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•Capitolo 45•

~•Sky•~

É passato quasi un mese.
Ho visto Jackson così poco, da rendermi conto che la sua mancanza mi atterrisce.
Lui era impegnato per la sua tesi di laurea.
Io per il mio sporco segreto.

E quando non potevamo vederci, passavamo ore al telefono a parlare dalle cose più futili alle più serie, finendo con provocazioni che portavano a del sesso telefonico, che non avevo mai provato.
Le sue richieste di video, i suoi di video.
I suoi gemiti rochi, e la voglia di vedermi per fottermi, mi hanno resa dipendente da lui.
Il suo preoccuparsi circa la mia vita.
Il nostro scherzare e dirci tutto, anche cosa avevamo mangiato.

E ora non vedo l'ora di rivederlo, mentre percorro i chilometri con il Maggiolino, che sembra impaziente quanto me.

La folla fa sembrare il campus un posto claustrofobico.
C'è chi ancora deve prendere postazione, e il palco è ancora vuoto.
Prendo velocemente postazione, tra le prime file, con un brulichio nello stomaco.

Dovrei pensare che anche Adam oggi si laurea, ma non riesco a fare a meno di concentrarmi solo su di lui.
Ed è questa presa di coscienza che mi destabilizza.
Nel momento esatto che tutto cessa, e da poco lontano, noto le mille toghe nere e blu, solcare il prato verde brillante.
Una sfilata lenta, in cui riconoscerli sembra quasi un impresa titanica.
Ma il problema di fondo è che anche tra quella fila indiana, e il tocco a coprire i capelli, io lo riconosco.

Provo a sviare lo sguardo dove individuo Adam, tra gli ultimi e il suo sguardo agitato mi fa sorridere.

Ma dura poco, perché sento quella sensazione familiare, delle sue iridi bosco, incendiare ogni parte del mio essere, e per quanto ci provi a non farmi vedere turbata, accavallo le gambe e mi schiaccio la tracolla sul petto, lasciando che i miei occhi traditori, si alzino cauti e vogliosi, sul suo volto perfetto.

Ancora e ancora, potrei venire uccisa da quel magnetismo, dove trovo subito la palude fittizia, che si getta dentro di me, senza alcun consenso.

Il respiro mi si mozza, e la bile lungo la trachea non scende, creando soffocamento da quanto è sexy anche con una Toga indosso.

Le spalle ampie su cui aderisce il tessuto. Alcuni riccioli che scendono leggeri sulla fronte, e il sole scottante che gli illumina i tratti accattivanti, mi fanno trepidare come se fossi io una scolaretta.

Cerco inutilmente di mostrarmi di nuovo imperturbabile. Che il suo sguardo seducente non mi smuovi niente. Ma l'angolo destro delle sue labbra carnose, si innalza fiero, spezzando le mie convinzioni perché sa già che dopo tutto questo tempo separati e, quando questa festa sarà finita, ci azzanneremo come animali affamati.

Ingoio a fatica un fiotto di saliva pastosa, mentre i suoi occhi non mi mollano, neanche quando sale i gradini del palco e va a sedersi diligentemente sulla sedia.

Proprio lui che diligente non è mai, e spicca con il suo alone buio tra il sole battente.

Le dita iniziano a sudare, come la pelle del collo e involontariamente mi sfioro la clavicola, lasciata scoperta dalla camicetta a fiori.

Lo stesso punto che brucia lui con le iridi, mandandomi una scintilla potente sul fulcro che pulsa di esigenza.

«Dea» Il suo labiale che sfiora il mio nomignolo, è troppo da sopportare, e come se non bastasse quando finalmente trovo l'audacia di schiodarmi dal suo volto divertito dal mio rossore, trovo un Adam che mi fissa dubbioso.

Il sopracciglio innalzato, e le labbra strette in una linea severa, accrescono la paura che lui sappia o abbia scoperto qualcosa, sotto la luce del giorno che non mente.

Quindi faccio l'unica cosa che possa scacciare in parte, un suo sospetto, sorridendogli e innalzando il pollice in alto, come ad incitarlo o confermargli che è tutto ok, anche se non lo è.

Affatto.

Per niente.

Perché ho un bisogno spasmodico di essere riempita da Jackson.

E quando il mio cervello parte per il pianeta lussuria, finalmente sento qualcosa piombarmi addosso, e con un sobbalzo mi volto, per trovarmi difronte il volto angelico di Violet che scuote le sue codine. Subito dopo Gwen che innalza la mano per salutarmi, raggiungendo il posto vuoto accanto al mio.

«Vieni qui, Elsa.» Gioco con Violet, che contenta si siede sulle mie gambe, iniziando a trafficare con i miei capelli per formarmi una piccola treccia mentre Gwen si siede sfinita come il sospiro che rilascia, sulla sedia

«Avevo paura di arrivare tardi.» Ammette trafelata con il respiro affaticato, voltandosi appena verso di me, con il viso.

Il sorriso che non si spegne mai, la rende luminosa e vorrei sapere il suo segreto.

«Hanno cominciato da poco. Deve ancora arrivare il turno di Adam e Jackson.» La informo cristallina, togliendole la preoccupazione di essersi persa la consegna di suo figlio.

Quello che ora sta guardando, con un luccichio che solo una vera madre può regalarti.

Quello che a me riservava mio padre, quando dal ritorno all'asilo gli mostravo i miei disegni e lui mi faceva sentire speciale.

Quello che Margot non ha saputo mai donarmi o almeno sprimacciare appena, additandomi come una fallita.

«Gli piaci. Lo so.» Vorrei sputacchiare la saliva che mi va di traverso, a quell'affermazione genuina e detta con una semplicità capace di spezzarti, dove Gwen riporta di nuovo l'attenzione sulle mie guance porpora.

«Siamo buoni amici.» La falsa che sto portando avanti, ormai non regge più. Ho un cassetto pieno di segreti, che quello tra me e  Jackson è solo il primo che sta venendo alla luce, e spero in cuor mio anche l'ultimo.

Infatti capisco dal suo risolino limpido e contenuto, che come menzognera faccio schifo.

«Sky ti adoro, e sei una ragazza stupenda. Ma purtroppo conosco mio figlio, e quello sguardo era lo stesso che aveva Kyle quando mi raccontava che la ragazza che veniva da noi, era solo una sua cara amica. Ma le amiche non si guardano così, tesoro.» E ha completamente ragione. Perché io un amico non lo guardo come vedo Jackson. Non mi interessa di scoprire tutto su di lui, indagando. E soprattutto non avverto il cuore esplodere e schizzare fuori dal petto, anche con una semplice occhiata, o uccidermi con un tocco lieve che mi fa sperare in qualcosa che forse non riceverò mai.

Nel dubbio preferisco tacere, e godermi questo sole tiepido mentre arriva anche il turno di Jackson che tende la mano al preside che si congratula con lui.

Lo osservo scendere dal palco, per aspettare che anche Adam riceva la laurea, e mi focalizzo per un po' su mio fratello.

Tento almeno finché la voce penetrante del mio demone personale, rimbomba in tutte le fibre del mio corpo, e la sua figura si piazza difronte a noi.

L'ombra che crea la sua stazza, vorrebbero farmi sollevare gli occhi per ammirarlo di nuovo, invece faccio finta di lisciare pieghe immaginarie sul vestitino celeste di Violet.

Patetica! Davvero patetica!

«Le donne più importanti della mia vita.» Ecco come se ne esce fuori il demone Thomson, facendomi collassare sulla sedia in un imminente colpo apoplettico, che tra poco mi farà rimanere secca su questa sedia di merda.

Il mio cuore non può far almeno di cessare due battiti, dichiarando ormai che mi rimangono pochi minuti di vita. Invece il cervello più razionale mi ricorda che qui c'è sua madre e Violet in braccio a me.

Saluta Gwen con due baci sulle guance, che fiera lo guarda sorridente per poi farlo acquattare sulle ginocchia, concentrandosi su Violet.

Colei che ride e gli sfila il tocco divertita, nell'esatto istante che il palmo calloso di Jackson si abbatte sul mio ginocchio, sfiorandomi con una delicatezza e sensualità disarmante, la pelle scoperta dal pantaloncino che indosso, procurandomi pelle d'oca a profusione.

Non so se lo faccia a posta, o se ne sia abilmente accorto, poiché quando sgrano gli occhi incredula è e tremendamente eccitata e forse impaurita, lo noto completamente assorto su Violet.

Ma dura un'istante il mio tormento interiore, che mi fa capire che lo sa che mi sta facendo ammattire.

Me lo fa intuire il suo pollice che si scosta dalle altre dita lunghe, creando un cerchio vicino l'interno della gamba che trema a quel contatto.

Ancor di più quando ricaccio un sospiro trasognante, e si sporge con le labbra verso il mio orecchio che si incendia.

Avverto il suo profumo infiltrarsi nelle mie narici, e sento come cerca di assorbire il mio, mentre mantengo lo sguardo davanti a me.

«Non mi scappi dopo, Dea.» Vorrei dirgli: Oh non vado da nessuna parte, fidati.

E invece la mia voglia di punzecchiarlo ha la meglio come sempre, poiché mi volto di poco trovando il suo sorrisino sfrontato che coinvolge anche quelle iridi lucenti e sporche di perversione, che mi fanno ribattere con,

«Ammirevole la tua presa di posizione. Peccato che dopo avrò da fare.» Innalzo le spalle con nonchalance, atteggiandomi un po', ma come sempre dura poco poiché la sua voce rauca di rafforza nella sua imposizione.

«Avrai da fare con me, dentro di te. Esatto, DeaEsatto! Mi serve un defibrillatore.

Almeno uno che mi rianimi quel tanto per vedere anche Adam felice che corre incontro a noi.

Sento Jackson staccarsi di botto e rialzarsi, per permettermi di alzarmi anche a me e Violet, andando a congratularmi con mio fratello.

«Bravissimo.» Affermo carezzevole, cingendogli il collo con le braccia, venendo subito avvolta dal suo calore.

«Sono Stato con l'ansia per tutta la durata.» Confessa con un risolino nervoso, carezzandomi la schiena con il palmo libero.

Quando mi scosta appena, e noto il suo volto come prima. I tratti dolci si fanno più seri, e le efelidi simili alle mie si raggruppano per via della smorfia contrariata.

«Sky, dopo dobbiamo parlare.» Mi avverte coinciso, e so che cosa vorrà dirmi. Lo leggo nelle sue iridi nocciola che si scuriscono, ma non mi lascio smascherare alcun emozione.

«Parleremo domani. Oggi è il tuo giorno.» Cerco di persuaderlo con la morbidezza delle mie parole, dove noto un cenno del capo come assenso.

•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•

La festa si svolge velocemente. Tra risate e tutti gli amici che non hanno presenziato al discorso.

Siamo andati nel pub di Duncan, che ha allestito e aperto solo per noi, facendo un delizioso e ricco buffet, e birra a volontà.

Ho cercato di dedicarmi di più a Caroline e meno a Jackson per non farmi riprendere subito da Adam.

So che è giunta l'ora di essere sincera, ma voglio che Jackson sia d'accordo con me.

So anche che Adam forse non approverà, ma non approverebbe niente di ciò che ho fatto. Della ragazza che sono diventata, ma forse sta sparendo un minimo da quando Thomson occupa ogni pensiero.

Ammetto che qualche occhiata velata di voglia c'è stata, ma ho saputo camuffare bene il tutto, anche ora che sono di ritorno nell'appartamento mio e di Caroline.

Sebbene molto spesso resto a Lexington perché faccio la tutrice ad un bambino che abita nelle vicinanze, ed è anche un modo per non dover venire controllata su dove vado quasi ogni sera, questo rimane sempre il mio punto di appoggio.

Caroline comunque rimaneva da Duncan, e mi domando, forse tartasso, sul perché Jackson mi abbia detto quella frase dopo la laurea, e poi sia scomparso nel nulla, nel bel mezzo della festa sua e di Adam.

Mi piacerebbe dire di non esserci rimasta male. Che ho finto i sorrisi a fine serata, tanto da sentire le guance tirare e dolore per lo sforzo. Ma preferisco come sempre, indossare l'armamentario pesante, e farmi coraggio anche adesso che salgo le scale dell'androne a fatica.

Getto la tracolla sul divano, scalciando dai piedi le scarpe con il tacco che mi sono messa per la festa.
Mi sfilo anche la maglia e mi levo il pantaloncino, facendo una palla con i vestiti, per metterli nel bidone dei panni da lavare, avviandomi in camera.
La stessa che come arrivo su l'uscio mi impalo immobile, e i panni cadono a terra flosci, dalle mie mani che tremano di sorpresa e stupore.
Poiché ai piedi del letto c'è il mio demone, che mi aspetta con le gambe toniche divaricate, i gomiti puntellati sulle ginocchia, appena chinato in avanti, e uno sguardo da predatore, capace di ridurre a brandelli il tanga che indosso.

«Mi chiedevo quanto tempo avresti impiegato, per defilarti dalla festa, non vedendomi. E...sei rimasta fino alla fine. Sono spiacevolmente colpito.» Annuncia rauco e divertito, analizzando ogni mio lembo di pelle, mentre si morde il labbro inferiore più pieno.

Avanzo ancheggiante verso di lui, fermandomi proprio difronte, come ha fatto lui oggi.
«Ho ferito il tuo ego Alpha, non chiamandoti subito come una disperata?» Lo pungolo sfacciata, giocando con il bordo del tanga, sul fianco sinistro solo per bearmi del suo gemito graffiato.

«Sta' zitta.» Mi mette a tacere con un ringhio, afferrandomi lo stesso fianco per attirarmi e finire a cavalcioni su di lui, coperto solo da un boxer nero.

Il mio ansimo gli fa rafforzare la presa, stringendomi la carne tenera dei fianchi con entrambe le mani, mentre le mie cozzano sulle sue spalle ampie, dove assaporo ogni muscolo sotto il mio palmo.
«Cristo, Sky! Mi sei mancata da impazzire.» Ammette sincero e con una nota sofferente, che lo porta a sprofondare il naso tra i miei capelli sciolti che mi solleticano le scapole.

«Tutto di te.» Precisa alla fine, per cancellare ogni dubbio, sulla mia domanda se gli fossi mancata io o il mio corpo. E sono stanca di giocare ad un gioco dove il mio cuore ormai ha già preso la sua decisione.
Voglio Jackson in ogni sfumatura.
Lo voglio tanto da star male.
Voglio le sue labbra che si abbattono furiose sulle mie, giocando con la mia lingua, ma voglio che sia lui a prenderne possesso, senza chiedermi il consenso.

Capto i suoi palmi aperti salire, per creare maggior attrito tra i miei seni sodi e freschi, che si premono su i suoi pettorali. Le sue labbra dolci e infernali, mi costellano la pelle del collo di baci e leccate che mi fanno reclinare la testa all'indietro.

«Io...Io ti sono mancato?» La sua domanda è un sussurro roco ma dolce, di chi cerca una conferma come un bambino bisognoso.

Le mie dita salgono tra i suoi riccioli, tirandoli appena, per riportare le sue iridi verso di me, e fargli leggere quanto mi è mancato.
Là dove le parole non arrivano.
Dove il silenzio ci avvolge, voglio che lo legga.
Che mi sondi le pupille, come sta facendo, e che mi ribalti sul letto come adesso, dove le doghe si lamentano, lasciando che le mie cosce si spalanchino per fargli trovare rifugio là in mezzo.

Lascio scivolare un altro ansimo, al contatto del suo respiro sul mio ventre, che scende sempre più giù, agguantandomi le mutandine con i denti.
Getto le iridi di lato, per notare sul comodino due flûte e uno spumante, che mi fa sorridere.

«Jackson.» Lo chiamo filante, con la voce già riempita di passione, mentre getta a terra il mio tanga, e racchiude con un palmo a coppa la mia fica, con un suo gemito soddisfatto.

«Il mio Eden.» Sembra perso nel contemplarmi, non facendo neanche caso che lo sto chiamando o forse invocando. Magari lo prego, supplico, e neanche me ne rendo conto che le sue dita sono già dentro il mio calore umido che lo inzuppa di voglia.
Tutta la dannazione che mi cola solo per lui.
Dove godo e mi agito solo con lui.

«Mia DeaSono tua. Lo sono. Voglio esserlo, Jackson.
Ma non lo dico. Mi piace ammirare il suo volto che gode nel darmi piacere.
Sul suo naso che sfiora le mie labbra schiuse.
La sua lingua che carezza il mio arco di cupido, facendomi desiderare di più.

«Ti voglio dentro.» Confesso con un ansimo bisognoso, dove scende di nuovo a leccarmi un capezzolo turgido per poi soffiarci sopra.

«Non ancora, Dea.» Parla con le labbra che mi torturano il capezzolo, mordicchiandolo appena tra i denti.
Ed è lì che la scarica mi colpisce, e mi fa riversare la dannazione sulle sue dita.

Mi lascio andare agli spasmi del godimento, mentre cerco di aprire le palpebre, il secondo esatto che si infila le tre dita in bocca, succhiandole con un'espressione estasiata.

«Sei sempre più buona. Vediamo se sarai buona anche così.» Non capisco e non comprendo, troppo presa dalla voglia che mi annebbia ogni neurone, che lo vedo allungarsi e prendere un flûte, per riempirlo con il liquido dorato.

Torna verso di me, poggiandomi il bordo freddo del bicchiere, sulle labbra.
E allora capisco tutto, come il suo ghigno sfacciato.
Do una leggera sorsata che mi va di traverso, dove cola sul mento, e in un secondo sento la sua lingua ripulirmi, ansimando in simbiosi.

Lo versa appena tra la spaccatura dei seni, facendomi schizzare sul letto per la sorpresa.
Più giù sulla pancia.
E poi lo lascia colare sul monte di venere, inoltrandosi come la sua lingua abile, tra le mie pieghe fradicie di voglia e di spumante, che succhia come se ne andasse della sua vita.
Mi muovo sotto di lui, come un serpente.
Le sue labbra che si schiudono sul clitoride, mi uccidono lentamente, almeno quanto la lingua che torna insaziabile a penetrarmi tra rudezza e dolcezza, creando cerchi con il pollice sul clitoride gonfio.

E so che con Jackson è un circolo vizioso.
Uno dove ancora si abbevera del mio secondo orgasmo offerto a lui.

«Jackson.» Lo urlo questa volta, tra gli spasmi di un piacere violento, dove non esiste il tempo per chiedere Time-out.
Dove l'avversario va sempre messo Knock-out, senza respiro.
Lui te lo priva. Lo uccide. Lo schiaccia e lo serra nella sua morsa potente.
Perché non ho tempo di prendere fiato, che lo vedo srotolarsi il condom.
Le mani che mi aprono maggiormente le cosce, per gustarsi la mia fica arrossata, dove entrerà.
Ed è così che con un colpo di bacino, affonda nel suo Eden, con un gemito gutturale, che mi colpisce le terminazioni.

«Oh Dio. Voglio morire, seppellito nella tua fica.» Sono queste le parole sconce che amo sentire.
Le sue parole anche dolci.
Le sue battute scadenti.
Anche il suo odio per il mondo.

Ho paura di ciò che sento. I suoi affondi che partono dolci come a volermi sentire interamente, in ogni parete.
Per poi divenire spietato.
La luna che ci raggiunge dalla tendina della finestra.
Il suo corpo plasmato sul mio.
Le mie mani che lo graffiano e lo fanno gemere.
Le sue spinte ponderose che mi fanno ansimare e non capire neanche cosa dico.
E farmi scordare del dolore. La frustrazione.
L'abuso. I segreti sporchi.
Perché quello con Jackson non è un segreto sbagliato che deve restare al buio.
Lui è la luce quando la notte il mondo vero si accende.

•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•

Ho chiesto ad Adam di vederci al Bar vicino all'istituto.
Ho preferito fare un salto lì, e salutare anche Violet come Patricia a cui sono mancata ultimamente all'interno, per aspettarlo.

Mi siedo in un tavolino posto all'angolo, accanto alla vetrata che da su i negozi, ordinato due Muffin alle carote e due spremute.

Perdo tempo sul cellulare, notando l'insegna luminosa sul display, di un messaggio da Jackson.
Il cuore inizia a battere come bacchette su i piatti, creando un frastuono assordante, che mi porta spaventosamente armonia.

Scorro con dita frenetiche, per rispondere subito, notandolo Online.
Sta aspettando la mia risposta.

Da Jackson.

-Anche se mi hai regalato un nuovo completo per la boxe, il miglior regalo per la laurea, è stato averti con me per tutto il giorno, e tutta la notte.-

Un sorriso di gioia, che vorrebbe farmi lacrimare come un'adolescente alla sua prima cotta, si allarga senza avviso sul mio volto.
Mi mordo il labbro inferiore, per non emettere un urletto strepitante, o alzarmi e ballare in tondo, dichiarandomi pazza.
Ma si, sono pazza di Jackson.
Dio mio!

Sento le guance andarmi a fuoco, e mi porto un palmo sopra una di esse, per confermare che scotto, mentre digito.

A Jackson.

-Domani voglio portarti in un altro posto. Vieni a Lexington da me.-

Sono conscia che avrei voluto scrivergli: È piaciuto anche a me.
Ma ho preferito mantenere la calma.
Sa comunque anche lui quanto sia stata bene tra le sue braccia, e quanto mi è costato abbandonarlo stamattina dopo avergli fatto un servizio alla sua Aquila reale.

Nel momento preciso che premo -Invio-, vedo Adam avanzare nella mia direzione, con una camicia a quadri su dei pantaloni beige e un'aria stanca.

«Ore piccole?» Lo stuzzico birichina, ributtando il cellulare nella tracolla, mentre fa una smorfia.

«Non troverò mai l'uomo giusto.» Ammette angosciato, buttandosi quasi a peso morto sulla sedia che stride sul pavimento.

«Carote.» Gli porgo il piattino, solo per tenerlo a bada, e funziona il tempo di un lampo nelle sue iridi nocciola.
Poiché si passa le dita tra i capelli scompigliati, riportando la concentrazione su di me.

«Se pensi di comprarmi con un cazzo di Muffin, sei una sorella pessima. Se mi dici la verità sei una sorella che avevo avvertito, ma che è grande e vaccinata.» Commenta lapidario, incrociando le dita sotto il mento, con i gomiti puntellati sul tavolo bianco ai lati del piattino.

Mi aspettavo un suo affronto aperto.
Non è stupido comunque.

«Cosa vuoi sapere?» Stacco un pezzo di Muffin, solo per analizzare le briciole che cadono sul piattino, nel sentire il suo sbuffo sonoro.

«Sky, andiamo. È dal ritorno a Virginia che siete strani.» Non c'è bisogno di chiedere CHI, alla sua constatazione vera.

«Chi?» Faccio la finta tonta. Si, l'ho chiesto per temporeggiare, e ora il suo sguardo al vetriolo con l fronte corrugata mi fa capire che per il culo non lo prendo.

«Fanculo, sorella. Che c'è tra te e il mio amico. E vedi di dirmi la verità.» Il suo tono suona come una minaccia seppur carica di affetto, e mi arrendo, come a finire questo Muffin colloso.

«Andiamo a letto insieme.» Ok, potevo trovare un modo più carino, poiché ho deciso di sparargli la bomba proprio mentre sta bevendo la spremuta, che gli gonfia le guance ma deglutisce senza sputarla come una fontana.

Osservo le sue pupille dilatarsi all'inverosimile, e una sua imprecazione.
«Che cazzo stai dicendo?»

«La verità. Io gli piaccio. Lui mi piace. Non fare la morale, Adam. L'abbiamo voluto entrambi e lui...» Lascio andare un sospiro sognante, dove invece lui si schiaccia un palmo sul viso.

«Lui?» Mi incita a continuare esausto.

«Si sta aprendo con me. Vorrei solo che tu capissi. Che non lo minacci di ucciderlo.» Voglio precisare l'ultimo appunto o richiesta, dato che il suo sguardo è di un orso che vuole sbranarlo.

«Mi chiedi sul serio di non minacciarlo? Sei mia sorella. Gli ho chiesto di starti lontano.» Ammette con un ringhio, sbattendo un pugno sul tavolino che fa traballare i piattini e bicchieri.

«Adam.» Lo richiamo per farlo calmare, e allungo una mano verso il suo pugno, che si lascia andare contro il mio palmo.

«Non so dove ci porterà tutto ciò, ma Jackson vuole parlare con te. Non rimarrò ferita.» Su questo non ne sono certa, ma le sue iridi mi scrutano e scuote la testa.

«Non meriti di essere ferita. Lo ha già fatto nostra madre. Seppur ero piccolo, so che con te non è mai stata dolce dopo la morte di papà. Forse ho ricoperto il suo ruolo per troppo tempo, non potendo proteggerti a quei tempi. Parlerò con Jackson, e...» Si ferma un secondo come il mio respiro, e adesso sento quanto siamo connessi. Quanto entrambi abbiamo gli occhi velati di gioia, dolore, e amore fraterno.

«Tu gli piaci, davvero.»

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