•Epilogo•
/Jackson\
"Cosa vuoi fare da grande, Jackson?" All'epoca ero solo un bambino. Le maestre ponevano domande così mature per una mente ancora acerba.
Eppure io sapevo cosa avrei fatto, o meglio chi sarei diventato da grande.
Quindi senza rimuginarci troppo, mi composi come un soldatino sulla sedia e scrollando le spalle risposi fiero.
"Semplice. Voglio essere, Kyle." Si! Io voglio essere come mio fratello.
La maestra mi fissò dubbiosa. Ero certo che tutti gli altri bambini avessero dato come risposta: astronauta. Motociclista. Veterinario. Supereroe. Ma non io.
"Ma, Kyle é una persona, Jackson. Non un mestiere." Mi apostrofò cristallina, inducendomi a capire che la mia risposta non era esatto.
Ma diamine, se lo era.
Scacciai uno sbuffo, e la guardai dritta nelle iridi grigie.
"Mio fratello é un eroe. É l'esempio migliore per me. Lui sconfigge gli avversari, e non ha paura di nulla." Replicai piccato, e la maestra sgranò i grandi occhi, accennando un lieve sorriso sulle labbra tinte di rosa.
"E tu di cosa hai paura, Jackson?" Mi domandò allora, forse di nuovo per darmi modo, di rispondere come tutti i bambini di dieci anni. Ho paura dei mostri. Ho paura dei clown. Dei serpenti. Degli alieni.
Ma come sempre, non io.
Mi mangiucchiai una pellicina del labbro inferiore, e mantenendo lo sguardo alto, dichiarai la mia risposta.
"Ho paura...della luce." Impossibile vero?
Come si può avere paura della luce?!
La maestra inarcò un sopracciglio, con un chiaro scetticismo che le dipingeva il volto ancora giovane.
"Forse volevi dire, del buio." No! Assolutamente. C'è differenza tra buio e luce.
E questa volta era un alunno a far rimanere ammutolita una maestra.
"No. Intendo proprio la luce. Mio fratello dice sempre che la luce mostra tutti i difetti, che il buio cela." Si tolse gli occhiali sulla mia osservazione, e annuì con un cenno della testa.
Perché Kyle, ancora oggi ha quasi ventiquattro anni spaccati, nel giorno più bello per tutti, il più triste per me, io sono ancora la tua estensione.
Tu vivi dentro di me. Sei inciso come lo scalpo incide una pietra.
La tua voce risuona ma la sento solo io, e sono onorato di ciò. Solo io posso beneficiare del tuo tono gioioso.
Solo io posso vedere nei miei ricordi il tuo volto, aperto sempre in un sorriso.
É una cosa nostra, fratello. E nessuno può portarmela via.
E lo sai? Non odio più il giorno del mio compleanno.
Ma ascolto di prima mattina, sempre la solita canzone, mentre metto il CD nel lettore, dove soffiavo le candeline e tu mi prendevi in giro.
Quella dei Pink Floyd: Breathe.
«For long you live and high you fly» Intonavi verso di me.
Vivrai a lungo e volerai alto.
Tu vivrai a lungo dentro di me, e mi aspetterai,
Perché tu sei già volato in alto.
Sorrido verso la lapide in cemento freddo. Oggi riesco a vedere la scritta in rilievo che riporta la sua nascita e la sua morte.
I raggi del sole scaldano l'erba del prato curato, e osservo una piccola mano depositare un fiore sulla lapide.
Mi volto verso Violet e l'attiro in un abbraccio che profuma di felicità.
La commozione mi fa prudere le narici e il bulbo spingere bisognoso di lasciarsi andare alla gioia che gremita dentro.
Gravita intorno a noi.
Tutto ciò che voglio é qui, in questo attimo di vita, che porterò dentro il taschino mentale.
Alzo le iridi velate, girando appena il volto, e trovo quelle di mia madre che splendono.
La sua mano calda, si posa sulla giacca del mio completo nero, strusciandola più volte.
«Sono arrivati.» Mi avvisa carezzevole, e mi alzo a fatica, tenendo ancorata la mano di Violet alla mia.
Anche lei ora non ha più paura dei rumori circostanti.
Ha abbattuto la muraglia.
Si é liberata dalla prigione del castello silenzioso, e ora é libera.
Mi volto del tutto, ed eccoli lì.
Osservo Duncan con il braccio attorno alle spalle di Caroline.
Steve e Samuel.
E poi Adam a cui rivolgo un sorriso, prima di concentrarmi totalmente verso la Dea del mio cuore.
La pelle diafana illuminata dal sole, le rende i capelli raccolti morbidamente, ancor più focosi.
Il tubino nero con una cinturina in vita, le delimita le curve sinuose, e il suo volto riflette tutto ciò che dice il mio.
«Skyyyy...» Violet urla euforica il nome della mia amata, e corre a perdi fiato nel suo vestitino a fiorellini, tra le braccia di Sky, che l'accoglie acquattandosi appena sulle ginocchia.
«Bro'.» La voce di Adam, mi strappa dalla figura delle mie donne, e mi concentro su di lui, dove con uno slancio lo abbraccio venendo ricambiato.
«Ti abbiamo portato una cosa.» Mi annuncia Samuel dandomi una pacca benevola sulla spalla, così Steve che mi sorride, su quella opposta.
Getto un'occhiata verso la mano di Samuel, che estrae da una sacca nera, i guantoni di Kyle.
«Il loro posto é qui.» Rivela tenue, benché già lo sappia.
Ormai é finito. La giustizia ha vinto, e le nazionali hanno visto nascere due astri nascenti, in un corpo solo.
Perché sì, ho avuto la mia gloria.
Ero così euforico quando Tyler mi disse, che potevo partecipare, poiché ero stato sotto minacce di Dean.
Mi ero vestito con gli abiti di Kyle, compreso i guantoni.
Stretto il Rosario.
Annunciato come Breaveheart, e vinto grazie alle parole di Kyle, che aleggiavano nella mia testa.
La folla che si dimenava. Chiamavano il suo nome. Incitavano la mia anima.
«É così.» Annuisco felice, prendendo i guantoni per baciarli entrambi, prima di depositarli sulla lapide, accanto a tutti i fiori che abbiamo portato.
Finché non sento due braccia esili, cingermi il busto da dietro, e volto leggermente il viso, per essere riempito da quelle iridi che sono state sempre la mia dannazione.
Non ci diciamo niente. Restiamo anche oggi nel nostro bellissimo universo silenzioso, e le mie labbra si posano dolci sulla sua cute, mentre strofina la guancia sul mio collo.
«Happy birthday to you. Happy birthday to you. Happy birthday to Kyle. Happy birthday to you.» Intoniamo tutti quanti in coro, e lo so che ci sta vedendo, e quel refolo di vento che spegne la candelina sulla torta, tra le mani di mia mamma, é Kyle in realtà.
*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*
«Dove siamo diretti?» Sono schiacciato sul sedile di pelle del mio pick-up, da due ore, mentre la Dea mi sorride mefistofelica alla guida.
Forse dovrei preoccuparmi, secondo le previsioni, che mi ricordano che ogni volta che ha dettato legge su dove dovessimo andare, sono stati sempre posti lugubri e infrattati.
«Sai...» Inizia a parlare, e spero che continui perché non so niente, in questo preciso istante.
La sua guida é sconsiderata, e temo che mi dovrò reggere alla maniglia della portiera, come un poppante.
Continua a guardare la strada, e la risata che riecheggia nell'abitacolo, mi fa stringere i denti.
Dea bastarda!
«Tu mi hai aiutata a trasformare il mio incubo, in un sogno. Hai spazzato via le mie insicurezze, e distrutto un'armatura impenetrabile, per entrarmi dentro e non uscire più da lì.» Ora il suo tono é cristallino. Melodia calda e avvolgente, che vibra nel mio centro che pulsa per la velocità e per amore.
Miro il suo profilo perfetto, per notarla girarsi un secondo il minuto dopo, dove il sorriso illumina il cielo terso.
E appena riporta le iridi sulla strada, lo faccio anche io e comprendo dove siamo.
Il fiato si sega.
Il corpo si tende.
Le mani iniziano a sudare, come tutto il resto.
Lo spazio in macchina sembra restringersi, come pareti che ti schiacciano.
I polmoni non incanalano aria.
Il buio padroneggia.
Il ricordo mi squarcia.
Tremo come una foglia secca, depositata sotto un tronco, che giacerà lì finché un vento forte non la trainerà via.
Siamo esattamente sulla scena di tre anni e poco più fa.
Esattamente nello stesso punto.
Sul ponte di Green Bay.
«Sky.» Sento la potenza che graffia le mie corde vocali, e la sua mano fresca, si poggia sul mio dorso, per tranquillizzarmi.
«Io l'ho superato. Ora tocca a te.» Mi confida delicata, e intreccio forte le sue dita affusolate, portandomi il suo dorso sulle labbra, per inalare il suo profumo di ciliegia e dannazione.
Per assaporare il velluto sotto le mie labbra screpolate.
Come maggior conforto.
Siamo vicini. Vicinissimi.
Eccoci. La strada. L'asfalto.
La notte.
Il dito che schiaccia Play, sulla radio, dove é rimasta la solita cassetta di Bon Jovi.
Sono di nuovo al suo concerto.
Kyle che strepita come in uno stato di ebrezza.
"Cazzo, Jason. É fantastico. Se fossi una donna mi farei piegare a novanta." Le sue battute che mi facevano sorridere, mentre scuotevamo la testa.
"It's my life It's now or never,
I ain't gonna live forever,
I just want to live while I'm alive..." Cantavamo allegri, lo stesso ritornello che ora riecheggia dalla cassetta.
E il mondo vero si accende, mentre le ruote stridono, e superiamo a velocità, senza macchine ad ostacolarci, il punto preciso dove sono morto, dove oggi rinasco.
Ci fermiamo verso un sentiero imboscato, e sono trenta minuti che ridiamo senza sosta, mentre scendiamo dalla macchina e ci abbracciamo.
Ma l'abbraccio dura poco, perché ho bisogno di fondermi con lei, senza più nessun demone.
Oggi nulla ci ostacolerà più.
Abbiamo resettato tutto.
Abbiamo fatto piazza pulita delle nostre paure.
Abbiamo sconfitto dopo aver lottato troppo.
E dopo tanta battaglia, meritiamo il nostro riposo.
Il mio palmo le circonda la nuca. Stringo i suoi capelli tra le dita, e le sue iridi azzurre come un mare incontaminato, brillano di lussuria e amore, dentro il mio bosco oscurato solo di passione.
«Jacks...» Fermo con l'indice e il medio attaccati, il mio nome ansimato, poiché voglio prendere io parola, prima di sfondare a ripetizione il mio Éden e sporcarla della mia liberazione.
«Da quando ti ho conosciuta...cavolo. Sei stata un'uragano. Abbiamo lottato e ci siamo sfidati con lo sguardo. Abbiamo tirato su regole, allontanandoci e avvicinandoci, solo per dannarci. E poi, siamo riusciti a toglierci ogni pezzo di armatura, per scoprirci e rivelarci. E questo...» Lascio scivolare le mie dita sul suo mento ovale, che tiro su, e rimane in silenzio ammaliata dalle mie parole.
«Lo devo solo a te. Non sono bravo neanche a dire alcune parole. Ho imparato così bene a farmi leggere da te, che questa però la voglio dire. Non c'è comunque voce che equivale al mio sguardo, mentre ti rivelo che...» Annullo la distanza. Sento il suo cuore battere in un frastuono come il mio.
Il vento attorno che si innalza come la nostra calura corporea.
Le sue labbra a giusto due millimetri dalle mie.
Trepidazione. Attesa. Voglia.
«Ti amo.» Amore. Ed é lì che il mondo falso non esiste più. Non ci sarà giorno o notte, che temeremo.
Noi siamo veri. Il bacio con cui ci possediamo lo é.
Come é vero che certe volte le dannazioni, divengono benedizioni.
"My heart is like an open highway" Suona ancora nella radio, mentre intoniamo con i gemiti che librano fuori ad ogni colpo incessante. Ed é così.
"il mio cuore è come un autostrada aperta" Dove viaggio affianco
della mia Dea Benedetta.
Dee del mio cuore, abbiamo finito.
Abbiamo pianto, riso. Ci siamo emozionate (almeno spero) ci siamo surriscaldate (questo lo credo 😂) e abbiamo lottato fino alla fine per il loro amore.
Che dire di più? Non ho niente da dire.
La mia anima piange, perché ho passato un anno con loro.
Un anno che fuori da Wattpad, é stato molto tormentato.
Forse fin troppo.
Ma loro mi hanno aiutata.
Ogni notte sul lettino ospedaliero, io pensavo: No cazzo, io mi devo rimettere. Devo finire la mia storia.
E credo che loro fuori esistono.
Esiste una Sky e un Jackson.
Magari stanno davvero insieme, magari li va di credere che sia così.
E io vi ringrazio per esserci state.
Vi voglio bene ❤️
Ci rivedremo con Samuel e Jain, appena avrò terminato il Cobra Alexander con il suo Corallo Coraline 😘😘😘❤️❤️🌟🌟
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