CAPITOLO DIECI - Unknow.
Per chi lo volesse mi scriva in privato per entrare nel gruppo di whatsapp.
Instagram della pagina: darkmemories_officialpage
Instagram personale: Ilaaaaa_____
Buona lettura! 🌸
Sono completamente uscita di testa. Non so cosa mi sia preso.
Salgo in macchina, esasperata. Non dovevo reagire così, ho esagerato, lo so benissimo.
Nate non doveva chiedermi niente, sarebbe dovuto venire di me il discorso.
Caleb è uno dei miei punti dolenti, e non riesco nemmeno a nominarlo da quanto è fresca ancora la ferita.
Mi sento così stupida, un po' perché Nate non meritava una reazione del genere, ed un po' perché nonostante Caleb non sia più presente nella mia vita, ha ancora questo odioso effetto su di me.
Il mio migliore amico dice che con il tempo la ferita guarirà, ma io nel mio cuore sento solo che le cose stanno peggiorando con il passare dei giorni.
Infesta i miei sogni, come se fosse un demone pronto a risucchiarmi l'anima e a rubarmi ogni singolo istante di felicità, e la cosa peggiore, è che sono consapevole di meritarmi tutto questo. Merito tutto il dolore che provo, merito i sensi di colpa che mi corrodo l'anima, merito la sensazione di vuoto che sento e che nessuno è più in grado di colmare.
Mi sento come se il mio cuore si fosse congelato e nessuno riuscisse più a sciogliere quello strato spesso che lo rende duro come una pietra. Solo ogni tanto, quando Nate mi è accanto, lo sento prendere vita per un breve istante, ma poi scompare nuovamente e torno la ragazza fredda e scontrosa che sono sempre stata. In quell'istante, mi ritrovo a pensare che forse lui possa essere la mia possibilità, ma subito dopo mi rendo conto che in realtà io non ho possibilità, sono una causa persa.
Non so dove sto andando, ma ho bisogno di stare da sola per un po' e pensare a me stessa. Giro un pò per la città alla ricerca di un posto dove stare in pace con me stessa. In Italia avevo il mio piccolo parchetto dietro casa, non ci andava mai nessuno e quando avevo bisogno di stare sola a pensare andavo li e mi rilassavo. Stavo li seduta sul tavolino anche per ore intere, accompagnata solo dalla musica nelle mie orecchie e le sigarette che si consumavano.
A quel pensiero mi viene voglia di fare una boccata di fumo e cerco un tabacchino.
Dopo 15 minuti a girare a vuoto, lo trovo finalmente e vado a prendere il mio pacchetto e il mio accendino.
Noto frugando nelle tasche del giubbino di non aver con me il cellulare.
Merda, che palle, non so nemmeno dove sono.
Ecco lo sapevo, diventi sempre più cretina, ma chi me lo ha fatto fare di diventare la tua coscienza?
Purtroppo non ho scelto io di averti nella mia testa, perciò o la finisci o ti ripudio.
Non mi puoi ripudiare.
Io posso tutto.
Si si, basta crederci.
Risalgo in macchina e accendo una sigaretta, mentre riparto ancora alla ricerca di un posto tranquillo.
Dopo almeno un altro quarto d'ora trovo un parco, mi sembra nel centro della città. Scendo dalla macchina e vado verso i tavolini in fondo.
Do un'occhiata in giro e decido di prendere posto al tavolo centrale, e quando mi volto alla mia destra noto un ragazzo.
Quest'ultimo se ne sta seduto mentre consuma come me una sigaretta, ed anche lui con solo le cuffie nelle orecchie. Ha lo sguardo fisso verso l'orizzonte e nella mia testa mi domando a cosa mai starà pensando.
Lo osservo per un pò.
Sembra molto bello. Osservo il suo profilo e i suoi lineamenti.
È moro con i capelli corti, ma un ciuffo proprio uguale a quello di Nate caratterizza la sua capigliatura. Questo, gli ricade in volto, sulla fronte più precisamente, rendendolo ancora più affascinante al mio sguardo.
A vederlo così mi sembra il classico tipo di ragazzo sbruffone e idiota che ci prova con un sacco di ragazze e credo che riesca nel suo intento molto spesso dato che è molto bello. Il colore dei suoi occhi non mi è concesso vederlo, poiché questi ultimi sono chiusi, mentre il ragazzo, con l'espressione visibilmente tesa e pensierosa, tenta di rilassarsi sotto la luce solare che gli illumina il viso, facendolo sembrare un angelo sotto i miei occhi.
Indossa una camicia a quadri rossa e nera, dei Jeans neri stretti e strappati sulle ginocchia, ai piedi delle vans nere e bianche.
Dopo aver osservato a lungo il qui presente ragazzo decido di accendermi un'altra sigaretta e osservare lo spettacolo davanti a me.
Si vede la città e tutto il suo caos.
Mi perdo con l'osso guardo nei grattaceli di Seattle e nella linea dell'orizzonte. Il mio migliore amico mi dice sempre che questa linea, secondo lui, è come una specie di confine fra sogno e realtà. Ci capitava spesso, in Italia, di sederci su una panchina come questa è guardare lo Skyline della città, domandandoci cosa ci fosse dietro all'orizzonte. Io ed il mio migliore amico eravamo soliti riflettere su queste cose quando non andavamo in giro a combinare disastri. Era esilarante il modo in cui potevo fare discorsi seri insieme a lui, potevo parlare di tutto, passavamo dallo,spettegolare sulla maglietta che indossava la professoressa a scuola fino a prometterci che un giorno, insieme, avremmo superato l'orizzonte e varcato il confine che ci separa dalla realtà. Mi manca così tanto se penso a lui. Se avessi il telefono con me avrei potuto fargli una telefonata, solo per sentire la sua voce è sapere come se la passa in Inghilterra.
La scorsa estate è partito per fare il ragazzo alla pari a Londra, e da allora non lo vedo. Tornerà a novembre, a quanto mi ha detto mamma giorni fa, e non vedo l'ora di partire per l'Italia durante le va a se di Natale e riabbracciarlo. Ho voglia di affondare la testa nell'incavo del suo collo, di aggrapparmi a lui come l'edera rampicante e non lasciarlo più andare, inspirare il suo profumo, farmi stringere fra le sue braccia e sentirmi al riparo. Voglio tornare a respirare, sapendo che Luca è al mio fianco.
Sono intenta a pensare al mio migliore amico ed i miei pensieri si spostano su Nate e sulla nostra conversazione, anzi più che conversazione lo definirei litigio. Quando mi guarda come se fossi un'oggetto da riparare mi innervosisce così tanti che prenderei la sua testa e la sbatterei più volte sul tavolo, fino a fargli capire con chi ha davvero a che fare.
Lo so di essere di essere una persona rotta, non credi esista qualcuno più distrutto di me, ma non tollero quando la gente mi guarda come se fossi un'oggetto da aggiustare.
Si può ricucire un cuore quando si spezza?
Mi domando questo in continuazione.
Quante volte può cadere e rompersi un oggetto prima che non sia più possibile aggiustarlo?
Io sono troppo rotta per anche solo provare ad aggiustarmi, e mi dispiace per Nate, se pensa di riuscirci.
Sono immersa in tutti questi pensieri con lo sguardo fisso nel vuoto, alla ricerca di una speranza alla quale aggrapparmi, quando la vista della città viene offuscata da qualcosa, anzi qualcuno.
Alzo lo sguardo e incrocio due meravigliosi occhi verdi con screziature oro qui e la. Gli occhi della speranza. Gli occhi del ragazzo senza nome che prima era seduto nel tavolo alla mia destra. Fa un sorrisetto e mi osserva piegando la testa di lato, ma dalla sua espressione non riesco a capire se è incuriosito o infastidito.
"Cosa ti porta qui tutta sola dolce donzella?" Domanda incuriosito.
I suoi occhi mi studiano attentamente, il suo sguardo mi scruta dalla testa ai piedi, e continuo a domandarmi quali pensierini frullino nella sua mente per portarlo in un posto così tranquillo e silenzioso a riflettere.
Sorrido ed esterno il mio pensiero senza alcun tipo di riguardo. "E cosa porta te qui invece?"
Sono sempre stata la ragazza sfacciata che fatica di più ad esprimersi con il suo migliore amico o la sua migliore amica piuttosto che con uno sconosciuto.
Ho sempre pensato che fosse più facile parlare con uno sconosciuto, poiché questo ascolta la tua storia e la vive come una persona esterna, dandoti il suo parere spassionato senza alcun tipo di problema o riserva nei confronti.
"Rispondi sempre ad una domanda con un'altra domanda?" Ribatte prontamente sorridendo e prendendo posto accanto a me mentre accendo la terza sigaretta nel giro di mezz'ora.
"Tu hai un modo di fare domande che ne pone molte, di domande." mormoro sfacciata.
Sorride e scuote la testa mezzo divertito. "Wow, hai sempre la risposta pronta eh?"
"Una cosa del genere" replico sorridendo e tornando a guardare l'orizzonte.
"Beh fammi pensare. Una ragazza sola, si siede ad un tavolo, mi fissa per mezz'ora e poi da risposte molto vaghe. Che dovrei pensare?" Domanda facendo un lungo tiro dalla sua sigaretta e dopo avermi lanciato un'occhiata, torna a guardare Seattle in tutta la sua bellezza.
"Non devi pensare niente." Replico guardandolo. "Tranquillo, non ti stupro. Mi hai solo incuriosita: un ragazzo molto carino, da solo senza amici insieme a lui, è in un parco a parlare con una sconosciuta di non si è ancora capito che cosa, dato che stiamo divagando entrambi, quando a prima vista avrei detto che tu sei quel tipo di ragazzo che ha mille amici e fa lo sbruffone. Chi è lo strano fra i due?" Volto il capo e quando lo faccio lo trovo intento a fissarmi. Mi squadra dalla testa ai piedi con un'espressione piuttosto incuriosita che ritrae il suo volto.
"Mmm diciamo che lo siamo entrambi." Mi sorride e lancia a terra la punta infuocata della sigaretta, passandoci poi sopra il piede con l'intenzione di spegnerla. " Allora, che ci fai qua tutta sola senza le tue amiche?"
"Incidente di percorso" dico sospirando ed accendendo un'altra sigaretta.
"Problemi con il tuo ragazzo?"
"Non ho un ragazzo"
"Problemi con i tuoi genitori?" Azzarda indagando.
"Vivo da sola con la mia amica, i miei genitori sono in Italia" nel parlare dei miei genitori sento un pizzico di malinconia invedermi, sento la mancanza degli occhi azzurri di mia madre e la mancanza dei caldi abbracci di mio fratello. Sento la sua mancanza la sera, quando mi sdraio nel letto e non riesco a dormire. Ogni tanto, quando non riuscivo proprio ad addormentarmi, veniva in camera mia con la chitarra, si sedeva accanto a me e cantavamo una canzone, e mi cullava fino al crollo definitivo delle mie palpebre. Mi manca il thè caldo che mi faceva Camilla quando avevo un incubo e le parole rassicuranti di papà. Ma anche se mi mancano, non mi pento di essere partita, perché ho la sensazione che solo ricorrendo a questo drastico metodo, potrò salvarmi dall'oscurità che lentamente mi sta portando a fondo con se.
"Sei italiana?" Justin interrompe il filone dei miei pensieri riportandomi alla realtà.
"Così dicono."
"E che ci fai qui?"
"Evito i problemi, come posso."
Mi sto stupendo di me stessa.
Cavolo sei proprio Dio amore.
Ti vuoi stare zitta?
Questo ragazzo è bellissimo, lo hai visto bene?
Ho degli occhi anche io che ti credi? Lo so che è bellissimo ma..
Ma c'è Nate.
No.
Si.
Tappati la bocca.
Tanto so che ho ragione.
Convinta tu, convinti tutti.
"Non si possono evitare i problemi." Alza le mani in segno di resa con fare ovvio.
"Purtroppo, lo so bene credimi. Ero convinta di venire qui e cominciare tutto da zero, cancellare tutto, ma a quanto pare non posso. Non può esserci una nuova me senza che io accetti la vecchia me. Anche se quando sono partita ho avuto la sensazione che questo sacrificio, sarebbe servito per salvarmi dal niente che sto per diventare. Sento che sto scomparendo e non c'è cura che possa aiutarmi." Il mio sguardo è fisso nel vuoto davanti a me, mentre il fumo denso circonda la mia figura, racchiudendomi in uno di quei momenti in cui ho bisogno di piangere fino a che le lacrime non esauriscono.
"Si può sempre andare avanti." Justin mi guarda come se fosse ammaliato dalle mie parole, non si è perso neanche un mio movimento, un'espressione, nulla.
"Non sono qui per andare avanti. Sono qui per dimenticare. Ma non si può dimenticare, giusto?" Lo chiedo guardando il mio polso, come se avessi la va a speranza che in realtà, la pratica che ho disegnato in modo indelebile su di esso possa funzionare e possa davvero cancellare il periodo della mia vita in cui ero vuota, completamente vuota.
Compio movimenti circolari con le dita della mano destra osservando le linee in corsivo che lo ricoprono: Damnatio Memoriae.
Feci quel tatuaggio il giorno che feci un bel falò nel parco dietro casa mia, con l'intenzione di cancellare Caleb dalla mia testa, dalla mia anima e dal mio cuore, per sempre.
"Come credi poter fuggire da ciò che è dentro alla tua testa?" Mima le virgolette mentre cita il gatto di Alice in Wonderland.
"Non citare lo stregatto." Scuoto la testa come a volermi riprendere dal mio stato di shock attuale e giro la conversazione sul ragazzo seduto accanto a me. "Tu piuttosto, che ci fai qui?"
"Mi rilasso" Ribatte prontamente.
"È bello qui." Mi perdo nel paesaggio chiudendo gli occhi.
Il fischio del vento si mischia al movimento delle foglie ed al suono che provocano grazie al vento che le accarezza, mi perdo nel rumore delle macchine che sfrecciano dietro di noi, nel profumo della natura.
"Molto. Gli alberi non creano problemi come le persone."
"Sono d'accordo." Sorrido e mi volto a guardarlo, pensando che dopo mezz'ora di conversazione mi sono resa conto che questo ragazzo ,mi abbia capita di più di quello con cui ho litigato prima di uscire di casa, ed è molto più simile a me di quello che avrei mai immaginato. "Mi potresti cortesemente dire l'ora? Sono uscita di casa senza telefono"
"11:45" mormora guardando lo schermo del suo cellulare.
Roteo gli occhi al cielo e sbuffo. "Oh merda. Staranno impazzendo a cercarmi... Mo faranno la paternale, me lo sento."
Sento già le urla di Sarah invadere le mie povere orecchie vino a farmi diventare sorda.
"Allora non sei così sola" sorride guardandomi con una certa espressione addolcita.
"Ho amici, credo." Mi gratto il mento e metto le mani in tasca pensando a come definire il mio strano rapporto con quei ragazzi, esclusa Sarah.
"Credi?"
"Sì. Non sono la tipa socievole che credi io sia." Ammetto tornando a guardare lo Skyline di Seattle.
"Studi?"
"Si. Alla Seattle University, sono al primo anno. Tu?" Ricambio la domanda tornando ad affondare nelle sue iridi verdi, quelle iridi che mi ricordano tanto il mio Paolo, che nonostante tutto mi manca.
"Si, sono al quarto anno, sempre li."
Rimango stupita dalla sua risposta, non l'ho mai visto aggirarsi per i corridoi.
E si che non è uno difficile da notare, è bello quasi come Nate.
Appunto. No aspetta.. cosa?
Io non lo posso avere pensato seriamente.
"Non ti ho mai notato." Dico dando libero sfogo ai miei pensieri.
"Forse perchè non ti guardi bene intorno." Inarca le sopracciglia ed osserva la mia espressione con la fronte corrucciata.
"Non sono la tipa abituata a farlo"
"Nessuno ha detto che devi farlo per forza e non era un insulto. Però è carino conoscere nuovi orizzonti e aprire la propria mente ogni tanto, sai?" Mi dice senza togliersi il sorriso dalle labbra.
"Ok questa conversazione non ha molto senso. Direi che è meglio tornare a casa, sono ad almeno mezz'ora da lì." dico alzandomi e tirando fuori le chiavi della macchina dalla grossa felpa.
"Wow abbigliamento insolito per una ragazza come te." Ridacchia divertito squadrandomi dalla testa ai piedi.
"Sono in pigiama" Ammetto guardandomi.
Indosso una grande felpa grigia di circa due taglie più di me, con lo stemma della mia scuola superiore, appartenente al mio migliore amico. I pantaloni della tuta neri sono di mio fratello ed ai piedi porto delle DVS, scarpe che in Italia vanno molto di moda, ma che qui ancora non ho visto indosso a nessuno. Solitamente le usano per lo più gli skater, ma essendo che sono scarpe molto grosse e imbottite, con un abbigliamento del genere sembro una fattona di prima categoria. Mi piace vestirmi in questo modo, ma ammetto che di solito tendo ad essere un po' più femminile.
"Ottimo" ridacchia "beh, ci si vede al campus bellezza." Mi fa l'occhiolino e si alza salutando,i con un bacio sulla guancia. Rimango un po' interdetta a quel gesto ma riesco a constatare che, in fondo, non mi ha dato fastidio.
"Certo ragazzo senza nome e carino, a presto"
"Mi chiamo Justin, a presto ragazza senza nome, carina e strana"
Gli sorrido. Mi sorride.
Salgo in macchina e sgommo verso casa.
Arrivata nella mia dolce dimora sento brontolii provenire dall'interno.
Apro la porta.
"È arrivata miss allegria" dico sorridendo e noncurante della preoccupazione negli occhi di Nate.
"Si può sapere dove sei sparita?" Domanda con il tono della voce alzo e visibilmente preoccupato.
"Buongiorno anche a te orsacchiottino. Sono andata a rilassarmi e a cercare il mio chacra interiore" dico prendendolo in giro e andando verso la cucina, dove apro il frigo e bevo a canna il succo alla pesca.
"Non fare la spiritosa, dov'eri?" Insiste il ragazzo.
"Te l'ho detto. Ho trovato il mio baricentro." Faccio spallucce e scuoto la testa. "Ma poi che t'importa? Magari sono andata a gigolò e tu non lo saprai mai."
"Il tuo che? Ti prego vieni qui e abbracciami stupida che non sei altro. Ero molto preoccupato." Sussurra poggiandosi allo stipite della porta.
"Mi dispiace per stamattina. So che ho esagerato, è solo che sono esasperata e stufa. Mi guardate tutti come se fossi da aggiustare, io voglio essere salvata. E tornare a stare bene." Dico in un sospiro e andando verso di lui.
"Lo so piccola, lo so. Dai fatti stringere, ti prego, ne ho bisogno"
Senza farmelo ripetere due volte mi fiondo fra le sue braccia.
È così bello qui. Quando mi stringe mi sento piccola piccola e sento che mi fa da sostegno. Sento che non permetterà che io cada, che mi starà sempre accanto. Nate è diventato importante in così poco tempo, e ad essere sincera questo mi preoccupa un pò, non tanto perché non è un bravo ragazzo, ma quanto più perché io non lo merito al mio fianco, non ho fatto nulla di buono per meritarmi un ragazzo come lui.
Mi ha impedito di impazzire del tutto dopo la crisi di nervi avuta quando Paolo mi ha lasciata al telefono. Stavo per avere un attacco di panico e lui mi ha salvata, ha saputo prendermi.
Ma come fa? Decido di chiederglielo.
"Come fai?" Domando inspirando il suo dolce profumo. Il mio cuore prende a battere velocemente quando le sue labbra poggiano sulla mia fronte e ringrazio Dio e tutti i santi che sono bassa e non può vedermi in faccia, perché sono certa che le mie gote si siano colorate di rosso.
"A fare cosa?" Domanda confuso.
"A sapere Quando ho bisogno che tu mi stringa così fra le tue braccia. A sapere come prendermi. A non mollare quando ti tratto male come ho fatto prima. Come puoi avere così tanta pazienza con una causa persa come me?" Sbuffo e sciolgo l'abbraccio guardando le punte dei miei piedi mentre passo la mano fra i miei capelli. Le sue iridi azzurre come il ghiaccio mi scrutano e per un momento immagino me stessa felice in quegli occhi che, pur essendo in grado di trasmettere tanta freddezza in un solo sguardo, mi trasmettono tutta la sicurezza necessaria per restare a galla e non mollare la presa sulla fune che tiro e stringo da ormai anni.
"Lascia decidere a me se sei una causa persa oppure no." Sorride scuotendo la testa.
"Lo sono secondo te?"
"No principessa. E anche se lo fossi saresti la causa persa più bella del mondo. La MIA causa persa."
"Oh Nate, ti adoro" e lo stringo più forte, guadagnandomi un altro dolce bacio sulla fronte e sentendo il mio battito cardiaco accelerare drasticamente, una seconda volta.
____________________
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro