15
Il preside Scott, seduto sulla sua amata poltrona di pelle marrone, mi guardava da dietro la scrivania con le mani intrecciate. I suoi occhi scuri, contornati da piccole rughe, mi fissavano in attesa che io mi decidessi a parlare ma l'irriverente Charlotte King aveva ormai lasciato posto all'insignificante ragazza di sempre.
"Allora signorina King, forza, mi spieghi la sua versione dei fatti." mi invitò lui a prendere la parola.
"Io non so che cosa dire. Non ho idea di quello che mi sia preso in classe, sono mortificata." dissi abbassando la testa.
Sicuramente non potevo dirgli che il caro Ryan Davis mi aveva ferita senza nemmeno saperlo e che avevo fatto esplodere tutta la mia delusione in un gesto a dir poco immaturo.
"Ha dei problemi con i suoi compagni o con qualche professore?" chiese ingenuamente come se realmente gli importasse.
E mentre pensavo che di problemi ne avevo fin troppi scuotevo la testa in segno di negazione.
"E' per suo fratello?"
Mi irrigidii sulla sedia, sapevo che il preside Scott era a conoscenza di Noah, tutte le informazioni riguardanti la mia famiglia e il mio stato di salute dopo "l'incidente" erano state fornite personalmente da mio padre e dallo psicologo della vecchia scuola e finite dritte nel mio fascicolo personale.
"No, mio fratello non ha nulla a che vedere con questa storia e gradirei che non se ne parli più." risposi glaciale.
"Questa è una scuola di alto livello signorina King, solo le menti più brillanti ne hanno accesso..."
"Oppure chi ha i soldi che gli escono dal culo." bofonchiai sottovoce interrompendolo incapace di trattenermi.
Il preside Scott mi fulminò con lo sguardo ma decise di ignorarmi.
"Non permetto agli studenti di essere irriverenti e maleducati. Qui esigo intelligenza, buone maniere e disciplina cose che fino ad ora non le sono mai mancate ma i suoi sbandamenti mi preoccupano e non posso permettermi che altri studenti prendano esempio da lei. Per questa volta se la cava con una settimana di punizione, tutti i pomeriggi dopo le lezioni si fermerà a scuola e sarà il signor Davis a decidere come li passerà."
"Una settimana di punizione per una cavolata del genere?" mi alzai in piedi di scatto allibita.
"Preferisce una sospensione signorina King?" mi sfidò con lo sguardo.
Mi morsi le labbra per evitare di insultarlo. Raddrizzai la schiena feci un bel respiro e rimisi il culo sulla sedia.
"Avvertirò io stesso suo padre questo pomeriggio."
Sbiancai di colpo.
"No, no la prego signor Scott mi dia anche un mese di punizione ma non lo dica a mio padre." lo scongiurai nel panico assoluto.
"Mi dispiace Charlotte, è giusto che i genitori vengano messi al corrente di queste situazioni. E ora, se vuole scusarmi, devo tornare al mio lavoro, la prego di tornare in classe." si avvicinò alla porta e l'aprì invitandomi ad uscire.
Il cuore non aveva intenzione di calmarsi, batteva così forte che, mentre uscivo dalla presidenza, era l'unico rumore che riuscivo a sentire.
La tachicardia non era un buon segno e nemmeno la fronte che aveva deciso improvvisamente di imperlarsi di sudore. Mi mancava l'aria, stavo disperatamente cercando di prendere fiato ma per quanto il mio petto si alzasse e abbassasse freneticamente non riuscivo a respirare. Mi accasciai a terra sentendo venire meno le gambe, ero scossa da brividi di freddo e tremavo come se avessi avuto 39 di febbre.
Il panico mi avvolse e le lacrime iniziarono a sgorgami dagli occhi e l'aria non voleva decidersi a riempirmi i polmoni. Improvvisamente una marea di voci inondarono il corridoio, erano sempre più vicine, tutte intorno a me ma prima che potessi riconoscerne qualcuna mi sentii trascinare via e due forti braccia mi avvolsero pochi secondi più tardi.
"Charlotte, guardami. Avanti guardami, è un attacco di panico, va tutto bene so che non lo riesci a controllare ma sono qui insieme a te, ce la faremo insieme! Forza, dannazione."
Non avevo ancora capito chi fosse ma lui fece aderire il suo petto alla mia schiena e mi sussurrò dolcemente all'orecchio di inspirare dal naso ed espirare dalla bocca insieme a lui.
Il mio petto lentamente iniziò ad alzarsi e abbassarsi allo stesso ritmo del suo e la sua grande mano mi accarezzava i capelli dolcemente senza smettere di esortarmi a respirare.
"Mi dispiace, mi dispiace." la voce profonda che mi arrivava alle orecchie lo ripeteva come un mantra.
Quando ripresi il controllo del mio corpo sembrò passata un eternità, esausta mi resi conto di essere seduta a terra in un aula deserta tra le braccia del professor Davis.
"Grazie." sussurrai con voce roca riappoggiando la testa sul suo petto.
Aprì gli occhi, esausto quanto me, e mi posò un lieve bacio sulla nuca. Era stato un gesto così intimo che per un attimo restai immobile.
"Shh, non mi devi ringraziare, aspettami qui, vado a prenderti un po' d'acqua e a informare i tuoi quattro mastini qui fuori che ti sei ripresa." disse alzandosi lentamente lasciandomi sola sul pavimento.
Fui sollevata di sapere che i miei amici erano fuori dalla porta ad aspettarmi e una volta che Ryan fu uscito, mi alzai, estrassi il telefono dalla tasca posteriore dei jeans e guardai il mio riflesso nel vetro. Avevo tutti i capelli scarmigliati ed ero ancora madida di sudore. Appoggiai il cellulare sul banco e mi sedetti senza forze su una sedia.
Nell'attesa ripensai a me tra le braccia del professore, a quanta dolcezza aveva messo in quel semplice bacio e a quanto sembrava spaventato e sentii le guance arrossire.
"Mi fa piacere che tu abbia ripreso un po' di colore, ragazzina." disse piano porgendomi una bottiglietta d'acqua e una barretta di cioccolata. "Mi dispiace ma le macchinette di questa scuola non offrono di meglio."
"E' stato fin troppo gentile, la ringrazio." dissi rigirandomi nervosamente la bottiglia tra le mani.
"Ti capitano spesso questi attacchi Charlotte?" chiese passandosi una mano nei capelli.
"No, io non so nemmeno cosa sia successo, era la prima volta. Credo sia stato per la punizione del preside e tutto il resto."
Stavo mentendo ma poco importava.
"Mi hai spaventato a morte, i tuoi compagni hanno iniziato a gridare e quando ti ho vista...per fortuna ti ho trascinata via in tempo."
Teneva lo sguardo fisso sul pavimento, e per quanto l'immagine di Ashley che scendeva dalla sua auto mi appariva ogni volta che sbattevo le palpebre decisi di dargli un attimo di tregua.
"Troverò il modo di ringraziarla, tanto dovrà stare con me tutti i pomeriggi della prossima settimana." esclamai.
Mi guardò interrogativo.
"Il preside Scott ha detto che sarà lei a dirmi che punizione dovrò scontare...e comunque mi dispiace per come mi sono comportata in classe, non mi sarei dovuta permettere." dissi sottovoce.
"Vedo che il preside Scott ha voluto punire entrambi." disse facendomi una linguaccia "Comunque non importa, ho sbagliato pure io, ero stanco e arrabbiato per altre cose. Avrei dovuto ascoltarti anche ieri pomeriggio e dopo questo episodio non credo sia il caso di tenere il colloquio. Lo faremo la prossima settimana con più calma." esordii lui accennando un lieve sorriso.
"Sta dicendo sul serio?" chiesi euforica.
"Si certo, mi sembra il minimo."
In men che non si dica gli fui addosso e lo strinsi in un abbraccio. Restai felicemente sorpresa quando anche lui lo ricambiò.
E tutto un tratto mi sentii un po' meno sola tra le sue braccia.
"So che non sono fatti miei, ma dove te ne vai di bello?" chiese lasciandomi e indietreggiando di qualche passo.
"Finalmente vado a Boston! Rivedrò mio fratello capisce?" gli confessai io a gran voce.
Se avessi potuto urlare dalla gioia lo avrei fatto.
"Mi dispiace Charlotte ma non posso lasciarti andare a Boston da sola dopo l'attacco di oggi e se ti succedesse ancora?" chiese titubante.
Cambiai umore repentinamente.
"Non succederà e comunque lei non può impedirmi di andare." esclamai minacciosa.
"Non ho detto che ti impedirò di andarci ma che non ci andrai da sola. Ci vediamo dopo le lezioni davanti al Serendipity, ti accompagnerò io in auto ragazzina!" mi fece un occhiolino e senza darmi il tempo di ribattere sparì oltre la porta.
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