•Capitolo 36•
/Jackson\
Sono quattro giorni che non vedo Sky.
Da quando ho lasciato lei e Violet imboccarmi, sotto gli sguardi straniti dei clienti all'interno della caffetteria.
Due giorni che non la sento.
E sarei ipocrita, falso, il più vile dei menzogneri ha dire che non mi manca.
Manca il suo odore di dannazione.
Manca il contatto della sua pelle, che mi fa sempre tendere il cazzo e appesantire le palle.
Le sue iridi splendenti quando sorridono.
Torbide e lussuriose quando mi divora.
Il suono della sua voce in ogni minima sfaccettatura, scaturendo il bisogno di afferrarmi il cazzo e sbatterlo come un ossesso nel pugno della mano, rievocando la sua lingua a punta che passa goduriosa attorno al mio uccello.
Stasera é il terzultimo scontro, per poi vincere le ultime due classificandomi per le nazionali.
Samuel é stato sconfitto la scorsa settimana, e so bene che sono tutti lì fuori a fare il tifo, confidando su di me.
Tyler é sempre in trepida attesa, mentre io fingo sempre una calma apparente, per la strizza che provo, nella paura di non rivendicare mio fratello.
Mi rigiro tra le dita le perline marroni del suo Rosario, lasciando penzolare la croce in argento come un pendolo ipnotico.
Era quello che baciava lui prima di ogni partita, confidando con una preghiera.
La stessa che non l'ha comunque salvato da un destino già segnato.
Divaricò leggermente le gambe, puntellando i gomiti sulle ginocchia lasciate scoperte dal pantaloncino, seduto sulla cassapanca in ferro.
Un sospiro esce, colpendo dritto la croce che oscilla di più, e prima di imprimere un bacio simbolico, la porta bianca viene aperta con un leggero cigolio della maniglia.
Alzo lo sguardo scorgendo Adam che mi saluta con un cenno della testa.
«Tutto bene, Bro'?» Mi domanda amichevole, avanzando verso di me, che stringo forte le perline del Rosario, quasi a conficcarle nelle fasce che tendono sul dorso.
«Chi c'è tra gli spalti?» Salto volutamente la sua domanda, con un'altra mia più grezza.
Innalza le spalle, scrollandole poi, come un cane che si scuote di dosso dal pelo l'acqua.
«I soliti. Duncan, Caroline, io e Connor.» Lascia uscire l'ultimo nome con voce e sguardo trasognante. Deve essere la sua nuova conquista e cerco di sorridere leggermente.
Sapevo infondo che non sarebbe venuta Sky, ma diamine! Ci speravo.
E forse come se avesse sentito il mio richiamo, il cellulare vibra sulla panca, con un rumore grattato, e lo afferro prima di farlo scorgere ad Adam.
Il nome della Dea, splende nel rettangolo del display, seguito dal logo del messaggio, e scorro con l'indice per nasconderlo dagli occhi di Adam.
Sento il cuore bussare un colpo, nel risentirla, e trattenere il fiato per una manciata di secondi, come essere immerso in acque tiepide, che però non vogliono farti risalire a galla.
«Una nuova fiamma, che fa il tifo?» Sorride sornione, dandomi una lieve gomitata sul bicipite, e mi trattengo per non digrignare i denti o lasciare che i tratti del mio volto, svelino la realtà.
Sto per rispondere, quando la porta si apre di nuovo, e la testa di Tyler far capolino.
«Tra cinque minuti. Finisci di prepararti. Tu...Adam...» Lo richiama con voce spessa e il mio amico innalza la testa come un soldato.
«Levati dai coglioni, e torna sugli spalti.» Lo deride bonariamente, e una risatina genuina mi sgorga fuori dalle labbra, prima di sentire Adam mandarmi calorosamente a fanculo, scomparendo insieme a Tyler.
Esalo un respiro che fende l'aria gelida del camerino, e ora lontano da occhi indiscreti, riprendo il cellulare, aprendo il suo messaggio con il cuore che mi schizza in gola.
Da Sky.
-Togli il respiro al tuo avversario, come lo privi a me.-
Il suo messaggio mi provoca una fitta sotto al pantaloncino, dove schiaccio il palmo sudato, per contenere il desiderio, che sprizza feroce fuori, con un'imprecazione intrisa di voglia che acceca, nel notare la foto allegata al messaggio.
Le cosce spalancate difronte allo specchio. É seduta ai piedi del letto, con la fica esposta alle mie iridi che divorano quello squarcio che zoomo. Le sue dita esili, che allargano l'Eden.
I seni gonfi con i capezzoli tesi, che vorrei avere ora sotto i colpi della mia lingua.
Ma ciò che mi toglie a me il respiro e lo sega, sono le sue iridi azzurre, che luccicano attraverso lo specchio, di malizia e passione.
Digito subito con dita frettolose, la prima cosa che mi viene in mente, non certamente dal cervello. Sto scrivendo con l'impulso del mio cazzo, lo stesso che pulsa e tira per sfondare lo schermo come fotterei lei.
Un rivolo di sudore mi cola lungo la tempia.
I lombi si incendiano, per il dolore che provo nel non averla con me, stasera.
Non solo per toccare il suo corpo da Dea, ma per i suoi occhi che silenziosi mi danno la forza di ribaltare tutto e tutti.
Sky.
-Ho una voglia tremenda di scivolare dentro di te, che neanche sai, lontanamente.-
Inspiro ed espiro, per controllare il battito impetuoso e il sangue che sfrigola nelle vene.
Un nuovo messaggio arriva subito, facendomi pulsare la vena del collo taurino.
Da Sky.
-Concentrati su i miei occhi, Death Silent. La foto era per farti ammirare quelli.-
Ah, che Bastarda! Sa bene che l'ultima cosa che avrei notato sarebbero state le sue splendide iridi.
Sorrido come uno scemo davanti al display luminoso, e mi accorgo che tra due minuti, entrerò in scena con un unico obbiettivo.
Sky.
-Toglierò il respiro al mio avversario stasera, proprio come ucciderò il tuo, quando sarai di nuovo sotto le mie mani. Sotto la mia lingua insaziabile. Sotto il mio corpo teso, Mia Dea.-
E con questa risposta, credo di averla messa a tacere, e sicuramente bagnare, alzandomi subito.
Mi infilo il passamontagna, il mantello con il cappuccio, che lego con un nodo, e come sempre sono pieno di adrenalina.
Affronto il corridoio buio. Esco dall'oscurità, per giungere alla luce del salone.
La voce del vocalist mi giunge ovattata, mentre mi annuncia, e lascio calare il mantello.
Le urla mi incitano, gli sguardi esaminano il mio corpo che riluce dentro il Ring.
Il mio avversario, é Storm.
Vincitore di una nazionale. Testa rasata. Un lampo giallo e nero disegnato sotto l'occhio destro, e uno sguardo sibillino attraversare le iridi cerulee.
Entra dentro il parco giochi, come un bambino felice e si pavoneggia con il pubblico, sfoggiando i suoi muscoli troppi pompati, tanto da pensare che le vene tra poco schizzeranno fuori dallo strato di pelle.
Diamo inizio al divertimento che vede il pubblico in delirio, e trattenere il respiro.
Odio non sentire i suoi occhi, ma appena sferzo un gancio destro sullo zigomo di Storm, mi concentro nel ricordo dei suoi occhi.
Nella prima volta che mi dibattei per lei, sullo Square.
Il suo raccontarmi piccoli sprazzi del suo passato, senza dire in verità mai nulla di rilevante.
Ci conosciamo eppure siamo estranei.
Colpisco con ferocia, senza dargli modo di colpirmi più del dovuto.
Il primo tempo scocca, e Storm é già provato.
Ci rinfreschiamo con sorsi d'acqua e sento la voglia immane di togliermi questo pezzo di stoffa, che mi fa prudere e sudare ancor di più.
Tyler mi da pacche e massaggia le spalle, mentre mi rilasso con la schiena poggiata al paletto, ma la pausa dura brevemente.
Storm ora attacca. Facciamo entrambi una finta. Ormai so come muovere i piedi flettendomi, per aggirare questo Ring.
Voglio mettere a tacere le urla strepitanti.
Concludere in fretta concentrandomi su di lei, che verrà a Virginia Beach.
Sapere di averla ogni giorno, tra gli stessi metri quadri, e far finta di ignorarla.
Non poterla guardare più del dovuto. Toccarla.
Raggiungere l'apice insieme in un amplesso, che ci lascia stremati e appagati.
Ed é esattamente così che mi sento ora. Appagato e Storm stremato al suolo. Batte tre volte. Il volto una maschera di sangue rappreso in più parti. Il mio addome cosparso da lividi. Sono affaticato, ma comunque innalzo il pugno verso il pubblico.
Non é loro che ringrazio, ma lo faccio credere.
Donerei la vincita solo alla Dea.
Si alzano. Gridano in coro il mio appellativo, come fan ad un concerto, quando il cantante intona la canzone preferita del pubblico.
Lascio che mi elogino.
Che la penultima partita sarà quella più significativa, per giungere alla ultima incisiva.
Scendo dal Ring, oltrepassando le corde, e do un'occhiata fugace ai miei amici che si dimenano contenti.
Consapevole che non ci sia, ma più forte é lo sguardo che vorrebbe comunque trovarla.
É di rito. Consuetudine. Norma.
Non saprei definirlo. É come quando perdi qualcosa, ma comunque lo cerchi lo stesso.
Ma mi rasserena sapere di non averla persa.
Mi sfilo con gesto burbero, il passamontagna pregno di sudore.
I riccioli scendono madidi a solleticarmi le tempie, e lascio che Tyler si complimenti con me, fino alla porta del camerino.
«So che andrete a Virginia Beach. Mi auguro che seguirai il regime alimentare, e berrai poco.» Mi fa le solite raccomandazioni severe, ma con il sorriso compiaciuto sulle labbra.
Affosso appena il mento, per mascherare un sorrisino sardonico, passandomi le dita tra i riccioli.
«E le ragazze?» Replico goliardico, mentre lo vedo sorridere.
«Non fare il generico. La ragazza.» Specifica allusivo, come se fosse già a conoscenza di tutto. Tutto ciò che non deve venir fuori.
Due clandestini.
Vorrei ribattere, ma le parole sono annodate tra le corde vocali, e così lo lascio defilarsi.
Apro la porta del camerino, per richiuderla con un tonfo, e come mi giro capisco come faceva a sapere tutto Tyler.
Il dolore dei lividi, viene surclassato da un fendente più potente, alla bocca dello stomaco, che risale fino all'organo vitale.
La osservo sorridere limpida e giocosa, mentre le pupille mi si dilatano di sorpresa.
Sa sempre come stupirmi, tra cose che non mi aspetto.
Non dovrei sorprendermi più dopo il suo ultimo agguato in palestra, ma lei ci riesce sempre.
Getto con uno slancio del braccio, il passamontagna che cade sulla cassapanca, vicino al profilo del suo fianco.
«Death Silent.» Mi saluta argentina, piegando dolcemente la testa da un lato, dove la punta della coda, si poggia a solleticarle la clavicola esile, lasciata scoperta dallo scollo a barca della camicetta in chiffon impalpabile.
«Dea.» Il mio saluto, sfrega le pareti della gola nuovamente arsa, uscendo grezza come ossidiana, nera tenebre come essa.
Mi sfilo i guantoni. Le fasce in cui il suo sguardo segue lo srotolamento lento, nell'attesa che uno dei due spezzi il silenzio.
Ma forse ci piace.
Ci conosciamo meglio tra mille sguardi che tra mille parole.
«Pensavo non venissi. Avevi un impegno inderogabile.» Le sue iridi si alzano placide, come risvegliata da un momentaneo stato di trance, per sfiorare languida i miei pettorali, fermandosi nei miei occhi.
Si morde il labbro inferiore, sfregandolo più volte con i denti. Sembra turbata. Indecisa su cosa dire, ma poi rilascia un sospiro e solleva le spalle nude.
«Ho finito prima del previsto e volevo...» Ora inumidisce lenta quella polposità inferiore, scendendo di qualche tonalità con la voce, che si intensifica quanto il rossore che le imporpora le guance.
«Volevi...» Invito rauco a proseguire, mentre mi avvicino febbricitante.
Socchiude le palpebre, notando il leggero tremore delle ciglia lunghe e folte, spostandosi la coda dietro, sostituendole ai polpastrelli che leggeri massaggiano il profilo del collo.
«Cosa volevi, Dea?» Mi chino predatore verso di lei, tappando anche solo una minima via di fuga, con le braccia flesse dove i palmi si appoggiano sul ferro della panca, inchiodandola.
Il suo sospiro mi giunge bollente sull'arco di cupido, e più bollente è il suo azzurro che spicca tra quelle pupille onice.
«Stare con te.» Ammette con tono pudico, quasi si vergognasse di aver rivelato quella verità, che invece mi fa contrarre ogni singolo muscolo del corpo.
Mi sporgo maggiormente, innalzando il busto per far arrivare il cazzo in tiro dentro i pantaloncini, all'altezza del suo viso dipinto da pennellate di voglia porpora e screziato di cobalto lussuria.
«O con lui?» Oscillo in avanti i fianchi, mentre i miei palmi ora si sorreggono al muro bianco, vedendola muoversi sulla cassapanca con le gambe accavallate.
L'agitazione le gonfia il petto, e quelle colline si tendono in avanti, invidiando il tessuto che le sfiora.
Sono troppo teso, per non pensare a ciò che accade in mezzo alle sue cosce, mentre il membro si fa sentire con scariche sempre più intense.
Mi stacco di fretta con uno slancio dal muro, per avviarmi verso la porta.
Avverto Sky emettere un verso confuso, che tuona sulla labbra, prima di sentirmi girare la chiave, in un rumore che spezza il silenzio, rimpiazzato subito da quello dei miei passi che ritornano da lei.
«Alzati.» Il tono imperioso, si inzuppa di urgenza che mi allaga le iridi, inondando la foresta.
Il suo collo lungo si esibisce in un lento inghiottire, macinando coraggio per alzarsi dalla cassapanca.
Ho ancora le fasce che penzolano tra il dorso e il palmo, finendo di toglierle quasi come volessi strapparle.
«Ti sei concentrato su i miei occhi?» Pone beffarda e sensuale, la domanda dove sa già la risposta.
L'angolo delle mie labbra si innalza luciferino, gonfiandomi pigramente lo zigomo.
«Durante lo scontro, si. Ora ho un'altra priorità che esige di essere soddisfatta, in cui ti concentrerai te.» L'avverto grave, mentre ruota il collo, subendo l'effetto che le procurano le mie parole.
Minacce velate di piacere immane.
Mi sfilo le scarpe, i calzini e in un secondo anche i miei pantaloncini si afflosciano sulla pavimentazione fredda del camerino anonimo.
La sua figura è una statua immobile esterna, un fiume che straripa interna.
«Potrei farlo a Virginia.» Cerca di persuadermi a capitolare e rimandare l'offerta del piacere che adesso pretendo.
Scuoto la testa, dove i riccioli si muovono ribellandosi come me, che poggio la punta della lingua tra i denti, cantilenando un,
«Zu zu, zu zu.»
Sorrido come un lupo che aspetta l'agnello, ma più furbo lo bracca, ponendosi davanti.
Non ho tempo per venerarla come vorrei, per essere gentile o impartire ordini.
Rivedo la sua foto nel book mentale, e le mie mani prudono di un estremismo, che fa aggrappare le mie dita forti tra le spalline della sua camicetta, e strattonarle con un suo sussulto, verso il basso.
I seni schizzano fuori, liberi da ogni protezione, e i miei palmi callosi li prendano tra le mani, soppesando la morbidezza rovente, che inturgidisce i suoi capezzoli rosei, che si pigmentano sotto il tocco dei miei pollici che sfregano esigenti.
«Mmmmh.» il suo mugolio spezzato e caldo, riduce a brandelli il mio autocontrollo, e come un affamato, spingo un palmo aperto sulla sua schiena. L'altra artiglia il suo fianco e la mia bocca pretenziosa corre a morderle quasi tutta la circonferenza del seno tirando il capezzolo verso di me.
Il sapore salino e al tempo stesso dolce, della sua pelle di velluto, mi fa impazzire.
Le strappo un sussulto, quando le tiro giù con impeto, l'elastico dei leggings, attorcigliando tra le dita il filo del perizoma, che le carezza la spaccatura delle natiche sode e fresche.
«Oh, Jackson.» Graffia come un ruggito, ma suona come un'orchestra neo melodica, il mio nome da quelle labbra che violerei. Lo farei con le mie labbra, che si accontentano del suo collo, e invece devo violargliele nel modo più bisognoso che adesso mi gonfia e mi tende, sporcandomi i boxer.
Con uno strattone le strappo il perizoma, anche se non è da me, e le sue gambe lunghe e snelle, si sfilano in due secondi il leggings, aggrappandosi con le mani alle mie spalle.
Mi abbasso i boxer, scalciandoli lontani e la innalzo di peso, facendoci sfuggire dei gemiti rotti, quando la sua intimità bagnata colpisce la cappella gonfia del mio membro.
«Dio, Sky. Dio mio.» Inutilmente invoco il signore altissimo, per non farmi affondare in quella morbidezza che sogno ogni notte.
La sua fronte crolla sulla mia, e sforzo le mie gambe a compiere gli ultimi passi per sbatterla contro le mattonelle bianche della doccia, dove il mio palmo schiaccia con forza il getto che ci colpisce in pieno.
Avverto le gocce picchiare sul mio membro eretto, concentrandomi troppo su quelle che dal suo seno pesante, scivolano verso il basso ventre e si inoltrano tra le pieghe del suo sesso sublime.
«Non ti sei meritata un cazzo, Sky.» Tuono rude e granitico, lasciandola toccare con la pianta dei piedi il piatto di ceramica.
Le sue iridi assumono una sfumatura di frastornamento, mentre sorrido mefistofelico, agguantandole entrambe i polsi, che le porto dietro la schiena.
Un verso di stupore le schiude le labbra, nel captare le fasce con cui ho lottato, girare intorno ai suoi polsi esili, tirando entrambe le estremità come catene.
Non c'è bisogno che le dica ciò che voglio e anelo, poiché la mia turgidità è innalzata fiera, in trepida attesa di vederla circondata dalla bellezza delle sue labbra.
Si lascia scivolare lenta in ginocchio, prende il suo tempo. La coda diventa fine come una spiga di grano che tanto ama, inzuppata dall'acqua che scrocia ritmica, e rimbalza sul piatto a picchi violenti come aghi appuntiti.
Il vapore ci avvolge come una nuvola, che profuma di peccato e bramosia, e questa immagine decreterà la mia morte.
Le labbra che si inumidisce placida.
Si sporge contro la mia offerta, e lo accoglie come un dono prezioso, assaporandolo un'istante con la lingua.
Getto indietro la testa, assorbendo le perle d'acqua come fonte dissetante dentro la mia bocca, mentre la sua inghiotte la mia asta.
È perfetta.
Il volto contratto tra sforzo e concentrazione assoluta, vogliosa di darmi un piacere che scavalla ogni limite.
Non perché le altre non fossero brave, ma perché solo Sky può darmi sensazioni che mi fanno esplodere ogni terminazione.
La culla con la lingua che ruota attorno, si sfama con ingordigia. La lascia uscire a poco come a gustare ogni centimetro di carne dura e pulsante, e la riporta dentro con un bisogno animalesco che mi fa gemere.
Il mio eco assorda e riempie il bagno, mentre mi sorreggo con i palmi alle piastrelle, quasi a spingere il muro.
Voglio che prenda il controllo, perché il mio l'ho perso da quando l'ho incontrata.
È il connubio migliore che esista.
L'apparenza inganna.
Casta fuori, assetata dentro.
Conscio che sarà troppo dura non poterla toccare durante questi quattro giorni di vacanza.
Conscio che lei farà di tutto per farmi ammattire.
E lo fa mortalmente bene.
La vista appannata si inchioda alla sua.
Le sue iridi sporcate dal velo lacrimoso, mi osservano.
La bocca lavora con ardore.
Le efelidi si spennellano di rossore, tanto da non distinguerle più dal colorito che hanno assunto le guance.
Ed è troppo per la mia vista.
Per il corpo che avverte l'incendio dove non esiste un'estintore, e tutto si riduce al mio ruggito feroce, che si riversa bollente dentro la sua bocca che inghiotte tutto e ripulisce il glande, con devozione.
Faccio respiri profondi, ancora perso nel piacere, e l'aiuto a rimettersi in piedi, sciogliendole i polsi.
Sento il suo respiro affannato, e le labbra gonfie e lucide della sua saliva.
Odio mandarla via, come se fosse una qualunque che mi regala un servizietto.
Perciò metto da parte la coscienza, e con uno slancio le mie braccia avvolgono il suo corpo, che si plasma contro il mio.
Ci stringiamo, coccoliamo e laviamo.
Vorrei lavare anche il dolore che si è annidato dentro di me, ma in sua presenza si attutisce.
«Esco dalla porta secondaria, e apparirò dal nulla.» M'informa con un sorrisetto d'intesa, mentre si rinfila la maglia, aggiustandosi i capelli in una crocchia.
«Apparirai come una...Dea.» Le sussurro dolce sul lobo, per lasciarle un bacio sulla guancia liscia come velluto, e il suo rossore propagarsi, rendendola più bella di ciò che sia.
«Proprio così.» Rilancia seducente, sfiorandomi con i polpastrelli la mascella priva di barba, pizzicandomi la fossetta, prima di vederla scomparire oltre la porta.
Buonasera Dee 🧖🏻♀️
Sono conscia che il capitolo fa schifo, ma era di passaggio ☺️
Dovevo mostrare anche Jackson e come prosegue la sua scalata verso le nazionali 🥊
E ora aspettiamo solo di vedere come andrà questo viaggio a VIRGINIA BEACH 😏💥
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