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2. i loved you

mercoledì due maggio
Kansas

Erano le sette e un quarto di un normale mercoledì mattina e tutto era stomachevole come al solito.

Mercoledì l'ho sempre considerato: un giorno inutile perché sta proprio al centro della settimana, un giorno scocciante perché i miei sarebbero rimasti fuori fino la sera tardi e un giorno pesante perché sarei dovuta rimanere a scuola anche per il pomeriggio a causa dei corsi di recupero di matematica applicata.

Comunque non avevo scelta, perciò non mi restava che indossare la solita divisa con la solita camicetta bianca e la solita gonna blu che per altro io odiavo. Perché anche noi ragazze non potevamo avere il diritto di indossare comuni pantaloni di jeans come i ragazzi?

Consapevole del fatto che una mocciosa come me non avrebbe certo cambiato il mondo presi il mio adorato zaino ormai sbiadito dall'usura e corsi in cucina per recuperare il sacchetto di carta in cui Riley mi aveva preparato il mio panino preferito: tacchino e mais.

Ero giusto in tempo per non perdere il bus, così senza nemmeno salutare mia sorella sbattei la vecchia porta di quercia e salì sulla vettura gialla prima che le vecchie porte si chiudessero. Dal finestrino riuscì a scorgere Riley che dalla finestra della cucina mi salutava scuotendo la mano destra con un insolito sorriso sul volto.

Come ogni stupido mercoledì, la mattina scorse lenta e per poco non mi addormentai con la testa poggiata sul libro di filosofia. Come se non bastasse durante la lezione di educazione fisica feci una figuraccia che non sarebbe stata dimenticata facilmente. Mentre stavo prendendo la rincorsa per il salto in lungo inciampai a causa delle mie stesse stringhe e così mi ritrovai dentro un mucchio di sabbia che si infilò ovunque, letteralmente.

La giornata non avrebbe potuto prendere piega peggiore. In realtà lo fece eccome. Le magliette che tenevo di scorta nel mio armadietto destinate a caso d'emergenza erano terminate, così dovetti indossare quegli abiti impregnati di sabbia bagnata per altre scoccianti ore.

Come di consueto durante la pausa pranzo rimasi a mangiare i miei panini sola al tavolo con Christine, una delle ragazze più astruse della scuola. Non fu di compagnia e io non ne cercavo.

L'unica nota positiva di quel mercoledì fu l'annuncio della bidella. Mi trovavo nell'aula del recupero 207B e dopo diversi minuti che io e altri incapaci stavamo attendendo la signorina Denver, partì una voce al megafono che mise tutti sull'attento.

<< Buon pomeriggio alunni, sono la signora Emily. Oggi la professoressa di matematica sarà assente, quindi avete il permesso di tornare a casa prima. Passate dal centralino per far firmare il libretto >>

Finalmente una gioia. Finalmente sarei potuta tornare a casa a sistemare le ultime cose per il viaggio che io e Riley avremmo fatto insieme. Mamma e papà sarebbero rimasti a Chicago ancora qualche giorno per delle riunioni e perciò sarebbe stata l'occasione perfetta per una toccata e fuga a Kansas City.

Certamente Riley non si aspettava che io sarei tornata ore prima del previsto, infatti dopo il corso di recupero avevo intenzione di fermarmi fuori per una pizza solitaria al parco più grande della città, dove si trovava la mia panchina preferita, nascosta tra i salici piangenti che circondavano un minuscolo specchio d'acqua.

Ero davvero euforica. Dopo questo periodo difficile tra me e Riley, la mia sorellona aveva architettato una vacanza per noi due soltanto e niente ci avrebbe fermate. Quando dico niente, intendo proprio niente: Riley aveva falsificato la firma di mamma per certificare la veridicità del documento su cui veniva esplicitato che noi due viaggiavamo col consenso dei genitori.

Il suo talento si era rivelato ancora una volta indispensabile e lo stava facendo per noi, per me. Forse avevo sbagliato a ritenerla perfida e gelosa di me e me lo stava dimostrando.

Una volta scesa dal bus mi diressi con passo svelto verso la porta che stamattina avevo chiuso frettolosamente e con disinteresse. Appena entrata chiamai a gran voce Riley per annunciarle il mio ritorno prematuro, ma nessuna risposta da parte sua. Solo il silenzio mi accolse, come sempre d'altronde.

Probabilmente era andata a comprare il necessario per la partenza e il viaggio, anche se delle sue valigie non ce ne era neanche l'ombra. Lo trovai inusuale da parte sua, generalmente era sempre così indaffarata nella fase pre partenza che spesso non si rendeva conto di quanto tempo ci stesse spendendo. I miei dubbi, però, non sopravvissero più di un paio di minuti poiché ritenni più importante preparare il mio necessario.

Erano passate da poco le quattro del pomeriggio e avevo una certa fame, così mi diressi senza esitare verso la cucina. Presi il cartone del latte, la mia tazza verdolina e li appoggiai sul tavolo. Solo allora mi accorsi di un post-it rosa dall'aria inquietante, il quale si trovava accanto ad una calla, il fiore da me preferito.

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