•Capitolo 35•
~•Sky•~
Era da tempo che non rimettevo piede a casa dei Thomson.
Ma osservo che tutto è rimasto uguale, come i faretti incastonati nel vialetto curato, dando illuminazione nel buio.
Siamo rimasti quasi tutto il tempo in silenzio, con il cuore ficcato in gola nel pick-up.
Sono ancora una mina che esplode e crea un devasto, dentro il corpo.
Non credo che scorderò mai le sue mani avvolte dalle fasce, che percorrevano come uno scalatore abile di montagne, la mia pelle.
La sua lingua calda e bagnata, intrufolarsi nel languore bagnato, che pulsa ancora, pronto a replicare l'esperienza.
Ogni pensiero si frena, come il freno a mano che tira, e la macchina si rilassa con una lieve spinta in avanti, lasciando appena il tintinnio della chiave ancora inserita.
«Non voglio svegliare Gwen o Violet.» Le parole mi sfuggono indecise e timorose, dalla punta della lingua.
Mi sfrego le mani sul jeans, sentendo un risolino caldo e morbido, che fa serpeggiare il mio corpo, da parte di Jackson.
«È seriamente questo che ti preoccupa o...» La voce da prima divertita, si trasforma in un lugubre tormento illegale, per quanto sia sensuale, e avverto le sue labbra sfiorarmi lo zigomo paralizzato.
«Entrare dentro il mio letto?» Schernisce suadente e ondulato come sbalzi di onde che ti sommergono e trasportano al loro interno.
Il sospiro mi esce forte, tanto da farmi dolere lo sterno, ma non mi giro. Afferro invece con una fretta impellente, la maniglia fredda, aprendo lo sportello per richiuderlo con un tonfo secco.
La sua risata trapassa dall'interno i vetri, notandolo scendere il minuto dopo e affiancarmi.
«Abbiamo già dormito insieme.» Gli faccio presente, con una nota di acidità, per il suo sorrisetto divertito e malizioso, che non si schioda da quelle labbra da mordere e leccare come fosse la sua saliva che si mischierebbe alla mia, l'ultimo liquido disponibile sul pianeta terra.
E io vorrei vivere e sopravvivere così.
«Si, ma Violet ha pensato bene di appendere un foglio sulla mia porta, che riporta: La tana del lupo. E temo non sia una frase venuta dal suo tenero cuoricino innocente.» Merda! Avevo sottovalutato che Violet, oltre il fatto che mi sia mancata come un pezzo di cuore che lasci per strada, donandolo a chi è più bisognoso come lasciare un dollaro a chi non ha soldi per sfamarsi, ascolta e riporta sempre quasi tutto, scritto.
Mi mordo l'interno guancia con forza, causandomi quasi un graffio con i canini che sfregano sulla carne tenera.
«Taci e apri la porta.» È l'unico comando stizzito, che riesco a dare per replicare e porre fine al siparietto che comunque non toglie il brillio divertito che incornicia quelle iridi camaleontiche.
Il lieve cigolio, mi fa esalare un filo d'aria dalle narici, prima di fare il passo dentro casa.
Siamo avvolti nell'oscurità del salone.
Osservo ancora il tavolo dove ci sono i pennarelli di Violet, disposti per scalatura di colore.
E subito dopo il tocco delle dita calde di Jackson, sfarfallare tra le mie, per intrecciarle e condurmi silenzioso verso le scale.
Facciamo piano, mentre vedo le altre porte chiuse, per inoltrarci nella sua, dove leggo divertita la targhetta scritta a pennarello.
Mi lascia oltrepassare la sua tana, mentre chiude debolmente la porta.
I lampioni e la luna alta, illuminano dolcemente un quadrato della stanza, e captarlo dietro di me, mi crea un senso di panico.
Il suo profumo intenso, inebria i miei sensi in allerta, e il fiato caldo mi avvolge il profilo del collo, lasciando che le sue nocche lo accarezzino debolmente, portandomi i capelli sulla spalla opposta.
«Questo lupo ha già mangiato, per stasera. Rilassati.» Il suo timbro si propaga con armonia nel mio udito, e mi faccio forza per avanzare verso il letto piegato alla meno peggio.
Gioco con il bottone freddo dei jeans, restando di spalle, indecisa sul da farsi.
Benché mi abbia vista nuda, riconosco che non sarebbe adatto dormire completamente nuda nel suo letto.
«Tieni.» Mi volto appena in tempo, richiamata dalla sua voce, che afferro la palla di tessuto tra i palmi.
La spiegazzo un po' per vedere la sua maglia bianca, ma ciò che i miei occhi riescono a osservare sono solo le sue braccia muscolose, che si stendono in alto facendo contrarre l'addome atletico, per far scivolare la maglia oltre la testa.
Il movimento dei suoi muscoli guizzanti, mi rapisce in pieno.
Il gesto sensuale di lanciarla scomposta sopra la sedia girevole della scrivania.
Il modo in cui il suo pollice, sgancia con flemma il bottone e la zip del jeans.
Come scorre il tessuto grezzo, su quelle gambe toniche.
E mi accorgo che sto sudando, e forse puzzo anche per l'amplesso avvenuto sul suo Ring dorato.
«Vado a farmi una doccia.» Non mi curo neanche delle parole che escono flautate dalle mie labbra, perché ciò che ora esigo è spegnere questi bollenti spiriti, specialmente tra le cosce molli.
Lo vedo appena in tralice annuire, prima di chiudere la porta del bagno, che non ha neanche una chiave.
Mi tolgo ogni indumento, ripiegandolo sulla tavoletta del WC abbassata, infilandomi dentro il box doccia.
L'acqua del soffione tiepida, mi colpisce in pieno, offuscando i miei pensieri con il suo scroscio.
Ripenso che non voglio che arrivi l'alba, e la consapevolezza che domani sera sarò di nuovo messa in luce da occhi famelici.
Incatenata dai ricatti. Dal ricordo del lurido.
Sfrego i palmi sul viso, e sobbalzo con la spalla che picchia le maioliche azzurre, nel sentire l'anta del box, spalancarsi e Jackson entrare dentro senza dire niente.
Richiude secco l'anta, e vengo compressa dal suo corpo nudo, dalla turgidità che punta verso di me, e le gocce che iniziano ad investire anche lui, nel piccolo spazio ancor più ristretto dalla sua stazza.
«Non riuscivi a resistere al pensiero di me nuda...insaponata...e bagnata?» Lo provoco con un lampo di sfida sensuale nelle iridi, mentre il suo sospiro gli gonfia i pettorali sodi.
Leggo le fiamme all'interno della palude, che di notte diventa più pericolosa, e in una mossa fulminea, si aggrappa con le dita ai miei fianchi, girandomi con il volto verso le maioliche fredde, premendomi contro.
Un brivido di lussuria mi scuote, quando un suo palmo aperto risale verso la mia spina dorsale, per afferrarmi i capelli in una coda, e strattonarmi appena il collo che si piega e poggia sul suo petto granitico.
«Non riesco a resisterti in generale.» Ammette rauco, sfregando la cappella rovente, tra le mie natiche scivolose.
Un ansimo caldo si strappa dalle mie labbra, mentre il suo ginocchio mi allarga le gambe.
Sono una sostanza liquida, e lo sa perfettamente.
Le sue dita scorrono verso il mio basso ventre, inoltrandosi tra le cosce, ed è una sofferenza sentirle passare solo tra le grandi labbra.
Aprirle e allargarle senza mai penetrarle.
«Jackson.» So che il suo nome sussurrato con un ansito disperato, gli fa perdere il lume della ragione, e soffoco una risata che si ammazza nel momento che geme e spinge due dita dentro il mio centro pulsante.
«Deliziosa e bagnata, come una Dea.» Mi morde il lobo, sforzandosi per parlare, quando vorrebbe solo gemere. Sento nitidamente il suono della sua pelle che sbatte forte tra il pugno, mentre continua a strusciarsi tra le mie natiche, che si aprono di più come a dire: Sfondami.
Ma so che non lo farà.
Non riesco ad ansimare forte per paura di svegliare. Non riesco a parlare. Mi spingo solo urgente contro la sua mano, che mi tortura con abilità.
Lo sento fermare l'assalto tra le mie natiche in fiamme, ma non le dita che sguazzano dentro di me, decise, dolci, più veloci.
Capto lo spruzzo del bagnoschiuma, e subito dopo la spugna che mi lava dolcemente la schiena.
Direi più con devozione, e non so più chi è Jackson.
So solo che le fiamme della passione mi incendiano il petto. Scariche dolci di bisogno mi rendono assetata. Le mie pareti stritolano le sue dita come a tenerlo nella mia morsa, e il mio urlo di godimento, soffocato dal suo palmo che si allontana subito mi lascia stremata, come le sue dita che mi costringono ad aprire le labbra per succhiare via il mio sapore dolce.
«Girati.» La sua imposizione carezzevole, mi fa girare con ancora l'affanno, e la spugna passa tra i miei seni pesanti. La strizza lasciando colare acqua e sapone su i miei capezzoli.
Il mio sguardo è ancora frastornato, ma vedo il suo puntare su ogni parte del mio corpo che sta lavando.
«Il tuo sguardo mi imbarazza, Dea.» Confessa serio, e in un secondo sono di nuovo in me, con le pupille dilatate e la bocca schiusa.
«Soffri di effetti collaterali?» Devo spezzare la tensione con del sarcasmo, e proteggere il mio cuore che ha sentito un pugno non indifferente.
Le sue iridi si alzano lente, per incontrare le mie, mentre strofina la spugna tra le mie gambe e scuote la testa dove i riccioli madidi, fanno colare piccole perle sulle sue labbra carnose.
«Se vedessi le tue iridi lucide post-orgasmo, non mi daresti del pazzo, fidati.» Il suo tono più vigoroso mi lascia attonita, come la spugna che fa cadere dalle dita e l'anta che richiude con forza.
Mi finisco di sciacquare, avvolgendomi in un telo di spugna.
Lascio i capelli umidi, e di fretta infilo la maglia. Non capisco il suo cambio repentino d'umore, ma non dovrei sorprendermi.
È sempre amico del bipolarismo.
Spengo la luce del bagno, e l'oscurità mi lascia comunque vedere il bozzolo che formano le lenzuola. È già disteso e forse dorme. Non lo so, so solo che non capto il suo respiro pesante.
Mi siedo lenta sul letto, che si affossa leggermente sotto il mio peso, e mi stendo stando attenta a non disturbarlo.
Ma come sempre, è lui che spezza le convinzioni, e si gira per circondarmi le spalle con il suo braccio possente.
Il respiro mi solletica l'incavo del collo, e mi accoccolo contro di lui.
«Mi sembravi scontroso poco fa.» Lo canzono sprezzante, perché nonostante Jackson mi piaccia fin troppo, come tutto questo gioco, sono sempre la solita Sky che non può rigirare come vuole.
Lo sento emettere un sospiro frustrato, sfregando la punta del naso tra i miei capelli umidi.
«Non ho una risposta alla tua osservazione. Vorrei solo...Questo è un gioco Sky. Uno scambio reciproco di orgasmi e piacere.» Non capisco questo suo discorso, e infatti cerco appena di girare il volto, incrociando i suoi occhi bui.
«Davvero? Meno male che esisti tu a ricordarmelo, Jackson, dato che ho stipulato io delle regole. E non capisco cosa c'entra con il mio sguardo.» Replico infastidita.
«I tuoi occhi non si fermano a guardarmi, mi vedono...» Lascia andare la frase come un nuovo sospiro, e capisco il punto anche se non finisce. Lo sento dal suo tono di ammonimento.
Non vuole che io arrivi alla sua anima, ma purtroppo per lui questo è il mio intento. Purtroppo per me, lui forse ci sta già riuscendo, ancor prima di me.
Lascio andare la corrente dei miei pensieri, per permettermi di convincermi con un mantra che questo gioco l'ho per prima voluto io.
Quindi che problema mi affligge?
Forse sono io quella che ha subito gravi danni alla materia grigia, che ora contro il suo corpo caldo, mi saluta da lontano con tanto di bagagli.
Tornerà mai la ragione? Non lo so.
Ma il sonno arriva, tra le braccia del demonio.
Un flash come una torcia, illumina il mio viso, che arriccio in una smorfia sofferente.
Mi arrovello tra le coperte come un bruco, toccando con il corpo un lato freddo del letto, che mi fa sobbalzare e raggelare.
Le palpebre si sbarrano sofferenti, e scopro che la torcia in realtà è un fascio di luce mattutino, e che Jackson non è nel letto.
Mi isso con un balzo dal letto, rinfilandomi contro voglia i jeans e il top con il cardigan di ieri sera, avvicinandomi alla porta.
Ma torno leggermente indietro poiché un brillio argentato attira la mia attenzione.
È una cornice in argento, che splende sopra la scrivania che presenta solo un portapenne a me familiare, un libro di testo e questa foto.
Non vorrei farmi gli affari suoi. Non dovrei intrufolarmi così nella sua privacy, ma non riesco ad impedire alle mie mani di afferrarla e rimanere spiazzata.
Il cuore emette tre colpi consecutivi prima di smettere di pompare. Le dita si gelano tra i contorni che disegno con l'indice, e tutto si fa chiaro nella mia testa.
Il ragazzo raffigurato è uguale ad un Jackson più giovane. Gli stessi occhi foresta brillano di spensieratezza. Il sorriso che poche volte ho visto affiorare su quelle labbra peccaminose, nella foto è immenso. E i riccioli di entrambi sembrano mossi da un refolo di vento.
Un pizzicore mi sale dalle narici, fino al bulbo oculare, e poggio la cornice, per portarmi il palmo verso il petto.
È l'angelo che aveva disegnato Violet.
Il loro angelo Kyle.
Il loro fratello.
Colui che non ha mai nominato, ma tenuto nascosto come un segreto che non avrebbe mai condiviso con me.
Mi sposto i capelli ormai asciutti all'indietro, poiché non sono nessuno per fare la morale, quando io prima porto fardelli dietro.
Siamo rotti, e ora lo so.
Posso capire il suo dolore.
Il suo venire comunque al funerale di nostra madre, rivivendo scene atroci dentro di lui.
La sua K tatuata che attraversa l'addominale obliquo del bacino.
Tutto ora prende forma e sostanza, ma non chiederò niente.
Lo posso comprendere, e comunque so che mi attaccherebbe, e non è ciò che voglio.
Non sono nessuna per lui, ma se mai lo diventerò, allora sarà lui a donarmi un pezzo del suo cuore.
Abbandono lo sguardo velato, per ritornare verso la porta e aprirla.
Sento il silenzio avvolgere la casa, e scendo in punta di piedi.
Mi avvicino verso la cucina, per prendere un sorso di acqua, ma ciò che mi lascia immobile, è la tendina della cucina che rivela un ombra che si muove veloce.
Scosto con dita curiose la tendina ricamata, scoprendo che è Jackson che sta tirando pugni al sacco, vicino al garage.
Guardo ammaliata i muscoli in tensione. I guantoni che sferrano colpi che fanno oscillare il sacco, e sento anche i suoi versi di sforzo che emette, come gemiti eccitanti dovuti alla potenza con cui tira.
Sussulto e mi sposto di un passo all'indietro quando lo vedo girarsi e puntare le sue iridi foresta verso di me, bloccando con entrambi i palmi il sacco nero, poggiandoci contro la tempia.
Le labbra leggermente aperte, da dove caccia fuori respiri pesanti, che gli inalberano il petto.
Le gocce di sudore che solcano i quadranti.
E di nuovo il tatuaggio che brilla sotto i raggi cocenti.
Lo noto distogliere lo sguardo da me, e sfilarsi i guantoni con foga, raggiungendo in due falcate la porta di casa che si spalanca e richiude con un tonfo secco.
«Buongiorno. Ti sei allenato.» Lo saluto melensa, notandolo avvicinarsi verso di me, con un sorriso che mi scioglie, prima di avviarsi verso il frigo.
«Per colpa di una Dea, ieri ho saltato i miei doveri.» Mi rimprovera malizioso, portandosi la bottiglia sulle labbra, che stanno invidiando quel cerchio che si poggia su quella morbidezza carnosa.
«Beh, hai adempiuto ad altri.» Ribatto ammaliatrice, mentre mi guarda e deglutisce, posando la bottiglietta, per pararsi difronte a me, come un predatore.
«E ti è piaciuto, come ho adempiuto?» Oh sì, da impazzire. Sopratutto la sua mano che mi carezza lo zigomo, facendomi chiudere gli occhi dal piacere.
«E...a te?» Sussurro di rimando calda, e lo sento respirare sul mio lobo.
«Non puoi capire quanto. La mia lingua dentro la tua fica. La tua bocca attorno al mio uccello. Le mie dita dentro di te, bagnata. Il mio cazzo che ti penetrava.» Mi lecca il collo dal basso verso l'alto, facendomi annuire e gemere.
«L'ultimo, penso non sia corretto.» Balbetto in un mormorio assuefatto, facendolo ridere sulla mia pelle accaldata.
«No. Ma rientra nei miei progetti, piccola Dea.» Un altro bacio si deposita sulla mia mascella, facendomi girare.
Nell'istante che ci sfioriamo per sbaglio le labbra facendoci dilatare le pupille in simbiosi e scambiarci i sospiri di sorpresa, annessi alla voglia di divorarci, sentiamo dei piccoli passi che ci fanno staccare come avessimo preso la scossa.
Il mio sguardo si sposta da Jackson alla figura di Violet, che scende in fretta le scale e corre verso di me.
Mio Dio! Piccolo amore.
Sento le lacrime pungermi le iridi, e in uno scatto la racchiudo tra le mie braccia, stringendola come se ne andasse della mia vita, per gustarmi il suo odore di fragolina di bosco.
«Violet. Sei diventata più alta.» Le do un bacio schioccato sulla guancia, e la vedo annuire gioiosa.
«La mia principessa sta crescendo. Vero, Elsa?» Sentir parlare con questo tono pieno d'amore, Jackson, è sempre un Crack dentro di me.
Violet si lascia coccolare da quei palmi callosi, prima di afferrarmi la mano e intrecciarle tutte e tre. La mia, quella di Jackson che si volta verso di me, e quella di Violet.
E non so se morire o perdere completamente la testa, perché il suo sguardo è quello di un dominatore.
Un dominatore del mio corpo, e anche del mio cuore.
«Andiamo a fare colazione. Preparati con Sky.» Le lascia un lieve bacio sulla cute, prima di ergersi in piedi, e si avvia a lunghi passi su, per farsi una doccia.
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