» ventidue
Il Gotham Mercy General Hospital era stranamente silenzioso quella notte. Dopo il trambusto creato dall'arrivo di Aaron Palmer in fin di vita su una barella al pronto soccorso e l'immediato intervento per stabilizzarlo, era calato di nuovo nella quiete più totale. L'ospedale era un edificio moderno - tra i più nuovi della città - ed aveva le dimensioni di un grosso parallelepipedo a tre piani. Le pareti di cemento armato erano di un colore tendente al beige e tutte le facciate erano occupate da ordinate file di grosse finestre.
Brandy non aveva lasciato per un istante la mano del ragazzo che giaceva inerme sul letto della stanza numero 40. Aveva la testa bendata, un braccio ed una gamba ingessati. I medici gli avevano somministrato una dose massiccia di antidolorifici per fargli passare la nottata senza ulteriori sofferenze. Non le avevano detto altro.
La giovane donna si riteneva l'unica colpevole della condizione disastrosa di Aaron, la causa scatenante di tutto il suo dolore fisico. Sapeva che non doveva essere lì: se Palmer si fosse svegliato e l'avesse trovata con la testa appoggiata al materasso accanto al suo petto, avrebbe solamente aggiunto un dispiacere al suo cuore danneggiato.
Ma c'era una forza superiore che la teneva ancorata su quella seggiola di plastica, qualcosa di viscerale che le diceva di rimanere accanto al ragazzo che un tempo aveva creduto di amare. Glielo doveva dopo tutto quello che era successo a causa sua. Se solo lei non fosse stata Batgirl, l'esistenza di quel giovane uomo sarebbe stata diversa ed ora non si sarebbe trovato in quel letto d'ospedale a lottare contro la morte.
Brandy appoggiò lateralmente la testa sul materasso e scrutò Aaron con gli occhi ricoperti di lacrime.
Gli accarezzò dolcemente il viso ricoperto di tagli, poi passò i polpastrelli sulle sue labbra rese gonfie dalle botte che gli aveva rifilato Maroni un paio di ore prima. Sbarrò le palpebre, sentendo il petto riempirsi dai rimorsi e dai sensi di colpa.
Rimase immobile per quelle che le parvero ore, un piccolo frammento di eternità reso infinto dall'odore nauseabondo del disinfettante e dal leggero bip che producevano i macchinari che monitoravano Palmer. Un lieve bussare alla porta della stanza le fece alzare la testa di scatto, si fiondò subito ad aprirla con la speranza che fosse venuto qualcuno a consolarla e a dirle che ad Aaron sarebbe andato tutto bene. Anche se inconsciamente sapeva che non era così.
"Brandy, sono arrivato il prima possibile." La voce di Bruce Wayne le giunse all'orecchie come un balsamo curativo. Il suo viso era l'unica cosa che avrebbe voluto vedere per il resto dei suoi giorni. La bionda non disse niente, si limitò semplicemente ad abbracciarlo. Si aggrappò a lui come se fosse l'unico in grado di liberarla, come se fosse la sua àncora di salvezza. L'uomo le cinse i fianchi con una mano, mentre con l'altra le accarezzò dolcemente i capelli e le baciò la testa.
"Grazie per essere qui..." Gli sussurrò contro il petto e si lasciò cullare da quel dolce abbraccio. "I dottori dicono che si sveglierà, ma non sanno quando. Gli hanno dato degli antidolorifici per farlo riposare tranquillamente."
Brandy si staccò da quell'intreccio di braccia e si sedette accanto al letto, prese la mano calda di Aaron tra le sue. Tremava, aveva freddo. Bruce si tolse la giacca nera del completo, rimanendo in camicia scura e gliela posò sulle spalle. Poi arraffò una seggiola di plastica e prese posto accanto a lei.
"Grazie, Bruce." La ragazza di voltò nella sua direzione. "Forse è meglio se andiamo a casa e torniamo domani mattina."
Il miliardario annuì, poi le allungò una mano e la aiutò ad alzarsi. Brandy lasciò un leggero bacio sulla fronte livida di Aaron ed insieme uscirono dalla stanza numero 40 del Gotham Mercy.
* * *
Brandy non aveva chiuso occhio per tutto il resto della nottata e solo all'alba aveva deciso di alzarsi dal letto. Il cielo di Gotham era uno spettacolo meraviglioso: i colori tenui del rosa si mischiavano all'arancione brillante, dando origine ad un vortice di sfumature mozzafiato.
Lanciò un'occhiata al letto.
Bruce stava dormendo tranquillamente, sembrava quasi un bambino. Aveva i capelli scompigliati ed un ciuffo scuro gli ricadeva davanti agli occhi chiusi. Il suo petto nudo e marmoreo si muoveva piano in su ed in giù.
Si sedette accanto a lui e gli accarezzò la guancia, poi - dopo avergli posato un bacio sulla fronte - si diresse verso la cucina dell'immensa villa.
Aveva bisogno di un caffè bollente e rigenerante. Bramava il suo sapore amaro e pungente sulla lingua. Armeggiò qualche minuto, in cerca di ciò che gli serviva. Infine mise la moka sul fuoco ed aspettò che l'espresso gorgogliasse. Nonostante fossero solo le sette di mattina, decise di chiamare Ivy per informarla di ciò che era successo nelle ultime ore.
La sua amica le rispose quasi subito, segno che si fosse svegliata preso per prepararsi per la sessione di esami che avrebbe dovuto affrontare nelle settimane successive.
"Hey, Brandy! Sei a casa del tuo principe azzurro a fare baldoria? È da una vita che non ti vedo." La voce frizzante della sua amica le trapassò i timpani, tanto che dovette allontanare la cornetta dall'orecchio. "A quando le nozze?"
"Ivy, per favore. Ti devo parlare di una cosa seria... Ieri sera hanno aggredito Aaron, adesso è in ospedale. Lo hanno stabilizzato, ma ha davvero visto la morte in faccia." Una lacrime scese dagli occhi azzurri di Brandy, che la scacciò subito e si affrettò a bere un sorso di caffè caldo.
"Tesoro, mi dispiace tantissimo. Appena posso, vado a trovarlo in ospedale. Tu adesso dove sei? Hai bisogno che ti venga a prendere?"
"Sono a casa di Bruce. Sto un po' con lui e poi torno da Aaron. Io mi sento così in colpa per quello che gli è successo, davvero."
"Brandy, non è colpa tua e non so nemmeno perché tu stia dicendo una cosa del genere. Hanno aggredito il tuo ex fidanzato, tu non ne hai colpa."
"Invece sì... Dillo anche a DJ, per favore." La ragazza sospirò, passandosi poi una mano sulla fronte. "Ciao, Ivy. Ci vediamo dopo." Appoggiò il telefono sul tavolo di legno scuro e si massaggiò le tempie con la punta dei polpastrelli, cercando di scacciare lo stress dal suo corpo.
Un paio di braccia le cinsero i fianchi ed una bocca calda si appoggiò alla base del suo collo.
"Buongiorno, Brandy. Noto con piacere che la mia camicia nera sta meglio a te che a me." Il respiro di Bruce le solleticò la pelle, provocandole una miriade di brividi. "Come stai?"
La bionda si girò e lo baciò dolcemente, assaporandosi quel contatto che la mandava in estesi. Le sue piccole mani vagarono sul petto nudo di Wayne, sfiorando con i polpastrelli la sua pelle calda. Poi appoggiò la testa contro al suo collo: "Non lo so. Mi sento dannatamente in colpa per quello che è successo ad Aaron."
"Perché ti senti in colpa? Quello che è accaduto era inevitabile, non si può sempre salvare tutti."
"Invece sì! Ho perso i miei genitori e mia sorella, non posso permettermi di perdere anche lui. Ci tengo a Palmer, gli voglio bene. E non posso nemmeno immaginare come mi sentirei se dovesse succedere qualcosa a te."
Bruce scosse la testa: "Io so badare a me stesso. E fidati, per quanto tu ci possa provare, non potrai mai essere ovunque a salvare tutti. So che vorresti farlo, sei una ragazza determinata, ma è umanamente impossibile."
"Io devo dirti una cosa che è giusto che tu sappia. Ho un segreto, Bruce: io sono Batgirl. E l'aggressione di Aaron è solo colpa mia. Salvatore Maroni lo ha incaricato di consegnarmi a lui, in modo tale che potesse arrivare a Batman. Lui si è rifiutato e questa è la conseguenza, inoltre non era la prima volta che lo rapivano e aggredivano. Una volta c'ero anch'io, in veste della sua fidanzata."
Scrutò Wayne negli occhi, per captare una qualsiasi reazione. Rimase immobile, impassibile, come se quella confessione così ardita non lo avesse scalfito minimamente. Prese Brandy per mano e la trascinò fino al salotto dove c'era il pianoforte che piaceva ad entrambi. Pigiò una serie di tasti ed un varco si aprì nella libreria. La ragazza lo seguì attentamente e senza proferire una singola parola. Entrarono in un piccolo ed angusto ascensore di metallo, posto in una galleria scavata nella roccia nuda.
"Dove mi stai portando?" Brandy si strinse nella camicia nera, aveva freddo e l'umidità delle pareti le penetrava nelle ossa.
"Anch'io ho un segreto." L'ascensore si fermò. Erano giunti in una caverna che la bionda conosceva bene: gli aggeggi elettronici, i tavoli di metallo e gli scaffali ricoperti di stanti gadget d'avanguardia. Era la Batcaverna.
"Io sono Batman." Bruce la guardò negli occhi. Solo allora si rese conto di quanto fossero simili a quelli del suo alleato misterioso, scuri come la notte e freddi come il ghiaccio. Non potè fare a meno di sorridergli, quell'uomo era una scoperta continua.
"Era destino che io e te ci incontrassimo, Bruce." Si avvicinò a lui e lo baciò con tutta la passione che aveva in corpo.
Erano fatti per stare insieme: erano la stessa faccia della medaglia.
* * *
Aaron Palmer si era svegliato da qualche ora e già rimpiangeva di aver sollevato le palpebre. Sentiva il corpo in fiamme per il dolore, aveva un mal di testa lancinante ed inoltre anche solo respirare gli richiedeva uno sforzo immane.
Quell'agente - Miller - della polizia lo stava tartassando con mille domande ed avrebbe voluto tirargli un pugno in faccia per farlo tacere.
"Ti ho già detto che non ho visto in faccia il mio aggressore." Serrò le labbra e cercò di ignorare il male martellante alle tempie. Aveva la testa fasciata e qualche arto rotto, ma se Michael non avesse chiuso la bocca lo avrebbe messo al tappeto volentieri.
Lo guardò sollevando un sopracciglio, cercando di non perdere le staffe. Aveva capito al primo sguardo che Palmer era un osso duro. "L'agente Knight ha riferito al sergente Gordon che tu hai dei conti in sospeso con Salvatore Maroni."
"Quella puttana deve imparare a farsi gli affari suoi." Berciò, provocandosi una fitta allo stomaco livido. "Io non ti dirò niente. Sono io la vittima di questa situazione ed ho il diritto di rimanere in silenzio, quindi se hai finito con le tue domande preferirei essere lasciato in pace."
Miller lo guardò male, però si limitò ad annuire e a salutarlo.
Uscì dalla stanza 40, ma venne subito sostituto da altre due persone che Aaron non avrebbe voluto vedere quel giorno: Brandy e Bruce Wayne. La ragazza si avvicinò lentamente al letto, mentre il miliardario decise di rimanere accanto alla soglia della porta - giusto per dare loro un po' di privacy.
"Ciao, Aaron. Come stai?" Gli domandò con voce lieve la bionda.
Palmer era furioso. Quella donna che tanto aveva amato, provocava in lui solo disgusto per averlo tradito e per averlo messo in quella posizione scomoda.
Non voleva rivelare il suo nome a Maroni, ma non poteva di certo continuare a finire ad un passo dal Creatore pur di proteggerla.
"Potrei stare decisamente meglio. Cosa ci fai qui?" Il suo tono di voce risultò minaccioso, così cercò di addolcirsi un poco, nonostante la presenza di Wayne lo irritasse parecchio. Vederlo assieme alla sua ex ragazza era più doloroso che essere trapassato da cento coltelli affilati. "Non dovevi preoccuparti per me..."
"Aaron, smettila di dire sciocchezze. Se tu ti trovi qui è per colpa mia ed io non sopporto l'idea di saperti in fin di vita a causa mia. Ti voglio bene e mi dispiace per come sia finita tra noi due, però in questo momento è più importante la tua incolumità.
Wayne alzò gli occhi al cielo, Palmer lo notò subito con un certo senso di appagamento. Gongolò un po', sentendosi l'oggetto di tanto interesse da parte della ragazza bionda.
"Dovrai collaborare con la polizia, ti metteranno sotto sorveglianza continua e ti daranno una nuova identità se tu ci aiuterai a mettere in prigione Maroni ed i suoi uomini. Sarai l'informatore del GCPD. Gordon ha già accettato. Tu cosa vuoi fare?"
Aaron non aveva altra scelta, era ormai spacciato: "Accetto."
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro