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•Capitolo 51•

~•Sky•~


Un dolce calore avvolge il mio corpo.
Sento un lieve peso attorno alla mia vita e uno attorcigliato tra le mie gambe che si muovono placidamente sulle lenzuola per cercare una parte fresca.
Un sorriso stende i tratti del mio volto, ancora a palpebre chiuse, e la faccia che si struscia sul cuscino.
Sono vigile dentro di me, ma non oso aprire gli occhi. Voglio rivivermi le scene della serata.
La mía paura. Il tremore che scuoteva il mio corpo. Il rivivere i momenti atroci e la sua voce divenire nella mia testa quella roca e impastata dall'alcol del mio patrigno.
Poi ho aperto gli occhi, e non ho solo guardato.
Ho visto. Ho risentito la sua di voce. I suoi palmi callosi e ruvidi. Il suo profumo demoniaco. E il mio mondo é ripartito da lì.

Non puoi cancellare certi ricordi, ma é riuscito a impolverarli talmente bene, che spero non rivengano più alla luce.

Sorrido di nuovo e nell'esatto istante, avverto la sua presa attorno alla vita rafforzarsi e spingermi la schiena contro il suo petto possente, dove gli lascio udire un mio sospiro beato.
Non celo neanche il gemito dolce che schiude le mie labbra, nel sentire la durezza tra le natiche nude, che si muovono involontarie.

«Dea.» Ruggisce graffiato, artigliando con i polpastrelli una mia natica per tenermi ferma.
Spalanco del tutto gli occhi sorpresa dalla sua irruenza che mi eccita, voltandomi in un secondo verso il suo volto.
La luce penetra cosí bene dalla portafinestra, centrando il suo viso in pieno.
Mette in evidenza così bene i suoi occhi che sembrano due smeraldi contornati da tizzoni ardenti che sono le sue pupille.

«Sei rimasto.» Non so perché tali parole stupite, escano dalle mie labbra.
Forse era la netta paura che lui fuggisse. Da me, dal mio passato, da noi. Ora che esiste sul serio un noi.

Vedo la sua mano elevarsi e le nocche sfiorare con delicatezza disarmante, la mia guancia destra.
Il suo viso si avvicina con calma al mio.
Il suo respiro mi sfiora le labbra che tremano di trepida attesa e chiudo gli occhi.
Aspetto un bacio che invece non arriva, e quando riapro gli occhi il colore dei miei é totalmente suo, che é immerso nelle mie iridi.

«Dovrei essere altrove?» Domanda tra il sospettoso e divertito, con quella calata calda, che più calda divento io sulle guance e tra le cosce che si fanno molli.

Scuoto la testa dopo minuti forse interminabili. Incantata da lui. Dal suo sorriso morbido che mi sconvolge. Mi abbaglia, e il suo palmo che avvolge la mia nuca per spingermi sulle sue labbra.
Dolce, lento, cullato, per divenire devastante e totalizzante quando la sua lingua scivola con smania tra le mie labbra schiuse che l'accolgono con tutta la passione e l'amore di cui sono capace.

Gli sto dicendo "Grazie" con questo bacio.
Che lo amo. Ma non riesco a dirlo. La paura mi frena, ma spero lo capisca.
E lui risponde forte e passionale con un: Non sarai mai sola.
E io voglio crederci, perché se prima il senso di abbandono era triste e malinconico ora sarebbe straziante.
Perché lui ora ha il mio cuore, forse rattoppato, ma lo ha tutto e non ho più forza di riprendermelo indietro.
Non ho più l'armatura lucente, sono nuda e ansimante sotto i suoi assalti tra le mie cosce avvolte attorno al suo bacino, tra le mie labbra dove mangia ingordo i miei gemiti.

Siamo ancora accoccolati e poco propensi ad abbandonare questo spazio fatto dei nostri odori, dei nostri respiri che poco a poco tornano regolari.
Ma so bene che dovremmo alzarci.

Ancor di più quando Jackson mi risveglia con la sua affermazione divertita, seguita dal brulichio dei nostri stomachi a vuoto di cibo, ma pieni di ben altro.
«Dovremmo fare colazione.» Mi sfiora con delicatezza la ciocca che mi solletica la cartilagine dell'orecchio e mi tocca acconsentire.

«Dovremmo. Ma é frustrante abbandonare il letto.» Rilascio uno sbuffo sconsolato, mentre lui si piega per sorridere sulla mia guancia che freme a quel contatto caldo e vibrante, per poi alzarsi in tutta la sua nudità gloriosa, che mi stuzzica l'appetito e le papille gustative, e non certamente di cibo.

«Tu resta qui. Oggi prepara lo chef Thomson.» É la prima volta che lo sento pronunciare il suo cognome, senza avere la solita patina triste nelle iridi verdeggianti molto più chiare.
Cosí vivide, da non ricordarmi di averle mai viste.

Non ribatto, poiché l'idea di lui che prepara per la prima volta qualcosa per me, mi lascia una sensazione magnifica alla bocca dello stomaco.
Mi ributto sul letto, saggiando sulle labbra un sorriso di immensa felicità, quando sento vibrare il cellulare sul comodino di fianco al letto.
Mi giro di fianco e allungo il braccio per afferrarlo, convinta che sia Adam o Caroline che mi rimproverano per la mia scarsa presenza.
E vorrei esasperarmi nel sentire le loro lamentele.
Vorrei di tutto, tranne che leggere il mittente del messaggio, che splende sul display come sfottò.
Come la faccia del Joker.
Si prende bellamente beffa, mentre il mio cuore precipita sotto uno strapiombo, e il respiro si mozza nella gola che non vuole più deglutire.

Le dita tremano. Il corpo si scuote di un'ansia che mi vela le iridi.
Non riesco a frenare la corsa inarrestabile dei battiti che mi fanno annaspare in cerca di ossigeno o coraggio.
Ma devo aprirlo. Sono costretta. E ringrazio che Jackson sia giù.
Ma non ringrazio il fatto che mi stia chiamando, annunciandomi che é pronto.
E neanche la deliziosa scia che arriva da giù, mi rinsavisce da questa trance in qui sto per marcire.
Acelera ancora il battito, e molto presto forse si schianterà.
Lo sta già facendo, quando mi decido ad aprirlo.
Il rumore piatto delle piante dei piedi di Jackson che salgono le scale, avvicinarsi.
Un secondo per mettere a fuoco lettere che sembrano schizzi di acquerello alle mie iridi offuscate.
Trepidazione e sudore freddo.
Paura, folle paura.

Da Dean

-Stasera si terrà una cena importante con nuovi clienti molto rilevanti nella politica.
Vestiti elegante.
Ah...non provare a mancare, fare una mossa falsa, o prenderti gioco di me.
Potrei. Fartene. Pentire. Dolcezza.

Chiudo con irruenza il messaggio, e le mie dita corrono tra le ciocche scompigliate dei miei capelli. Vorrei tirarle fino a farmi dolere il cuoio capelluto. Strapparli. Buttarmi al suolo e tirare pugni a questo destino che ho voluto.
Se non avessi chiesto quel favore per una sete di vendetta, adesso vivrei abusata di ricordi ma libera.
Invece sono in gatta buia. Senza alcuna via di fuga. Non so quando finirà questa pena.
E un po' di pena me ne faccio anche io, che appena rialzo le iridi, devo stendere un sorriso che vira tra il vero e il falso, nel notare Jackson sulla soglia, con il vassoio in mano ricolmo di leccornie.

Il suo sorriso innalzato malizioso e seducente, si stende sempre più in basso, fino a diventare una linea retta nel notarmi a gambe accavallate sul letto, e ho paura che mi abbia letto.
Lui mi legge sempre. Non riesco a mentire. Eppure devo. Maledetta connessione che abbiamo anche senza l'uso di parole.

«Sarei scesa appena avrei preso coraggio.» Lo informo dandomi una tonalità vivace, per non fargli capire nulla.

Si avvicina lento, con il vassoio stretto tra le mani forti e lo poggia sul comodino, rimanendo fermo davanti alla mia figura.
Resta in silenzio. Mi fissa ogni tratto del volto. Mi studia. Mi sonda per captare ciò che sto cercando di occultare.
«Mmh...sembra tutto delizioso.» Ci riprovo con più intensità e tono gioioso, strofinandomi un palmo sulla pancia, che non ha più fame ormai.

Mi sento a disagio. Scomoda nel sentire le sue iridi più torbide continuare a fissarmi, senza accennare a parlare o muoversi.
«Sky.» Tuona dopo minuti che sembrano ore, di silenzio sfiancante.
Un sussulto mi percuote, e un brivido di terrore scivola lungo la mia spina dorsale che si arcua, spingendo il petto in avanti.

«Mangiamo.» Ecco come vorrei finire questa discussione neanche iniziata, e che non inizierà mai. Non posso rivelare niente.

«Guardami.» La sua imposizione mi fa deglutire un fiotto di saliva amaro e pastoso, e cerco con tutte le forze di mostrarmi tranquilla, sopratutto con gli occhi che si inchiodano ai suoi, appena sollevo il volto.
La fronte leggermente aggrottata, e quelle sopracciglia scure e folte che perfezionano il suo sguardo assottigliato, più intimidatorio.
Quello di cui mi sono perdutamente innamorata.

«Che succede?» La sua domanda piena di apprensione, mi fa capire però che non sospetta nulla, e posso rilasciare un sospiro di sollievo.
Posso mentire ancora, anche se non vorrei.
Lo sto proteggendo.

«É solo Adam. Sai com'è fatto, se non mi sente per tre giorni inizia a martellarmi con le sue ramanzine.» Fingo con il solito finto tono tra scocciato e ilare, roteando gli occhi al soffitto con un risolino.

Sto pregando mentalmente che ci caschi, e appena lo vedo sorridere e scuotere i riccioli indomiti, comprendo che anche questa volta l'ho scampata.
E odio mentirgli. Ma non ho alternative a tutto ciò.

«É tuo fratello, é normale che si preoccupi di te. Lo farei anche io al suo posto.» Ribatte dolce come il miele, colato nel tono come lo sciroppo d'acero che ricopre la pila di pancake sul piatto di ceramica.

Faccio una smorfia appena imbronciata alla sua constatazione.
«E tu...tu non ti preoccupi per me? Non sei mio fratello.» Lo pungolo maliziosa, che più lo diventa il suo sguardo rovente e oscuro, che scivola sul mio corpo nudo e in fermento.
Mi basta una sua occhiata per scordarmi di tutto. Di tutti. Un potere che mi sottomette e di cui non voglio liberarmi.

«Lo faccio, anche se non sono tuo fratello. Perché se lo fossi non potrei cibarti e poi...» Lascia come sempre la frase in sospeso.
La suspense e l'attesa eccitante con la sua punta rauca che mi stuzzica magnificamente.
Mi lascia ingorda di lui, che si piega verso di me, come a braccare la sua preda.
E mi offro al demonio, in ogni sua veste.
Sono sua in ogni veste.

«Cibarmi...di te.» Mi morde il lobo dell'orecchio, per strapparmi un gemito e appropriarsi con voracità delle mie labbra, prendendomi il mento tra il pollice e l'indice come voglio io.
Prendere senza chiedere.

Dee del ♥️ sono tornata 😜
Un intro per ciò che avverrà al prossimo capitolo.
Da ora in poi teniamoci forte, si VOLA 😂

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