Capitolo 17:
- Dici che sia questa, Zambonin? -.
- Credo proprio di sì. Guarda per terra: è pieno di giornali della nostra zona. Il motivo è che vuole tenersi informato su dove ci stiamo muovendo, la cosa è semplice - rispose sospirando felice, poi aggiunse: - dato che è ora di cena lo aspettiamo qua dentro, lo becchiamo e lo facciamo confessare -.
Sederono sul divano in attesa del proprietario di casa, dopo aver richiuso la porta (questa volta "solo" scassata). Rimasero in profondissimo silenzio.
Circa dopo mezz'ora sentirono dei passi giungere dinnanzi alla porta. La luce era spenta all'interno, per non destare sospetti, e questo permetteva di scorgere l'ombra dei piedi oltre la porta. Aprì. L'ufficiale puntò la pistola in quella direzione.
Non era lui. Forse un complice. Era appena entrato un ragazzo sulla ventina, capelli lunghi biondi, occhi azzurri, sul metro e settanta. Indossava un giubbotto scuro e lungo, un berretto nero e una sciarpa rossa. I suoi jeans erano larghi e ai piedi indossava degli scarponi. Rimase atterrito a vedere un uomo armato e un ragazzo in casa sua.
- Che cazzo ci... ci fate qua?! -. Disse col tono di voce tremolante.
- Tranquillo. Siamo Carabinieri -. Gli disse Zambonin e quello squadrò bene Andrea.
- Certo, perché lui è proprio dei Carabinieri -. Il tono era ironico e anche provocatorio.
- Lui è con me, non rompere i coglioni e accendi la luce che così vedi la mia divisa e ti fidi. Dobbiamo farti qualche domanda -. Il giovane ubbidì senza indugi. Poi si sedette accanto a Zambonin.
- Perché è in casa mia? -. Era irritato.
- Perché sei indagato secondo le nostre idagini. Ora tocca a me fare le domande. Come ti chiami? -.
- Ridicolo... E per cosa sarei indagato? -. Intervenne Andrea: - Senti, rispondi che mi girano i coglioni -.
- Ma... Che insolente! Mi chiamo Girolamo Carloni -.
Allora Zambonin continuò: - Dammi la carta d'identità e la patente. Da quanto tempo vivi qui e con chi? -. Rese al Carabiniere quanto egli gli aveva chiesto.
- Da un anno e da solo -.
- Che ci fai con quei giornali? -. Additò il pavimento.
- Quelli? Studio -. L'agente inarcò le sopracciglia.
- Che risposta è?! Cosa vuol dire: "Studio"?-.
- Studio scienza della comunicazione e quei giornali me li ha regalati mio zio -.
- Riesci a dimostrarlo? -.
- Certo, chiamo mio zio in vivavoce e ve lo dimostro, che se vi do il numero mi dite che l'avevo avvisato -. Era sicuro di sé e piuttosto arrabbiato. Fece come detto. La chiamata durò neanche un minuto e un anziano confermò quanto detto dal nipote. Diceva la verità.
- Direi che abbiamo sbagliato persona... -. Zambonin diede 100 euro al giovane e si scusò. Li accettò e i due uscirono.
Durante il viaggio per il quarto appartamento, Zambonin dovette fermarsi a fare un prelievo in banca, perché non aveva più soldi in portafoglio.
- Stasera offro io - affermò mentre risaliva in macchina.
- Non ho molta fame -.
- Neanche io di qualcosa di pesante, ma un panino lo mangerei. Tu no? -.
- Sì, dai -.
Sostarono in un fast food e si fece tardi.
Saliti in macchina si avviarono per la prossima abitazione da perlustrare. Giunsero al paese cui stava, ma Andrea doveva andare urgentemente di corpo. Il freddo, l'adrenalina e l'astinenza giocavano brutti scherzi. Convinse il pseudocollega a parcheggiare nei pressi di un bar. Una locanda molto carina.
Era un po' dopo la mezzanotte. Entrò. Il barista, guardandolo negli occhi, gli disse: - Buonasera, cosa posso servirti? -.
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