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9. Sussurri (parte 1)


Borbottando, aprii lentamente gli occhi. Ancora con la vista appannata dal sonno mi passai una mano sulla faccia. Mugugnai qualcosa tipo "lasciatemi stare" e ripensai a quanto sarebbe stato bello tornare a dormire: avevo sonnecchiato per circa una mezz'oretta e avevo una gran voglia di continuare il mio riposino post-incontro-con-Dylan.

- Dai che si riparte! - mi incitò Malefica. Regina era già in piedi alle sue spalle, mentre lei era accovacciata a poca distanza da me e mi guardava come si guarda un bambino capriccioso che non vuole andare a scuola.

- Mmh, arrivo... - dissi con la voce ancora impastata. Sbattendo più volte le palpebre riuscii a svegliarmi almeno un pochino e alla fine persino a mettermi seduta. Aggrappandomi per metà a Malefica mi tirai in piedi. 

La ragazza lanciò un'occhiata fugace alla sua mano per consultare la mappa e mi fece segno di seguirla. Camminammo per un po' nell'erba che, da bassa e rugiadosa, mi arrivava quasi al ginocchio. Quasi mi piaceva, quell'avventura strampalata piena di personaggi strampalati. Non era stata poi così male... a parte le cozze assassine, il bivio a trabocchetto, due pazze psicotiche che vogliono usarmi come arma resuscitatrice, io che cado in un pozzo e sempre io che vengo risucchiata in un libro. Okay, forse non era la più tranquilla delle avventure. 
Dopo altro incessante camminare e inciampare nell'erba (fidatevi, non è piacevole cadere di faccia in una boscaglia verde e incolta) iniziarono a vedersi degli alberi all'orizzonte. E non solo: per poco non andai a sbattere contro a quella che sembrava una quercia piazzatasi proprio davanti a me. Altri alberi che prima non avevo notato si stagliavano a destra e a manca, fino a diventare una sorta di boschetto molto rado. Ma quando ne vidi uno rinsecchito e scheletrico impallidii e mi bloccai.

- Cos'hai? Sembra che tu abbia visto un fantasma... - constatò Regina girandosi e guardando l'amica.

- Tra poco ne vedremo... e tanti. - dissi con lo sguardo perso davanti a me:  mi ero appena ricordata un dettaglio non poco insignificante della prima parte del mio libro! La protagonista e le "accompagnatrici" dovevano attraversare una foresta fitta, buia e piena di spettri. Ma non gli spettri che ti aspirano via l'anima... degli spettri nuovi di zecca che avevo inventato io. Questi inserivano in testa ricordi non tuoi. Non sapevo bene se erano i ricordi degli spettri stessi, magari della loro vita prima di diventare ombre bianche e fluttuanti, ma in linea di massima avrebbe dovuto essere così.

- Cosa stai dicendo? -

- Ha ragione lei - intervenne Malefica.

- Fatemi capire... -

- Stiamo andando nella Foresta degli Spettri. Lo so che è un nome poco fantasioso ma era provvisorio... probabilmente è uno dei posti più pericolosi del libro-

- Ah! - esclamò sbirciando la mappa. Anche io allungai il collo nella speranza di capirci qualcosa, in tutto il viaggio. Sul dorso della mano della ragazza era illustrato un paesaggio dallo sfondo marroncino chiaro punteggiato di verde acceso e popolato da tante macchie di un verde più scuro e spento che in alcuni punti sembrava quasi grigio. Verso le nocche il verde diventava sempre più intenso e compatto. Quella era sicuramente la foresta.

- E tu come lo sai? Che stiamo andando nella Foresta?- mi chiese Malefica scoccando un'occhiata sospetta alla compagna, come se cercasse di capire se era stata lei a suggerirmi la destinazione.

- Io ve l'ho detto. Siamo dentro ad un libro. E l'ho scritto io. Perciò so la maggior parte delle disgrazie che mi accadranno qui- per metà sospirai e per l'altra sbuffai.

-Quello che vuoi tu- chiuse il discorso Regina. - Ora ci conviene andare. - aggiunse preoccupata.

- Ma non sarebbe meglio andarci domattina? Con la luce? - domandò Malefica.

- Appunto! - scattai io.

- Non possiamo perdere tempo - spiegò Regina.

- Potremmo morire, genio - sbuffò l'altra.

- Ohhh. Giusto. Ma, non possiamo permetterci di ritardare. - constatò. Però l'altra ripeté che potevamo morire e Regina disse di nuovo che non potevamo perdere tempo e la discussione non morire VS non perdere tempo andò avanti per tipo una decina di muniti. Mi sentii abbastanza una specie di "terza incomoda" e decisi di guardare da un'altra parte. Presi a fischiettare e tossicchiare nella speranza che quelle due si girassero e mi dicessero: "Oh, grazie, Elena, per averci fatto smettere di litigare!" ma ottenni solo un "Smettila o ti butto in acqua". 

Sbuffando molto, troppo, rumorosamente mi intromisi nella pacifica conversazione a base di "moriremo" e "non ci arriveremo mai" che le due stavano tenendo in dimostrazione del loro animo poco bellicoso e gridai di piantarla. 

-Per quanto riguarda il perdere tempo, lo stiamo già sperperando a casaccio mentre voi chiacchierate amabilmente. E per quanto riguarda il morire, tra un po' vi ammazzo io se non la finite-

Si voltarono a me con aria contrariata, pur sapendo che avevo ragione. 

Proseguimmo verso Nord, avvicinandoci al Bosco. O almeno così credevo. Giungemmo ai margini di quella distesa foresta verso sera. Gli alberi, neri e morti, quasi si confondevano con il cielo, non del suo solito blu intenso ma grigio scuro. Sentivo i rami scricchiolare nonostante l'evidente assenza di vento. L'aria, fredda e pesante, gravava sulle mie spalle come un macigno e la tensione che si faceva strada dentro di me non era altro che frutto dell'ombrosità della vista. 

Un brivido mi attraversò la schiena, partendo dalla nuca per arrivare fino al fondo schiena. Strinsi i pugni piantandomi le unghie nei palmi delle mani, poi le asciugai sulla pelle. Iniziai a sudare, nonostante il freddo provocato dal vento appena alzato che soffiava imperterrito tra gli alberi. L'improvviso levarsi di quella che era decisamente molto più che una brezza fresca mi fece battere i denti.  Le fronde spoglie ondeggiavano e alcuni rami secchi e grigiastri si spezzavano, cadendo al suolo. Dei gorgoglii provenivano da dentro il fitto della foresta, che apparentemente si dimostrava solo un intrico di rami e arbusti scheletrici, buttati lì in un'accozzaglia disordinata e incredibilmente caotica.

Mi chiesi se stessi facendo la cosa giusta, andando con quelle due. Mi chiesi se tutto quello fosse solo un sogno. Mi chiesi cosa stessero pensando i miei genitori... Ma soprattutto, mi chiesi se sarei mai riuscita a tornare a casa. Ricacciai giù il groppo che mi si era formato in gola, scacciando quei pensieri. Certo che sarei riuscita a tornare a casa... Mi feci coraggio e avanzai.

Una volta messo piede in quel posto non potevi far altro che cercare di attraversarlo senza morire. Gli alberi mi bisbigliavano, con voci flebili e rauche, sottili ma allo stesso tempo pericolose. Provai la stessa sensazione di morte che avevo avvertito una volta superato il bivio, quando tutti quegli alberi rinsecchiti emettevano bisbiglii confusi e ingarbugliati come i nodi che si formano nei capelli. Ma bastava non ascoltarli per evitare ciò; anche se era più facile a dirsi che a farsi. Bisbigliavano, bisbigliavano continuamente. Dicevano cose incomprensibili. Sentivo il mio cuore battere sempre più veloce, accelerando ad ogni secondo che passava. Cercai di respirare. "Elena, inspira, espira... dentro... e fuori... dentro...". Iniziai a ripetere quelle parole nella mia testa, sperando di trovare almeno un po' di coraggio nei meandri più oscuri del mio cuore, anche se a furia di ripeterle mentalmente persero tutto il loro significato... erano solo lettere messe in fila assieme ad altre lettere. Tentai nuovamente di ignorare quei sussurri macabri e inquietanti, concentrandomi su "pensieri felici", come diceva mia mamma. Mi si strinse il cuore ed una fitta di nostalgia mi fece bloccare la gola. Mi mancavano i miei genitori. dio, quanto mi mancavano...

Ci inoltrammo sempre di più. Man mano che ci spingevamo nel fitto della Foresta mi pentivo di aver inventato quel posto. Avevo la sensazione che l'aria attorno a noi fremesse, come elettrificata. Osservai le mie compagne di viaggio, sempre per quello che mi era permesso dall'insistente oscurità attorno a noi, e le vidi camminare con passo deciso mentre cercavano di nascondere la paura che nasceva e cresceva nel loro animo. Io invece non nascondevo proprio un bel niente. Non né avevo bisogno né voglia, né tanto meno la forza di poter solo immaginare di nascondere una qualsiasi emozione. Io procedevo con passo malfermo, barcollando e rabbrividendo continuamente cercando di scaldarmi il corpo sfregando le mani sulle braccia, naturalmente invano. Il freddo mi penetrava sotto la pelle, raggiungendo le ossa e ghiacciandole e punzecchiandomi i muscoli, sferzandoli come tanti aghi sulla pelle nuda.

Un senso di impotenza si abbatté su di me come un'onda s'infrange su uno scoglio sommergendolo e scalfendolo. Il presentimento onnipresente che sarebbe successo qualcosa di brutto (più che un presentimento era una certezza) si mescolava al fatto che, qualunque cosa atroce fosse successa, non sarei stata in grado di fare un accidente, visto che la mia presunta magia era perennemente in pausa caffè. Il buio, il freddo, il vento e l'atmosfera spettrale che ci circondava mi facevano sentire ancora più piccola e sola. Ingoiai la saliva e mi strinsi il busto tra le braccia. Lì, nella Foresta... In quel momento venne a mancarmi anche l'aria. I miei polmoni iniziarono a chiedere ossigeno. Presi ad arrancare, ancora più insicura di prima emettendo un mugolio strozzato. Tossicchiai e magicamente i miei polmoni riuscirono a trovare l'ossigeno necessario. Inspirai grandi boccate d'aria, fregandomene del vento gelido che mi entrava in bocca congelandomi la gola. Il vento che avevo notato  prima di fare il passo cruciale nella Foresta era completamente sparito. Tutto sembrava congelato, come l'aria che continuavo ad immettere insistentemente nei miei polmoni, quasi per paura di non riuscire a respirare.

Mentre ero ancora concentrata sul non morire di asfissia o assideramento, mi ero quasi dimenticata dei rami contorti degli alberi protesi verso di me. Giusto il tempo per ritornare con i piedi per terra ed evitare uno spiacevole scontro tra il mio naso e un ramo, che i sussurri spettrali degli alberi ripresero, accompagnandomi per i minuti successivi, o forse erano ore, a modo loro. Poco dopo mi lasciarono nuovamente nel silenzio più totale. Buio. Silenzio. Paura. Tre elementi che abbinati potevano creare un luogo lugubre e terrificante, come quello. Il primo, quello che mi spaventava meno, conduceva una lotta contro i lievi bagliori biancastri provenienti dagli spettri. Il secondo, opprimente e scoraggiante, mi strozzava ogni minuto di più, come se cercasse di togliermi di nuovo l'aria. Infine la paura. Non sapevo neanche che significava paura, o non lo ricordavo. Poco male, non ce ne sarebbe rimasto neanche uno, di ricordo. Tremai e mi morsi un labbro al solo pensiero di quello che avrei dovuto affrontare.
Una ferrea presa sullo stomaco. Ormai non sapevo neanche cosa fosse peggio tra fame e freddo. Come una bestia che iniziava a divorarmi dall'interno, la fame raggiunse anche me, dopo giorni di digiuno. E poi l'acqua. Avevo bisogno di acqua. Erano giorni che non bevevo, anche se dopo l'episodio con gli uomini-cozza ero relativamente riluttante a voler vedere ancora una volta quel liquido dissetante e trasparente... Usavo quei fattori per sfuggire alla realtà. Non ero coraggiosa, non ero un'eroina, non ero niente. E non potevo sperare di uscire viva da quella situazione. Perché dai, ammettiamolo, per sopravvivere lì bisognava avere un culo grande quanto il mondo.

Provai ad immaginare delle figure bianche ma allo stesso tempo trasparenti, che svolazzavano verso di noi aleggiando come nebbia sopra il terreno umido e ricoperto di foglie e rametti sul quale io, Malefica e Regina stavamo camminando. Nemmeno ad averlo fatto apposta, gli ululati ebbero inizio. Ululati di spettri affamati. Spettri. Sussurri e bisbigli, fruscii tra i rami, nebbia rada che volava bassa sul sottobosco, ingannandoci, pronta per derubarci della vita. Figure invisibili nella notte, ma letali come lame affilate. Assassini instancabili. Non c'erano uccelli lì, né scoiattoli né nient'altro che fosse vivo, a parte noi tre. Osservai le mie compagne di viaggio. Se avevano paura non lo davano a vedere, impassibili, lo sguardo fisso in avanti. Probabilmente, quando ho detto che non sapevo o non ricordavo cosa fosse la paura, mi sbagliavo. In quel momento, per me, la paura era una bestia feroce che iniziava a divorarmi dall'interno, senza lasciarmi una tregua. Avevo paura di restarci secca, dopo l'incontro con gli spettri. Tutti quei ricordi in una sola testa era troppo. Magari non potevo esattamente morire, ma potevo certamente impazzire. A quel punto avrei preferito la morte.

Mi dicevo che dovevo resistere, arrivare alla fine di quella foresta... Come avrebbe fatto la storia a proseguire senza la protagonista? E mi dispiaceva abbandonare le mie due nuove compagne, che ormai erano quello che di più si avvicinava a delle amiche. Non volevo impazzire. Però, nella mia testa, c'era una vocina che mi diceva di non fermami, non arrendermi, continuare per un'altro po', anche se degli spettri avrebbero intralciato il nostro cammino li avremmo affrontati.

E io l'ascoltai. Ascoltai questa voce che si divideva in mille altri bisbigli confusi, che man mano diventavano sempre più chiari... Dicevano "salvami, aiutami"... Cose del genere. Erano gli alberi. Ma perché avrei dovuto salvare alberi già morti? Mi spostai dal centro del sentiero ormai poco visibile e mi avvicinai ad una di quelle ombre grigiastre che creavano una sorta di muro a costeggiare il pavimento di foglie secche, ramoscelli e muschio su cui camminavamo. Me l'ero sempre detto che ero un po' stupida... Ma non credevo fino a quel punto: appoggiai una mano sulla corteccia dell'albero. Non appena il mio palmo entrò in contatto con quella superficie ruvida i sussurri si fecero più forti e chiari...Era tutto buio. Mi trovavo sospesa nel vuoto. C'era una figura incappucciata davanti a me. 

- Sono un albero- disse con una voce più simile ad un lamento che ad altro.

- Cosa? - chiesi.

- Sono un albero- ripeté. - stai attenta.-

- Perché? - che domanda cretina. Non conosco il motivo, ma quella mi era sembrava una domanda palesemente idiota... Un albero... Pfff.

- Questo è solo un gioco. Verrete fatti fuori. Questo è solo un gioco di morte. Restane fuori. Questo è solo un gioco ma una volta morti solo tu puoi riportarli indietro. Ricorda: questo è solo un gioco, ma dalla morte solo tu puoi portarli indietro.-

Poi svanì. Ero di nuovo lì. Nella Foresta. La mano ancora poggiata sulla corteccia dell'albero. Avevo capito solo che era un gioco e che saremo morte e che dovevo salvare qualcuno... Il concetto era quello. Impossibile dimenticare quelle parole dopo tutti i miliardi di volte che le aveva dette e a causa del tono con cui le aveva pronunciate. Avvertii una specie di patina addosso a me, e se l'ansia avesse avuto una consistenza avrei detto che era proprio quella. Osservai le mie mani scosse dagli spasmi. Una cosa era certa: dovevamo preparaci al peggio.
Problema: che cos'era il peggio?
Un brivido mi attraversò la schiena.
Qualcosa era arrivato, me lo sentivo... Ci avevo maledettamente azzeccato, di nuovo. Purtroppo. Iniziò tutto con un brusio e un freddo glaciale a mo' di Dissennatori. Non sapevo se quello che ci aspettava fosse peggio o meglio dei mostri ideati dalla Rowling. Ma la paura rimaneva. Iniziai a tremare come una foglia in balia del vento maldestramente aggrappata ad un ramo, timorosa di doversi staccare. 

Non ero ancora del tutto sicura che i versi spettrali degli spettri fossero cessati da quando gli avevo sentiti la prima volta, quando un bagliore fioco iniziò a farsi strada tra i tronche degli alberi, volando sulla nebbiolina che strisciava rasoterra. Il vento prese a soffiare impetuoso, sbatacchiandomi i capelli in faccia. La luce, poi, prese forma. Figure umane alte due metri che risplendevano di luce propria. Un passo dopo l'altro si avvicinarono a noi. Sembrarono non notare neanche le mie compagne. Erano in tre e vennero direttamente da me. Trapassando gli alberi, quelle ombre lucenti mi circondarono. Spalancarono le bocche nere come pozzi e mormorarono qualcosa. Non avevano gli occhi, ma le fessure da cui presumibilmente dovevano vedere erano riempite da una sostanza nerastra che sembrava muoversi e agitarsi.

Un dolore lancinante alla testa mi fece crollare in ginocchio. Picchiai a terra con le ginocchia e gemetti. Era come se mi stessero tirando il cervello fuori dal cranio da un'orecchio, estraendolo con le dita. Iniziai a respirare profondamente, ma l'ossigeno sembra sparito, di nuovo. Mi ripetei che andava tutto bene. Ma non era affatto così. Chiusi gli occhi e presi ad urlare, mettendomi le mani sulle orecchie. Inspirai ed espirai. Cercai di calmare il battito cardiaco per cercare di ignorare il dolore, almeno un pochino. Ben presto riuscii ad accettare quel male straziante che mi invadeva il corpo rodendomi le membra a piccole porzioni, in modo da rendere la tortura più lenta e dolorosa.

Ero terrorizzata al solo fatto di pensare ciò che mi stavano facendo... anzi... Riflettendoci constatai con me stessa che non avevo la minima idea di cosa stessero facendo. Erano lì, fermi sopra di me. Semplicemente mi fissavano. Potevo vederli, avevo aperto gli occhi. Malefica e Regina erano nascoste da qualche parte. Oppure mi avevano abbandonata lì, dopo avermi usata come scudo umano. Rabbrividii al pensiero. Le bocche degli Spettri erano spalancate. Voragini nere e profonde che sembravano portare in un mondo sconosciuto a chiunque. Dalla voragine nera sul volto senza espressione di uno di loro uscì un urlo, acuto e freddo. Sembrava il grido di un dannato... O qualcuno che veniva torturato. Ammesso che ci sia una differenza.

Altre grida fuoriuscirono dalle presunte bocche degli altri Spettri terrorizzandomi ed inducendomi alla fuga. Vorrei trovare un solo istante di quella nottata in cui non avessi tremato di paura. Con un ultimo ululato gli spettri si sollevarono verso il cielo. Poi sparirono lasciando solo una foschia biancastra e che sapeva di amaro. Mi sentii cadere di lato, con un tonfo. La mano urtò contro una radice sporgente... Eccomi di nuovo nel buio, con davanti il ragazzo incappucciato. Lui parlò di nuovo.

- L'abbiamo fatto per te. Non ripetere i nostri stessi errori. Spero che i nostri ricordi possano esserti d'aiuto. E ricorda, questo è solo un gioco di morte, stanne fuori.- cosa avevano fatto per me? E perché continuava a ripetere che era un gioco? Troppe domande. Troppe poche risposte. Il ragazzo indugiò per un istante. Infine si voltò lasciandomi al buio.

Tutto fu avvolto da una nebbiolina biancastra. Mi risvegliai nel punto in cui ero svenuta. Rannicchiata e infreddolita tentai di aprire gli occhi. Sbirciai sollevando appena la palpebra destra: niente Spettri o altri pericoli di qualsiasi genere. Aprii anche l'altro occhio. Malefica mi tese una mano e mi tirò su. Barcollando e mezza appoggiata a lei riuscii a mettermi dritta, con Regina che ci guardava annoiata. Almeno non mi avevano abbandonata lì come avevo supposto.

L'unica cosa che riuscii a dire fu:

- Toglietemeli dalla testa.- Intendevo quei ricordi. Avevo ragione, allora. Era questo, che facevo li spettri alle persone. Facevano troppo male. Proprio come quando si cerca di mettere troppe biglie in una scatola troppo piccola. Non ero sicura che avessero capito, ma non avevo voglia di dare ulteriori spiegazioni. Perciò, tra una caduta e l'altra iniziai una camminata zoppicante verso la fine della Foresta, sempre considerando la possibilità che ce ne fosse una. Barcollai e arrancai, caracollando, poi però il freddo e la fame presero a dilaniarmi ancora più violentemente, inducendomi a rosicchiarmi ancor più insistetemene le unghie e le pellicine formatesi sulle mie dita congelate. Malefica mi porse il suo mantello. Titubante l'accettai. Disse che lei era abbastanza coperta, ne avevo più bisogno io. La ringraziai dentro di me. Troppi ricordi in una sola testa... 

Mi strinsi il telo di tessuto nero attorno alle spalle, coprendomi completamente e affondando le unghie nella stoffa come se qualcuno stesse per venire a rubarmelo. Ciondolai a destra e a sinistra, ripetendo a ruota quello che mi mormoravano i sussurri -voci bisbiglianti di vite passate da persone non più lì- nella mia testa. Non avevo idea di quello che stessi dicendo. Intanto le mie compagne di viaggio mi osservavano con aria preoccupata. Forse avevo davvero l'aspetto cadaverico che avevo immaginato guardando le mie mani pallide.

Però non feci in tempo a formulare solo un'altro pensiero che un dolore lancinante mi invase il corpo, partendo dalla testa e espandendosi fino ad arrivare ai piedi. Tutto molto doloroso, anche più del necessario, a parer mio. Nella mia mente esplose una voce: la mia. Diceva una cosa tipo: toglietemeli. Oppure lo stavo semplicemente gridando al alta voce perché Malefica e Regina mi guardavano con gli occhi spalancati e l'aria interrogativa.

Era come essere trafitta cento volte da cento spade, rinascendo ogni volta pronta per essere di nuovo infilzata. Mi sforzai, ma fu come se tante graffette roventi mi graffiassero la gola. Dissi:

- Toglietemi le cose che ho nella testa. - la mia voce uscì chiara e decisa. E proprio mentre mi aspettavo l'ennesimo svenimento scoppiai in lacrime.

Rimasi lì, in piedi a singhiozzare con il volto coperto, scossa da tremiti e convulsioni. Le lacrime mi bagnarono il viso, rigandomi le guance e cadendomi a terra. Tutto si muoveva a rallentatore. Aprendo di poco gli occhi riuscii a vedere una grossa lacrima che si staccava dal mio viso, cadendo lentamente sulla terra polverosa e secca. Osservai il terreno. La terra marrone era ricoperta di ramoscelli e foglioline, la nebbia sempre presente non aveva ancora accennato a volersi diradare.

*ANGOLO SCRITTRICE*

Heyyyyyy! Salve a tutti! Vi è piaciuto il capitolo?
Scusatemi questa lunga assenza... per me è già complicato scrivere un capitolo di 2000 parole, figuriamoci 3600 (mi sono superata eh!) e i compiti non risparmiano neanche gli scrittori XD.

Detto questo io vi saluto (per ora) e spero di riuscire a scrivere presto il prossimo capitolo! ;)
Ciau ciau muchacos!
P.s. non ditemi che sono l'unica fangirl la cui madre ha intenzione di chiudere in manicomio... Ci terrebbe tanto a mandarmi ad Eichen House... (chi ha visto Teen Wolf può capire).


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