2 - Friends
Cammino per qualche minuto, poi mi accorgo di essere incredibilmente vicina a casa e un dubbio prende forma nella mia mente: Luke mi ha fatta scendere qui di proposito?
Mi affretto ad estrarre le chiavi e ad aprire la porta di casa.
- Hailee? Ma come diavolo sei conciata?
Mio padre, in un costume color argento che trasuda soldi ed eleganza, mi fissa con serietà e rabbia crescente.
In me l'unica cosa che cresce è la paura.
- Dov'eri? - tuona.
Panico. Che cosa gli dico adesso?
Si avvicina a passi lenti e solenni.
- Puzzi di alcol. Eri ad una festa... Dio mio, Hailee, ma cosa ho sbagliato con te? Perché sei andata ad una festa? In quei postacci ci sono solo ragazzi che vogliono approfittarsi delle belle ragazze, alcol, droga, violenze...
- Non sono ubriaca e non c'era droga, né malintenzionati...
- E chi me lo garantisce? Chi, tu? Dovrei crederti? Vai in camera, lavati e dimenticati di uscire fino a Natale. - ordina mio padre.
Scioccata, faccio fatica a mettere insieme una frase di senso compiuto.
- Era solo una festa innocente, non è successo niente! Non mi sono fatta niente, nessuno mi si è avvicinato! Continui a trattarmi come una bambina che ha bisogno di punizioni per capire. - ribatto.
L'espressione furiosa che assume mi convince ad andarmene, ma non è finita qui. Troverò il coraggio di dirgli che non può pretendere che io sia una specie di monaca e che ho bisogno di uscire, fare esperienze, vivere.
- E butta quei vestiti da puttana. Mi hai sentito? - ordina ancora.
Non gli rispondo.
Mi faccio la doccia anche se sono stanca, asciugo pigramente i capelli, indosso una delle magliette di Calum e vado a dormire.
Credo di aver sognato almeno sessantadue modi per uccidere una persona. Freud non ha per caso detto che i sogni hanno un significato preciso?
A colazione, ovviamente, sono sola. Sono sempre sola. Ho quasi imparato ad abbracciare la solitudine perché, fondamentalmente, non ho altra scelta: Calum è a Parigi da un anno, mio padre non fa che andare via per lavoro da che io ho memoria e mia madre ci ha lasciati quando ero abbastanza piccola da creare qualche misero ricordo sbiadito.
Ero sola quando sono partita per l'Italia, due anni fa, a trascorrere un anno a Venezia ed ero sola quando avevo paura che la famiglia che mi avrebbe ospitata non mi sarebbe piaciuta. Per fortuna, c'è stato feeling fin da subito e ho vissuto un anno splendido.
Al mio ritorno a casa, mi è piombato addosso un peso che non avevo minimamente calcolato di sostenere: Calum nervoso di continuo finché non ha preso la decisione di andare via, papà sempre più distaccato, la casa fredda e tetra come mai mi era parsa. L'unica a trasmettermi calore e affetto è stata Rosa, colei che vedo più come una figura materna e bonaria piuttosto che come una dipendente pagata per mantenere la casa in ordine e cucinare.
Anche la scuola mi è sembrata inospitale: soprattutto in autunno c'era un alone di oscurità che non sono mai riuscita a spiegarmi. Nessuno voleva spiegare. Nessuno ha mai risposto alle mie domande e io ho smesso di porle.
Luke Hemmings è il polo negativo di tutto questo mistero, è evidente da come la gente lo guarda e si muove intorno a lui, con rispetto e distacco. D'altronde, credo non sia un caso che mio fratello mi ha raccomandato di stargli alla larga, per il mio bene.
Una stranezza si può trovare anche qui: Calum e Luke erano amici, prima del mio anno all'estero. Nessuno ha voluto dirmi perché non si parlano più.
- Buenos días, Hailee! - mi saluta Rosa.
- Buongiorno, Rosa. Mio padre ha fatto colazione oggi?
Rosa spolvera un soprammobile e si volta a comunicarmi con l'espressione del viso che la situazione è esattamente come la immaginavo: tragica.
- No. - scuote la testa.
Alzo gli occhi al cielo e penso a come sarà rilassante fare una passeggiata sulla spiaggia, più tardi. Ho bisogno di rilassarmi e ripetermi allo sfinimento che non mi devo stressare, perché mio padre è fatto così e devo sopportarlo ancora per un anno, poi sarò libera. Non dovrò più fingere di essere la studentessa modello che passa i giorni e le notti sui libri, senza sviluppare una vita sociale né esperienze di alcun tipo.
Devo solo resistere un po'.
- Cuando le dije que estàbas a la fiesta... di mio nipote... se calmò. - continua Rosa.
Scatto in piedi e mi slancio ad abbracciarla.
- Io ti amo, Rosa! Grazie, grazie, grazie! - esulto.
- Pero no entiende... Perché eri vestita così poco. - aggiunge Rosa.
Sminuisco il problema con un gesto distratto della mano.
Troverò il modo di far quadrare quel piccolo particolare.
Terminata la colazione, salgo in camera e avviso Michael che sarò in spiaggia fino all'ora di pranzo. Indosso il costume, un vestitino blu di stoffa leggera, le infradito e caccio un cappello in testa per evitare che i miei capelli si secchino. Vado piuttosto fiera della mia lunga chioma castana.
Janice mi scrive che le dispiace avermi persa di vista ieri sera, ma non mi va risponderle. Fa sempre così.
Stendo il telo sulla sabbia, tolgo il vestito per metterlo in borsa e mi sdraio al sole, pronta a godermi una delle ultime giornate spensierate che mi restano prima che inizi la scuola. Non so come farò a stare attenta in classe, pensando a quanto starei bene sotto i caldi raggi solari come ora.
- Vuoi che ti metta la crema?
- Michael, finalmente! Non mi serve la crema, comunque: ho un'abbronzatura da favola che mi protegge a meraviglia. - sorrido.
Michael fa parte di quella sfortunata fetta di persone che non si abbronzano neanche stando al sole per mesi interi. È solo leggermente meno pallido di qualche mese fa, ma tempo due settimane e sulla sua pelle tornerà il bianco cadaverico.
Sono anni che mi faccio beffe di lui per questo.
- Abbronzatura da favola, sì. È l'unica cosa di cui ti vanti, perché non mi manca nient'altro. - mi attacca.
- Non direi... Tu non hai le tette. - controbatto.
Michael solleva le sopracciglia, indicando il mio petto con lo sguardo.
- Neanche tu.
- Non è vero, razza di stronzo! - esclamo.
Lui ride di gusto.
- Hai ragione, non è vero. Però ho un culo che compensa tutte le tette della spiaggia.
- Amico, sei in torto anche qui. Janice ha due bombe che neanche tutti gli Stati Uniti possono competere. - si intromette una voce molto familiare.
Ashton Irwin, colui che coltiva l'arte di spuntare a caso, si mette al mio fianco e mi spalleggia contro Michael, come sempre.
Prima di puntare a Janice e provarci spudoratamente con lei ad ogni occasione, ha tentato di avvicinarsi a me. Ci ha pensato Calum, a suo tempo, a dirgli qual era il suo posto.
- Eh, in effetti... - riconosce Michael.
I miei amici commentano un gruppo di ragazze che passa davanti a noi e io mi limito a bearmi del calore del sole.
Non c'è sensazione più bella, per me. Mi arriva alle orecchie il suono delle onde del mare che si infrangono sulla battigia, alle narici il profumo salmastro dei flutti marini, misto a creme solari che qualcuno si ostina ad usare e cibo fritto dai venditori ambulanti. A mio avviso, ha senso girare vendendo gelato e bibite fresche, non frittelle!
- Ciao, ragazzi! Mi sono persa qualcosa? Mia madre ha insistito per farmi andare subito al supermercato. Sapete come diventa quando ha le sue giornate isteriche. - esordisce Janice.
Apro gli occhi e la vedo sfoggiare un nuovissimo costume rosso acceso, che sta benissimo con la sua pelle scura. Le ho sempre detto che i colori sgargianti le donano.
Janice è di origini africane, tratto che risale ad almeno tre generazioni fa, a detta sua. Io penso che sia una delle ragazze di colore più belle che ci siano, soprattutto di viso. Peccato che il suo comportamento lasci a desiderare, ogni tanto.
- Ashton che lodava le tue tette, niente di nuovo. - la informo, annoiata.
- Hailee!
Janice scuote la testa, esasperata.
- Che c'è? Mica è un segreto.
- No, infatti, lo sanno tutti che le sbavi dietro da secoli. - mi appoggia Michael, rincarando la dose.
Ashton incrocia le braccia al petto come un bambino.
- Che amici di merda che siete.
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Il padre di Hailee è ipocondriaco, paranoico e di mentalità chiusa. Meno male che la nostra protagonista può contare sui suoi amici!
Love you 🎀
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