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24. Il Bosco dell'Impiccato (parte 2)

-Ripetimi dove stiamo andando- mi chiese Galen dopo circa mezz'ora di slalom tra gli alberi. Era veramente faticoso evitare tutti quei rami bassi e aggirare i tronchi ora grandi ora piccoli di tutti quegli alberi.

-Mi pare di non avertelo mai detto- dissi io. Di solito, quando qualcuno ripete qualcosa, è perché l'ha già detta, no? Scavalcai un grosso ramo adagiato sul terreno.

-Sì, sì, lo so,- fece Galen, il suo sguardo sembrava dire: "E' ovvio, che non me l'hai già detto" - però dimmelo, così non ti dimentichi la tua destinazione- 

-Mmm... okay...- mentre meditavo le parole giuste per spiegare bene a Galen la nostra missione (missione in cui lui, ora, ci era dentro fino al collo), ricambiai l'occhiataccia di Alyson che, qualche passo avanti, mi pregava solo di stare zitta. Mi dispiaceva molto per lei. Nonostante fosse stanca anche più di noi altri e avesse perso la sua migliore amica, continuava ad andare avanti e a trascinarsi dietro noi tre, che sicuramente non eravamo un peso molto leggero. Ma pensai che per una volta potesse fare un eccezione: Galen era ormai uno di noi e aveva il diritto (più o meno) di conoscere l'obbiettivo per cui avevamo affrontato tutti quei pericoli. -Dunque... noi... hem... Allora. Siamo tutti dentro una storia che ho scritto io e...- gli raccontai tutta la bella storia secondo la quale dovevamo raggiungere la Terra della Morte eccetera eccetera. 

-E chi ha detto che nel Regno c'è uno squilibrio?- "Mi sa tanto che l'unica che ha uno squilibrio, qui, sono io", pensai, riflettendo sulla risposta alla sua domanda. Era strano che non avesse chiesto nulla riguardo all'essere tutti dei personaggi inventati, ma il punto era: c'era veramente una risposta alla sua domanda? Così, per non fare brutta figura rimanendo zitta, dissi: 

-Nella trama del libro c'è scritto così- idiozia più grossa di questa non sarebbe potuta uscire. Poteva essere una riposta, sia chiaro, ma non delle migliori. Non era abbastanza, non ci si poteva fidare solo di una semplice trama... Ma dato che quella trama l'avevo scritta io, ed io avevo fiducia (almeno un po') in me stessa, mi fidavo anche della trama.

Galen annuì, non proprio convinto. -Come hai intenzione di riportare in vita questo esercito?- chiese lui dopo un po'. La risposta era un bel "non ne ho idea", ma non era il caso di dirlo. Mi sarebbe piaciuto conoscere la risposta alla domanda, ma decisi di raccontare a Galen una mezza verità. 

-Alyson non me lo ha mai detto... credo che mi spiegherà tutto una volta arrivati...- risposi, un po' incerta.

-Lo sapete che la Terra della Morte è fuori da questo libro, vero?- 

-Cert... Aspetta, non ti seguo- cosa avrebbe dovuto significare che la Terra della Morte si trovava fuori dal libro? Non l'avevo forse creata io?

-In ognuno di noi, quelli che vengono dal libro almeno, è insita la coscienza di essere parte di una storia. Ma tu non hai creato anche la Terra della Morte. Come questo libro è un mondo parallelo al tuo, anche il Dominio dei Ghiacci Eterni è un altra dimensione. Tu, però, hai permesso il collegamento tra questi tre universi-

-Wow. Ma... cosa sarebbe questo Impero del Ghiaccio...?- domandai, riflettendo sull'intrico di mondi paralleli. Magari ce n'erano anche altri. 

-Dominio dei Ghiacci Eterni. E' un altro modo con cui i cantastorie chiamano la Terra della Morte. Sinceramente non so il perché- 

Devo ammettere che Galen stava diventando la mia biblioteca ambulante, fonte della maggior parte delle informazioni che non avevo (o avevamo). La mia stima in lui cresceva ogni secondo, ma aumentavano di pari passo anche i miei timori riguardo alla faccenda di essere stato posseduto. Se era la verità, bisognava scoprire chi era il colpevole. Del resto, questo tizio misterioso aveva mirato anche a Dylan e sembrava proprio intenzionato a volerci in qualche modo ostacolare...

Un ramo mi sfrecciò accanto alla testa. Mi guardai intorno spaventata e capii che Galen aveva scostato il suddetto ramo e poi lo aveva lasciato andare, rischiando di ammazzarmi. Questo piccolo "incidente" mi riportò con i piedi per terra, risvegliandomi dallo stato di piena concentrazione in cui mi ero profondamente immersa. L'attuale e monotona situazione era composta da alberi, cespugli, muschio e altre forme di vegetazione che si presentavano ovunque qualcuno di noi spostasse il suo sguardo.

C'erano alberi di specie di verse, anche se non avrei saputo riconoscerle. I tronchi rugosi e possenti si stagliavano verso il cielo convergendo con le chiome in una barriera di rami e foglie. Al contrario della prima Foresta, questo Bosco era invece rigoglioso e illuminato da alcuni raggi di sole che filtravano dalle chiome degli alberi, disegnando strane figure luminose sul terreno ricoperto di foglie, rametti e massi. Alcuni rami bassi, carichi di foglioline verde scuro, ci impedivano di andare spediti quanto avremmo voluto, ma almeno, ora, gli alberi non erano così fitti come all'inizio. C'era sempre dello spazio per passare, che fosse aggirando un albero più sottile e dal tronco liscio, o saltando da sopra una pietra. Il terreno era parecchio irregolare, discese ripide e rocciose si alternavano a percorsi naturali nella pietra. 

Dopo circa un ora decidemmo di fermarci. Ci sedemmo tutti su una roccia larga e coperta da piccole chiazze di muschio e foglie cadute. Respirai a pieni polmoni quell'aria frizzante e pulita, un'aria profumata di erbe che riempiva lo spazio attorno a noi. Era rigenerante per me. Accarezzai un cespuglio. Le foglie erano tutte di forme simili, ma mai uguali. La natura che ci circondava aveva un non so che di rasserenante e rassicurante. Ero in sintonia con quell'ambiente.

Lo strano canto che avevo udito non appena messo piede all'interno del Bosco era svanito e l'alone di mistero che si portava dietro era rimasto fermo nell'aria pura, come un alito di vento che scompiglia lievemente le foglie degli alberi ma non si fa notare. 

Quando ci rimettemmo in marcia, eravamo ancora tutti stanchi. Il Bosco continuava a mutare, intorno a noi. Mai la stessa disposizione degli alberi, mai gli stessi arbusti, mai la stessa edera a cingere il tronco di un albero come un serpente che intrappolasse la sua preda tra le sue spire. Cambiava tutto. C'erano alberi dai tronchi dritti e altissimi, con pochi rami e poche foglie, e c'erano alberi bassi i cui tronchi si attorcigliavano su loro stessi, la chioma folta creava un intreccio verde ed elegante. C'erano anche alcuni alberi cavi, tronchi possenti e larghi, che avremmo potuto abbracciare solo in quattro, con delle spaccature interne dall'ingresso frastagliato in cui avremmo potuto entrarci in due. In prevalenza vi erano alberi alti ma anche abbastanza sottili, ad occhio avrei detto circa due metri di diametro. Alberi con i rami avvolti da ogni genere di rampicante, alcuni stretti attorno al legno, altri pendevano giù come cascate verdi. Avrei giurato di vedere uno di quei rampicanti muoversi, come se avesse voluto salutarmi di nascosto ma poi si fosse bloccato. 

Inoltre era molto strano che non vi fossero altre forme di vita oltre alla vegetazione e noi quattro. Fino a quel momento, non avevamo visto nessun animale o altro essere. Che fossero scappati tutti a causa nostra?

Un raggio di sole mi centrò in pieno in un occhio. Era piacevole essere baciata in viso da quel raggio caldo, dorato come oro liquido. Ma il sole stava tramontando ed io non volevo passare un'altra notte in una foresta, o bosco che fosse.
Nonostante la luce solare che pioveva fra i rami e l'armonia che legava quello splendore smeraldino, iniziai a credere che il Bosco dell'Impiccato fosse senza fine, una distesa di alberi che si estendeva fino ai confini del mondo. Alberi di tutte le forme e i colori, alberi di ogni tipo, alberi bellissimi, ma solo alberi. Eravamo in mezzo a quella distesa di alberi da così tante ore che iniziai a desiderare un cambio di panorama: una radura, uno spazio aperto, magari addirittura una montagna, invece degli infiniti ammassi di alberi e cespugli. Talvolta quegli alberi tornavano fitti, talmente fitti che non si riusciva più a capire da quale parte fosse il sole. Le chiome erano una cupola ombrosa e verde, che si susseguiva ininterrotta come un oceano color smeraldo. 

La mappa sulla mano di Alyson era tutta verde, sapevo che avremmo potuto vagare smarriti per il Bosco per il resto della nostra vita senza trovarne la fine. Tenevo sempre a mente la mia destinazione e la volontà di uscire da quel mare di alberi era forte. Più andavamo avanti, più gli alberi diventavano alti e massicci, parevano le creature più antiche di tutto il regno. 

D'un tratto, sentii uno strano suono. Sembrava acqua... sì, era proprio un ruscello. Nascosto dietro una roccia c'era un piccolo ruscello dalle acque cristalline che mormorava intorno a noi, scorrendo in una galleria di alberi che s'inoltrava sempre più nel cuore del Bosco.  

Decidemmo di seguire quel simpatico ruscello che serpeggiava tranquillamente, l'acqua limpida sembrava ridere ogni volta che passava accanto ad una roccia. Delle foglie galleggiavano sulla superficie appena increspata di quel rivolo d'acqua nato chissà dove. Avrei tanto voluto essere una di quelle foglie, per riposare beatamente sull'acqua fresca e pulita... Acqua fresca e pulita? Acqua fresca e pulita! Acqua! 

Mi lanciai sul ruscello, unendo le mani a coppa e riempiendole d'acqua. Iniziai a bere avidamente. Essere immortale non significava non sentire la sete. Mi versai addosso metà dell'acqua presa nelle mani, ma ripetei il gesto parecchie volte finché la mia gola non fu più secca. Poi presi altra acqua e mi spruzzai il viso e i capelli, ridendo felice per quel dono scintillante sotto la luce del sole.

-Ragazzi! Acqua!- gridai con gli occhi che luccicavano. Tutti si girarono come se fossero una sola persona e si affrettarono a raggiungermi. Imitarono i miei gesti e tutti eravamo accovacciati accanto alla riva umida del ruscello a bere acqua e a bagnarci e a rinfrescarci con essa. 
Una volta dissetati e ricoperti di goccioline da capo a piedi, potemmo proseguire. Era come se dentro di noi scorresse una nuova energia! Quell'acqua ci aveva dato speranza e nuovo vigore. 

Così, rigenerati da quella bevuta, constatammo che non fosse una cattiva idea seguire il ruscello. Sembrava dotato di vita propria e noi lo seguimmo come se fosse una guida. 

In quel momento fatale non stavamo più attraversando un bosco. Stavamo attraversando un bosco sorridendo. E quello che mi fa più male è che ero felice. Ero felice e non sapevo che stava per succedere qualcosa di orribile. 

Giungemmo in uno spiazzo tra alcuni alberi. Finalmente qualcosa di diverso da alberi. Era una piccola radura, il terreno era coperto da erba di color verde chiaro e il sole che tramontava dava una sfumatura rosata al cielo. 

Quando vidi una figura nera e incappucciata, credetti di essermelo immaginato. Ma vedendo che anche gli altri erano in allerta, capii che non stavo dando i numeri. 
La figura si avvicinò e vidi un bagliore sotto il cappuccio. Poi il tipo abbassò quest'ultimo, rivelando la sua identità. Non era un tipo, anzi, era una tipa. Una ragazzina all'incirca della mia età! 

I suoi tratti erano chiaramente asiatici, forse era giapponese. Aveva dei grandi occhi a mandorla e la pelle chiara, i lunghi capelli neri che le ricadevano ribelli da una spalla. Era carina, quasi innocente, ma una scintilla violetta nei suoi occhi le dava un non so che di minaccioso. Inchiodò il suo sguardo su Galen, lui sbiancò e indietreggiò. Non sembrava conoscerla, più che altro aveva paura. Poi spostò la sua attenzione su Dylan e anche a lui fece lo stesso effetto. Alla fine guardò me. 

I suoi capelli iniziarono a sollevarsi e a fluttuare agitati, i suoi occhi scintillarono di nuovo e un'aurea di sfumatura viola iniziò a splendere attorno a lei. Poi sollevò una mano e un raggio viola partì da essa, mirando al mio petto. 

Non feci nemmeno in tempo a capire cosa stesse succedendo che trovai Alyson davanti a me. per un secondo credetti che mi avesse fatto da scudo, ma capii che non era così stupida da non riuscire a bloccare quell'attacco.

E infatti, anche lei aveva il braccio teso in avanti. Aveva intercettato l'incantesimo e nella sua mano vi era una sfera del medesimo colore del getto di luce. Spostò il braccio di lato e scagliò quel concentrato di magia contro il terreno, creando un cratere fumante. 

-Tu sei la seconda che dovrò fare fuori- la ragazza parlò e la sua voce risuonò come un eco in tutta la radura. Cosa voleva dire? 

*Angolo Scrittrice*

BUONA GIORNATA WATTPADIANA DELL'ALBERO DI DARKNESS MUCHACHOS! 
Eeeh sì, questa è proprio la seconda edizione!
Quindi siate gentili con la natura e abbracciate sempre gli alberi. Saluto speciale a RachelHerondalePrior, collaboratrice nell'invenzione di questa giornata perché sì. 

Eee niente, Capello Azzurro sta diventando sempre più puccioso, Dylan sarà più presente non appena Galen avrà esaurito tutte le informazioni da gridare ai quattro venti e la Tipa incappucciata la lascio a voi. Cosa pensate voglia dire l'ultima frase? (vuol dire quel che vuol dire) IO LO SO MA NON VE LO DICO (Ci ManChERebBe aLtRo) 

Anche gli alberi vi salutano (io sono un albero) bye bye! 

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