4
Raggiunsi velocemente il laboratorio di chimica, entrai e chiesi scusa per il ritardo andando a sedermi vicino a Emily.
"Va tutto bene?" mi chiese ancora prima che riuscissi a sedermi.
"Si, si è scusato per aver chiesto troppo e mi ha detto di sentirmi fortunata ad avere quel mostro come padre".
"E tu che gli hai detto?"
"Gli ho risposto che non è tutto come sembra e me ne sono andata sbattendo la porta" ammisi.
"Non credi di aver esagerato?" intervenne Mason dal banco dietro il mio "che vuoi che ne sappia lui! E' stato pure gentile a scusarsi Charlie".
"Ok forse ho esagerato, me ne rendo conto ma quando si parla di famiglia perdo le staffe, lo sai. Se dovessi per caso incontrarlo ci parlerò." bisbigliai dopo l'ennesima occhiataccia della professoressa.
....
Il resto della giornata passò velocemente e alle 17 in punto ero già davanti al Serendipity.
Entrai, salutai tutti frettolosamente, e mi misi a lavorare.
Non avere molto tempo libero a volte era snervante ma per la maggior parte, mi aiutava.
Riuscivo a staccare completamente la testa dai pensieri che mi soffocavano, avevo sempre la netta sensazione di mancanza, un peso sul petto che non mi lasciava respirare.
Speravo che prima o poi le cose sarebbero andate meglio e questo pensiero riusciva a tenermi a galla.
Il pomeriggio era stato molto movimentato e verso sera il bar si era riempito.
Alle 21 fui costretta a lasciare il bar come promesso a Lily e mi avviai verso casa.
Di solito mio padre tornava a notte fonda, mi domandavo spesso cosa facesse fino a tardi ma il problema non mi toccava finché papà mi ignorava e se ne andava dritto a letto.
Quando arrivai mi sembrò tutto tranquillo, le luci erano spente e non c'erano macchine parcheggiate nel vialetto.
Trassi un sospiro di sollievo, aprii il cancello e percorsi il lungo viale di ciottoli fino alla porta d'entrata.
Una volta dentro salii velocemente le scale, entrai in camera mia e chiusi la porta a chiave.
Puntai subito al letto, mi misi sotto le coperte e in poco tempo caddi in un sonno profondo.
....
Ero in mezzo ad una strada, completamente disorientata, vicino a me c'era qualcuno accovacciato su un corpo senza vita, avevo gli occhi colmi di lacrime che non mi permettevano di mettere bene a fuoco la scena che mi si presentava davanti.
All'improvviso delle urla squarciarono il silenzio, il rumore di alcune sirene si faceva sempre più vicino, il cuore batteva all'impazzata, ora la confusione e l'ansia mi attanagliavano.
Un rumore assordante si fece sentire, non riuscivo a ragionare, mi accovacciai per terra e mi presi la testa tra le mani.
Tutto cominciò a girare...
....
Mi svegliai di soprassalto, tastai freneticamente il letto rendendomi conto che era stato solo un sogno, il rumore che avevo sentivo era la sveglia che suonava incessantemente.
Sognavo questa scena quasi tutte le notti e quello a cui dovevo assistere non cambiava mai.
Mi alzai in fretta, mi vestii e corsi subito al bar.
Riuscivo a pensare solo al fatto che sarei dovuta andare a parlare con il professore.
Avevo pensato molto a cosa dire, quando ero particolarmente agitata la mia lingua sembrava non voler collaborare con me e finivo sempre con il balbettare qualcosa di incomprensibile, non volevo tradirmi con le mie stesse parole.
Le otto e mezzo, lavorando, arrivarono in un baleno e come tutte le mattine mi avviai verso scuola.
Ero in forte ritardo già il secondo giorno.
Controllai velocemente l'orario delle lezioni, non potevo crederci, avevo matematica e la professoressa era una vera e propria carogna.
Appena arrivai, salii le scale e passai accanto alla mia aula.
La porta era già chiusa e si sentivano le voci ovattate dei miei compagni.
Non sarei entrata da quella porta nemmeno sotto tortura.
Recuperai il cellulare dallo zaino per mandare un messaggio ad Emily.
*CHARLIE*
Sono in ritardo, vi raggiungo alla seconda ora non voglio subirmi una ramanzina di prima mattina. Se ci fossero problemi sai dove trovarmi. Ti voglio bene a dopo.
Non dovetti attendere a lungo una risposta visto che Emily viveva praticamente con il cellulare in mano.
*EMY*
Ok! Fai bene, questa qui è già nervosa, riuscirebbe a farti a pezzi. Ci vediamo più tardi. Tvb.
L'anno prima il mio nascondiglio per quando arrivavo in ritardo o non ero di buon umore era la terrazza sul tetto dell'edificio.
L'avevo scovata per caso il primo giorno di scuola, i corridoi allora mi sembravano infiniti.
La scuola era enorme ed ero riuscita a perdermi anche dopo che la segretaria mi aveva fornito tutte le indicazioni per raggiungere la mia classe.
Era stato proprio Mason a trovami. Lui girovagava spesso indisturbato quando non aveva voglia di seguire le lezione, grazie ad una spiccata fantasia che gli permetteva di inventarsi ogni volta una scusa molto originale.
Presi le scale antincendio e salii fino ad arrivare all'ultimo piano, lì non c'era nulla a parte qualche aula vuota ormai adibita a magazzino e la porta che dava sul tetto.
Quando uscii il sole mi colpì in pieno il viso.
Mi sedetti per terra.
Nonostante la stagione, l'aria era ancora abbastanza calda e il sole alto nel cielo riusciva ad illuminare tutta la terrazza.
Tutto d'un tratto però un'ombra mi oscurò completamente.
Lentamente aprii gli occhi e davanti a me, in tutta la sua bellezza, trovai il professor Davis.
Balzai subito in piedi ed indietreggiai spaventata.
"S-salve prof., c-che ci fa lei qui?"
"Sono io che dovrei chiederlo a te Charlotte! Non credi?" rispose accigliato.
Andai nel panico e cominciai a parlare a raffica, non sapevo nemmeno se le parole che stavo facendo uscire dalla bocca avessero senso.
"La prego, la scongiuro, non dica nulla! Sono arrivata in ritardo questa mattina e non volevo entrare in classe con quella vipera della professoressa Mars e.."
Non mi lasciò finire di parlare.
Mi mise le mani sulle spalle: "Charlotte! Calmati e respira. Mi meraviglio che tu abbia ancora fiato. Stai tranquilla non dirò niente, ma la prossima volta cerca di arrivare in orario, è solo il secondo giorno e tra le tante cose non dovresti nemmeno essere qui sopra." disse con tono severo.
Tirai un sospiro di sollievo.
"Oh, beh allora la ringrazio" risposi grata.
Era il momento giusto per parlare della faccenda del giorno precedente.
Raggiunsi il parapetto e presi un bel respiro prima di parlare.
"Professor Davis, volevo chiederle scusa per come ho reagito ieri. Non sono molto brava a trattare gli argomenti che mi pungono sul vivo così tanto. Lei cercava solo di scusarsi e io me la sono presa, non avrei dovuto comportarmi così." dissi sinceramente.
Raggiunse pure lui il parapetto e ci si appoggio sopra con le braccia.
Il giorno prima, troppo presa da me stessa, non mi accorsi di quanto fosse bello.
Aveva il volto puntato verso il cielo, come se cercasse di scorgere qualcosa dietro alle nuvole. Aveva un fisico asciutto e i muscoli si scorgevano da sotto la camicia bianca.
"Ti ringrazio per avermelo detto e non ti preoccupare ti capisco. Tutti cerchiamo di difenderci come possiamo."
A quelle parole un brivido mi corse lungo la schiena ma lasciai che continuasse a parlare.
"Non molto tempo fa ho perso mio padre e lui era così spaventosamente meraviglioso con me che nonostante io non sia più un ragazzino ancora faccio fatica a parlare di lui serenamente." sorrise debolmente "se avrai bisogno di parlare non esitare a venire da me ragazzina."
Brontolai senza farmi sentire contraria al nomignolo che mi aveva appena affibbiato.
"La ringrazio, veramente, grazie" risposi io con un sincero sorriso stampato in volto.
Nel suo sguardo c'era qualcosa che sembrava preoccuparlo.
Si voltò verso di me e i suoi occhi azzurro ghiaccio trovarono i miei.
"Perché ieri dopo che le ho riferito di suo padre, mi ha detto che non tutto è come sembra?" chiese improvvisamente.
Cazzo!
L'ultima domanda che speravo mi facesse arrivò come una pugnalata.
Distolsi velocemente lo sguardo.
"E-era t-tanto per dire, mi riferivo ai soliti problemi tra genitori e figli, sa com'è no?"
Sperai di farla franca.
Passarono alcuni secondi di totale silenzio.
Sapevo benissimo che non se l'era data a bere.
"Mah ok! A volte dimentico di essere stato adolescente pure io. Con tutti i vostri segreti... e chi ci capisce più!" sbuffò.
"Beh, signorina King, è ora di scendere, non crede anche lei?"
Annui convinta.
Ci avviamo entrambi verso la porta, scendemmo le scale ed entrammo nelle nostre rispettive classi.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro