•Capitolo 37•
~•Sky•~
«Cavolo Fox pensavo che il camerino ti avesse risucchiato.» Sento distintamente il tono giocoso di Samuel, ora che mi sto avvicinando ancora scossa, verso il marciapiede dove tre macchine sono già in fila.
«Scelta interessante di parole. Risucchiare.» Contempla sul palato quella parola, dove le mie guance tirano e si tingono del colore dei miei capelli.
Il buio è sceso, sotto la luna piena che spezza l'oscurità, aiutata dai lampioni che delimitano la strada semi deserta.
Le risatine che sgorgano da alcune labbra, non aiutano il mio stato.
Sono troppo in fermento, e se pensa che non mi riprenderò la rivincita quando saremo a Virginia, si sta sbagliando alla grande.
Il fascio del lampione mi illumina, mentre calpesto con le all star, l'erba umida del prato, appena irrigato e tutti i presenti girarsi verso di me, specialmente Adam che innalza un sopracciglio.
Le ruote del trolley tremano sul ciottolato, e tiro con più forza del braccio.
«Non dovevamo passare a prenderti?» Mi domanda guardingo, e le iridi si scambiano un'occhiata con quelle intense di Jackson che ancora mi divora.
Divertito si morde il labbro inferiore, con una sensualità innata, e mi sforzo di tornare a concentrarmi verso mio fratello, per non essere colta con le dita nella marmellata.
«Mi sono liberata prima, e ho deciso di raggiungervi.» Rivelo calma e tranquilla, sicura che nessuno possa sentire il tumulto che mi scuote il corpo. Sicura che nessuno riesca a scorgere la sfumatura che tinge le mie iridi, per ciò che è successo qualche minuto prima, stretta al suo corpo che è diventato la mia fortezza.
Scaccio le pulsazioni del mio cuore, avvicinandomi verso una Caroline imbronciata. Era fiduciosa che Duncan partisse con noi, ma gli impegni del pub hanno frenato ogni possibilità.
I ragazzi si accingono a mettere le valigie e borsoni, dietro il portabagagli, scegliendo con chi salire in auto.
Samuel, Henry, Lucas e la sua ragazza Trisha.
Steve, Mia, Gordon e Naomi.
E come mi aspettavo, Io, Adam e Caroline con Jackson.
Cosa che renderà il viaggio estenuante.
Il non poterlo toccare, neanche un minimo, mi fa contrarre lo stomaco e venir assalita da un'ansia mista ad agitazione, che mi porta a graffiare lo smalto con le unghie.
Caroline è la prima a salire, sbattendosi lo sportello con un tonfo secco, per mettersi a pigiare frettolosa sul telefono, degli epiteti carini verso Duncan.
Noto Adam avanzare verso un ragazzo biondo, che gli tende una mano anche se gli occhi castani parlano di ben altro che amicizia.
Un dolce sorriso mi stende i tratti del volto, per scacciare tutto ciò che ho fatto prima di arrivare qui.
Riporre il ripudio e sguardi languidi sul mio corpo, esposto come una merce prelibata.
«Saliamo?» Il suo fiato caldo e basso, si inoltra sotto lo strato di pelle che si accappona, e mi lascio coinvolgere dal suo profumo di bagnoschiuma ed essenza maschia.
Lascio che le sue labbra, mi sfiorino la cartilagine. Che le sue nocche mi carezzino lente la clavicola, ora che Adam ci da le spalle, e il mio ansito appena percettibile che mi vibra tra le labbra socchiuse.
Vorrei dire tutto ciò che mi procura.
Benché abbia rivelato che lui mi priva il respiro, e attendo solo che me lo ridia quando ci incontreremo con le labbra insaziabili.
Giro metà volto verso di lui, con tutta calma, e la luna gli schiarisce quegli occhi sensuali e accattivanti, che mi fissano con brama, mentre i riccioli ribelli si confondono con il buio terso.
Le sue labbra carnose appena imbronciate, che diventano subito una linea sofferta della voglia ancora accesa, facendomi palpitare.
Ma prima che possa dire qualcosa, sia io che lui, i suoi occhi schizzano verso Adam e si scosta fulmineo dalla mia schiena elettrizzata, che si riveste di brina fredda.
«Andiamo.» Il timbro forte ed esultante di Samuel, ci fa sbrigare a metterci ognuno nei rispettivi posti e auto, lasciando il parcheggio.
Il silenzio in macchina viene spezzato dalla musica che spara la pennina usb di Jackson, e ogni tanto interrotta da conversazioni tra Adam e lui, mentre Caroline sembra non voler abbandonare il display che se potesse verrebbe carbonizzato dalle sue iridi al vetriolo.
Io invece mi limito a srotolare le cuffie e portarmi gli auricolari alle orecchie, per far partire la mia playlist.
Mi chiedo quanto resisteremo a Virginia, sotto gli occhi di tutti.
Chi sarà il primo avventato tra noi, a commettere un passo falso di un domino, che farà cadere tutti i tasselli, mentre ascolto
Right Now di Nick jonas.
-Lo giuro, la prossima volta che ti tengo
Non ti lascerò andare da nessuna parte
Non sarai mai sola-
Intona la canzone, e vorrei che in parte queste parole uscissero dalle sue labbra peccaminose.
Le sento mie, perché ogni volta che sono tra le sue braccia, sappiamo che il nuovo giorno ci farà sciogliere e mascherare la voglia di appartenerci.
Seguo il mio riflesso sul vetro, quando ogni tanto il buio mi lascia un fascio di luce, per vedere le siepi che delimitano l'autostrada.
Impongo con tutta la forza che racimolo, di non far sviare le iridi verso lo specchietto retrovisore.
Ho paura di scoprire che lui mi stia guardando, spiando, studiando e bruciando.
Perché mi sento sempre così.
Fuoco vivo che scoppietta in un camino, e tu ti avvicini per trovare sollievo in quel calore, ma se ti avvicini ancora di più rischi di rimanere carbonizzato tra le spire delle fiamme.
Cerco quindi di rilassarmi contro il poggiatesta in tessuto e pelle, per trovare conforto.
Caroline accanto a me si è stretta nella sua giacchetta rosa, e si è addormentata con la tempia contro il vetro freddo e il cellulare tra le dita semichiuse.
Quando si stoppa la musica, per far partire un'altra, in quei piccoli intervalli, so che Adam è sveglio.
Pone domande a Jackson su come sarà la casa a Virginia.
È esaltato e in piena euforia. Lo deduco dal suo gesticolare frenetico.
Quando sento Jackson rispondere cristallino, che hanno una piscina fuori, più una all'interno con temperature termali, avverto il fischio di Adam sorpreso.
E per la gioia di mio fratello che le donne dormiranno insieme in due camere, e gli uomini altrettanto.
Fantastico!
Il mio piano sarà una catastrofe, e sono ancora maledettamente eccitata, se ripenso a me in ginocchio. L'acqua che scivolava su i nostri corpi febbricitanti. La mia lingua sulla sua asta rovente. I miei polsi stretti tra le fasce che avevano sconfitto l'avversario.
E come sempre scivolano lenti e carezzevoli, gli umori che mi sfiorano delicate le labbra pulsanti, adagiandosi sul leggings, poiché il mio povero perizoma è stato strappato dalle sue dita lunghe e forti.
-Sei come la mia maledetta malattia preferita-
Canta Nickelback, e ancora una volta ogni frase, di ogni stramaledetta canzone, mi parla di noi. Di ciò che lui sta diventando per me.
"Questo è un gioco Sky. Uno scambio reciproco di orgasmi e piacere." Questo devo ricordare a me stessa. Che siamo un gioco. Regole che io ho stipulato per restare al riparo, e trainare Jackson e il suo cuore da me.
Ma non avevo previsto che stiamo entrambi tirando i cordoni.
Mi rannicchio di più, verso l'angolino, poggiando il fianco contro lo sportello, e il volto che si perde nell'oscurità della notte.
Non so quanto tempo passa, finché non sento un tocco leggero, che fa sfarfallare piacevolmente il mio addome, lungo la caviglia, fino all'interno del polpaccio.
Incastro la lingua nel palato inferiore, per impedirmi di mugolare, e rialzo le palpebre che avevo chiuso.
Anche la playlist si è interrotta e le cuffie non trasmettono più nessun suono, se non quello delle ruote che sfrecciano lisce sull'asfalto piombo.
Getto lo sguardo verso la carezza intensa, che proviene dalle dita del mio demonio.
Salgono e ridiscendono più volte, facendomi sospirare, e con le iridi preoccupate Mi volto per vedere sia Adam che Caroline.
Lei dorme ancora, ma Adam non ne ho idea.
Vorrei sporgermi e lo faccio poggiando le dita sul poggiatesta dove si trova Jackson.
«Sta dormendo.» Sussurra a bassa voce e carezzevole, come quelle che continua a fare, interrompendosi a tratti per cambiare marcia.
Mi rilasso con le sue parole che mi leggono nel pensiero, e istintivamente porto le mie dita, a sfiorare i suoi riccioli fino alla cartilagine dell'orecchio destro, in cui reprime un gemito godurioso.
«Sky.» Il mio nome libra nell'aria della vettura, facendo breccia nel mio corpo in subbuglio.
Sprizza erotismo da ogni singola lettera.
Assapora la S come un frutto afrodisiaco. Accentua di più la K per rafforzare il concetto di voglia.
E la Y diventa molle e cedevole, come un soffio d'aria pura.
Presso i seni sul sedile difronte, sporgendomi maggiormente, per far scorrere le dita sul suo lobo, mentre artiglia i polpastrelli con maggior enfasi sul mio polpaccio.
«Stanno dormendo.» Riporto sfacciata la sua frase, continuando a torturarlo con le dita che tirano e giocano con i suoi riccioli ribelli.
«Si.» Commenta con un sospiro arreso, ma poi riprende subito a parlare.
«Ed è maledettamente seccante, sapere di non poter sostare la macchina, e ficcarti la lingua tra le pieghe umide della tua fica.» Un ansimo caldo e pregno di passione, lo lascio udire a lui, con la faccia seppellita tra il piccolo spazio che sta tra il poggiatesta e contro il gancio della cintura di sicurezza.
La sua voce si fa più tenebrosa e cavernosa, procurandomi una scarica da mille kilowatt che colpisce il clitoride che sgorga pietà dal camerino.
Ma è implacabile. Ingordo. Libidinoso nel vedermi persa, e attacca ancora, spargendo altra legna sul fuoco che mi arde viva.
«Perché è fradicia. Vero, Sky?» Domanda più intenso e rauco, ed emetto un soffocato versetto di assenso, che mi verrebbe voglia di infilarmi la punta del medio, per fargli sapere quanto sono zuppa di lui.
Proprio questo pensiero mi balugina in testa, e con la mano prima stretta contro uno dei pilastri in ferro che sostengono il poggiatesta, mi infiltro silenziosa dentro i leggings.
Un sorriso sfacciato e soddisfatto, affiora sulle mie labbra, e inserisco lentamente il medio, dove affondo i denti nella morbidezza del labbro inferiore, per non farmi scoprire.
Nessuno di noi due parla, e lancio un'occhiata allo specchietto retrovisore, dove dopo pochi secondi, mi raggiunge il suo.
Il carbone delle pupille ha incenerito la palude delle sue iridi, immerse nelle tenebre selvagge, e ancor più intense e interrogative mi scrutano, per capire il brillio che scintilla nelle mie.
Lo distraggo mantenendo lo sguardo, e prima che se ne accorga, il mio medio si strofina sul suo labbro superiore, seppur di sfuggita, e il mio sorriso si allarga ancor di più.
Sono in procinto di ritrarre il dito, quando la sua foresta mi immobilizza allo specchietto, quanto la sua lingua che avvolge il mio dito che trema, a quel contatto che ci gustiamo, quanto il verso di apprezzamento roco, che sgorga dalle sue labbra.
«Dio. La dannazione di una Dea.» Lo bisbiglia a bassa voce, e il fatto che potrebbero svegliarsi rende il tutto più eccitante.
Sono sbalordita. Ho le pupille dilatate come se mi avessero messo degli elastici, e tutto ciò a cui riesco a pensare è...al niente assoluto.
Alla sua mano che scivola un'istante via dal cambio, per portarla non so dove, ma lo scopro il secondo successivo, con la sua affermazione digrignata a denti stretti e labbra serrate.
«Ho il cazzo duro, merda.» Oh, sì. Lo vorrei sempre vedere così. Sentire così. Perché mi sento perversa e non me ne frega niente.
Mi sentirei in difetto con altri, ma Jackson potrebbe anche dirmi le cose più volgari, e glielo permetterei.
E sto per compiacermene, e non vedere l'ora di trovare un angolo nostro a Virginia, che però non ho tempo.
Non ho un minuto per gridare euforia al pensiero di restare appartati, che il suo ordine assertivo, risveglia solo la voglia di metterlo ancora Knock-out, con tutti i sistemi che conosco.
«Togliti strane idee, Sky. Tu non mi toccherai, non mi guarderai, e non mi parlerai più del dovuto una volta arrivati a Virginia. Come io farò con te. Indifferenza.» Ne è così convinto e vigoroso quando lo pronuncia da quelle labbra magiche, che regalano dolcezza quanto sconcezza, che per un attimo avverto una stretta allo stomaco, e un laccio alla laringe.
So che non è ciò che vorrebbe, ma procura comunque un graffio, anche se in superficie.
E allora maschero allo specchietto retrovisore il mio sguardo, per fargli sapere silenziosa, che ho appreso il concetto e manterrò il suo volere.
Peccato che non sarà così Death Silent.
Abbiamo fatto due soste lungo il viaggio. Una per prendere snack vari e mettere qualcosa nello stomaco, oltre che andare in bagno.
Una per mettere benzina e fumare una sigaretta, quella che sotto lo sguardo vigile di Adam non ho acceso.
D'altro canto, Jackson ha mantenuto la sua inflessione. Non mi guarda. Non mi calcola. Parla e scherza con i ragazzi della squadra, creando cerchi di fumo con la testa reclinata verso il cielo.
Io invece mi sorbisco Caroline che continua la sua lamentela, e per fortuna le altre ragazze con noi, mi danno manforte per tenerla tranquilla.
Ormai siamo quasi arrivati. L'alba ci ha tenuto compagnia per un buon tratto, dove ho tentato inutilmente di chiudere occhio.
La verità é che speravo che i due incomodi, si rimettessero a dormire, e invece sono arzilli.
Ma comunque non servirebbe. É stato categorico su quel punto, e lo dimostra che quando sposto ogni qual volta di sfuggita, lo sguardo sullo specchietto, lui non incrocia mai il suo, quasi lo evitasse o non gli importasse un fico secco.
Il cielo si sta rischiarando sempre di più, quando svoltiamo un paio di incroci e vengo abbagliata da un recinto in muratura in mattoni, dove si può vedere la villa bianca immersa in un giardino paradisiaco, delimitato da palme e canne di bambù.
La prima macchina é quella di Samuel, che si para difronte al cancello in ferro bianco lavorato ad onde tipo quelle del mare.
Abbassa il finestrino per sporgersi con il braccio fuori e pigiare un tasto, dove il cancello emette uno strascico stridulo, e si separa scorrevole, per immetterci all'interno.
Il vialetto in asfalto e pietra, fa tipo da spartiacque, con il giardino circostante.
Caroline porta un palmo sul finestrino, strillando estasiata come Adam che emette un «Oh, cazzo.» Mentre io osservo affascinata la piscina rettangolare davanti alla villa, accanto ad una più piccola e tonda per l'idromassaggio.
É interamente bianca immacolata, con vetrate gigantesche che fanno da porte. Una scalinata porta al balcone sopra, curato con lanterne e un tavolo.
Le finestre ad arco anch'esse con le inferriate bianche.
Un'altra scalinata dal lato ovest della casa, riporta un altro balcone come un lungo corridoio, fino a fermarsi sotto un gazebo in struttura con il tetto a punta color castagna.
Ma ciò che attira sono le colonne che delimitano la porta d'entrata sontuosa, composta da una piccola ma larga scalinata, e sotto il portico sedie, tavolini di vetro e divani in resina intrecciata marroni con altre lanterne che pendono dal soffitto.
«É bellissima.» Mi pronuncio estasiata con le iridi sgranate, e le pupille che riflettono quello splendore abbagliato dal sole, seppur non siamo più in estate, qui le temperature non sembrano mutate affatto.
E sono talmente presa che non mi rendo conto che ci siamo fermate sotto un gazebo in canapa, dove la ghiaia stride sotto le ruote come noccioline, insieme alle altre due macchine.
Stanno già tirando fuori i bagagli, e mi sbatto gentilmente la portiera dietro le spalle, per recuperare la mia.
Vedo Adam incamminarsi già spedito con il borsone, verso l'entrata, dove tutti si stanno avviando, così come Caroline che impreca con la ghiaia che non rende facile trascinare le ruote del trolley Rosa shocking.
Sorrido di gusto a quella scena, finché il rumore secco del portabagagli che si richiude, non mi fa voltare nella sua direzione.
Le braccia flesse in cui i muscoli guizzano, rendendo quei bicipiti più prorompenti sotto la felpa aderente, con il cappuccio nero.
«Stai aspettando qualcuno o qualcosa, Dea? O aspetti che ti porti io il trolley, fin dentro casa?» La sua domanda di scherno con tanto di sorrisino sfrontato, mi fa schizzare i nervi come palline in un ampolla.
Gli rivolgo un'occhiata velenosa, con le iridi strette in due fessure.
«Fottiti.» Sbotto tra i denti, risentita, afferrando il manico nero tra le dita che prudono.
Vorrei assestargli una sonora cinquina, per far sparire il suo labbro incurvato lateralmente, come se la mia parola sprezzante, fosse stata una proposta allusiva. E subito dopo, anche la sua risata morbida e roca, che scava come una ruspa nel mio basso ventre.
Lo vedo camminare al mio lato, con il borsone blu gettato oltre la spalla.
Ed é magnificamente, demoniacamente sexy.
Le dita che stringono i manici di stoffa del borsone, mentre l'altra portata dentro le tasche della tuta che cala su gli addominali obliqui, con il pollice che sporge fuori.
E Dio! La felpa si alza appena, lasciandomi morire su quella pelle baciata dal sole, dove le vene tese mi fanno pensare ancora alla sua poca peluria, e alla sua asta maestosa, dove mi lecco le labbra e le mordo come un'affamata.
«Quattro giorni di astinenza e già sei così, immagino che alla fine di altri quattro giorni, impazzirai.» Non mi ero neanche accorta che si era affiancato quasi a toccare il suo braccio contro il mio, sussurrandomi tra derisione e impertinenza seducente, questa constatazione purtroppo reale.
Il suo alito cala a picco sull'incavo del mio collo che rabbrividisce e si veste di pelle d'oca, come il suo respiro rovente, che subito dopo si allontana e distanzia da me, superandomi.
Perché cavolo! Potrei aumentare l'andatura e gridargli un altra imprecazione, ma le gambe sono gelatina molle.
Potrei ribattere da qui, ma la lingua si é accartocciata e prosciugata.
Quindi, dannazione! Maledetto!
L'interno come sospettavo non é di meno del fuori.
Tutti mobili moderni laccati in bianco e nero.
Un maxi schermo che prende quasi tutta la parete del salotto, composto da un divano ad angolo con due chaise-longue da ambedue i lati, da far invidia ai ricconi.
Il lampadario a goccia che splende al soffitto, in mezzo al salone, dove un arco a muro comunica con la cucina in muratura.
Ed é deliziosa. Il contrasto tra la muratura in cotto con gli elettrodomestici ultramoderni, é straordinaria, e già mi viene voglia di preparare da mangiare per tutti.
«Ragazzi, vi faccio vedere le camere e un giro della casa. Comunque fate come se foste a casa vostra.» Ci informa gentilente Samuel, mentre sentiamo Henry urlare,
«Ci puoi giurare fratello.» Gettandosi a peso morto sul divano, e accendendo la TV con nonchalance.
Saliamo le scale come scolaretti in fila indiana per non perdere il maestro, e giungiamo in un pianerottolo dove Samuel si mette davanti a noi.
«Di qua ci sono le camere nostre. Da quest'altra parte le vostre.» Ci istruisce con le dita, come un cartello stradale, e tutte ci avviamo di là.
Mi fermo solo quando sento il suo profumo selvatico e speziato, inoltrarsi tra le mie narici, e il calore del suo petto farmi inarcare la schiena, tra moltitudini di sensazioni che mi rendono spaesata.
«Non pensarmi troppo la notte, tra le lenzuola.» E a questa frase peccaminosa, quanto il timbro basso e mormorato, mi passano flash su come potrei pensarlo e a cosa.
Un sorriso vittorioso si dipinge sul mio volto, perché é l'ora di sganciare la bomba Sky.
«Non sbatterlo troppo tra le dita, ricordando la mia bocca che avvolge la tua Aquila, e lo risucchia fino a prosciugarti, Thomson.» E il suo grugnito eccitato, mi fa capire quanto gli piaccia la visione che gli ho fornito. Quanto gli tiri il cazzo dentro i pantaloni della tuta, e quanto si sfonderà del mio pensiero, mentre ansimo il suo nome.
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