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•Capitolo 19•


~•Sky•~

Sono schizzata fuori di corsa dal bagno, e di Jackson nemmeno più l'ombra.
Il ricordo dei suoi baci sul mio collo, mi fa ancora sospirare e sento quanto brucia quel punto dove ha ruotato la lingua.
Ho voluto provocarlo stamattina, e ammetto che in effetti mi sarei fatta spalancare le cosce, solo per costringerlo a posizionarsi lì con il suo bel viso da arrogante, e ruotare la sua lingua dentro le mie pieghe calde e deliziosamente bagnate.
Ma come sempre ho dato ascolto alla mia testa, più che ai miei impulsi.

Sono stata tesa e con il cuore in gola, per tutta la durata del match, e poi saperlo vivo anche se un po' ammaccato, mi ha fatto fuoriuscire il respiro compresso nei polmoni, come un palloncino che scoppia di botto.

Ho dovuto anche mettere a tacere una Caroline ferma sull'uscio della mia camera, con un "Ti spiegherò dopo."
E il suo leccare il cucchiaio sporco di yogurt per ribattere con,
"Vorrei ben vedere, ragazza di campagna."

Arrivo trafelata all'istituto, buttando di getto la borsa sulla scrivania e il giubbotto sul bracciolo del divano.
«Eccomi.» Scivolo come se avessi dei pattini, davanti alla porta di Patricia, annunciandomi con affanno.

«Accomodati, prego.» É proprio così il suo timbro. Accomodante, e con passi fieri mi avvicino alla poltrona nera di pelle, posta davanti alla sua scrivania in legno massello laccato.
La tenda bianca dietro la sua seduta svolazza appena, per la finestra semi aperta, che lascia uscire l'odore di fumo che ormai si é permeato tra le pareti arancioni del suo ufficio.

«Volevi parlarmi?» Le domando cristallina, vedendola annuire e sfilarsi lentamente gli occhiali, per portare l'asta blu tra le labbra nude.

«Si. Vedi, é da tanto che stai lavorando con Violet, e i risultati sono buoni.» Snocciola lineare, mentre annuisco appena, spostandomi una ciocca sfuggita dallo chignon che mi solletica l'incavo del collo.
Quello che lui ha leccato.
Oddio, potrei mettermi ora a sospirare e agitarmi come un serpente sulla sedia.

«Hai ragione, ma ancora non vuole uscire dal suo mutismo.» Ammetto sincera e anche un po' costernata. Poiché so bene che dall'autismo non si guarisce, ma Violet non lo é. Non come pensano molti. Lei si é sbarrata tra quelle mura per un evento traumatico che ancora non so. Nessuno mi aiuta. I suoi disegni sono sempre raffigurati con una principessa e due principi.
Il problema é che so chi é uno di loro, ma l'altro mi sfugge.
Penso che sia la morte del padre, ma c'è qualcosa che mi induce a confutare meglio la mia tesi.

«Ascolta, Sky. Sei l'ultima arrivata ma sei anche una tra le più brave, e non regalo mai complimenti gratuiti.» Rivela con ammirazione come il suo sguardo ambrato, e la lascio proseguire, poiché si allontana di nuovo l'asta dalle labbra, poggiando gli occhiali sul banco.

«Facciamo così, un altro mese con Violet. Siamo già a gennaio. Poi dovrai occuparti di un altro caso. E comunque Violet può continuare a frequentare i bambini dell'istituto, so che si trova bene.» Mi regala un dolce sorriso che mi fa stendere anche le mie di labbra, per quest'opportunità immensa.
Voglio un gran bene a Violet. Mi é entrata nel cuore come mai mi era successo con un bambino. E so anche io che si trova bene, quando vengo a controllare come gioca e a modo loro interagiscono insieme, nella sala del silenzio, spezzato dalla cacofonia dei giocattoli.

«Grazie, Patricia.» La ringrazio di cuore, lasciando il suo ufficio per andare a prendere un caffè al bar con le mie colleghe.
Non ho instaurato un vero rapporto, e forse perché mi tengo sempre a debita distanza da tutti. Sono molto diffidente. Non do confidenza se uno non la da a me. Mi devi cavare fuori le parole di bocca o immettermi in un discorso, perché da sola non sono mai stata in grado.
Soffro della mia insicurezza, perché fingo di essere sicura. E lo sono solo in presenza di Jackson, perché lui spinge oltre ogni veduta i miei limiti.

Ci soffermiamo al bancone bianco del Bar.
Soffio la scia di fumo del caffè nero che si eleva fino al soffitto, dando un morso al Muffin. Cominciamo a parlare dei bambini, dove almeno lì mi integro, poiché sono in territorio sicuro, quando vedo distintamente due treccine scure svolazzanti, e il volto di Violet allegro correre nella mia direzione.
Lascio la presa con entrambe le mani dalla tazza fumante, e mi alzo con un saltello dallo sgabello di metallo, per andarle incontro sull'uscio del Bar.

«Violet.» Mi acquatto sulle ginocchia e la saluto entusiasta e amorevole, stringendo il suo piccolo corpo avvolto in un piumino color panna, mentre le sue mani mi afferrano il cappotto dietro la schiena.

Sento gli occhi delle mie colleghe guardarci, o meglio dire guardare qualcosa o qualcuno dietro le spalle di Violet, poiché sembrano inebetite quando mi volto a fissarle.
Difatti appena giro il viso e alzo lentamente le iridi da prima puntate su gli occhi scintillanti di Violet, queste si vanno a posare su un cappotto nero. Le mani infilate dentro le tasche, dove solo il pollice lungo e squadrato della destra, penzola al di fuori.
Ingoio la bile, per salire lentamente sul suo collo taurino, dove il pomo d'Adamo resta inflessibile, la mascella volitiva dove già una leggera ricrescita lo delimita, rendendolo così seducente da ammaliarmi.
Le labbra carnose appena schiuse, fino ad incontrare quelle iridi foresta, dove uno spicchio di sole illumina quella di destra, virandola ad uno smeraldo.

«Buongiorno, Sky.» Mi saluta con timbro caldo ma mantenendosi formale, poiché so che si è accorto delle mie colleghe che sembrano belle statuine.

Mi alzo lentamente, eliminando finte pieghe dalla gonna a matita nera, dove il suo sguardo si posa sul piccolo spacco, riportandolo subito sul mio viso con un sospiro arreso.
«Buongiorno, Jackson. Anche voi a fare colazione?» Sembro una macchinetta degli snack, da quanto veloce parlo, assumendo una parvenza di compostezza professionale.
Le mie guance sono porpora, ma almeno le mie colleghe non mi vedono volta di spalle.

«Si. Finché non ricominciano le lezioni, ho intenzioni di stare di più con Violet.» Rivela sereno, gettando un'occhiata piena di amore fraterno, verso la piccola.
Solo ora mi accorgo che si é coperto il livido con del correttore, penso, poiché si vede solo un piccolo alone, troppo mascherato per individuarlo.

Il suo sguardo non si sposta dal mio, neanche per pura distrazione, rendendo questo Bar ancor più piccolo di ciò che é.
L'aroma del caffè e dei dolci fragranti, sono stati rimpiazzati al mio olfatto, con il suo speziato che solletica le mie narici.
Sento il cuore rimbombare nel costato, e il petto esplodere racchiuso nella camicetta in chiffon acquamarina.
Le sue iridi mi sondano, inondano il mio azzurro con il verde delle sue alghe.
Le gambe tremano, reggendosi per inerzia, sotto quel gesto forse casuale, o forse no, della sua lingua che spunta dolcemente fuori, inumidendosi l'angolo delle labbra.
Cerco di sopprimere un ansito, in questa corsa immobile.

«Sky.» La voce echeggiante e briosa di Stacy la vipera, mi strappa dal nostro amplesso silenzioso, e sfuggo a quegli occhi dannati, per voltarmi verso di loro.
Cavoli! Le mummie imbalsamate in confronto sembrano più flessibili.

Scuoto la testa con un risolino da sociopatica, prossima al reparto neurologico.
«Ragazze, lui é Jackson. Il fratello di Violet.» Le informo con un tono più sicuro, ma non mi volto per appurare se lui abbia sentito le nozioni che ho fornito.
Mi basta sentire la sua presenza maschia dietro la mia schiena, dove anche attraverso il cappotto posso sentire il calore che sprigiona, surriscaldando zone poche consone in questo ambito.

Sfiora la mia spalla con il suo braccio, per allungarlo verso le mie colleghe che si presentano.
«Non mi avevi detto che la tua paziente, avesse un fratello così...» Meredith mi sussurra bassa ed eccitata, quell'affermazione, bloccandosi per trovare l'aggettivo giusto.
Potrei aiutarla come ad un quiz televisivo, propinando: Arrogante? Sensuale? Affascinante? Bastardo? Bruto? Sfacciato? Bello da impazzire? Mortale?

«Sexy.» Termina con un sospiro trasognante, e vorrei davvero rivolgerle un'occhiata al vetriolo.
Non perché io sia gelosa.
No!
É più quel senso di fastidio, nel vedere le mie colleghe con dei sorrisi da scolarette, e Stacy la vipera che sembra una cornacchia, puntando le sue unghie con la forma a ballerina, sul colletto del cappotto di, Jackson.

Mi scopro stizzita, e come se avessi una mazza di scopa infilzata su per il deretano, mi avvicino al bancone, dove ormai il caffè é ghiaccio come acque nordiche, ma almeno mi é rimasta la gioia del Muffin al cioccolato.

«Noto che l'hai indossata.» Sento il suo fiato bollente ad un soffio dalla cartilagine del mio orecchio, che scotta per quel respiro, mentre l'arco della mia schiena si riduce ad un brivido che mi assale come un fulmine.

Stringo tra le mani il Muffin che prima era invitante, mentre ora non sembra più commestibile nel mio stomaco che si contorce, come un contorsionista abile.

«Ch...Che cosa?» Sprimaccio afona, per lo sforzo della gola serrata. Mi sembra di avere un collare attorno che serra con forza.

Le mie sinapsi esplodono nell'immediato, quando avverto la punta del suo naso insolente, poggiarsi con grazia e reverenza, sul punto scoperto del mio collo.
Lascia una traccia di bordoni sotto quel passaggio pudico, che dentro il mio corpo pare estremamente erotico.
Lo fa scivolare lenta, come se in un bar affollato, ci fossimo solo noi.
E a questo si limita la mia materia grigia.
Ad immaginare che esistiamo sempre e solo noi, tra decine di miliardi di volti più o meno conosciuti.

Trasporta il suo naso fino al mio lobo, e le sue labbra carnose si schiudono lì, dove brucio di più. Dove le fiamme si inerpicano sulla mia pelle lattea.
«La dannazione» Sussurra penetrante, prima di staccarsi e posare le stesse labbra sul bordo della tazza ricolma di caffè, dove la nube si innalza tra noi come una barriera.

Ingoio la bile, e quasi mi strozzo con il pezzo di muffin che ancora non ho mandato giù.
Dotato di cotanta sfacciataggine, che mi annichilisce sotto quello sguardo birichino, di chi sa che mi ha fatto dannatamente eccitare, e questo mi tramortisce, nel scoprirmi imbarazzata e paonazza.
Si riferisce al profumo che mi ha regalato, e in questo momento vorrei schiaffargli una cinquina su quel volto da bastardo, arrogante, terribilmente sexy, da desiderare di lasciarmi andare tra quelle braccia muscolose.
Pregarlo di farmi cose indicibili.

Ma mi riscuoto, nel captare la piccola mano di Violet, intrecciarsi alla mia, e allora lì il mio cuore si frammenta in brandelli, piccoli come coriandoli.

Mi abbasso appena, per scuotere il suo piumino, dove briciole del cornetto alla crema, si sono poggiati.
«Avevamo intenzione di fare un giro per negozi, e siccome...dal momento che saresti dovuta venire te da Violet, possiamo andare insieme.» Un sorriso soddisfatto si allarga sul mio volto, alle parole di Jackson la canaglia Thomson, che propone imbarazzato.

Mi ergo nuovamente in piedi e mi volto verso di lui, con una lieve torsione del busto, innalzando le spalle.
«Si. Perché no.» Esclamo sicura, perdendo quell'aura di ragazza sovreccitata.

«Bene.» Sembra contento del mio assenso, e saluta le mie colleghe, dove una Stacy lo mangia con gli occhi dispiaciuti.
Povera piccola vipera, Stacy. Già viene con me a fare una passeggiata.
Potrei mostrarle la lingua come una bambina dell'asilo e farle una pernacchia, ma mi sentirei ridicola.
No! Diamine vorrei sul serio, ma anche io so darmi un briciolo minuscolo di contegno, e non saprei spiegare poi al sexy Thomson, del perché io abbia fatto una pernacchia ad una mia collega.
E il fatto che sia bionda ossigenata, non aiuta la mia innata antipatia verso di lei.

Il mio subconscio si rende gravemente conto che ho forse, vagamente, e sottolineo forse, immaginato noi due come una coppia, che portiamo a spasso Violet.
Si, sono conscia di essere messa veramente male, alla luce di tale visione.
E nello stesso istante mi riprometto di mangiare meno cioccolata allucinogena.
Ma non aiuta il vederlo stringere la piccola manino di Violet nel suo palmo grande e ruvido, che la racchiude tutta, mentre cammina fiero e con passo elegantemente lungo.
Cosí anche la mía a sinistra, stringe quella di Violet nel mezzo a due fuochi, che prima o poi si bruceranno vivi.
Lo so io. Lo sa lui. Ma non lo ammetteremo mai.

Giriamo per vari negozi di chiccherie e gingilli vari, solo per far curiosare tutto alla piccola Violet.
E sono così felice del lavoro che sto svolgendo insieme a lei. Per me non é una paziente come l'additano. Per me é una piccola amica.
Un pezzo di infanzia che mi rispecchia, ma che lei può avere, mentre a me mi é stato confiscato e mai più reso.

Ammetto che non pensavo che Jackson fosse anche un tipo divertente.
Abbiamo passato tutto il tempo dentro un negozio di maschere.
C'é stato il cambio di costume mio e di Violet.
Io vestita da Fata madrina lei da Cenerentola, mentre facevamo la passerella, uscendo dal camerino in modo teatrale, e Jackson ridere seduto sul pouff di pelle.
Poi é stata la volta di lui, un Elvis Presley molto sexy.
Ed é palese che le mie iridi sgranate si siano godute la vista del suo generoso membro, celato sotto quella tuta aderente.

Ho sperato che non se ne accorgesse, ma il ricordo di ieri sera, é così nitido, che non so ancora come abbia fatto a resistere a quei baci, morsi, leccate.
Ero ad un passo dal pregarlo di insinuare le sue dita lunghe, dentro le pieghe della mia intimità fradicia, pompando senza ritegno per stritolarlo nella mia morsa, colando il mio nettare lungo le sue falangi spietate.
E il picco stavo per raggiungerlo quando é uscito vestito da Cowboy con il cappello a tesa larga, gli stivali a texano sopra i blue jeans a vita così bassa da vedere le vene tra gli addominali bassi, per via della camicia a quadri aperta su quel torace ampio e dorato, e lungo ogni singolo avvallamento dell'addome senza un filo di grasso.

Mi riscuoto quando Violet mi tira per la mano, e torniamo per il quarto cambio di abito.
Questa volta lei é vestita da Elsa e io a Anna come mi aspettavo.
Ma quando scostiamo la tenda rossa del camerino, non vedo Jackson.
Corrugo la fronte in un cipiglio, finché non sento la sua voce stridere di rabbia e afflizione.
«Violet non uscirò conciato così, dal camerino.» Rivolgo un'occhiata a Violet che ridacchia sotto i baffi, e immagino che il costume lo abbia scelto lei.

«Non fare il timido, Jackson.» Lo beffeggio con gran gusto, mentre lo sento masticare un'imprecazione.

«Ho detto di no.» Ribatte indispettito come un bambino, e ci manca solo che si sia messo a braccia conserte.

«Dai non sarà così male.» Cerco di convincerlo e sopprimo la risata fragorosa che gorgoglia nel mio ventre.

«Ah no?» Replica in una domanda, risoluto, spalancando di colpo la tenda, dove gli anelli metallici sbattono in un tintinnio tra loro.

La calzamaglia azzurra infilata dentro degli scarponi neri. Una sotto specie di poncho con una fusciacca legata in vita, ma il pezzo forte é il cappellino con una papalina, dove mi é impossibile non scoppiare a ridere come una foca.
«Ti conviene correre Anna. E a te ci penso a casa piccola ElsaOh oh. Siamo nei guai!

Ciao piccole canaglie.
La canzone ovviamente l'ho messa in onore del nostro Jackson vestito da Kristoff 😂😂😂 peccato non avere una foto, perché secondo me starebbe davvero bene 😏😏
Un capitolo leggero per fortuna. Ma era doveroso dar spazio anche ad una Violet che si sta aprendo di più 😊 e una Sky e Jackson che non riescono a non punzecchiarsi ❤️

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