CAPITOLO QUARANTOTTO - Bring me to life.
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Buona lettura! 🌸
Canzone del capitolo: 'Impossible' di James Arthur.
Vi consiglio di ascoltarla mentre Sky sogna, perché ho scritto quel pezzo con quella canzone in sottofondo.
Finalmente sono riuscita a stare un pò meglio - se parliamo della mia salute - e così mi sto incamminando per andare dalla psicologa. La dottoressa Morris mi attende per la solita seduta da un'ora e ci sto andando a piedi. La voglia di camminare mi ha travolta questa mattina. Sono sola in questo momento, ma ci sarà Jay ad aspettarmi fuori. I ragazzi sono tutti al campus ed io sto saltando le lezioni per l'ennesima volta ma la dottoressa Morris ha insistito così tanto per vedermi che anche oggi sono dovuta rimanere a casa.
È una sensazione meravigliosa sentire la brezza del mattino che c'è a fine maggio accarezzarti la pelle, mi mancava. Mi sento come rinata da uno stato di mummificazione mentre cammino verso lo studio della Morris e nelle mie orecchie Rihanna intona 'Love the way you lie' assieme ad Eminem. Questa canzone mi fa pensare al mio rapporto con Nate. Il ragazzo è consapevole del fatto che io gli sto generosamente, almeno secondo me, occultando la verità, ma mi resta accanto comunque. Ho il terrore che se bene vada, quando scoprirà che cosa ho fatto.
Sono ancora abbastanza debole, per questo motivo sto prendendo delle vitamine per tirarmi un pò su - cosa che mi disturba parecchio - tant'è che sia Nate che Luchi mi osservano con sguardo truce per testare che le stia effettivamente prendendo.
Il senso di vuoto che sento costantemente non se n'è andato e dato che Nate ed io stiamo ancora insieme, a tutta la mia solita schifezza si è aggiunto il senso di colpa nei suoi confronti perché lui mi ha raccontato di sé, mentre io non l'ho ancora fatto. Ora ciò che più mi ferma è la mancanza di coraggio per dirlo a voce alta, non l'ho mai fatto, visto che mio padre lo ha scoperto solo quando ha letto la lettera di Caleb e, da quel momento non mi guarda come faceva una volta, con gli occhi di chi ama senza condizioni, mi guarda come se fossi la sua bambina cresciuta troppi in fretta, come se fossi un cucciolo ferito di cui prendersi cura e come se io stessa fossi un angelo le cui ali sono state tagliate dal senso di colpa e dal grigio della mia anima vuota.
Con mia madre è diverso, so che a lei posso dire tutto ciò che voglio senza problemi, anche se essendo un pò all'antica, certe mie idee e scelte non le apprezza affatto. Mi mancano tanto gli occhi azzurri della mia mamma e la sua risata cristallina, mi scalda il cuore ogni volta. Questa settimana non l'ho chiamata perché non volevo sapesse cosa ho combinato e si preoccupasse per me suscitando in mio padre la sfericosi e di conseguenza il divertimento in mio fratello.
Davide, quando i nostri genitori bisticciano si diverte a filmarli e a fare vedere loro il video una volta che hanno fatto la pace, in modo da fargli notare quanto ridicoli fossero ad insultarsi. Quest'ultimo sa tutto perché il mio migliore amico lo tiene informato da qui ed io so tutto di lui per lo stesso motivo. Ed inoltre giusto ieri abbiamo fatto una videochiamata tramite Skype e si è fatto raccontare gli eventi dell'ultima settimana.
Ad ogni modo, mentre attraverso l'ingresso del centro dove mi aspetta la dottoressa Morris, sto impugnando la lettera che ho scritto prima di venire qui, dove racconto per filo e per segno ciò che ho combinato in questi anni e la storia di Caleb compresa, tutta, dall'inizio alla fine.
Sei una maledetta codarda.
Stai zitta.
È la verità. Dovresti tirare fuori le palle e dirlo tu stessa alla dottoressa.
Ti ho detto che devi stare zitta.
Il momento in cui accetterai la realtà sarà troppo tardi, avrai smesso di vivere. Non raccontarlo non lo rende meno reale e tu lo devi accettare, non puoi cancellare quella parte di te.
La segretaria mi lancia uno sguardo e mi fa cenno di entrare che non c'è nessuno ed eseguo gli ordini. Entro a testa bassa e noto solo ora che dalla mia crocchia mal fatta fuoriescono ciuffi di capelli qua e là.
"Buongiorno Sky" mi dice la Morris con un sorriso.
Le faccio un cenno alzando la mano ed , a mia volta, un mezzo sorriso. "Allora? Come ti senti?"
Alzo lo sguardo e lo punto su di lei. "Male in realtà, sono ancora debole, le vitamine non fanno molto e in più i farmaci mi distruggono, mi sento sempre sulle nuvole."
"È normale tesoro, destabilizzano quei farmaci, sono comunque degli antidepressivi. Cosa hai in mano?" Domanda notando il foglio spiegazzato stretto fra le mie dita.
Abbasso lo sguardo facendolo saettare sulla lettera che stringo e gliela porgo. "Una lettera, non ho il coraggio di dirle tutto quello che ho fatto a voce alta, non ne sono proprio in grado, e dato che lei deve sapere comunque cosa passa per il mio cervello, le ho scritto una lettera. Cioè, si insomma, non indirizzata a lei, è più una pagina di diario.
"La devo leggere ora?" Replica lei osservandola.
"No. Quando non ci sono per favore. Mi metterebbe adisagio vederla leggere quell'accozzaglia di parole davanti a me."
"D'accordo. Ti va di dirmi come ti senti moralmente invece?"
La guarda per un po' negli occhi e quando noto che i suoi tentano di leggermi dentro l'animo sbatto le ciglia e distolgo lo sguardo, puntandolo sulle mie mani le cui dita si intrecciano nervosamente. "Io non.. Dottoressa lei mi ha chiamata, io sono venuta perché mi ha chiamata lei e le ho portato la lettera."
Lei mi sorride e si alza dalla sedia per postarsi davanti a me e sedersi sulla scrivania. Scosta una ciocca di capelli dal mio viso e mi accarezza la guancia con il dorso della mano, questo gesto mi fa sentire incredibilmente al sicuro, come se mi stesse trattando come se fossi sua figlio ed un sorriso sfugge dalle mie labbra. "Sei qui no?" Mi dice sempre sorridendo. "Perché non facciamo una chiacchierata?"
Annuisco e riprendo a giocare con le mie dita. "Sa dottoressa, mi sono sempre chiesta cosa sarebbe rimasto di me alla fine di tutto questo dolore. Come mi sarei sentita una volta che si sarà affievolito e cosa mi avrebbe legata ancora a Caleb se avessi smesso di provare dolore. Mi sento come se mi stessi autoinfliggendo una punizione, più che meritata, che possa mantenere ben saldo il legame con quel ragazzo."
"Non serve che tu continui a soffrire per lui per tenervi legati. Basta il ricordo. Se tu lo porti nel tuo cuore, lui non morirà mai perché vivrà nei tuoi ricordi. Le persone non muoiono davvero Sky, lasciano questo mondo orribile ma vivono nei nostri ricordi. E tu puoi far vivere Caleb nei tuoi ricordi." Mormora lei osservandomi.
Piego la testa di lato e scuoto la testa. "No, e sa perché? Perciò è colpa mia se è morto. Io merito tutto questo lo capisce? Caleb non può vivere solo nei miei ricordi perché lui non doveva andarsene e se io vivrò con questo dolore sarà come se lui non se ne fosse mai andato."
La Morris mi ascolta molto attentamente, non perde una parola del mio discorso, mi segue perfettamente. "Tu devi essere felice Sky, perché lui vuole che tu sia felice."
"No. Perché lui mi odia. Mi ha lasciata sola con questo dolore ed il dolore di una perdita che era di entrambi. Una perdita che solo insieme avremmo potuto superare. Io ci speravo dottoressa, speravo di stare bene dicendogli la verità perché speravo che la sua vicinanza mi avrebbe aiutata. Lui mi doveva stringere la mano e doveva dirmi che sarebbe andato tutto bene se saremmo rimasti insieme, come feci io con lui quando mi disse che aveva scoperto di essere stato adottato. Io lo feci, ma lui mi ha lasciata da sola, mi ha lasciata con questo dolore, il mio ed il suo. Il suo dolore si eè unito al mio quando è morto, tutto si è amplificato ed io non potrò mai essere felice, perché non riesco a superarlo e lasciarlo andare. Non riesco a dirgli addio, non posso dirgli addio perché se lo facessi perderei la parte di me stessa che lo ha amato ed io sono stufa di perdere pezzi di me e del mio cuore lungo il mio cammino, pezzi che mai più sarò in grado di raccogliere e rimettere insieme ricostruendo il puzzle, perché il suo pezzo, il pezzo di Caleb, mancherà sempre, non ci sarà mai più per completare il puzzle, resterà sempre un vuoto. Un vuoto dentro di me che nessuno mai potrà colmare, neanche con tutto l'amore del mondo. Io non so nemmeno cosa significhi essere felici, non so cosa sia la felicità, non so come ci si senta ad essere felici." Sbotto tornando a guardarla. Poi le poso una mano sulla sua e mi avvicino con gli occhi velati da uno strato di lacrime. "Mi può dire come ci si sente ad essere felici? Mi può descrivere la felicità? Magari se lo fa sarò in grado di provarla sarò in grado di provarla per il misero istante in cui mi racconta come ci si sente ad essere felici."
La prego con tutta me stessa e dentro di me spero che non mi prenda per pazza o stupida, spero che mi comprenda e che accetti la mia richiesta.
Lei mi guarda in modo strano e vedo i suoi occhi tremare e piano piano riempirsi di una luce propria, fino a che quella luce scende lentamente lungo la sua guancia e la riga fino al mento. Si asciuga le piccole lacrime e tira su con il anzi abbassando gli occhi.
Sta piangendo, sta piangendo per me.
"Mi scusi io - io non volevo farla piang-"
Non riesco a finire la frase perché la dottoressa mi attira in un caldo abbraccio che mi coglie alla sprovvista. Non mi aspettavo un gesto simile, mi aspettavo di tutto ma non questo. Non riesco nemmeno a reagire, sono immobile. Le mie palpebre sbattono in continuazione come a voler assicurarsi che sta succedendo davvero. La Morris mi stringe con forza, ma questo abbraccio non è come i normali abbracci che ricevo. Mentre mi stringe mi sento come se lei non avesse paura che mi frantumi fra le sue braccia, mi stringe e basta, come se potesse farmi sentire felice con questo abbraccio, come se così possa regalarmi la felicità che desidero.
"Oh piccola Sky, come faccio a dirti come ci si sente ad essere felici?" Mi dice sciogliendo l'abbraccio e tornando a guardandomi negli occhi. "Ognuno di noi prova felicità per cose differenti. Tu potresti essere felice leggendo un libro, mentre io potrei essere felice guardando un talk show alla tv. La felicità sta nelle piccole cose, nei gesti che non ti aspetteresti, nell'amore che le persone di dimostrano. Sta in un bacio sulla fronte da l'arte del tuo migliore amico, in un sorriso del tuo ragazzo, sta nella canzone che ti fa tornare alla mente ricordi di giorni in cui stavi bene ed in cui ti sei sentita completa. La felicità è quando sei completa con te stessa, quando i tuoi pensieri sono liberi da ogni male. Non posso dirti cosa significa essere felici, perché per me la felicità è una cosa, ma per te sarà sicuramente un'altra."
Piego la testa di lato ed un sorriso amaro si pare sulle mie labbra. "Ecco vede? Ripensi a ciò che le ho detto prima. Io non potrò mai essere felice, perché non sarò mai completa e libera." Mi alzo in piedi e fisso dall'alto mentre cerca una risposta guardandomi.
Prima che possa dire qualcosa e ribattere mi avvicino alla porta e la apro. "Ci vediamo alla prossima seduta."
"Sky aspetta!" Mi ferma per il braccio prima che esca dalla porta dello studio. "Puoi tornare quando ne sentì il bisogno, anche senza appuntamento. Io sarò disponibile per te, a qualsiasi ora." Gli occhi di chi mi assicura che non sono sola ad affrontare la mia battaglia.
Annuisco e la saluto "Arrivederci Dottoressa Morris."
Esco dalla porta e corro fuori dall'edificio.
Un'improvvisa ondata di malessere mi travolge e la mia testa comincia a viaggiare.
E dove sta la novità? Vivi nei tuoi filmini mentali.
Ma puoi stare zitta per una volta nella tua miserabile ed insulsa vita?
Come sei acida.
Sempre e per sempre.
Ho voglia di piangere e urlare assieme, prendere a pugni oggetti, picchiare qualcuno.
Mi sento nel bel mezzo di una tempesta, una tormenta di neve che mi fa congelare e mi rende di ghiaccio, in modo che niente mi possa sciogliere. Fredda e gelida, intoccabile.
Così fredda che neanche l'abbraccio più caldo e ricco di amore possa essere in grado di sciogliermi.
Mi passo una mano sul viso e fisso il cielo sperando di poter ricevere delle risposte, ma dentro di me so che mai le potrò ricevere, perché chi me le deve è un angelo adesso.
Torno con lo sguardo sulla strada e noto che in fondo al marciapiede, dalla parte opposta rispetto a dove mi trovo, c'è Justin che mi aspetta con una sigaretta alla mano e una bottiglia di birra. Quando mi nota la solleva e la scuote con un sorrisone che fa sorridere anche a me e scuoto la testa mentre cammino a passo svelto verso di lui, quando me lo trovo davanti lo abbraccio e lascio che mi stringa tra le braccia.
"Come stai Barbie?" Domanda dandomi un bacio fra i capelli.
"Non lo so Jay, in realtà non molto bene oggi. Un'ondata di malessere mi ha travolta improvvisamente come un'onda anomala. La Morris dice che sono le pastiglie che mi fanno sentire sempre tra le nuvole, ma nella mia testa so che non è così." Ribatto sospirando rumorosamente.
"Perché? Che intendi, è successo qualcosa?" Il ragazzo scioglie l'abbraccio e con l'accendino apre la bottiglia. Quel gesto mi ricorda incredibilmente Paolo, era solito aprire le bottiglie in quel modo, e quando non ci riusciva utilizzava i denti. Mi domandavo come fosse possibile che non si fossero ancora rotti quei poveri denti, ma lui mi diceva che ormai si erano abituati al gesto e, se all'inizio dopo averlo fatto provava fastidio, ora non lo sentiva più.
"Domani è il primo anniversario della morte di Caleb. Ed io vorrei andare al cimitero a salutarlo, o comunque avere la possibilità di parlargli, cioè non intendo fisicamente però.. Niente, lascia stare" Sospiro di nuovo.
Camminiamo verso la macchina mentre lo tengo a braccetto e quando ci arriviamo davanti e saliamo ricominciamo a parlare. "Non è una cosa stupida,potrebbe serri d'aiuto in effetti salutarlo e parlargli."
"Si lo so, ma lui è in Italia, ed io sono qui." Gli dico osservandolo mentre la sua mano si muove sinuosa assieme al cambio.
Mi lancia un'occhiata e torna a guardare la strada con la sigaretta fra le labbra. "Non è necessario che tu vada sulla sua tomba a salutarlo. Fai qualcosa di simbolico.. Magari se gli dici addio poi starai meglio e più in pace con te stessa." fa spallucce mentre guida verso casa mia e tiene gli occhi sulla strada. "Rendigli omaggio in un altro modo."
"Non credo sia così semplice, comunque qualcosa di simbolico lo posso fare, mi farò fare compagnia da Luca e Sarah, loro lo conoscevano." Replico guardando a mia volta la strada e perdendomi nelle nuvole bianche.
"E noi?" La sua voce possiede un velo di delusione.
"Preferisco farlo con loro due, scusatemi." Poggio la testa al finestrino e chiudo gli occhi per un istante tentando invano di scacciare Caleb dalla mia testa. Ma tanto è inutile, lui sarà sempre nella mia testa. "Jay puoi accelerare? Non mi sento bene." Dico sentendo una strana nausea provenire dalla bocca dello stomaco.
Annuisce e mi lancia un'altra occhiata. "Certo."
Scattiamo in avanti e in meno di due minuti siamo a casa.
"Resti qui, a farmi compagnia?" Gli chiedo mentre faccio scattare la serratura ed apro la porta.
"Solo se tu lo vuoi." Mi sorride e gli sorrido di rimando.
"Si per favore. Da sola non dormirei, ho bisogno della presenza fisica di qualcuno accanto a me." Sbatto gli occhi e lo lascio entrare.
Vado a prendere un bicchiere di acqua, ci metto le dieci gocce che mi ha dat9 la dottoressa per dormire e bevo tutto d'un fiato.
Sbadiglio stanca e sentendo subito le gocce di calmante scorrere nelle mie vene. "Jay io mi sdraio sul divano, tu fa come se fossi a casa tua, sai dove sono tutte le cose ormai e se vuoi giocare con la Play è nella stanza di Sarah." Gli dico.
Fa un'espressione confusa ma io scuoto la testa e con un mezzo sorriso Gli dico di non fare domande, parliamo di Sarah.
Annuisce e mi si avvicina per lasciarmi un bacio sulla fronte e portare una ciocca di capelli dietro il mio orecchio. "Riposati Angelo, se hai bisogno di qualcosa dimmelo. Mi trovi qui."
Sorrido e mi sdraio sul divano abbracciando il cuscino e facendomi sopraffare dalla stanchezza.
Entrammo in casa cercando di rimanere in silenzio il più possibile dato che erano le quattro del mattino. Il ragazzo accanto a me non faceva altro che abbracciarmi da dietro e tuffare il viso tra i miei capelli inspirando il mio profumo ed in quel momento mi fece voltare e prese il mio viso fra le mani baciandomi con passione. Feci dei passo indietro mentre attraversavamo la porta della cucina e mi ritrovai a sbattere contro il bancone. Il ragazzo mi prese per le cosce mentre continuava a baciarmi e mi fece sedere sopra di esso, accarezzandomi lungo tutto il corpo con fare possessivo. Nel,a stanza regnava il silenzio, si sentiva solo lo schiocco dei nostri baci e i nostri respiri affannati. Non era la prima volta che mi trovavo travolta dal desiderio quando ero con il ragazzo che aveva rubato il mio cuore un anno prima. Eravamo appena tornati insieme e lui mi coccolava sempre di più, mi trattava come una vera regina, ed io mi sentivo amata e protetta fra le sue braccia. Le sue mani scorrono sulle mie cosce possessive e ricche di desiderio e mi trovai a scostarlo da me lentamente mentre sorridevo. Un suo lamento giunse alle mie orecchie e mentre prese a lasciarmi umidi baci sul collo dovetti mordermi il labbro per trattenere il gemito di piacere e farlo smettere. Non appena lo feci allontanare un senso di vuoto si propagò nel mio petto e chiusi gli occhi un istante. Poggiò la fronte sulla mia e sorrise.
"Caleb, fermati un secondo, siamo in cucina. Non possiamo fare sesso in cucina." Gli Dissi lasciandomi sfuggire un risolino vedendolo roteare gli occhi al cielo frustrato.
Si scostò e mi fissò sbattendo le palpebre, dopodiché si morse il labbro e mi tese la mano. "Andiamo in camera tua allora, mi stai facendo uscire di testa." Replicò scrutandomi da capo a piedi. Seguii il suo sguardo lungo il mio corpo e capii subito perché aveva detto quella frase.
Ero vestita piuttosto elegante poiché avevamo appena festeggiato il compleanno del mio migliore amico in discoteca. Indossavo uno stretto vestito nero ed i tacchi. Ovviamente, nel momento in cui mi aveva fatta sedere sul bancone e si era insinuato fra le mie gambe il vestito era salito e aveva lasciato scoperte le mie cosce ancora di più. Il vestito era già corto di suo ed ora copriva a malapena il sedere.
Scossi la testa e gli sorrisi afferrando la sua mano e stringendola forte, per poi saltare giù dal bancone e fiondarmi fra le sue braccia per tornare a baciarlo.
Mi era mancato da morire e adesso che era di nuovo mio sentivo il bisogno di baciarlo per realizzare che fosse realmente di nuovo con me.
Caleb mi prese in braccio a mo' di Koala e mi portò su per le scale mentre continuava a baciarmi, fermandosi ogni tanto e poggiandomi al muro per baciarmi con più foga.
"Mancano tre gradini Cal, raggiungi questa benedetta porta." Dissi mentre tiravo i suoi capelli per spostarlo dalla mia bocca.
Senza replicare e sorridendo fece i tre gradini e aprì la porta con una spallata. La chiusi io con un calcio e tornai con i piedi per terra. Mi apprestai a baciarlo ancora, mentre le mie dita tremanti sbottonavano la sua camicia lentamente e le sue sfioravano il mio corpo altrettanto lentamente per sollevare il vestito. Il suo tocco mi provocò intensi brividi lungo tutto il corpo e nella mia mente presero a passare dei flash della nostra prima volta che mi fecero sorridere. Era la prima volta che ricapitava dopo che ci eravamo lasciati e avevo così voglia di sentirlo mio che lo spinsi all'indietro facendolo ricadere sul letto e rimanendo a cavalcioni su di lui. Persisteva ad accarezzarmi e baciarmi, ma si fermò all'improvviso e si sollevò sui gomiti, poggiando la fronte sulla mia e sorridendo.
"Tu hai idea di quanti io sia dannatamente innamorato di te?" Mi disse scostandomi poi una ciocca di capelli dal viso per potermi guardare meglio negli occhi. Il suo sguardo ero ricco di desiderio e potevo leggere nelle sue iridi tutto l'amore che aveva detto di provare per me. "Forse ti ricordi, sono roba tua."
Il ragazzo era inoltre a conoscenza del mio amore viscerale per Ligabue, e ogni tanto mi cantava le sue canzoni. La nostra canzone era 'Ho messo via' ed ogni volta che la ascoltavo un'orda di ricordi riguardanti la nostra storia invadeva la mia mente ed il mio cuore si riempiva di amore, il nostro amore.
Sorrisi, un sorriso pure e ricco di parole che non riuscivo a dire. Non sapevo che risposta per cui tornai a baciarlo e ad accarezzare il suo dolce viso.
La situazione si ribaltò e finii sotto di lui, sotto i suoi pieni di passione, di un fuoco bruciante che rischiava di bruciarmi. Il fatto è che io ero disposta persino a morire fra quelle fiamme, non riuscivo più a fare a meno di lui, solo lui sapeva rendermi felice. Nessun altro ragazzo era mai stato in grado di farmi provare tutte queste meravigliose sensazioni che sentivo dentro di me ogni volta che facevamo l'amore o ogni volta che mi guardava, che mi baciava, che stringeva le sue mani alle mie.
Ero completamente e assolutamente innamorata di Caleb, con tutta me stessa, e lo sarei stata in eterno.
"Ti amo Caleb, ti amavo ieri, ti amo oggi, ti amerò domani è ti amerò per sempre. Te lo giuro. Sei e sempre sarai l'unico amore della mia vita, non potrei mai e poi mai dimenticarti."
Mi sentii incredibilmente felice in quel momento perché Caleb era il mio tutto, ed era di nuovo mio. Mio e solo mio.
Chiusi gli occhi mentre lui diventava parte di me e lo strinsi fra le mie braccia.
Improvvisamente un freddo intenso si fece spazio nella stanza ed aprii gli occhi di scatto. Caleb non c'era più, ero sola nella mia stanza. La sua lettera davanti a me, le mie lacrime a bagnarla, le mani che tremavano e le sue parole che risuonavano nella mia mente.
Non avevo capito le sue intenzioni, pensavo mi avesse detto quelle cose per rabbia, pura rabbia, ma Caleb quel giorno mi aveva detto addio.
Il mio cuore si lacerò ed urlo agghiacciante riempì la stanza.
Mi ritrovai a piangere disperata mentre abbracciavo il cuscino e gridavo il nome di Caleb.
L'unico ragazzo che avevo amato con tutta me stessa si era suicidato e tutto per colpa mia.
<< Non sono io che ho distrutto te, sei tu che hai distrutto me.>>
Ora mi era chiaro, tutto chiaro come poche volte lo era stato nella mia vita. Il nostro amore era sempre stato impossibile ed ora lo sarà ancora di più perché entrambi eravamo nati sotto una cattiva stella e non c'era niente che avremmo potuto fare per cambiare le cose. Caleb aveva mollato ed era diventato il mio angelo, un angelo che non avrebbe mai trovato la pace poiché aveva il cuore colmo di un dolore che nessuno sarebbe stato in grado di assorbire e cancellare, non poteva più condividerlo con nessuno. Aveva deciso di abbandonarsi a quel dolore e non c'era più niente che io potessi fare per impedirlo. Avrei dovuto tenerlo con me, avrei dovuto non lasciarlo mai andare, avrei dovuto ascoltare il mio cuore ed inseguirlo, ma invece non lo avevo fatto e lo avevo abbandonato. Era colpa mia, era solo colpa mia, mi meritavo di vivere con il vuoto che mi aveva lasciato.
Mi sarei ricordata di lui per sempre, quando avrebbe iniziato a piovere lui sarebbe tornato nella mia mente, una canzone alla radio sarebbe bastata a portarmi ricordi alla mente della nostra storia. Che senso aveva avuto tutto questo ora che se n'era andato? Non potevo crederci, non poteva avermi lasciato lasciato da sola. Eppure le sue parole erano chiare: 'Addio amore mio, ti amerò per sempre. Non dimenticarmi.'
Mi rimase solo il silenzio della mia stanza e le mie lacrime di disperazione, dopodiché il buio mi travolse e mi risucchiò in un circolo vizioso senza via d'uscita.
Mi sento scuotere nel sonno e la voce di Jay e Luca mi riporta alla realtà.
Il mio cuore batte fortissimo, la testa mi esplode, le lacrime bagnano il mio viso e sono tutta sudata.
"Merda!" sbraito "spostatevi prima che.." un conato mi arriva dritto dallo stomaco e mi copro la bocca correndo in bagno.
"Fanculo cazzo!" impreco lanciando in terra gli oggetti sulla mensola del bagno e sferrando un pugno allo specchio. Lacrime calde mi bagnano le guance mentre mi dispero e tiro un altro pugno al muro, facendomi anche male. Basta, non ce la faccio più. Il mio cuore si spezza ancora e ancora, come ogni volta che lo sogno. Mi lascio scivolare in terra mentre singhiozzo e mi abbraccio le ginocchia sprofondandoci la testa in mezzo.
"Perché mi hai fatto questo Caleb? Perché?"
Sento una mano accarezzarmi la schiena e quando alzo la testa i miei occhi incrociano quelli del mio migliore amico.
"Non ce la faccio più Luca, sono stanca." Gli dico mentre continuo a piangere disperata. La mia voce è rotta, come ogni cosa dentro di me. Tutto si è rotto, non c'è più nulla di sano in me, assolutamente nulla, sono completamente andata in pezzi, totalmente spezzata, in frantumi. "Voglio farmi inghiottire da questa oscurità, chissà che magari starò in pace in mezzo al nero."
"No Sky, andrà tutto bene." Mi sussurra scivolando accanto a me e stringendomi fra le sue braccia. "Tu non puoi mollare."
"Porca puttana Luca. Sono 5 maledettissimi anni che mi dici che andrà tutto bene e lo sento dalla tua voce che non ci credi nemmeno tu. Credi di prendermi in giro? Lo so che sto peggiorando sempre di più ed è per questo che tu hai pensato che avessi voluto suicidarmi. Sei spaventato perché sono in bilico tra luce ed oscurità e non sai se riuscirò a rialzarmi stavolta. Ma, ehi, sorpresa! Non lo so nemmeno io. Sono stanca di tutta questa merda, vorrei toccarla la luce e non solo vederla in lontananza, ma più credo di esserci vicina, più la vedo allontanarsi da me." urlo mentre stringo la sua maglietta fra le mani. La stringo come se fosse il mio appiglio per non lasciarmi andare, come se da quel tessuto dipendesse il destino della mia miserabile esistenza.
"Sky, ascoltami, ora chiamo Nate e parli con lui." Mi ripete Luca con calma.
"Mi prendi in giro per caso?" Sbotto allontanandolo.
"Non riesco a fermare il tuo attacco di panico, non ascolti la mia voce, magari con Nate funziona."
Non posso nemmeno replicare perché ha già messo il telefono in viva voce e sta squillando.
"Nate parla con Sky, ora." gli dice Luca secco.
"Non voglio parlare con nessuno, lasciatemi in pace tutti quanti." Ringhio cattiva.
"Ehi principessa che succede?" la voce di Nate arriva dritta nella mia testa e strappo il telefono dalle mani di Luca.
"Vattene" sputo acida al mio migliore amico, che esegue gli ordini e si chiude la porta alle spalle.
"Succede che ho avuto un altro maledetto incubo e ho sputato fuori tutto il mio veleno, di nuovo. La Morris mi aveva detto che i calmanti avrebbero funzionato ma non stanno svolgendo il loro compito, perciò ora mi alzo da questo pavimento e vado a spaccarle la faccia."
"Prima ti calmi, e poi vai dove vuoi. Ascolta la mia voce e basta."
"Non ci siamo capiti Nate, io non sto avendo un attacco di panico, sono arrabbiata, terribilmente furiosa perché quella donna mi ha mentito. Almeno quando ho mischiato L'alcol con le pastiglie ho dormito. Ora che mi è passato l'effetto sono tornati gli incubi. Non chiedo a tanto, voglio solo dormire." Piagnucolo mentre nella mia testa mi sento come uno scorpione. Mi sento come quel rettile letale che quando morde una persona inietta tutto il suo veleno, è questo che ho sempre fatto con le persone che amo: le ho avvelenate e ho risucchiato ogni loro sentimento di amore nei miei confronti, e li porterò lentamente ad un bivio senza via di uscita, proprio come era successo a Caleb. Il mio amore lo aveva ucciso, il mio troppo amore.
"Dormirai principessa, te lo prometto." Mi dice calmo Nate.
"Non farmi promesse che non puoi mantenere. Ora vado dalla Morris, raggiungimi la se vuoi." Ringhio secca.
"Arrivo subito." Asserisce il ragazzo.
Stacco ed esco dal bagno, lascio il telefono di Luca sul tavolo e senza badare alle voci di lui e Justin che mi chiamano esco e mi dirigo nel luogo dove sono stata solo due ore prima. Come sempre il sorriso della segretaria mi accoglie ma ho tutt'altro che la voglia di ridere in questo momento, la vorrei ammazzare. Come vorrei ammazzare la donna che prima mi ha abbracciata.
"Salve signorina Sky, la dottoressa Morris è impegnata ora." Mi dice la segretaria piazzandosi davanti alla porta per non farmi entrare.
La fulmino con un'occhiataccia. "Aspetti il momento in cui me ne freghi qualcosa. Si sposti, non vorrei farle male."
Così la spintono di lato e spalanco la porta, facendo il mio solito ingresso nella stanza, ma stavolta non la chiudo e invece che sedermi sulla sedia, sbatto con violenza le mani sul tavolo e la guardo in modo truce.
"Mi ha mentito!" urlo arrabbiata.
"Di cosa stai parlando Sky? Calmati e siediti." Mi dice poggiando le mani sulle mie e lanciando occhiate dietro di me.
"No, non ha capito un bel niente. Io non mi calmo e non mi siedo affatto, in questo momento vorrei strangolarla con le mie mani. Aveva promesso che avrei dormito e queste cazzo di gocce, aveva promesso che avrebbero funzionato ma non hanno svolto il loro compito. Ho appena avuto un incubo e ho rigettato la schifezza che sento dentro ogni dannato minuto della mia vita. Mi ha mentito, odio le persone che mentono." Scaccio le sue mani da sopra le mie e posso giurare di sentire un Ringhio provenire dalle profondità del mio animo tormentato. Mi sento come un animale in gabbia che cerca di uscire dalla prigione in tutti i modi ma non può, non senza avere la chiave per farlo, ed io non la trovo quella chiave. Sono arrivata al limite, sono sull'orlo di una crisi di nervi e non riesco più a gestire i miei sentimenti, qualunque essi siano.
"Ehi! Ma chi ti credi di essere per rivolgerti a lei così?" una voce dura interrompe la mia conversazione, ed è anche vagamente famigliare. Evidentemente non mi conosce perché chi sa come sono fatta sa anche che rivolgersi a me così non fa altro che aumentare la mia rabbia. Mi volto e sto per risponderle che deve farsi i dannati cazzi suoi ma quando la mia vista incontra quelle iridi verdi e la chioma rossa mi blocco istantaneamente. Per un attimo, mi scruta senza dire nulla, ma quando capisce chi sono anche lei rimane di sasso.
"Tu?" diciamo all'unisono "che ci fai qui?" ripetiamo insieme di nuovo. "Cosa ci faccio io qui? Cosa ci fai tu qui!"
Punto il dito verso di lei come lei fa con me e scuoto la testa sbuffando rumorosamente.
Non ci posso credere, sembriamo due dannate bambole, due robot sincronizzati.
Gli occhi della Morris saettano da me alla rossa in continuazione, confusi ed in cerca di risposte che non arrivano perché io e la ragazza continuiamo a guardarci con una cattiveria tale che non credo di aver posseduto dentro di me. Sento la rabbia scorrere nelle mie vene, come se fosse quella a circolare e non il sangue.
"Voi due vi conoscete?" Domanda la Morris indicandoci e mettendosi tra noi due per evitare che la cosa finisca male.
La ragazza guarda la donna in mezzo a noi e sembra ricomporsi nell'esatto istante in cui incrocia il suo sguardo. Sbuffa ed alza gli occhi al cielo, ma poi si volta facendo ballare la sua coda di cavallo rossa come le fiamme del fuoco. Incrocia le braccia al petto e torna a voltarsi guardandomi.
"Sono venuta a fare una chiacchierata con la mia amica Jennifer. E tu dovresti portare rispetto invece che venire qui e distruggere tutto ciò che tocchi bulldozer che non sei altro!" esclama irritata facendo ridacchiare la dottoressa.
Assottiglio gli occhi e la fisso come se potessi incenerirla con gli occhi, se fossi Superman probabilmente lo avrei anche fatto. Le punto un dito addosso "Devi farti i dannati cazzi tuoi rossa."
"Sei una maleducata." Ribatte lei alzando le sopracciglia.
"Tu non sai niente." La indico ringhiando.
"Non credo mi interessi sapere che cazzo c'è nella tua testa." sogghigna ed alza un braccio facendo ciondolare i braccialetti e mandandomi una vampata del suo profumo. "chiedile scusa, ora, seduta stante."
"Non ci penso nemmeno. Mi ha dato dei farmaci che non funzionano." Ribatto incrociando le braccia al petto irritata dalla sua aria di superiorità, mi sta dando su i nervi.
"Non è mica colpa sua se tu hai il cervello bacato idiota."
Sento la rabbia salire e quando sto per lanciarmi su di lei per prenderla per i capelli, due grandi braccia mi avvolgono e mi stringono forte. So che è Nate, sento la sue fragranza alla menta e limone penetrare nelle mie narici.
"Nate lasciami subito, giuro che la ammazzo." Agito le braccia verso di lei mentre la rossa ride osservandomi da lontano. La Morris le da una gomitata e lei alza gli occhi al cielo sbuffando, poi torna a guardarmi seria ed assottiglia gli occhi ad una fessura.
"Ti vuoi calmare?" La voce di Nate arriva dritta al le mie orecchie e mi fa innervosire ancora di più il fatto che mi abbia detto di calmarmi, è come gettare della benzina sul fuoco.
"No, ma dico l'hai sentita? Ma come cazzo si permette di giudicarmi? Non sa un cazzo della mia vita!" Sbotto alzando le braccia al cielo "E lei? Psicologa dei miei stivali?! Mi sta psicoanalizzando anche adesso?"
"Sei il suo ragazzo?" Domanda a Nate invece che rivolgersi a me.
Ma seriamente? Ora la ammazzo.
Tu sei stata abbastanza stronza, insomma quanta irriverenza!
Le gocce non hanno funzionato.
Magari ne servono di più.
Mi aveva detto che avrebbero funzionato, ma io l'ho sognato, l'ho sognato ancora. È sempre lì. Ha delle radici così profonde che nemmeno un elettro shock basterebbe a farmelo dimenticare.
"Si, sono il suo ragazzo." Risponde il ragazzo osservando la donna confuso.
"Sappi che Sky è all'ultimo stadio della depressione." Gli dice con tranquillità.
"Che cosa? Ma vuole scherzare? Ancora con questa storia? Io non sono depressa, come glielo devo dire?" Mi intrometto nella conversazione io.
"Questa affermazione dimostra che invece lo sei, tu sei depressa, eccome se lo sei." Mi fissa la rossa invece a sua volta intromettendosi.
"Tu sta zitta testa di fuoco, nessuno ha chiesto la tua opinione a riguardo." Sbotto zittendola con un cenno della mano.
"Quante gocce hai preso?" Mi domanda poi la Morris.
"Dieci, come ha detto lei, ma non hanno funzionato e ho avuto un altro incubo. Lei non capisce, io non dormo più, non so nemmeno cosa voglia dire dormire dannazione, era la mia unica possibilità e invece mi ha mentito come tutti gli altri. Io non so più cosa è reale e cosa no, vedo Caleb ovunque, in ogni santa cosa che faccio." Le dico sentendo gli occhi pizzicare. "Questo è il motivo per cui non volevo venire da uno strizza cervelli, mi promettete tutti che starò bene, mi date due cazzo di farmaci e risolvete la situazione, ma nella mia testa ci sono i mostri che fanno a gara tra di loro per vedere quale è il più forte e quale di loro avrà la meglio, non mi lasciano in pace. Ha sentito dottoressa? I mostro mi stanno divorando, mi sto facendo consumare dalla mia stessa anima, mi sto facendo consumare dall'oscurità, mi sento come se fossi un fantasma. Mi ha mentito dottoressa, io non ce la faccio più, la prego lo faccia andare via, per favore, mi aiuti a cancellare questo dolore, voglio dimenticare che esista."
La Rossa ha gli occhi sbarrati e la psicologa mi guarda con gli occhi pieni di compassione, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mentre Nate mi stringe ancora forte a sé.
"Andrà tutto bene amore mio, ti prometto che insieme li sconfiggiamo."
Nate mi accarezza la testa e mi bacia i capelli cullandomi con amore, mi stringe a sè mentre i mostri hanno la meglio su di me, mi stringe forte, come se quella stretta possa essere in grado di assorbire il mio dolore e farmi stare meglio. I suoi abbracci sono come un calmante naturale e il mio respiro si calma all'istante.
Sento le gambe di gelatina e mi aggrappo alla maglietta del mio ragazzo abbandonandomi ad un pianto isterico. Un pianto che vorrei fosse in grado di liberarmi da tutto questo. La mia vita è un incubo, un terribile incubo.
"Mio dio Bulldozer, ma che ti hanno fatto?"
La rossa posa una mano sulla mia spalla e mi fa voltare fino ad incontrare i suoi occhi.
Tiro su con il naso e la fisso "Non guardare troppo a fondo nei miei occhi rossa, rischi di vedere i mostri che combattono e mi uccidono."
Detto ciò prendo il braccio di Nate e lo trascino fuori dall'edificio, senza nemmeno salutare.
Mi lascio stringere dalle sue braccia e lascio che il muro di acidità che ho messo in piedi in questo ultimo mese si sgretoli per un istante permettendo a Nate di vedere tutta la mia fragilità. Mi sento così piccola ed indifesa mentre ascolto il battito del suo cuore, ma mi sento anche protetta e al sicuro, come se in questo momento ci fossimo soltanto noi due e niente sia in grado di farmi del male. Lui è il mio angelo, l'angelo le quali ali candide mi avvolgono nella loro luce, proteggendomi e curandomi da ogni tipo di male.
"Riportami alla vita Nate, ti prego, riportami a vivere."
Non aggiungo altro e lo stringo ancora più forte, sperando che esaudisca il mio desiderio.
Lascio che le lacrime escano fino a che non si esauriscono e lui non dice nulla, si limita a stringermi forte e darmi dolci baci sulla testa, mentre io cerco di scacciare dalla mente il ragazzo che ha segnato la mia anima nel profondo del mio cuore.
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🦄🦄🦄
Salve a tutti!
Eccomi con il capitolo 48.
È molto forte, ma spero che non mi odierete per questo.
-1 alla fine!
A domani con l'ultimo!
Baci,
Ila_ 🌙💘
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