Capitolo 10: Newid
LYDIA
«Lydia, alzati!»
Una voce distante arrivò alle mio orecchie confondendosi con le note di "Do or die" dei 30 Seconds to Mars.
«Su, non abbiamo tanto tempo, Ilan dice che sono a meno di due chilometri da noi» continuò la voce, mentre due salde mani mi scuotevano dalle spalle.
Aprii gli occhi, ma non riuscii a mettere immediatamente a fuoco. Poi, dopo pochi secondi, capii che la macchia verde che mi si parava davanti erano gli occhi di Chris, puntati dritti dritti nei miei.
Ero ancora così intontita dal sonno che solo in un secondo momento mi accorsi della sua vicinanza. Con un unico movimento scivolai indietro, in modo da poggiare completamente la schiena al tronco che avevo alle spalle, allontanandomi così da quegli occhi magnetici.
«Chi ci sta inseguendo? Gli assalitori della montagna? Come hanno fatto già a raggiungerci?» chiesi a raffica, togliendomi le cuffiette ed arrotolandole attorno all'iPod.
Sebbene mi fossi appena svegliata ero già attenta e piuttosto vigile, cosa che mi sorprese non poco, considerando che la mattina posticipavo sempre la sveglia di cinque minuti almeno quattro volte prima di decidermi ad alzarmi.
«No, peggio, sono Newid» disse, porgendomi una mano che afferrai per tirarmi su.
«Newid?» chesi.
Troppi nomi strani hanno da queste parti.
«Ne hai già incontrato uno» disse «Sulla Terra, la prima volta che ci siamo incontrati.»
Il lupo?...No, non era un lupo, era anche un uomo...
«Un lupo mannaro?» chiesi.
«Mutaforma» mi corresse Chris.
E ti pareva, mai che ci azzecchi una volta...
«È la natura dei Newid a determinare l'aspetto. Personalmente ho visto quasi sempre lupi, ma tempo fa, ad esempio, incontrai una volpe» spiegò «Inoltre, non si trasformano solo con la luna piena» continuò con tono divertito.
Gli diedi una leggera gomitata mentre raggiungemmo gli altri.
Octavia era già sveglia e parlava con Richie.
«... sono più veloci di noi, non possiamo scappare, l'unica speranza è nasconderci e sperare che non riescano a vederci» stava spiegano la nostra guida.
«E dunque dove andiamo? C'è un posto che consci in cui possiamo ripararci per il momento? Una casa abbandonata, una roccaforte smessa...» chiese Ilan che stava accanto ad Octavia.
«Purtroppo no, conosco bene queste terre, e vi assicuro che da qui a cinque chilometri non possiamo trovare alcuna abitazione.»
«Una cascata con delle grotte?» propose Chris.
«No, il torrente che scorre qui vicino è troppo piccolo, e non crea cascate sufficientemente grandi» spiegò Richie, scartando anche questa idea «A proposito, sono andato a prendere dell'acqua, bevete anche voi» disse porgendo a me e Chris due frutti, immaginai, che avevano la forma di una melanzana ma la consistenza e il colore di una zucca, cavi all'interno e pieni d'acqua.
«Voi avete già tutti bevuto?» chiesi, sicura che se avessi iniziato non ne avrei lasciata neanche una goccia.
Tutti annuirono e Richie aggiunse «Finitela, che queste borracce di fortuna non hanno un tappo, quindi non possiamo in alcun caso portarcele dietro.»
Mai le mie orecchie udirono parole più dolci. Mi attaccai alla mia "melanzucca" e tracannai tutto d'un fiato l'acqua. Non bevevo da ore, e sentivo le mie labbra screpolarsi lentamente. All'ultimo sorso risucchiai in dentro le labbra in modo da inumidirle per bene.
«E se ci arrampicassimo sugli alberi?» chiese Octavia dopo un paio di secondi.
«Non penso che...» cominciò Richie, pronto a demolire che questa proposta «Però con un po' di fortuna potrebbe funzionare...» continuò con tono più basso, piegando un po' in avanti le spalle e portandosi, pensante, una mano al mento.
«Sì, è l'unica» concluse alla fine dei suoi ragionamenti «Menomale che con noi c'è la mia Dea» disse, drizzando le spalle e rivolgendo ad Octavia il sorriso più smagliante che avessi mai visto.
Non riuscii a trattenere un sorriso.
«Allora, ascoltatemi bene» disse poi il ragazzo rivolto a tutti quanti «Poco fa non abbiamo avuto la prontezza di coprire le nostre tracce. Perché tanto se non ci penso io non ci pensa nessuno, giusto?» chiese retoricamente ai due Rheol che, colpevoli, abbassarono il capo.
«Dunque, l'unica cosa che possiamo fare adesso è cercare di nasconderci sugli alberi più alti e frondosi che riusciamo a trovare, come ci ha suggerito la qui presente Octavia» continuò, indicando la compagna.
«Ho già avvistato due grandi alberi, mentre ci dirigevamo qui, che potrebbero rappresentare alla perfezione il nostro rifugio: facili da scalare, alti e pieni di rami e foglie. Si trovano duecento metri a sud-est da qui, son certo che li riconoscerete, dirigetevi lì mentre io cercherò di coprire il più possibile le vostre tracce, lasciando solo le mie dirette al fiume. Vi raggiungerò tra poco.»
Nessuno ebbe da obbiettare, così facemmo tutti un unico ma deciso cenno di assenso e tornammo indietro sui nostri passi.
Anche io avevo notato gli alberi di cui, molto probabilmente, Richie stava parlando, ma solo perché le loro alte fronde si attorcigliavano tra loro sulla cima, contorcendo i propri rami gli uni sugli altri, facendomi pensare allo stretto abbraccio di due amanti.
Come un gatto, Octavia salì per prima sull'albero. Le sue mani scorrevano naturalmente sulla corteccia trovando appigli che le permisero, in poco tempo, di raggiungere tre buoni metri di altezza.
Fissai quei tronchi con un po' d'incertezza. Il massimo grado di difficoltà, che avevo mai raggiunto nell'arrampicata, era stata la cima del melo nei giardinetti dietro casa; traguardo raggiunto, inoltre, solo grazie l'aiuto di mio padre.
Ilan seguì Octavia e, arrivato sul primo ramo stabile, si girò porgendomi la mano che non esitai ad afferrare mentre l'altra si ancorava ad una sporgenza del tronco.
Poggiai un piede sulla corteccia e solo allora mi accorsi di avere ai piedi delle scarpe, palesemente di taglia troppo grande, ma allacciate abbastanza strette da non permettere loro di sfuggirmi.
Il forte dolore ai piedi, che avevo patito per tutta la mattinata, si era ridotto talmente tanto, grazie alle cure di Ilan, da avermi fatto scordare della loro condizione fino a quel momento.
Osservai in fretta i piedi dei miei compagni fino a quando il mio sguardo non si posò sui piedi di Chris, ricoperti solo da dei calzini grigi con l'alluce destro che spuntava fuori da un buco del tessuto.
«Ma... le scarpe...»
Non riuscivo a trovare le parole.
«Sbrigati che stanno per arrivare» mi spronò senza darmi una vera risposta.
Biascicai un grazie, mentre con una spinta poggiai tutto il peso del mio corpo sulla punta del piede, come mi aveva insegnato mio padre. Un piede dopo l'altro riuscii a salire, sempre con l'aiuto di Ilan, ovvio.
Ad un tratto, vidi che i compagni sopra di me si erano arrestati. Mi fermai un momento per riprendere fiato e vedere fin dove eravamo arrivati. Non l'avessi mai fatto: a separarci dal suolo c'erano almeno dieci metri di altezza.
Non soffrivo di vertigini, ma non potei far a meno di pensare che se fossi caduta da lì sarei senza alcun dubbio morta. Chiusi gli occhi, feci un profondo respiro e puntai gli occhi sull'albero di fronte al nostro. Chris stava lì, era già arrivato da un pezzo alla nostra stessa altezza, pur essendo partito dopo di me mentre Richie, appena arrivato, aveva cominciato la scalata.
Fece appena in tempo a raggiungere il compagno che cupi versi, simili a degli ululati, iniziarono a sentirsi non molto lontani da noi.
Tutti noi tacemmo e quando vidi tre manti passare sotto di noi, non poteri fare a meno di trattenere il fiato. Due erano di un grigio chiaro quasi argenteo, mentre il terzo era più opaco, con tonalità tendente al marroncino che mi fece pensare ad un coyote.
Passarono a non più di due metri dal nostro albero. Fiutarono a terra le nostre tracce fino a quando uno dei due lupi non prese a correre in avanti, seguito a ruota dagli altri due.
Credetti che tutto fosse filato liscio quando un rumore di legno spezzato mi fece fermare il cuore. Mi voltai giusto in tempo per vedere un ramo cadere verso terra ed i limpidi occhi di Octavia sgranati a chiedere silenziosamente scusa.
Tra le foglie degli alberi vidi uno dei tre Newid arrestare la corsa e tendere le orecchie indietro.
Un leggero fruscio alle mie spalle attirò la mia attenzione. Mi voltai e vidi Ilan intento a scendere giù.
Dove ha intenzione di andare, letteralmente nelle fauci del nemico?!
Gli presi il braccio supplicandolo con lo sguardo di restare, ma quando incontrai i suoi occhi nocciola vidi tutta la determinazione che si celava dentro quel ragazzo.
«Fai attenzione.»
Sussurrai così piano che il vento raccolse le mie parole con un solo soffio, portandole via dalla mia bocca e facendole fluttuare verso est. Tuttavia Ilan le intese e, rispondendomi con timido e impacciato sorriso, riprese la discesa.
In pochissimi secondi fu a terra e in un batter d'occhi scomparve fra le fronde del bosco. Passarono ancora alcuni secondi in cui l'unica cosa che riuscii ad udire furono i battiti del mio cuore che rischiavano di sfondarmi la cassa toracica.
Poi, ad un tratto, una voce riempì il pesante silenzio che si era creato, giungendo alle nostre orecchie come un eco molto lontano.
«Abbassate la voce, e datevi una mossa, altrimenti ci raggiungeranno» diceva la voce che non poteva non essere quella di Ilan. Eppure era così distante, come aveva fatto ad arrivare così lontano in così poco tempo?!
Per un attimo tutto sembrò fermarsi ed il passare del tempo fu dettato solo dal riecheggiare delle parole tra gli alberi e le rocce. Poi, il Newid che si era fermato emise un forte ululato e, voltandosi, iniziò a correre nella direzione da cui era provenuta la voce.
Non può averlo fatto veramente, non li ha attirati verso di sé... prima Noll, poi Abigail e adesso Ilan, non ce la faccio ad andare avanti così, pensai, mentre il tempo passava silenzioso e sentivo già le lacrime inumidirmi gli occhi.
«Potete scendere, sono lontani ormai.»
Una voce familiare finalmente squarciò l'aria, proiettandosi verso di noi.
«Bastardo che non sei altro!» sentii Chris ridere.
«Ilan! Mi hai fatto prendere un colpo! Non farlo mai più» dissi, sentendomi ad un tratto più leggera.
Scendemmo tutti e lo raggiungemmo.
«Ho semplicemente creato un sottile ma lunghissimo foro sotterraneo che, percorrendo rasoterra il bosco, sbuca a cinque o sei chilometri da qui. Così, parlandoci dentro, la mia voce è riecheggiata fino ad uscire dall'altro capo... una sorta di telefono primitivo possiamo dire.»
«Un tele-che?» chiese Richard, guardandolo storto.
Veramente non hanno i telefoni da queste parti? mi chiesi, mentre noi tutti scoppiavamo a ridere sotto lo sguardo dubbioso di Richie.
«Sssshh zitti, altrimenti tutto il mio lavoro sarà stato inutile» ci azzittì Ilan, abbassando la voce.
Il suo cambio di atteggiamento così improvviso mi fece ridere ancora di più, ma con un po' di sforzo riuscii a trattenermi.
Senza aspettare oltre, ci incamminammo nel bosco, sempre con Richie a farci da guida.
Passarono così diverse ore e l'adrenalina che mi aveva percorsa poco tempo prima era fuggita via dal mio corpo, direttamente sostituita dalla noia. Non che non mi piacesse il bosco intendiamoci, ma alla fine gli alberi son alberi; alti, bassi, chiari, scuri, laghi, stretti, ma pur sempre alberi.
Inoltre, da quando avevamo "incontrato" i Newid nessuno aveva spiccicato parola, se non Richie per chiedere cosa fosse un telefono prima e per darci qualche interessantissima informazione su alcuni alberi e funghi che avevamo incrociato dopo.
Si era fatta ormai sera e gli ultimi raggi del sole andavano timidamente nascondendosi dietro l'orizzonte.
Finalmente avevamo preso una strada battuta, il che voleva dire in primo luogo che non avrei preso più storte e in secondo luogo che eravamo quasi arrivati.
Accelerai il passo e mi misi di fianco a Chris cercando per la terza volta di convincerlo a riprendersi la scarpe che ancora portavo ai piedi.
«...Veramente, sto bene, non sento più dolore» provai a persuadere il ragazzo.
«Non prenderò quelle scarpe indietro, rinunciaci! Anzi, avrei dovuto dartele prima» mi rispose, esattamente come le due volte precedenti.
Stavo per rimettermi in fila dietro di lui quando una domanda si fece strada nella mia testa.
«Chris... ma di preciso "Chris" per cosa sta? Insomma qual è il tuo nome completo?» domandai, mimando le virgolette.
Sembro Arjuna, pensai, abbassando immediatamente le mani.
«Già Chris! Per cosa sta il tuo diminutivo?» chiese Richie in tono divertito.
Sicuramente lui sapeva la risposta.
«Non è importante, chiamami solo Chris» rispose lui brusco.
«Si vergogna del suo nome» spiegò Ilan, ridendo.
Ma tutti ad ascoltare la nostra conversazione? Allora non ero l'unica ad annoiarsi!
«Dai dimmelo! Non può essere così male! Io conoscevo una ragazza di nome Adorata, non può esserti andata peggio» lo spronai.
«È inutile, tanto non te lo dirò» rimarcò il ragazzo.
«Christoff?» tentai.
«No. E comunque non...»
«Ragazzi siamo arrivati» lo interruppe Richie, indicando davanti a sé «Dietro questa svolta c'è la locanda dove stanotte dormiremo.»
«Le mie orecchie mi ingannano, o questa è la voce di Richard Meyer?!»
Una voce acuta risuonò nella tiepida aria serale.
Una ragazza che reggeva un secchio pieno d'acqua corse nella nostra direzione e, vedendo il ragazzo con gli occhiali, lasciò cadere il recipiente a terra e gli si buttò letteralmente addosso, circondandolo con le braccia come una piovra e baciandolo in maniera a dir poco passionale.
«Isabelle» le sussurrò in tono caldo Richie, staccandosi e accarezzandole una ciocca di capelli «Come stai?»
«Come sto? È da più due settimane che non ti fai sentire, avevo iniziato a pensare...» Richie la baciò nuovamente mettendo a tacere quella ragazza dai lunghi capelli biondi.
«Isabelle ce le avresti due camere da darci per questa notte?» gli chiese in tono decisamente sdolcinato, ma che a quanto pareva, su di lei aveva effetto.
«Due camere no, però ne ho una da tre e tu puoi dormire con me» disse, avvicinandolo nuovamente a sé.
«Uno di noi dormirà a terra» disse Ilan rivolto a Chris.
Non sembravano minimamente turbati da quella scena, al contrario di Octavia che ero certa stesse per vomitare.
«E ci servirebbero anche tre tymor ed una tenda.»
«Meyer sei per caso venuto a fare la spesa?» chiese la ragazza, staccandosi.
Che avesse ritrovato un po' di dignità?
«Ma no Belle! È che sono in missione e sai come funzionano queste cose...» la "rassicurò" Richie spostando le sue mani dai suoi fianchi al suo sedere.
«Oh e va bene, vedrò cosa posso fare»disse, sciogliendosi nelle sue braccia.
Ebbene no, anni e anni di lotta per l'emancipazione femminile buttati al vento.
Io ed Octavia prendemmo un letto a testa mentre i ragazzi si smezzarono il terzo buttandolo a terra e poggiandoci busto e testa. Intanto Richie appena entrato dentro la locanda si era volatilizzato assieme alla biondina.
In teoria, il piano era di riposarci un po' per poi scendere e andare a cena. Non so gli altri, ma io, appena toccai il cuscino, piombai in un sonno profondo.
Angolo autrice:
Buonasera! Come promesso oggi ho pubblicato..
§Allora... avete qualche domanda da farmi? Avete cambiato idea su qualche personaggio? Volete provare a scoprire il vero nome di Chris? O provare a scoprire cosa succederà in seguito? Prego sono tutta orecchie (o occhi per meglio dire)
(Sappiate che l'idea per il nome di Chris è tratta da una storia vera)
Infine prima di lasciarvi vorrei ringraziare tutti coloro che hanno commentato il mio Capitolo/Avviso precedente, siete stati tutti carinissimi! Alcuni hanno scritto veramente tanto esprimendo chiaramente la loro opinione e ciò ha scaldato il mio cuoricino!
Siete stati tutti carinissimi <3
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