4. goodbyes are bittersweet
Quel silenzio venne spezzato dalla voce tremolante di Riley che iniziò a balbettare, perdendo così quell'apparente tranquillità con cui mi aveva investita fino a quel momento. Io non riuscivo a comprendere ciò che tentava di dire, la sua scarsa voce me lo impediva. Provai a placare il suo timore, ma ogni mio sforzo fu inutile, così decisi di parlare io per una volta.
"Riley, per favore calmati. Siediti e risolveremo tutto insieme. Non sei lucida in questo momento e potresti fare azioni di cui te ne pentirai per il resto della tua vita, ma tu non vuoi questo, giusto?"
"No Faith. Oggi non sono io a sbagliare, oggi è arrivato il tuo turno. Ti farò vedere cosa significa essere 'Riley' tutti i santi giorni e tu non potrai farci nulla"
Non la riconoscevo più. Dove era finita la mia sorellona, quella sicura di sé e rassicurante? Perché pur avendo una vita quasi perfetta si ostinava a ripetere che mi avrebbe fatto provare cosa significava essere lei? La sua esistenza senza difetti forse era solo una copertura, basata su apparenze che io non avevo mai dato la giusta attenzione.
Ad un tratto quella mano che fino ad allora aveva tenuto nascosta si alzò di colpo: aveva una pistola, la pistola da collezione che papà custodiva gelosamente e che non aveva mai sparato. Questa era la prima volta in cui io mi trovavo faccia a faccia con un'arma.
I miei occhi erano come di ghiaccio ed il mio cuore impietrito. Quegli attimi di panico furono i peggiori, non sapevo se scappare o rimanere dove ero, se urlare aiuto o rimanere zitta, se vivere o morire. Una scelta troppo difficile alla nostra età, incoscienti delle conseguenze e riboccanti di adrenalina.
Con tutto il coraggio che avevo il corpo decisi di fare qualche passo avanti per avvicinarmi a lei e tentare di toglierle l'arma dalle mani, ma ogni passo che facevo mi sentivo sempre più intimorita da quella che in quel momento non riconoscevo più come mia sorella.
Dovevo rimanere cauta e così presi la decisone di agire in una maniera che l'avrebbe colta impreparata. Mi sedetti con la schiena appoggiata al muro e le braccia conserte mentre la guardavo dritta nelle pupille. Sapevo benissimo che Riley non aveva mai retto il mio sguardo e anche allora vidi i suoi occhi cambiare continuamente direzione senza mai darsi pace.
Stavo guadagnando del tempo prezioso, ma sapevo che quel tempo non mi sarebbe bastato alla fine. Provai ad escogitare un piano di fuga, ma ogni volta esso terminava con una pallottola conficcata in qualche parte del mio corpicino esile.
Non ci volle molto per capire che ormai ero spacciata, così lasciai perdere ogni tipo di pensiero che in quel momento mi stava assillando e tornai alla realtà. Il mio sguardo rimaneva sempre fisso su di lei e non era difficile intuire che ciò generava confusione nella sua testolina.
Questa situazione la mise a disagio e la fece avvicinare a me, forse fin troppo. Si chinò e avvicinò la sua bocca al mio orecchio destro, posando la sua mano sulla mia spalla opposta. La nostra distanza era diminuita notevolmente, così tanto che fu in grado di sussurrarmi qualcosa.
Per qualche istante di speranza iniziai a credere che le cose stessero per cambiare. Riley stava cominciando a ragionare e forse si era resa conto della stupidaggine che aveva architettato quel pomeriggio. Questi miei pensieri erano solo congetture però e vennero smentite dalle due fatidiche parole che pronunciò Riley.
"Addio sorellina"
Dopo questa frase si alzò da terra, indietreggiò qualche passo facendo persino cadere a terra la mia amata tazza e mi puntò la pistola alla tempia. Un lungo istante di silenzio anticipò il colpo inferto con un tale odio, un lungo istante durante il quale vidi scorrere davanti a me tutto gli attimi essenziali della mia esistenza, un lungo istante in cui pensai a tutti i giorni passati insieme ad un mostro.
Io non volevo morire, nessuno doveva farsi male, ma ero cosciente che il destino era stato scritto e non ci sarebbe stato un futuro felice per me. Tentai per l'ultima volta a sferrare lo sguardo che incutesse più soggezione possibile, tentai di fare del mio meglio. Non funzionò, non riuscii a farle cambiare idea.
Bang
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