CAPITOLO 6-Falla legislativa
(Claudia)
Mi sento stupida.
Ed ho paura.
Non penso, d'altra parte, che capiti a tutte le diciottenni di trovarsi in una base sotterranea vestite di una divisa militare.
Eppure è successo.
A quanto pare, c'è una grossa pattuglia della polizia (alleata dei computer) in avvicinamento. A quest'ora non escludo che sia già dentro, perché quando è scattato l'allarme stavano già cercando di forzare gli ascensori in superficie. Stanno sicuramente cercando noi.
Il generale mi ha detto subito che non mi avrebbe tenuto in prima linea, al piano alto. Sono stata posizionata, con altri soldati (pressappoco una ventina), nel bunker del palazzo, se così lo si può chiamare. Al piano più basso, persino più in basso della segreteria di Carlo e Marta.
Si accede da una grande botola, che poi viene chiusa prima con un portellone uguale al pavimento, per mimetizzarla. Dal bordo dell'apertura si dipartono quattro scale. Sotto il portellone c'è prima un piccolo strato libero, e poi una lastra d'acciaio pressoché indistruttibile, a impedire qualsiasi tentativo di accesso. In fondo, c'è uno stretto corridoio che porta ad una larga stanza rivestita completamente d'acciaio, come nella casa di Magalie. Qui mi trovo ora.
Sono circondata da vari letti, su cui stanno prendendo posto tutti i "civili". Io non sono autorizzata a giacerci: in questo momento su di me, come su tutte e venti le altre sentinelle, grava la responsabilità di tutta questa gente. Non ho una divisa, se non una camicia indossata in fretta e furia ed una fondina. Tranne una, non conosco nessuno di questa pattuglia. Eppure, sono ufficialmente un soldato, incaricato della vita di tutti. Essere già caricata di una tale responsabilità, anche se sono decisa ad ottemperare, è qualcosa che mi pesa sul cuore, minacciando di farlo sprofondare.
Ora sono accanto ad uno dei letti, che ancora non è stato occupato. In effetti, essendo del tutto nuova, sono stata mandata subito nel bunker assieme ad un'altra agente, Serena, per aprirlo. Altri agenti addetti più esperti rastrelleranno i piani da cima fondo e controlleranno rapidamente gli edifici per assicurarsi che tutti siano qui, al sicuro. Alcuni non sono ancora tornati, ed infatti siamo soltanto noi due qui dentro, una accanto all'altra.
Finora però non abbiamo scambiato molte parole. Giusto qualche direttiva mentre aprivamo.
Ogni tanto fanno il proprio ingresso nella sala già gremita nuove persone, o più spesso gruppi. È raro, infatti, che qualcuno arrivi da solo. Più spesso vedo gli staff di interi negozi o reparti lavorativi.
Infatti, quando la stanza è già quasi piena, in mezzo a degli uomini vestiti della camicia verde del reparto degli attacchi informatici, vedo Magalie, con la stessa divisa.
Trovandomi qui in fondo, esibisce subito un sorriso smagliante. Poi si fa strada tra i letti giungendo fino davanti a me.
Per rompere il ghiaccio, mi chiede: -Non è il modo migliore di iniziare la propria militanza.
Puoi dirlo forte. È una fortuna che sia stata messa qui, altrimenti me la sarei vista brutta. Ma, logicamente, il comandante (che se non sbaglio si chiama Sergio) sapeva che questo era il posto che più mi si confaceva. -Già.
-Ma non preoccuparti. Questo rifugio è totalmente al sicuro. Voi di questa pattuglia servite più che altro a mantenere l'ordine.
-Sicura?
-Sicura. Intanto è nascosto, ed è per questo che dobbiamo restare in silenzio.
Quello già mi ispira sicurezza. Ma non è mica una garanzia assoluta.
-Secondo, il corridoio è stretto. Con una buona dose di munizioni anche tu potresti appostarti alla porta ed uccidere chiunque passi. Usiamo questo trucco anche all'entrata, se non l'hai notato.
Sì, me lo ricordo. Il corridoio davanti ai primi ascensori era stretto come un formicaio. Ma anche se queste sole due cose bastano, ho sempre una certa dose di timore di fondo.
-D'accordo.
Non prolungo oltre la conversazione, perché sobbalzo ad un suono. Un clangore rimbombante di catene e pulegge proveniente dall'altra estremità del corridoio.
Si protrae per una dozzina di secondi, invadendo la totalità del bunker di stridii, ticchettii e tonfi metallici, netti come di una ghigliottina. Poi si arresta con un fragoroso botto metallico. Dà l'impressione di un enorme catenaccio di ferro che chiuda con forza qualcosa.
Il suono successivo sono colpi compatti e numerosi, confusi, sul pavimento. Passi, di molte scarpe.
Ancora, dopo qualche altro secondo comincio a vedere qualcosa in fondo al corridoio d'entrata. Una serie di persone in divisa poliziesca, Serena tra le prime. Incrocio subito il suo sguardo, e vengo ricambiata con un sorriso.
La pattuglia giunta, di una decina di persone, si sparpaglia per la sala. Serena viene verso di me, senza mai lasciare che le labbra smettano di tenersi curvate verso l'alto.
-Tutto a posto? - mi chiede. -Intoppi?
Io, con un sorriso, annuisco debolmente. -Tutto ok.
-Bene - approva, gettando un'occhiata calma a Magalie. -Il bunker è stato chiuso. Siamo tutti al sicuro.
Tiro un sospiro sollevato. Poi mi rivolgo a Magalie: -Vogliamo cercar Stefano?
-Va bene - dico. -Da che parte potremmo trovarlo? - chiedo voltandomi verso Serena.
-Chi? - domanda però lei, al che ricordo che non lo conosce.
-Un nostro amico.
-Ah - sospira lei, guardandosi per un attimo intorno. -Non saprei chi sia. Ma dovrebbe esserci un agente incaricato di censire tutti i presenti. Insomma, fare l'appello. Posso portarti da lui.
-D'accordo. Magalie, resta pure - dico, e lascio che mi conduca. Difatti, lei si volta e prende a camminare, chiaramente rivolta verso una meta.
Facciamo un pochino di slalom tra tutti i letti. Lei procede con sicurezza, col busto retto, dandomi indicazioni di volta in volta: -È in quel gruppo laggiù... ecco, andiamo da questa parte... ora da quest'altra... - sembra aver calcolato la strada sin dall'inizio. Cosa che, in effetti, avrei fatto anch'io.
Così, finalmente, arriviamo alla parete destra della stanza. Per l'appunto, ci sono tre uomini appoggiati al muro, che discutono a bassa voce, ma con un'evidente inquietudine sulla faccia.
Serena si ferma un attimo. Siamo a cinque passi da loro. -Sarà il caso di disturbarli? Sembrano impegnati.
Io li squadro un attimo. Poi sentenzio: -Non penso sarà un problema chiedere un'informazione per trenta secondi.
Lei annuisce, senza replicare verbalmente. Così si fa avanti, mentre io la seguo a passetti. Attira l'attenzione dell'uomo più vicino con un colpetto sulla spalla, rivestita della stessa sua uniforme.
Il suo viso allungato si gira verso di noi di scatto, con un'espressione sorpresa.
Io faccio per parlare, ma Serena mi ferma con un gesto della mano. Chiudo la bocca con un pochino di delusione.
-Serena? Cosa c'è? - le chiede.
-Stiamo cercando una persona. Ci puoi dare una mano?
Lui annuisce, guardandosi poi un attimo indietro e dicendo: -D'accordo, ma in fretta. Stiamo discutendo di cose importanti.
Lei sembra recepire, così mi passa la parola velocemente: -Descriviglielo. Che settore, dov'era...
-Ok - dico io, fermandomi un attimo a pensare per ricostruire un suo identikit. Poi comincio: -Innanzitutto, era nell'ospedale e -
-Allora non penso lo troverai - taglia corto lui, lasciandomi di stucco. -I ricoverati non vengono mai trasferiti. Vengono resi autosufficienti per il tempo necessario e l'ospedale viene blindato. Puoi solo aspettare che il combattimento finisca.
-Che cosa?! - esclamo io. -State dicendo che potrebbe morire da un momento all'altro lì dentro?
-Certo che no - mi rassicura immediatamente. -È impossibile entrare in quell'ospedale. Ci sono le migliori misure di sicurezza. - Dopo di che, rivolgendosi ad entrambe: -Ora, vogliate scusarci. Dobbiamo discutere.
Io resto un po' allibita, ma poi getto un'occhiata su Serena. Dalla sua espressione neutra, non vedo segno che voglia resistere. Anzi, afferma: -Sì, Claudia. Andiamo via.
Io vorrei sì resistere, ma capisco che non avrebbe senso.
Giriamo i tacchi e ci allontaniamo, ma io le chiedo subito: -Perché questo? Potrebbe succedergli qualsiasi cosa là dentro.
-Semplicemente sarebbe troppo complicato portare i ricoverati qui sotto assieme a tutte le strutture mediche. Perciò è stato meglio rendere inattaccabile l'ospedale. Anche i medici, però, devono essere evacuati, per mantenerli incolumi.
Non è una decisione che possa contestare, viste le cose come sono messe. Ma un'ansia profonda continua a divorarmi. -Scommetto che è stata Marta a disporre che fosse così.
Lei sfodera un piccolo sorrisetto. -Vedo che cominci a capire come gira il mondo, qui.
Torno a guardare il letto su cui siede Magalie. -Che stronza del cazzo.
Serena risponde solo sorridendo ed annuendo. Continuiamo a camminare, tranquillamente, verso il letto, per ricominciare a vigilare. Ma io so che tutto questo tempo di guardia sarà, per me, all'insegna della paura.
ANGOLO DELL'AUTORE:
Sì, è cortino. Ed è pure un filler. Ma perdonatemi, sono tornato ieri dopo due settimane a Londra.
Vedrò di riattivarmi nei prossimi giorni (sì, da procrastinatore seriale so già che non manterrò la promessa, ma... vedrò di ottemperare ;)
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