11.La chiave.
Camminammo per il tratto di foresta rimanente, in silenzio. E per ultimo tratto di foresta intendo sterpaglie e arbusti con sì e no due foglie. Stranamente non avevo paura di quello che stavo per fare, secondo la mia idea generale del libro ce l'avrei fatta a rubare la chiave. La chiave che avrebbe dovuto aprire una sorta di porta della Terra della Morte.
Circa mezz'ora dopo ci trovavamo ad un centinaio di metri dalle mura di pietra di un castello.
- Ora però ti conviene cambiarti- mi disse Malefica.
- Perché dietro l'angolo c'è un negozio d'abbigliamento- risposi io sarcastica.
Roteando gli occhi Malefica mosse la mano e mi ritrovai avvolta in una nuvola di fumo verde. Quando questa si dissipò indossavo un abito blu e verde, abbastanza semplice ma allo stesso tempo principesco.
- E che ci dovrei fare? - chiesi
- Devi infiltrarti tra gli ospiti e rubare la chiave, non pensare di girare per un castello indossando solo dei vestiti completamente strappati. -
- Infiltrare tra gli ospiti? -
- Questa sera ci sarà un ballo- spiegò Regina
- E giustamente io non so ballare- sbuffai.
- Infatti, appena ti è possibile dovrai andartene dalla sala e cercare la chiave. Chiaro? -
- Chiaro -
- Sotto al vestito indossi dei pantaloni e una maglia, in caso dovessi correre -
- Wow, grazie. Mi sento come Barbie Spia- a quelle parole Malefica e Regina mi guardarono con aria interrogativa, ma io risposi con un scrollata di spalle. - Uh, un'ultima cosa... Come lo sapevate? Della chiave e degli ospiti, intendo. -
- Libri di storia e inviti sparsi per il regno. - sorrise Malefica. Che, checché ne dicesse lei, con i suoi rari ma radiosi sorrisi poteva essere qualsiasi cosa tranne che cattiva!
Così corsi dall'altra parte delle mura avvicinandomi al cancello principale. Era alto e con i battenti più grandi di me. Se non fosse stato per i miei capelli da pazza sarei potuta sembrare una vera principessa... Inspirai profondamente e, facendomi coraggio, entrai.
Ero nel cortile del castello, in mezzo ad un prato verde e circondata da alberi e cespugli. Un fiume di dame e cavalieri sciamava nell'ingresso, attraversando un secondo portone che conduceva all'interno.
Mi guardai intorno per un attimo, poi mi intrufolai nella folla. Non riuscivo a muovermi tra tutti quegli abiti chilometrici e rigidi, in più facevo lo slalom per evitare di essere colpita dai foderi delle spade dei principi. Trascinata da quella calca mi ritrovai sbatacchiata in un salone ampio e decorato con nastri dorati e fiocchi colorati. C'era una tavolata ricoperta da una montagna di cibo.
Cibo.
Cibo!
Stavo morendo di fame... Rischiando di inciampare nei coriandoli e nel mio stesso vestito arrancai fino al mucchio profumato di torte e bignè e ogni altra sorta di cibo. Non resistetti e iniziai a ingozzarmi, prendendo tra le mani di tutto e mettendo più cose possibili in bocca, mandando giù tutto con lunghe sorsate d'acqua.
Dopo aver mangiato per venti persone iniziò a farmi male la pancia, allora decisi che per il momento bastava. Iniziai a vagare per la stanza, sorridendo a tutti e pulendomi lo sporco dalla faccia. Continuai a saltellare finché non trovai una porta, custodita da due guardie. Sgattaiolai lì vicino e quando le guardie non guardavano aprii appena la porta e mi intrufolai nel corridoio. Cero che dovevano essere proprio delle guardie stupide, per non essersi accorte di una quattordicenne che sgattaiola via sotto il loro naso. Oppure da quella parte c'era il bagno e quelle guardie stavano lì a girarsi i pollici. Osservai le porte che si presentavano sia alla mia destra che alla mia sinistra. Su ognuna era inciso un nome.
Camminai con la strada illuminata solo da poche torce attaccate alle pareti, con l'abito sollevato in modo tale da poter camminare meglio. Non molto tempo dopo mi tolsi anche le scarpe, i tacchi tintinnavano troppo sul pavimento lucido.
Il corridoio finiva a pochi metri da me in un vicolo ceco. Le ultime due porte erano di legno più scuro rispetto alle altre.
La porta di sinistra era quella perfetta per cominciare la ricerca, anche se continuavo a pensare alla parola sulla porta di destra. Cosa significava Buco? Cioè, so cos'è un buco, ma scritto su una porta ha decisamente poco senso... Anche se non avevo ancora trovato una cosa degna di essere chiamata "sensata"... Ad ogni modo, non lo scoprii mai dato che aprii lentamente la porta opposta, stando attenta a non far cigolare i cardini. Quando fui dentro l'accostai, senza chiuderla.
Mi trovavo in una stanza abbastanza grande, piena di mobili di legno. Una scrivania campeggiava nel mezzo e di fianco vi era un letto a baldacchino, con le coperte rosse e i cuscini bianchi, circondato da tende candide e morbide.
Iniziai a frugare nei cassetti, partendo dalla scrivania per poi passare ad ogni mobile, rovistando in ogni angolo. Infine, l'unica cosa che dovevo controllare erano i vestiti. Presi a cercare nelle tasche e sotto gli ammassi di magliette. Sembrava la mia stanza, dato il disordine dentro i cassetti... che probabilmente avevo creato io stessa mentre frugavo, ma questo è un dettaglio.
Mezz'ora dopo realizzai che in quella stanza non c'era nessuna maledetta chiave.
Feci per uscire ma un rumore di passi mi costrinse a nascondermi dietro la porta. E menomale. Due guardie entrarono nella camera, spalancando la porta che mi arrivò dritta sul naso. Riuscii a stento a soffocare un mugolio. Le guardie sembrarono non accorgersi di niente, si girarono e se ne andarono. Trassi un respiro di sollievo e sbirciai in corridoio. Dovevo andarmene.
Con passi leggeri uscii dalla stanza e provai ad aprire la porta difronte, quella con scritto Buco, ma era chiusa a chiave. Mi voltai verso la parete e tastai il muro, di solito in un castello ci sono sempre dei passaggi segreti. Toccando un punto piuttosto in alto si udì un rumore come di pietra che sfrega contro un'altra pietra. Sperai di non capitare in un bagno inglobato nel muro.
Una porzione di parete si aprì su un altro corridoio nascosto, illuminato da un tenue bagliore giallo scuro. Le guardie avevano sentito e avevano iniziato a correre nella mia direzione. Mentre loro sguainavano le spade io non riflettei e feci la prima cosa che mi venne in mente.
Senza neanche prendere la mira li scagliai addosso le mie scarpe e mi scaraventai nel corridoio. La porta di pietra si richiuse alle mie spalle con un tonfo. Iniziai a camminare verso l'oscurità infondo a quel cunicolo incastrato nelle mura del palazzo, rabbrividendo al tocco delle piante dei miei piedi sul pavimento polveroso e freddo. Stretta nelle spalle e con i capelli lunghi (con le punte un po' bruciacchiate) che mi facevano da mantello proseguii con la mia figura alata che proiettava ombre confuse sulla parete. Metà del mio viso era illuminato della luce tremolante delle torce, l'altra era immersa nell'oscurità. Il mio respiro si udiva pesante e nuvolette di vapore uscivano dalla mia bocca, per via del freddo cane che faceva lì. Tremando e avvolte incespicando proseguii fino ad arrivare alla fine del cunicolo.
Si apriva su un giardinetto circondato da un piccolo boschetto di pini. Ora non sapevo dove andare. Poi una vocina, nella mia testa, mi disse: sono qui, venti metri esattamente davanti a te...
Probabilmente era una trappola, ma io avevo la magia (anche se non era una buona scusante per poter eseguire gli ordini di una vocina sconosciuta che senti nella testa, dato che non si era ancora fatta viva). Venti metri... Contai quaranta passi, ogni passo di mezzo metro circa.
Uno scintillio tra i rami. Un piccolo oggetto argentato appeso ad un albero.
Mettendo attentamente i piedi sulle rocce un po' umide mi ritrovai a saltare tra gli alberi in n campo fuori dal castello. Scendendo da un masso mi ritrovai in uno spiazzo tra due alberi di circa tre metri quadrati. Ad un rametto era appesa la chiave.
Mi avvicinai e tirandola verso il basso riuscii a strappare il filo sottile con cui era legata. La riannodai al collo.
Improvvisamente una voce gridò: - prendetelo! - Ero ancora nascosta tra gli alberi, ma ero stata scoperta. Mi tolsi il vestito in fretta e furia e rimasi con una maglietta e un paio di pantaloni entrambi neri e aderenti. Il problema era che non avevo le scarpe. "Pazienza..." Pensai.
Mi tirai sulla testa il cappuccio nero e iniziai a correre storcendo la bocca in smorfie di dolore, ogni volta che i miei piedi nudi toccavano il terreno. Alle mie spalle avvertii i passi frenetici delle guardie, intanto stringevo nella mano la piccola chiave. A pensarci bene non avevo mai visto un oggetto così. Da una parte sembrava una chiave normalissima, dall'altra pareva un artefatto magico e misterioso.
Ormai sentivo che i piedi mi sanguinavano e bruciavano, un senso di angoscia si fece strada in me. Aumentai la velocità, per quanto potessero permettermelo i miei piedi. Il cappuccio si era tolto, per via del vento che mi soffiava in faccia. Infatti udii gridare alle mie spalle
- è una ragazza! - "Noo... Ma va?" pensai lanciando sguardi svelti a destra e sinistra.
Ero circondata da alberi alti e con dei tronchi robusti. I rami scheletrici erano scarsamente ricoperti da grandi foglie verde scuro. Continuai a correre (più che altro arrancare) fino ad arrivare a dei gradini che scendevano circa mezzo metro in basso, erano fatti con pietre accostate le une alle altre. Scesi velocemente quella piccola scaletta e continuai la mia corsa verso un boschetto costituito solo da una ventina di alberi sparpagliati in un campo vasto e ricoperto di erba secca e ciuffetti verdolini.
Appena superato il primo albero feci per svoltare ma qualcuno o qualcosa mi piombò addosso, sbalzandomi a sinistra. Ruzzolai a terra, sbattendo con il fianco. Senza pensarci due volte scattai in piedi e ripresi a correre. Alla fine delle forze mi nascosi dietro un albero dal tronco particolarmente ampio e attesi. Avevo paura di essere beccata, il mio respiro ansimante si sarebbe potuto udire da chilometri di distanza. Il mio petto si alzava e si abbassava, da sotto la maglia nera riuscivo a scorgere la linea della cicatrice/runa. Avevo la bocca spalancata, mentre traevo grosse boccate d'aria. Voltai la testa a sinistra e iniziai a camminare verso destra, dopo aver controllato che dietro l'albero non ci fosse nessuno.
Riprendendo nuovamente fiato girai la testa dalla parte opposta...
- Tu!? - per poco non inciampai all'indietro. Il ragazzo, Dylan, era davanti a me con indosso un mantello nero.
- Dammela -
Non c'era bisogno di spiegazioni, voleva la chiave.
- Nah - dissi io. Senza dargli il tempo di ribattere mi lanciai in avanti, correndo più velocemente possibile, nonostante i miei piedi invocassero perdono per tutto il dolore.
Prima che potessi percorrere venti metri mi sentii afferrata per le caviglie, caddi a terra sbattendo dolorosamente la testa per terra accanto alla radice sporgente di uno degli alberi. Sollevando appena lo sguardo riuscii a vedere che proprio accanto alla mia mano distesa sul legno c'era un pezzo di ramo, molto robusto. Lo strinsi nella mano e dandomi lo slancio con una gamba riuscii a mettermi in piedi e nello stesso tempo a colpire il ragazzo alla testa con quel ciocco sporco di fango.
Guardi Dylan cadere a peso morto, cozzando sul suolo. Il bastone mi era scappato di mano ed era finito ad un paio di metri da me. Senza esitare oltre mi voltai e iniziai a camminare (più che altro zoppicare) verso le mura del castello, anche non sapevo esattamente dove fossero... Perché Dylan mi aveva attaccata? E perché voleva la chiave? Cioè, il motivo per cui voleva la chiave erano fatti suoi... ma perché venirmi addosso in quel modo?
Mi sentii di nuovo atterrata, sbattuta sul terreno ricoperto di vegetazione, bruciacchiata o verdeggiante. Facendo leva sulle mani balzai in piedi, cascando poi su Dylan. Finimmo entrambi nuovamente a terra, con la sola differenza che quando ci rialzammo io fui pronta a tirargli un calcio nello stomaco. Il ragazzo si piegò in due mugugnando e imprecando. Il suo mantello era leggermente imbrattato di sangue, quello del mio piede, e erbette.
Facendo inizialmente alcuni passi all'indietro decisi di lasciarmi il ragazzo alle spalle e continuare per la mia strada. Ripresi a saltellare trattenendo a stento dei gridolini di dolore, finché non arrivai in vista delle mura di cinta, quelle dove avevo lasciato Malefica e Regina.
Le chiamai sperando che nessuno a parte loro mi sentisse. Due nuvole di fumo, una viola e l'altra verde, comparvero davanti a me. quando quella nebbia densa e colorata si disperse, le mie due compagne erano in piedi davanti a me, con gli occhi che si illuminarono alla vista della chiave che avevo al collo.
Un'ombra in lontananza mi fece capire che Dylan ci stava seguendo, si avvicinava ogni secondo di più, finché non riuscii a distinguerne quasi perfettamente i tratti del viso.
Mi sedetti a terra, stremata e dolorante, massaggiandomi i piedi che mi ero avvolta in un pezzo di stoffa strappata con i denti dalla maglietta. Appoggiai la testa al muro dietro di me, con i capelli impazziti e annodati che mi scendevano dalla testa come una cascata, più corti davanti ma che dietro mi arrivavano a metà della schiena.
Quando il ragazzo fu a meno di sei metri da noi inciampò, per poi rialzarsi subito. Passando davanti a Regina e Malefica, si sedette di fianco a me. Ci mancò poco che non balzassi in piedi strillando. Mi trattenne per un braccio e, prima di svenire mi bisbigliò in un orecchio: -Qualcuno mi ha manipolato. Non ero padrone delle mie azioni. Ma promettimi che non penserai più a quanto è successo- "Oh, Dylan. Sono felice che tu l'abbia detto. Non ci avrei ripensato comunque." anche io chiusi gli occhi e sprofondai nel buio.
*Angolo Scrittrice*
Hello ragazzi!
Com'era il capitolo? Io ne sono particolarmente fiera perché mi sono messa in giardino e l'ho recitato tutto, con tanto di corsa e sfinimento (però avevo le scarpe ehehe!) (e lo so che mi starete prendendo per pazza, ma solo gli inconvenienti del mestiere(?))
Comunque. Ecco. Ceh, grazie! Ma grazie grazie e andrei avanti a dire grazie all'infinito! Ma vi adoro tuttiiiiii ❤️
Io vi abbandono qui per poi tornare a disturbarvi amabilmente alla fine del prossimo lunghissimo (come tutti glia altri del resto XD) capitolo!
Hallo hermani *Jorge approved*...
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