27
Jennifer
Guardo l'auto con riluttanza, è impantanata sino alla carrozzeria. Ho già riavviato il motore diverse volte, ma l'unico risultato è stato quello di sprofondare ulteriormente le ruote nel fango. Dannazione! Tiro un calcio al paraurti imprecando a bassa voce.
«Non servirà a molto», commenta una voce maschile alle mie spalle. Spazientita mi giro verso Carlos, che mi guarda divertito.
«Cosa ci fai qui?» Gli chiedo posando le mani sui fianchi.
«Non credo di avere bisogno del tuo permesso per seguirti», risponde lui dando un'occhiata derisoria alla jeep.
«Certo», borbotto con voce gelida.
«Credo tu abbia proprio bisogno di una bella spinta», afferma malizioso.
Dio, ma non pensa mai ad altro?
Fingo di non cogliere il doppio senso e osservo le mie scarpe ricoperte di melma.
Se non altro sono perfettamente in pendant coi jeans ormai irriconoscibili.
Che rabbia!
«Quando ieri sei tornata stava piovendo, perché non hai parcheggiato in garage?» Chiede saccente.
«Se ben ricordi, l'idea di farmi prendere la macchina anziché la moto è stata tua e quando sono rincasata dal villaggio Esperanza ero stanca, non avevo voglia di fare manovre e i posti davanti alla villa erano tutti occupati. Ho pensato che non sarebbe successo niente se l'avessi lasciata qui.»
Lui mi guarda divertito, io sono furibonda.
Sbuffo, lo spingo da parte e mi rimetto al posto di guida.
Dopo aver nuovamente acceso il motore ingrano la marcia e accelero, ma tutto quello che ottengo è l'ennesima esplosione di fango nell'aria.
Accidenti.
Furiosa, rimango immobile a fissare il volante. Faccio qualche respiro profondo per calmarmi, riapro la portiera ed esco di nuovo.
Mi piazzo davanti a Carlos e lui mi fissa impassibile.
«Non startene lì impalato, aiutami.» Lo sollecito.
Lui mi posa l'indice sotto il mio mento e col pollice mi sfiora il labbro inferiore. «Adoro vederti arrabbiata corazón.»
Sollevo lo sguardo al cielo esasperata. Non ce la fa, è più forte di lui.
«Ci serve una mano in più dolcezza», esclama andando in garage e tornando con due assi lunghe, dall'aria solida. Mentre le sistema di fronte alle ruote anteriori io lo osservo spazientita a braccia incrociate, battendo a terra la punta della scarpa.
Lui si raddrizza e mi studia divertito.
«Vai donna», commenta indicandomi l'auto.
È arrogante, ma anche sexy da morire.
Un sorriso pericoloso incurva le sue labbra. Oh cielo, mi tremano le gambe.
«Metti in moto, io spingo», ordina, «ma non accelerare troppo questa volta», mi sbeffeggia posando la mano sulla mia spalla.
«Hai mangiato la mia polvere, so come si guida», gli ricordo sfacciata e soddisfatta.
Lui si avvicina pericolosamente, «Stai cercando guai, amor?» Sussurra sfiorando una ciocca dei miei capelli.
La sua voce è come una scarica di adrenalina a cui non rimunererei nemmeno sotto tortura.
Mi bacia sulle labbra e poi mi lascia ritornare in auto.
Do gas lentamente, le ruote anteriori iniziano a far presa sulle assi e l'auto si muove. Procedo adagio, ma quando noto la sua espressione da sbruffone, dentro di me scatta qualcosa, così premo l'acceleratore facendo schizzare l'auto in avanti, come una banana spremuta fuori dalla sua buccia.
A quel punto spengo il motore e sorrido soddisfatta.
Ora sì che sei sistemato caro.
Lascio il posto di guida e, quando lo vedo a carponi nel fango, cerco di mantenere un'espressione desolata. Ops.
Lui solleva lo sguardo su di me e i suoi occhi mi trapassano come una freccia.
«Vogliamo giocare sporco?» Domanda lapidario.
Alla vista della sua faccia infangata mi riesce difficile restare seria e inevitabilmente, gli angoli della mia bocca si sollevano.
«Vedo che ti stai divertendo.»
Appoggio la mano sul petto. «Sono dispiaciuta amor, non era mia intenzione», affermo nel tentativo di trattenere le risate.
«Se la mettiamo così, allora dovrò ringraziarti», dice afferrandomi la mano e trascinandomi a sé.
Ecco fatto, ora sono ufficialmente da buttare.
Soffio per sposare la ciocca di capelli che mi è caduta sugli occhi e, senza pensarci due volte, raccolgo una manciata di fango e gliela strofino sulla guancia.
Per tutta risposta lui mi prende il viso tra le mani sporche e fa altrettanto. Siamo completamente fuori controllo. Prendo altro fango e lo spalmo sulle sue braccia, lui mi imita e l'atmosfera inizia a surriscaldarsi.
Carlos mi afferra sotto le braccia e mi solleva come se non pesassi niente, facendomi sedere a cavalcioni su di lui.
«Siamo tutti sporchi», commento divertita mentre lui mi guarda con una strana scintilla negli occhi.
«Hai ragione, dobbiamo risolvere il problema.»
Accarezzo il suo viso e guardo quelle labbra perfette, che invocano di essere morse.
«Reggiti», dice mentre avvolge una mano intorno a me e con l'altra si aiuta per alzarsi. Una volta in piedi sistema meglio le mie gambe intorno ai suoi fianchi e io rimango saldamente aggrappata al suo collo.
«Posso camminare», sussurro appoggiando il mento sulla sua spalla.
«Non per quello che ho in mente.»
Mmh... Interessante.
Gira intorno alla villa e attraversa il giardino sul retro.
«Dove stiamo andando?» Chiedo confusa.
«Non lasciarmi per nessun motivo», avverte.
Mi volto per chiedergli il perché, ma non serve, mi basta vedere la piscina, la sua superficie più immobile di un bersaglio. Lui si mette a correre e io strillo. Quando saltiamo nel vuoto trattengo il fiato strizzando gli occhi con forza e l'acqua ci sommerge.
Non mi lascia e io non ho nessuna intenzione di staccarmi da lui. Risaliti in superficie inspiro a pieni polmoni lo guardo sconvolta.
«Mi hai sporcato, ora lavami», dice malizioso mentre le gocce gli imperlano il viso.
«Tu sei pazzo e ora hai infangato anche la piscina!» Esclamo attonita.
«Non è la fine del mondo», risponde dando un'alzata di spalle.
Delicatamente inizio a pulirgli il volto, irrigidendomi all'istante quando le sue mani scivolano sotto la mia maglietta.
«Carlos.»
«Stai buona, continua a lavarmi.»
Sospiro sonoramente.
Le sue mani mi sfiorano la schiena, si spostano sui fianchi e risalgono sul mio ventre, chiudendosi a coppa sul seno.
«Non è una buona idea», mormoro respirando a fatica. Ancora una volta il mio corpo vibra solo grazie al suo tocco.
«Chi lo dice?»
«Io», rispondo sommessamente accarezzandogli il collo.
«Allora vediamo cosa mi dici di questa.», risponde tirandomi bruscamente a sé e baciandomi.
Perché i suoi baci devono essere sempre così maledettamente perfetti?
Assaporo le sue labbra, ma decido che sia meglio fermarsi prima che sia troppo tardi. Mi dispiace per lui, ma oggi non ho tempo. Devo andare in pasticceria per ritirare la torta di compleanno che ho fatto preparare per Victor, il primo bambino che ho conosciuto al villaggio Esperanza. Il piccolo compirà sei anni domani e stasera ci sarà una festa in suo onore.
«Carlos devo andare, sono in ritardo», mi lamento cercando di scivolare via dalla sua morsa.
Lui non risponde, continua a far viaggiare le sue mani fino a raggiungere le natiche.
Come un serpente scivolo via dalle sue braccia e m'immergo in acqua mentre lui tenta di acciuffarmi. Nuoto il più velocemente possibile, ma lui riesce comunque ad afferrarmi la caviglia.
Non questa volta Gardosa!
Scalciando riesco a liberarmi e, una volta issatami sul bordo, rotolo fuori ansimante.
«Sai cosa succederà quando ti avrò preso?» Chiede nuotando verso di me.
Io mi alzo, indietreggio e lo guardo vittoriosa, ma con il cuore che martella nel petto.
Stiamo giocando e la cosa mi piace molto.
«Prima dovrai riuscirci» preciso schioccando le dita e poi corro verso la villa.
«Sei nei guai!» Urla mentre io rido scuotendo la testa.
So che riuscirà a prendermi.
Carlos
Eh no bella mia, nessuno può fregarmi, nemmeno tu.
Le lascio un po' di vantaggio, giusto perché si illuda di essere libera. Dovrà farsi la doccia e per farlo deve necessariamente spogliarsi. Mmh, prevedo una scopata eccellente. Scrollo le spalle e tiro indietro i capelli concentrandomi sulla mia preda che scompare dietro l'angolo.
Cammino con molta calma e alcuni dei miei uomini mi osservano sorpresi. Per tutta risposta li incenerisco con un'occhiata inequivocabile: fatevi i cazzi vostri.
Inzuppato, gocciolante, entro in villa con l'unico obiettivo di dare una lezione a quella ribelle. Quando l'avrò tra le mani giuro che non mi fermerò finché non chiederà perdono per la sua insolenza.
«Ma che diavolo... »
Mi volto di scatto verso Adrian e sollevo la mano.
«Non. Dire. Niente.»
Lui serra le labbra, lo stronzo sta trattenendo le risate.
Bell'amico.
«Fammi un favore: manda qualcuno in pasticceria a ritirare la torta e falla portare al villaggio Esperanza, Ah, ricordati anche di avvisare Gracia che io e Jennifer arriveremo in ritardo.»
Lui porta una mano alle labbra, sogghignando.
«Quella ragazza è la tua condanna», commenta divertito.
Lo guardo truce e salgo di sopra.
L'idea della piscina mi era sembrata divertente, ma ora che ho i boxer incollati alle palle non ne sono più così sicuro.
Entro nel mio appartamento senza fare rumore.
Dove sei diavoletto?
In lontananza la sento canticchiare.
È di buon umore, bene. Renderà tutto più divertente.
La porta del bagno è semichiusa, mi avvicino, la apro piano e poi la vedo.
È di schiena, completamente nuda e sta regolando la temperatura della doccia.
Non mi stancherò mai di ammirare il suo sedere, è un'opera d'arte, specialmente dopo che l'ho marchiato affondandoci i denti.
Mia, tutta mia.
Basta, è arrivato il momento di catturarla, non resisto più.
Entro e chiudo la porta, sbattendola di proposito.
Lei sobbalza e poi si volta verso di me. Il suo sguardo è animato sia dalla paura che dal divertimento. Sa bene quello che ha fatto e si aspettava la mia reazione.
«Carlos.»
«Tenemos un problema, Jennifer.» La minaccio avanzando.
Lei indietreggia entrando nella doccia, gli occhi persi nei miei. L'acqua le scorre sul corpo, i lunghi capelli biondi aderiscono alla sua pelle e io mi crogiolo in quella visione tanto perfetta. Sembra una dea.
Joder, mi ha fottuto il cervello, il cuore e ogni dannatissima cellula del corpo.
Respiro a fondo e in tre grandi falcate la raggiungo.
Il mio corazon si morde il labbro sbattendo le lunghe ciglia. Stronza manipolatrice. Conosco fin toppo bene il suo gioco. Recitare la parte della verginella ingenua, ormai, non le servirà più a nulla.
«Sono in ritardo», mi ricorda appoggiando la schiena sulla parete.
In realtà vuole tutto questo, ma come sempre cerca di farmi credere il contrario.
Il mio corpo la intrappola schiacciandosi contro il suo, le mie labbra le sfiorano la fronte.
«Tu non vai da nessuna parte», sussurro.
Jennifer solleva il mento di scatto e si acciglia, sfidandomi ancora una volta.
Non aspettavo altro. Le lascio il tempo di decidere cosa fare, ma so già che si ribellerà e questo non farà che aumentare la mia brama di possederla.
«Sono in ritardo», ripete più decisa.
Cerca di spingermi via posando le mani sul mio petto, ma io rimango dove sono.
«Esatto, sei in ritardo.»
Mi abbasso sfiorando le sue labbra con le mie.
«Carlos.»
«Silencio.»
Con la lingua seguo il profilo delle sue labbra, non si ritrae perché le piace. Il suo respiro è corto, riesco a sentire il suo cuore che batte, il suo corpo che vibra quando le mie mani scivolano sui suoi fianchi.
«Oh, sì», risponde come piace a me.
«Spogliami», le ordino senza consentirle di replicare.
Le sue mani affusolate scendono vellutate sul mio corpo, liberandomi dei vestiti fradici.
Una volta nudo mi metto in ginocchio e porto la sua gamba sopra la spalla.
«Che stai facendo?» Chiede trepidante.
Sollevo lo sguardo e le sorrido malizioso.
«Ti assaggio.»
Il mio viso scompare tra le sue gambe, la mia bocca si avventa sul suo sesso e finalmente l'assaporo.
Dio, è questo il sapore che deve avere il paradiso.
Infila le mani tra i miei capelli mentre la mia lingua le scivola dentro.
Lei ansima, il mio uccello scatta sull'attenti.
Succhio le labbra del suo sesso, le torturo mordicchiandole e lei si contorce dal piacere. Vederla godere è il più potente degli afrodisiaci.
Sento le sue unghie sulle spalle, sta per raggiungere il culmine, lo percepisco dalle contrazioni sempre più ravvicinate che mi solleticano la lingua, ma non è ancora pronta. Deciso, spalanco la sua carne nascosta con la bocca e la penetro più a fondo mentre le siringo le natiche con le mani.
«Carlos.»
Sembra un richiamo disperato, sta per cedere ed è esattamente come la voglio: priva di controllo.
La lecco con più foga sentendola piegarsi in avanti, segno che non riesca più a reggersi.
Ma io sono un bastardo, non voglio darle ciò che si aspetta e mi interrompo bruscamente.
Mi alzo di scatto e con un unico gesto la faccio voltare schiacciandola sulla parete e poi la penetro brutalmente.
Lei urla sorpresa.
«Questo per avermi abbandonato in piscina», ringhio sul suo collo.
Mi faccio largo in lei.
«Questo per aver creduto di potermi sfuggire.»
Affondo fino a riempirla tutta e lei ansima con il viso schiacciato sulle piastrelle.
«Questo per ricordarti chi sono.»
Con le mani mi aggrappo ai suoi seni e spingo così forte da farle mancare il respiro.
Mi impossesso di lei con irruenza, insaziabile costringendola a un ritmo convulso.
Non mi basta, è più di una necessità, è un bisogno sordo e incontenibile, dipendo da lei.
Le sue mani mi stringono i polsi. Il mio corpo brucia, i suoi gemiti amplificano il mio desiderio.
I nostri bacini danzano insieme febbrili, i nostri ansiti scandiscono il ritmo del piacere.
Non riesco più a trattenermi, affondo ancora un paio di volte e poi mi libero respirando a fondo. Lei trema in balia degli spasmi e allora la stringo forte a me, le bacio la spalla e risalgo sul collo. «Io sono el Diablo e tu sei solo mia.» le sussurro all'orecchio.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro