Investigation
Eccomi qui.
Non pensavo di ritornarci dopo così tanto tempo.
E' rimasta uguale, identica a come la ricordavo, solo con qualche crepa in più, e l'intonaco rovinato.
L'erba è cresciuta a dismisura e il cancello un tempo bianco, è ora tutto arrugginito.
Mi mette malinconia osservare la struttura imponente che mi si prospetta davanti agli occhi.
Tutti i ricordi più belli dell'infanzia mi raffiorano, facendomi scendere una lacrima solitaria che percorre tutta la guancia destra.
Ce la devo fare.
Devo entrare lì dentro se voglio scoprire la verità.
Forza Mad.
Mi faccio coraggio e mi inoltro nel giardino, con le mani strette in due pugni, vicino ai fianchi.
Dopo aver attraversato, l'erba, arrivo alla porta.
Tento di aprirla, ma è stata serrata poiché sotto sequestro.
Con un calcio assestato tento in vano di aprirla, ottenendo scarsi risultati.
Giro intorno alla casa, finchè non raggiungo la finestra della cucina, che con un sasso, lanciato, si frantuma in mille pezzi.
Metto le mani sul davanzale, e mi dò una spinta con le braccia.
In un attimo sono dentro.
La polvere è talmente tanta, che mi sembra di soffocarci dentro.
Tutto è come lo avevamo lasciato, perfino il cibo andato a male all'interno delle credenze.
Mi tappo il naso a causa del cattivo odore insopportabile.
Apro varie credenze della cucina, ma non ci trovo nulla a parte cibo scaduto, ragnatele e polvere.
Ci si potrebbe girare un film horror, per quante ragnatele ci sono.
Dalla cucina, passo al salotto dove i divani, le poltrone e la televisione sono interamente ricoperti da teli bianchi.
Mi dirigo verso il bagno, dove trovo lo specchio frantumato, forse qualche temporale o altro.
Mentre mi guardo allo specchio, noto una boccetta di dopobarba appartenente a mio padre.
La prendo e svito il tappo con le dita tremanti.
Me la porto al naso, ed inalo il profumo.
Quanto mi mancava questo odore. Ripongo la boccetta in tasca, e salgo le scale verso camera mia.
Le pareti lilla balzano all'occhio, e un senso di solitudine si propaga dentro di me.
Mi addentro, facendomi spazio tra i miei vecchi vestiti buttati a terra, nella fretta mentre stavamo preparando le valigie.
Raccolgo una maglietta da terra, e la annuso.
L'odore di casa.
Apro tutti i cassetti, sono troppo curiosa di vedere cosa ci possa essere dentro.
Cassetto dopo cassetto, ancora nulla di interessante, solo giochi e cianfrusaglie varie.
Apro l'ultimo cassetto in fondo all'armadio, e ci trovo dentro il mio vecchio diario.
Lo sfoglio, e leggo di sfuggita alcune cose che avevo scritto.
Lo tengo saldo tra le mie mani, mentre la mente viaggia in un'altra dimensione, verso i ricordi.
L'unica cosa che riesco a fare è piangere.
Piangere e urlare mentre il vuoto si propaga dentro di me.
Una foto scivola dal diario.
Ho gli occhi talmente appannati, da non riuscire a mettere a fuoco bene di cosa si tratta.
Mi asciugo le lacrime salate, sulla manica della felpa, e afferro la foto.
Io, mamma e papà al mare, in spiaggia. Avevo all'incirca 5 anni. Ce l'ha scattata la nonna questa foto, durante l'ultima vacanza insieme.
Me la appoggio al petto, e poi la infilo in tasca.
Esco sul balcone a prendere una boccata d'aria.
Mi sento soffocare.
Mentre osservo Los Angeles in tutto il suo splendore, con il sole che lentamente sparisce dalla visuale, noto sul vialetto una macchina familiare parcheggiata.
La macchina di quello scorbutico di Ryan.
Poco dopo, lo vedo sbucare fuori da essa e osservarmi dal basso verso l'alto con i suoi occhiali da sole.
Mi precipito giù dalle scale, e apro la porta di colpo.
"E tu che cazzo ci fai qui?"
Lo aggredisco, puntandogli il dito contro.
"Che razza di posto è questo?"
"Ti ho chiesto cosa diavolo ci fai qui!" "Stai calma bambolina, ti ho vista passeggiare tutta sola e ho pensato di seguirti. Tutto qui."
"Vattene. Ora."
"Ma perché arrabbiarsi tanto per un cazzo di luogo abbandonato."
"Tu non sai niente Ryan, sei pregato di girare i tacchi."
"E se io non volessi?"
"Fai come vuoi, non spreco più nemmeno fiato con te."
Rientro in casa, e sento i suoi passi seguirmi.
Solo lui ci mancava ora.
Tossisce a causa della polvere, e si guarda in giro sconcertato.
"Ma che cazzo di posto è questo?"
"E' la mia vecchia casa, contento ora? Puoi pure andartene adesso."
"E invece resto."
"A tuo rischio e pericolo."
"Non dirmi che ci sono i fantasmi, in tal caso, me ne vado a gambe levate." "Quanto sei infantile Ryan."
"E fattela ogni tanto una risata, lunatica."
"Ha parlato."
Segue un minuto di silenzio, mentre si sentono solo i cigolii delle scale sotto il nostro peso.
"Perché hai pianto?"
Rimango per un attimo con la testa abbassata, fissando le mie scarpe e poi rispondo.
"Diciamo che i ricordi non hanno un buon effetto su di me."
Lui mi fissa in silenzio, e poi si addentra nella mia vecchia camera. "Questa era camera tua?"
Annuisco.
"Beh, sei rimasta la solita disordinata."
Gli faccio la linguaccia.
Sorride, e poi diventa serio subito dopo.
"Cosa ti ha spinto a ritornarci?"
Gli dò le spalle mentre mi avvio verso la camera dei miei.
"La voglia di verità, ma soprattutto di vendetta."
Lui mi segue senza proferire parola.
Apro qualche anta dell'armadio dei miei, ma non trovo altro che vestiti. Infine ci dirigiamo nello studio di mio padre.
Mi siedo sulla sua grande poltrona dietro la scrivania, mentre Mr. Presuntuoso si appoggia allo stipite della porta.
Lo osservo, mentre lui se la ride sotto i baffi.
Inizio ad aprire alcuni dossier, ma non trovo nulla di ciò che cerco.
Sembro quasi psicopatica.
Ryan se la ride.
"Cosa ridi? Aiutami piuttosto."
"Devo proprio?"
"Hai insistito tanto per rimanere, ora datti da fare."
"Cosa cerchiamo?"
"Qualcosa riguardo all'omicidio dei miei. Qualsiasi cosa."
Lui mi guarda in modo serio.
Poi inizia ad esaminare alcune scartoffie.
Dopo un'ora e mezza di esaminazione, siamo esausti.
"Basta Madison, non c'è nulla qui, andiamocene."
Rassegnata annuisco, e mi guardo in giro un'ultima volta.
Una scatola però, cattura la mia attenzione.
E' posta sopra allo scaffale, e non riesco a prenderla nemmeno sopra una sedia.
Mentre sono su di essa, scivolo e quasi schiatto a terra.
Menomale che c'è Ryan che mi afferra.
"E tu che volevi cacciarmi, come avresti fatto se me ne fossi andato?" Lo guardo mentre se la ride.
"Mettimi giù e smettila di fare il cretino."
"No."
Mi dimeno cercando di liberarmi, ma lui non molla la presa.
Allora lo mordo forte sulla spalla, e quindi mi lascia di scatto.
"Ma sei un cazzo di animale!"
Sbraita.
"Esagerato. Smettila di fare la femminuccia e prendi quella scatola, per favore."
Allunga le sue braccia, e prende la scatola posandola sulla scrivania.
"Grazie."
Tolgo il coperchio di cartone in fretta e furia, e inizio ad esaminare le scartoffie.
I primi fogli che trovo sono tutti dell'azienda dove lavorava mio padre, fogli su cui vengono riportate le varie azioni svolte, e le varie lettere di richiamo e quella di licenziamento.
Più vado a fondo con i fogli, più sento di essere vicino alla verità.
Ryan se ne sta seduto sulla poltrona di mio padre, esaminandomi.
"La smetti di guardarmi il culo. Pervertito."
"Sono un gentil uomo io, non lo farei mai. Tu piuttosto, ne hai ancora per molto con quei fogli?"
"Stai zitto che mi sconcentri."
"Però. Il ruolo da detective ti si addice."
Non rispondo e continuo imperterrita nel mio lavoro.
Guardo tutti i fogli, ma c'è una cartellina colorata che più di tutti attira la mia attenzione.
La afferro e leggo ciò che c'è scritto nella prima pagina.
David Oscar Adams è il nome che appare davanti ai miei occhi.
Ora che ci penso, il cognome è lo stesso di Piper.
"Ryan?"
"Eh?"
Alza la testa disinteressato, distogliendo gli occhi dal cellulare.
"Sai per caso come si chiama il padre di Piper?"
"David perché?"
Ho un fremito.
"Perché qui ci sono tutte le attività illegali appartenenti ad un certo David Oscar Adams."
Lui si alza di scatto.
E mi prende i fogli di mano.
"Adams è un uomo pericoloso, non avvicinarti a lui."
"Ho bisogno di risposte Ryan!"
" E quanto saresti disposta a rischiare per avere queste risposte?"
"La cosa più preziosa che ho: la vita."
Lui mi guarda.
"Sei proprio una dura Clark, ma permettimi almeno di aiutarti. Non posso lasciare che tu ti metta contro l'uomo più pericoloso di questa città."
"Ormai c'è l'ho in pugno Ryan. Con tutte queste prove, potrei ricattarlo."
"Non provarci. La metà dei poliziotti presenti qui, sono tutti suoi corrotti. Non sarà così semplice fottere Adams."
"E cosa suggerisci di fare?"
"Innanzitutto, un doppio cheeseburger, con tanto di patatine e coca-cola, poi una dormita, o se preferisci possiamo fare altro, e ne riparliamo domani."
Fa con sorrisetto pervertito.
"Va bene, accetto solo perché sai qualcosa su Adams."
"Ma che approfittatrice."
Fa lui ridendo.
Gli tiro un pugno sulla spalla, mentre lui mi tira a sé in un abbraccio.
Posso considerarla pace fatta.
Siamo in macchina dirigendoci al Mc, e mi sorge spontanea una domanda.
"Ryan? Ma tu credi che anche tuo padre possa essere coinvolto in questa storia?"
"Non lo so bambolina, ma conoscendolo, sarebbe capace di tutto. Lo scopriremo, stai tranquilla."
Mi appoggia una mano sulla gamba, e mi rassereno afferrandola tra le mie.
● Spazio autrice ●
Ciaooo a tutte ecco a voi un nuovo capitolo, ci dispiace di avervi fatto aspettare così tanto,ma abbiamo avuto un pò da fare e non abbiamo avuto tempo per scriverlo. Per avere aggiornamenti sul libro seguiteci su instagram claudia____21 e hasa.emanuelaa
Alla prossima 🌹
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