come ti chiami? -
Dejanire tese il braccio tatuato verso l'uomo - Mi chiamo De_ -
- Deborah - Regan si mise in mezzo prima che il padre potesse vedere il tatuaggio e toccare Dejanire - Ora dovremmo finire dei compiti per lunedì, ti spiace papi? -
- Figurati, vai pure. Io sono stanco morto - sorrise e salì le scale prima di entrare in una stanza accanto a quella di Regan e chiudere la porta.

- Perché accidenti... -
- Shh, andiamo nel salone- Regan interruppe Dejanire e la invitò ad attraversare un breve corridoio che finiva col salone che affacciava sul giardinetto dell'entrata principale.
- Okay, dicevi? -
- Deborah? - fece Dejanire con sguardo interrogativo
- Se c'è una cosa che mi ha insegnato mio padre - Regan fece spallucce: - è che con i servizi segreti non c'è mai da fidarsi -
- Ma in questo caso è tuo padre i servizi segreti! -
- Mio padre non fa eccezione -
Dejanire si alzò scocciata dal divano: - Se non gli dici nulla come farà ad aiutarci a trovare la mia famiglia e capire quello che mi è successo? -
- Prima vorrei fare qualche ricerca per conto mio... - Dejanire la fulminò: - Nostro, per conto nostro. -
- Come vuoi - Dejanire si ributtò sul divano praticamente addosso a Regan - Cominciamo dallo studio di tuo padre allora? -
Dejanire aveva la testa sul petto dell'altra ragazza, che aveva smesso di respirare: Regan la guardava, così vicina al suo cuore, con i capelli sciolti sparsi sul suo seno e gli occhi ambrati che la guardavano rilassati.
- Mi stai fissando - sospirò e si rimise composta: - Puoi riprendere a respirare 007 -
Regan aveva le guance paonazze, un po' per il respiro un po' per :
-Perché 007? -
- Perché vuoi fare l'agente segreto con tuo padre che è un agente segreto. Andiamo - Dejanire si alzò e uscì dal salotto, Regan la raggiunse e tornarono davanti la camera del padre di Regan
- Da ora non mi parlare - sussurrò Regan all'altra abbassando la maniglia ed entrando nella stanza, Dejanire la seguì. Regan frugò nelle tasche della giacca del padre, tirò fuori il portafoglio e iniziò a cercare fra le tessere.
- Credevo cercass... -
- Shh! - Regan guardò malissimo Dejanire, poi tornò a guardare le tessere del padre. Dejanire le si avvicinò all'orecchio: - Credevo cercassimo una chiave -
Il fiato caldo di Dejanire le mandò una scarica di brividi lungo la spina dorsale, Regan si voltò e si trovò a fissare le labbra dell'altra, così carnose e con una linea perfetta, erano a pochi centimetri dalle sue. Dejanire la guardava come se aspettasse qualcosa, non aveva intenzione di muoversi; Regan fece un minuscolo passo verso di lei che sarebbe bastato a colmare la distanza fra loro e...
E il padre di Regan si mosse, borbottando qualcosa nel sonno. Le due saltarono dallo spavento e si staccarono subito, il padre continuava a borbottare sempre più ad alta voce e le due riuscirono a cogliere qualche frammento: - L'isola... fallito, l'esperime...fallito, tutti... no, basta solo... altri, il pres... sacrificio... presto è... solo.. ios.. bref... briff.. - e poi si calmò.
- Regan, tutto ok? - sussurrò Dejanire, senza avvicinarsi. Regan non le fece segno di star zitta: sembrava pietrificata, era pallida e con gli occhi sbarrati fissava il garbuglio di coperte che era suo padre.
- Dejanire... non parlare mai a mio padre di ciò che sai su di te e di quello che scopriremo, ok? - era spaventata, tanto che spaventò anche Dejanire.
- Ok... dái, cerchiamo questa chiave che voglio uscire da questa stanza -
- Eccola - Regan tirò fuori una tessera bianca con la banda argentata e rimise apposto il portafoglio, poi prese il telefono del padre sul comodino.
- Sai la password anche di quello?-
- Certo, sta' zitta-
Suo padre aveva messo la sveglia dopo un'ora, per sicurezza Regan la cambiò e la mise dopo tre ore; così il padre si sarebbe svegliato nel pomeriggio inoltrato, ma almeno ci sarebbe stato tutto il tempo.
Le due uscirono finalmente dalla stanza e Regan andò ad aprire la porta dello studio con la tessera magnetica.
- Ah, sofisticato tuo padre -
- Ascolta - sospirò Regan - La porta si apre da fuori con la tessera e da dentro con un codice che mio padre cambia ogni venerdì, oggi è sabato quindi io non so ancora quale codice abbia messo, per cui dato che sto andando a rimettere apposto la tessera dopo aver aperto tu devi far in modo che la porta non si chiuda, sopratutto quando io sarò dentro, chiaro? -
- Quando noi saremo dentro intendi -
- Tu non sapresti dove cercare e saresti di troppo... è meglio se controlli la porta da fuori -
- La posso controllare anche da dentro, e poi questa è la mia causa, non la tua -
- Ma tu mi hai chiesto aiuto -
- E da quando gli aiutanti hanno il ruolo principale eh? -
Regan sbuffò - Va bene entri con me, basta che tieni aperta quella maledettissima porta ok? - Regan si voltò e fece scattare la serratura, la porta si aprì e Dejanire mise il piede fra questa e lo stipite per non farla chiudere.
- Non entrare senza di me - sibilò Regan e andò a rimettere apposto la tessera, Dejanire infilò la testa nell'apertura per sbirciare dentro l'ufficio. Non era grande, c'erano un armadio a muro a due ante e una scrivania che pareva quella di un internet point, per terra era pieno di cavi elettrici e sotto la scrivania stava una piccola cassettiera di metallo. La luce veniva da una lampadina senza lampadario e da una finestra da cui si vedevano le cime degli alberi.

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