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Days of our lives

Roger

I miei occhi non cercavano che lei, eppure nella strada buia davanti a me ancora non c'era.
Impaziente di vederla arrivare, mi trovavo fuori un ristorante di Truro nel quale avevo scelto di passare la sera del mio sedicesimo compleanno insieme alla mia amica Claire.
Esatto, avete capito bene: solo io e lei.
I miei amici e i miei compagni di band non sapevano niente di questa cena, visto che c'eravamo già riuniti la sera prima per festeggiare in compagnia della nostra amata musica Rock N Roll.
E nemmeno lei sapeva niente. Era convinta che questa sarebbe dovuta essere una festa vera e propria, e non una cena tra soli due ragazzi.
E temevo proprio questo: che lei, sapendo che saremmo stati solamente noi due, sarebbe corsa via, lasciandomi lì come un idiota.
Certamente in quel momento non ero in me: non avevo mai permesso all'ansia di prendere il sopravvento su di me, e tutt'ora faccio in modo che non accada mai, ma quella sera Claire mi aveva completamente fatto uscire fuori di testa.
Cercai di scacciare ogni pensiero negativo, ricordando le parole di mia madre, l'unica persona a conoscenza di quella cena: "a lei piaci".
Claire adorava passare i giorni in mia compagnia ad ascoltare tutti i 45 giri che possedevo, me lo aveva già rivelato tante volte, ma non ero sicuro che lei mi considerasse qualcosa in più di un amico.
Che le piacessi o meno, la cosa certa era che io sentivo di amarla: ogni volta che la vedevo, che mi sorrideva o che rideva provavo un sentimento mai patito prima, del tutto nuovo per me. E che la mia testa lo volesse o no, quella sera avrei dovuto rivelarle ciò che provavo, e l'avrei fatto a tutti i costi.
Sarei stato capace di fare qualsiasi cosa per quegli occhi color mare. L'amavo da quando una mattina, qualche giorno dopo che aveva traslocato, si ritrovò sulla strada in cui vivevo e mi chiese delle indicazioni per arrivare alla sua scuola, che senza nemmeno a farlo apposta era anche la mia.
Sentivo che non l'avrei mai dimenticata, perché prima di allora non avevo mai provato quel tipo di sentimenti per qualcun altro.

Claire

Truro era troppo fredda per me, anche in estate: io e il freddo non siamo mai riusciti ad andare d'accordo, e anche in quella sera di luglio, dentro l'auto di mio padre, avevo una moltitudine di brividi.
Cominciai a sospettare che essi non fossero causati dalla temperatura esterna quando mio padre intento a guidare esclamó:—Che caldo!
Magari ero solamente tanto eccitata per la festa; ero sicura che Roger avesse organizzato qualcosa di magnifico e avrebbe invitato chissà quanta gente.
Guardai il regalo che gli avevo comperato poggiato sulle mie gambe e sorrisi: ero certa che gli sarebbe piaciuto, e non vedevo l'ora di incontrarlo per renderglielo.
Lui era sicuramente una delle persone più importanti per me; da quando ci eravamo incontrati era sempre stato l'amico più caro, quello con cui mi trovavo meglio e uno dei pochi che mi capiva. E poi era il ragazzo più simpatico e allo stesso tempo dolce che avessi mai conosciuto, e adoravo passare il tempo con lui, a sentirlo suonare e cantare: entrambi infatti condividevamo la passione per la musica, nonostante lui probabilmente fosse più esperto di me.
Era davvero bravo a suonare la batteria nei Reaction, la sua band; un giorno mi confessò che il suo sogno era diventare batterista a livelli professionali, e io già da allora mi convinsi che sicuramente, grazie al suo talento, ce l'avrebbe fatta.
Mio padre mi distolse dai miei pensieri quando mi comunicò che eravamo arrivati. Lo salutai e scesi dalla macchina, con il regalo di Roger stretto nella mano.
Cominciai a guardarmi intorno alla ricerca del locale in cui si sarebbe tenuta la festa, invece vidi solamente Roger attendere fuori un ristorante.
Pensai che quella come location per una festa mi sembrava poco adatta, ma ero così felice di vedere lui che immediatamente cominciai a correre felice verso il ristorante, cominciando a chiamarlo per nome.
Egli mi vide e mi sorrise, mentre io gli venivo incontro.
—Tantissimi auguri, Rog!— gli dissi, per poi abbracciarlo affettuosamente.
—Ho solo compiuto gli anni, non c'è bisogno di tutte queste attenzioni.
Aveva un'espressione imbarazzata che mi fece abbastanza sorridere, ma non glielo volli far notare.
—Si dà il caso che sia il compleanno del mio migliore amico, non di una persona qualunque—, risposi, —Comunque questo è il tuo regalo.
Gli allungai il pacco che tenevo in mano, e in men che non si dica lui cominciò a scartarlo velocemente, e rimasi soddisfatta nel vederlo sorridere non appena ebbe finito di aprire il regalo.
—'In The Midnight Hour'! Grazie, Claire, non potevi farmi regalo migliore!— esclamò, osservando meglio la copertina del disco.
—Sapevo che ti sarebbe piaciuto qualcosa di Wilson Pickett.
—Io e i Reaction stiamo provando qualcosa di lui proprio in questi giorni.
—Lo so, vi ho sentiti. I regali non sono ancora finiti— lo avvisai.
Lui mi guardò confuso, poi tastò nell'incarto e ci tirò fuori due bacchette della batteria nere.
—Anche queste?! Non dovevi, Claire.
—Sì che dovevo. Mi piacevano tanto e ho deciso di prendertele. Spero che piacciano anche a te.
—Certo che sì. Grazie di tutto, sei la migliore.
Ci demmo il cinque, poi chiesi dove fossero gli altri invitati.
—Claire, in realtà... Siamo solo noi due— mi rivelò titubante.
Rimasi parecchio perplessa. —Perché?
—Volevo passare la sera del mio compleanno con la mia migliore amica, tutto qui.
Mi accorsi che la sua voce era ridotta ad un filo, e non era da lui, ma non ero per niente adirata come probabilmente credeva, anzi, gli sorrisi di nuovo. —Che cosa carina! Io sono più che felice.
Mi guardò sorpreso. —Davvero?
Annuii. —Ma certo. Mi hai fatto sentire davvero speciale nell'aver organizzato una sera solo tra noi due.
Anche lui mi sorrise. —Allora entriamo?
Risposi "sì", poi lui mi condusse all'interno del ristorante, e dopo aver farfugliato qualcosa ad un cameriere, si diresse verso un'altra porta, che conduceva nuovamente fuori, dove c'era un meraviglioso giardino con dei tavoli.
—Qui staremo bene—, mi spiegò Roger, —Tutti sono dentro, nessuno ci disturberà.
—Per me non faceva alcuna differenza, tanto ci divertiremo comunque.
Mi accompagnò ad uno dei tavoli ed entrambi ci sedemmo, e solo allora mi accorsi che in sottofondo c'era una meravigliosa musica jazz.
—Rog, senti che bella musica?— gli chiesi, eccitata.
—Sì. Questo è uno dei motivi per cui ho scelto questo posto.
—Non ci dubitavo. La musica per te è più importante di qualsiasi altra cosa.
Scoppiammo a ridere, mentre consultavamo i menù per decidere cosa ordinare.
—Anche tu sei importante, per me—disse improvvisamente.
Mi sentii avvampare, e senza farlo volontariamente alzai gli occhi verso di lui e i nostri sguardi si incontrarono. Ci sorridemmo, poi io tornai a consultare il menù.
Davvero lo aveva detto? Oppure mi ero immaginata tutto?
Se davvero aveva proferito quella frase, voleva dire che teneva davvero a me. E probabilmente non sapeva che veniva ricambiato.

Roger

Cominciai maledirmi per non aver tenuto la bocca chiusa e aver detto che lei nella mia vita contava molto, ma non appena la vidi arrossire mi resi conto che forse era come diceva mia madre: a lei piacevo.
Le diedi qualche occhiata mentre era intenta a leggere: era veramente carina con le guance rosse.
Poche volte l'avevo vista imbarazzata, ma in quei casi non era mai arrivata ad arrossire.
Dopo un po' entrambi finimmo di esaminare i menù e un cameriere venne a prendere le nostre ordinazioni.
Claire cominciò a osservare meglio intorno, poi guardò me.
—Come ci si sente ad essere più vecchio, Rog?— mi chiese.
Ridacchiai. —Una meraviglia, stranamente.
—Io invece mi sento ancora più piccola, ora che il mio migliore amico ha compiuto gli anni.
—Ti sentiresti più piccola in ogni caso. Sei più bassa di me.
Lei non era affatto divertita, anzi, tenne il broncio. —Non rompere, Meddows.
Io sgranai gli occhi. —Come mi hai chiamato?!
—È il tuo secondo nome, e io lo uso quando voglio, problemi?
—Mi avevi promesso che non mi avresti più chiamato con quel nome orribile. Esattamente due giorni fa.
—Be', non mi importa. Perciò da ora in poi sarai 'Meddows', per me— disse lei, noncurante.
Io mi alzai lentamente. Lei invece cominciò a guardarmi preoccupata.
—Vediamo se un po' di solletico riesce a farti cambiare idea.
Si alzò e si nascose dietro la sedia, poi iniziò a correre per il giardino.
—Sei un idiota, Rog! Ti piace sempre risolvere ogni questione con il solletico, con me!— urlò lei, mentre io ero al suo inseguimento.
—Semplicemente perché so benissimo quanto lo soffri.
A entrambi mancava il fiato tanto che ridevamo, soprattutto a lei. Fu per questo che iniziò a rallentare e io con grande facilità la presi per un braccio, iniziando a farle il solletico sulla pancia. Cominciò subito a implorarmi di smetterla, come avevo previsto.
—Solo se mi prometti di nuovo - e stavolta per davvero - che non mi chiamerai più 'Meddows'— le dissi.
—E va bene!
Immediatamente la lasciai andare, mentre lei si sistemava il vestito.
Solo quel gesto fece accelerare il mio cuore, mentre sentivo nel mio stomaco mille farfalle svolazzare.
Quando si accorse che la stavo fissando, mi chiese cosa avessi da guardare.
—Niente. Pensavo che sei davvero carina con questo vestito.
Lei sorrise e abbassò di nuovo la testa. —Be', grazie.
In effetti era veramente bella in quell'abito. Era un vestito rosa e con un colletto bianco, che le stava veramente una favola: sembrava una bambola di porcellana.
—Anche tu stai molto bene, Rog. Camicia bianca e pantaloni blu. Molto elegante—, si complimentò lei, ma non ebbi il tempo di ringraziarla che subito dopo esclamó: — 'At Last'!
Io all'inizio la guardai confuso, poi rimasi ad ascoltare e capii che in quel momento avevano messo la magnifica canzone cantata da Etta James.
—È molto bella— dissi.
—Balliamo, Rog, ti prego!
Arrossii all'istante e sgranai gli occhi. —Cosa?
—Dai, Rog. Prometto che farò tutto quello che vuoi, ma ora balla con me.
—Tutto quello che vuoi? Anche organizzare un incontro tra me e Keith Moon?— scherzai.
—Se finisce la canzone prima che cominciamo a ballare giuro che non ti rivolgerò più la parola.
Entrambi scoppiammo a ridere, poi lei mi prese le mani e mi avvicinò in un angolo del giardino più vicino al giradischi. Pose le sue mani sulle mie spalle e cominciò a muoversi lentamente intonando la canzone a bassa voce, in modo che la voce della cantante rimanesse comunque più udibile della sua.
Io, che non mi ero mai sentito più in imbarazzo di quel momento, le poggiai le mani sui fianchi, cercando di seguire lei e di non combinare pasticci.
Claire era talmente estasiata a causa della canzone che probabilmente non si accorgeva nemmeno di quanto mi sentissi a disagio in quel momento, ed io ne ero abbastanza sollevato.
Iniziò poi a imitare la James mimando un microfono con il pugno della mano, e io, ridendo, ne approfittai per farla piroettare.
—Meglio anche di Etta James, amica— dissi.
Anche lei non trattenne una risata, poi sollevò lo sguardo su di me. Ci guardammo per un tempo che a me parve interminabile, ma che al tempo stesso fu il più bello della mia vita, e mentre io non facevo altro che pensare a quanto fossero belli i suoi occhi puntati su di me, inaspettatamente sentii le sue labbra poggiarsi sulle mie.
Avevo il cuore a mille, eppure non avevo alcuna intenzione di lasciarla andare. Era una sensazione indescrivile quella che provavo mentre assaporavo le sue labbra dolci, e avrei continuato a rimanere incollata a lei per il resto della notte.
Ma all'improvviso si fermò, spezzando quell'incantesimo.
—Scusa, non volevo— disse, —Non so cosa mi sia preso, ma non avevo intenzione di spaventarti.
—Cosa?— chiesi io, con la voce rauca, causata dalle mille sensazioni che mi aveva fatto provare quella ragazza pochi secondi prima.
—Forse tu mi consideri solo un'amica, e io ho frainteso tutto con questa cena—, continuò lei, mentre io mi sentivo sempre più confuso, —Io... Penso di amarti, Roger.
Quella dichiarazione fece fare mille capriole al mio cuore. Ormai non avevo più dubbi, a lei importava eccome di me.
—Io invece ti amo e basta, Claire. Non ho mai smesso di farlo dalla prima volta che ci siamo incontrati— le rivelai.
Lei mi rivolse un sorriso dolcissimo, poi io presi coraggio e tornai a baciarla, con tutta la dolcezza possibile.

Claire

Il giradischi continuava a riprodurre "At Last", e io sentivo il cuore letteralmente uscirmi dal petto mentre baciavo la persona che amavo.
Non mi ero nemmeno resa conto di averlo baciato poco prima, e subito dopo mi ero staccata da lui, tentando di scusarmi. Ma quando egli mi aveva rivelato che provava gli stessi sentimenti nei miei confronti, improvvisamente mi sentii la persona più felice della Terra.
Lui era l'amore della mia vita, l'unico che da sempre aveva dimostrato affetto nei miei confronti, e in quel momento avevo appurato che per lui ero davvero importante.
Mentre lo baciavo, non facevo altro che pensare a quanto fossero morbide le sue labbra, da cui probabilmente non mi sarei staccata mai più.
Sentimmo poi una voce, che a me risultò familiare.
—Scusate, posso servire?
Io e Roger ci staccammo, notando che il cameriere che poco prima aveva preso le nostre ordinazioni teneva in mano i nostri piatti.
—Certo. Grazie mille— rispose Roger, tenendomi ancora stretta a lui.
Il cameriere lasciò le portate sul tavolo, poi si congedò.
Io guardai Roger, che mi fissava amorevolmente.
Rimasi incantata a guardare i suoi occhi, che avevo sempre considerato stupendi. Erano ancora più azzurri dei miei, e sembravano irreali.
Mi accarezzò una guancia. —Andiamo a tavola?
Io non risposi, ma mi abbandonai tra le sue braccia.
Nella mia mente continuavo a ripetere che lo amavo, che era la persona a cui volevo più bene, e quell'abbraccio fu il mio modo per ringraziarlo per essere sempre stato lì a farmi ridere e a rallegrarmi.
Roger mi strinse ancora più forte, lasciandomi un bacio sulla testa.
Osservai di nuovo i suoi occhi, per poi dire di andare.
Mi condusse per mano al tavolo, poi ci sedemmo e cominciammo a mangiare, o meglio, lui cominciò: io ero in uno stato di choc che mi impediva di cibarmi. Non facevo altro che giocherellare con il cibo, ripensando alle mie labbra sulle sue.
—Hey, non mangi?— mi chiese lui.
—Non ho tanta fame, a dir la verità—, ammisi, —Eppure devo mangiare per forza. Oggi non ho toccato cibo.
—Come?!
—Pensavo che mi sarei rimpinzata di cibo ad alto contenuto calorico alla tua presunta festa. La colpa è tutta tua.
—Se non ti decidi a toccare qualcosa sarò costretto a imboccarti.
—E io sarò costretta a tirarti il tuo maledettissimo hamburger in faccia.
—Che modi, signorina— brontolò lui.
Decisi di seguire il suo consiglio, e cominciai a mangiare ciò che avevo ordinato.
Non appena finimmo, ci alzammo e Roger mi chiese a che ora sarei dovuta tornare a casa.
—Manca ancora tanto tempo, visto che avevo detto ai miei che andavo a una festa, e abbiamo appena finito di cenare.
—Ti va di fare una passeggiata, allora? Ovviamente se non ti va ti accompagno a casa.
—No, voglio fare una passeggiata con te. C'è ancora tantissimo tempo— lo rassicurai.
—Okay— rispose, poi si avvicinò a me e mi lasciò un bacio sulla guancia.
Lui pagò il conto, poi uscimmo dal ristorante e cominciammo la nostra passeggiata, tenendoci per mano.
Non sapevo cosa dire, se avessi aperto bocca probabilmente non avrei fatto altro che ripetergli quanto contasse lui per me; perciò decisi di rimanere in silenzio, in quel momento, non facendo altro che stringere la sua mano.
—Hai le mani piccolissime, Claire— disse lui, rompendo il silenzio.
Io sbuffai. —Pensavo che avessimo già assodato che io sono proporzionalmente più piccola di te, Rog.
—Tu sei piccola. La mia piccola Claire.
Sentii il cuore nuovamente sobbalzare, prima di trovarmi nuovamente incollata a lui.
Quel biondo strampalato stava fondendo lentamente il mio cervello.
—Tu invece mi stai mandando in subbuglio il cervello, Taylor.
—Scusa. Semplicemente non posso fare a meno di abbracciarti. L'ho desiderato praticamente da sempre.
Non potei fare a meno di sorridere. Ero completamente impazzita per lui. Quel ragazzo era capace di farmi vedere tutto rose e fiori, e non mi era mai capitato prima.
Come diceva Edith Piaf nella sua canzone, "je vois la vie en rose".
Involontariamente cominciai a canticchiarla, saltellando.
—Che ti prende, piccola Claire?— chiese Roger divertito.
—Tu mi rendi così felice, Rog— risposi, fermandomi di colpo e baciandolo di nuovo.

Roger

Più mi baciava, più sentivo di amarla.
La tenevo stretta a me, quasi con timore che qualcuno avrebbe potuto portarmela via.
—Non avrei mai pensato che il mio migliore amico fosse così bravo a baciare— disse lei, sorridendomi.
—Devi sempre ironizzare su tutto, vero?
—Con te sì.
Continuammo a camminare, sempre mano nella mano, e all'improvviso lei non riuscì a trattenere uno sbadiglio.
—Stanca?— chiesi, ridendo.
—Un po', ma non importa.
—Importa, invece. Ti accompagno a casa.
—Dai, Rog. È ancora presto, non voglio già tornare! — si lamentò.
—Non fare la bambina. Cambieresti idea se ti dessi un altro bacio?
Lei ci pensò, per poi scuotere subito la testa. —No, non mi corrompi così!
—Be', in questo caso...
La presi in braccio e tornai a camminare, nonostante Claire si dimenasse in tutti i modi possibili.
—Lasciami, Rog— supplicò, ma poi cominciò a ridere, contagiando anche me.
Nel vederla così, non mi trattenni e mi chinai verso di lei dandole l'ennesimo bacio sulle labbra.
—Sai di essere maledettamente carina, mentre ridi?— le chiesi.
—Sai di essere diventato maledettamente sdolcinato da quando ci siamo fidanzati? Che, per di più, è accaduto giusto un'oretta fa.
—Non è colpa mia, se mi fai impazzire, piccola Claire.
Ridacchiai, e dopo aver percorso qualche altro metro, esaudii il suo desiderio di lasciarla andare e continuammo a camminare verso a casa sua.
—Voglio che un giorno mi presti quel disco, Rog.
—Quello che mi hai regalato? Non sapevo ti piacesse Pickett.
—La cover che avete fatto voi Reaction mi è piaciuta tanto e mi ha incuriosita— spiegò.
—Se vuoi, domani ci vediamo a casa mia— le proposi.
Claire saltò di gioia. —Sei il migliore amico del mondo!— esclamó, assalendomi.
Nel frattempo non ci eravamo nemmeno resi conto che ci trovavamo a pochi metri da casa sua.
—Quella è casa tua, Claire— le feci notare, indicando una villetta più avanti.
—Vero. Allora ci vediamo domani, Roger. Grazie tante per avermi invitata a questa cena.
—Grazie a te per avermi fatto passare il più bel compleanno della mia vita— risposi, lasciandole un bacio sulla fronte.
Lei arrossì, sorridendo. —Allora a domani. Ancora buon compleanno, Meddows.
Stavo per risponderle di non continuare a chiamarmi in quel modo, ma mi baciò di nuovo, e non fui in grado di dirle più nulla.
Dopo qualche secondo mi lasciò e iniziò a saltellare verso casa sua, girandosi verso di me di tanto in tanto.
La guardai finché non entrò in casa, poi mi avviai per tornare verso la mia, e mentre camminavo non facevo altro che pensare a quanto fosse stata spettacolare quella sera.
Con lei era sempre tutto spettacolare, ed ero certo che avrei passato moltissimi altri giorni tenendola per mano, dicendole che l'amavo. E quelli sarebbero stati i giorni più belli delle nostre vite.

Zaaaalve!!
Dunque, questa è una piccola storia che ho scritto in corrispondenza con il compleanno di Roger (ancora tanti auguri!!!! *_*). Quest'idea di raccontare un piccolo episodio della vita di Roger ai tempi della sua adolescenza mi gironzolava nella testolina già da parecchio tempo (da un anno, per essere precisi. Non mi sono nemmeno resa conto del tempo che è passato), e ho pensato che il compleanno dello scapestrato in questione fosse l'occasione per mettere su carta ciò che volevo scrivere. Ed ecco che, durante la mia vacanza a New York, ho trascritto questa storia (sul cellulare, procurandomi un magnifico torcicollo, ma dettagli...). Così, mentre girovagavo per Manhattan, nella mia mente c'era la Cornovaglia. Tutta colpa di Meddows!
Ho pensato e ripensato al nome che avrei potuto dare alla ragazza della storia, e non avendo idee ho dato... Il mio! (Alé, che fantasia!!!)
In versione English, ovviamente.
E niente, spero che questa piccola storiellina vi sia piaciuta. Have a nice day, my friends!!

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