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Sleeping at last

AUTRICE: MeowAndy1

Il buio della mia stanza mi avvolge.

Cerco conforto nelle mie stesse braccia, in un angolo. Le lacrime non smettono di uscire dai miei occhi e faccio di tutto per smettere almeno di singhiozzare.

In questo momento non ho neanche voglia di ascoltare musica, il che la dice lunga sul mio stato d'animo, dato che solitamente è il mio rifugio.

Continuo ad asciugarmi gli occhi e il naso con la manica della felpa nera ma le lacrime continuano a scendere copiose e io quasi mi sento soffocare.

Vorrei solo fuggire da tutto.

La porta della mia stanza si apre facendo entrare uno spiraglio di luce. Sento dei passi che avanzano e si fermano davanti a me.

So già chi è, non ho bisogno di alzare lo sguardo, eppure lo faccio lo stesso. Alzo la testa per guardare la figura accovacciata davanti a me

"Tesoro.."

"Papà"

Tiro su con il naso.

"Te lo ha detto la mamma?"

"Mi ha solo detto che sei entrata in stanza dopo la scuola e non ne sei più uscita. E' preoccupata"

Mi dice, con il suo solito sorriso comprensivo che mi piace tanto. Non mi sento mai giudicata da lui.

"Giornataccia?"

Mi chiede dopo essersi seduto affianco a me

"Diciamo"

Rispondo asciugandomi ancora gli occhi.

"Non è piaciuto il tuo nuovo look?"

Mi dice ridacchiando e spingendomi appena con il braccio. Sbuffo una risatina anche io, mentre penso al ciuffo di capelli viola che mi penzola davanti al viso, l'ultima aggiunta al mio 'look' molto depresso fatto di felpe larghe e nere e leggins o jeans rigorosamente neri anche quelli.

"Nah, lo sai che non mi importa quello che pensano gli altri"

Dico con un sorriso.

"E' che..."

"E' che?"

Lo guardo, prendo un respiro e parlo

"E' che spesso mi sento sbagliata... Guardo le altre ragazze, e sono...diverse.. insomma, sono così..femminili e il loro armadio non comprende solo un colore e io mi sento... Non so, combattuta? Da un lato vorrei essere come loro sai? Integrarmi in qualche modo, poi sento i loro discorsi e me ne passa tutta la voglia. Io vorrei parlare di poesie e dell'ultima lezione della professoressa di arte o di letteratura ma non credo che questi discorsi siano ben accetti e spesso mi chiedo se... Se sono io quella sbagliata.."

Mentre parlo sento altre lacrime scendere sulle mie guance. Essere sbagliati è terribilmente spaventoso. Se si è sbagliati ci si deve aggiustare ma io non voglio 'aggiustarmi'

"E poi... C'è questo ragazzo.. Che mi piace e.. beh oggi l'ho sentito parlare di me e non ha detto cose esattamente carine"

Continuo tra i singhiozzi. Le parole di quel ragazzo le ho incise sulla pelle, non riesco a liberarmene. Ho creduto davvero che fosse diverso, che gli interessasse parlare con me, che potessi interessargli io, ma a quanto pare mi sbagliavo enormemente. Forse se fossi stata come le altre..

"Allora, per tirarti su di morale, ho una sorpresa per te"

Mi dice mio padre con un sorriso. Mi chiedo se sia davvero possibile stare meglio in questo momento, ma mi fido.

Gli sorrido e mi alzo con lui. Lo seguo fino alla porta di casa e dopo aver salutato la mamma usciamo.

"Dunque, oggi ha piovuto, ha fatto davvero un acquazzone con i fiocchi, e tu te lo sei perso mentre eri in camera, ma adesso si è lasciato dietro un bel cielo pulito, e questo è parte della sorpresa"

Mi dice mentre saliamo le scale andando verso il tetto del palazzo con quel suo fare tranquillo e giocoso. Spesso è così emozionato per le cose che facciamo che sembra lui il bambino, ma non mi è mai dispiaciuto.

Continuiamo a salire le scale al buio, e io ho gia una mezza idea di cosa voglia fare. Solo che non capisco dove stia la sorpresa.

Arrivati in cima, mi godo lo spettacolo.

Mio padre è astronomo, e non ha scelto di portarci a vivere in questo palazzo per caso.

Non è troppo lontano dalla città, ma abbastanza perchè l'inquinamento luminoso non sia eccessivo, e il risultato è che dopo un acquazzone come quello di oggi, la volta celeste sopra le nostre teste sia completamene esposta ai nostri occhi, rendendo riconoscibili la maggior parte delle costellazioni che normalmente non si vedrebbero.

Saliamo sempre qua su quando ho una giornata storta, stendiamo una coperta per terra e parliamo di tutto oppure lui mi spiega qualcosa su qualche costellazione facendomela vedere, quindi non capisco davvero quale sia la sorpresa, fino a quando non vedo una figura nera in fondo, vicino al parapetto.

Spalanco gli occhi, quasi non ci credo.

Mi avvicino lentamente, ho paura che sia un sogno ma vedo sempre più nitidamente l'oggetto allungato sopra il treppiedi.

Un telescopio.

Guardo papà e poi il telescopio, poi di nuovo papà e indico il telescopio.

"E' tuo"

Mi dice con un sorrirso tranquillo.

Sono senza parole. Indico me, poi il telescopio, poi di nuovo me.

"Si"

Mi dice ridendo

"Proprio tuo. E' già puntato su qualcosa in particolare, va a vedere"

Mi avvicino lentamente al mio telescopio, ancora a corto di parole e guardo su cosa è puntato.

Non appena lo vedo rimango sbalordita.

Saturno.

Il mio pianeta.

"Da piccola hai detto che ti piaceva perchè era diverso da tutti gli altri. Dicevi che volevi essere come lui"

Lo ricordo. Ricordo come mi sentivo emozionata sentendolo parlare delle stelle. Ricordo la sensazione quando mi portò per la prima volta all'osservatorio e guardai per la prima volta dentro un telescopio ottico, sentendomi infinitamente piccola. Ricordo i suoi discorsi apassionati sulla grandezza dell'universo e ricordo come è riuscito a trasmettere questa passione anche a me, sin da piccola, con il suo entusiasmo.

Sollevo lo sguardo e lo vedo sorridere come fa sempre. Abbandono il telescopio per abbracciarlo

"Grazie papà"

Le mie parole soffocate dalla sua maglietta. Le sue braccia mi stringono a loro volta, forti, il mio sostegno.

"Tu sei perfetta così, non devi cambiare niente"

Mi dice

"Sei forte, come una stella, custode di un energia inesauribile che continua a propagare luce anche dopo la morte. Non resterai da sola. Qualcuno ti vedrà sicuramente, e resterà abbagliato da te, da questa forza. Devi solo avere pazienza"

Continua mentre passa la mano sulla mia schiena.

"Nel frattempo noi possiamo guardare le stelle. Che ne pensi?"

Gli sorrido felice e annuisco, tornando al telelscopio.

Apro gli occhi.

Guardo fisso il soffitto della mia camera da letto e sorrido. Che dolce sogno. No, un ricordo. Un momento lontano, ormai passato, ma sempre dolce.

Mi alzo con clama dal letto e sempre con calma mangio qualcosa. Mi preparo ed esco di casa.

Arrivo all'osservatorio e saluto tutti con un sorriso. Non posso non sorridere in questo posto.

Lo stesso osservatorio in cui lavorava papà. Il suo stesso mestiere che sin da piccola mi ha apassionata. L'ombra di un dolce ricordo visto tra i miei sogni ad accompagnarmi.

Oggi sarà una bella nottata.

Prendo il mio posto al telescopio e la prima cosa che faccio è guardare quello su cui è puntato. Mi godo questo momento, prima di cominciare a lavorare, perchè le stelle non sono solo poesia ma anche calcoli matematici e fisici che ancora non si svolgono da soli.

Ma in questo momento, prima di cominciare, possono essere solo poesia.

Custodi di un energia inesauribile che continua a propagare luce anche dopo la loro morte.

Rimango a fissare questo universo ancora qualche secondo, momentaneamente mio, quel dolce ricordo ad aleggiare ancora intorno a me.

A quattordici anni, il giorno in cui ricevetti il mio primo telescopo, sentivo il peso della mia esistenza schiacciarmi.

Oggi, non posso fare a meno di pensare quanto raro e bello sia esistere.

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