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Alfred Pennyworth aveva prestato servizio alla famiglia Wayne in qualità di maggiordomo per quasi tutta la sua vita. Era un uomo dal viso segnato dal tempo, ma dolce; i capelli bianchi come la neve gli donavano un aspetto saggio e di chi la sapeva lunga.
Il signor Alfred era premuroso, dispendioso di consigli ed a volte si lasciava andare in qualche piccola battuta e provocazione nei confronti del giovane rampollo della casata. Dopo la morte di Martha e Thomas, aveva accudito il piccolo Bruce come se fosse suo figlio e l'aveva visto allontanarsi da Wayne Manor per un lungo periodo di tempo, nel quale aveva sperato con tutto il suo cuore che non fosse morto. Sarebbe stato un dolore insopportabile.
Ma - dopo quasi sette anni - Bruce era tornato e sembrava intenzionato a rimanere a Gotham City. Il maître sapeva però che quella comunità non aveva nulla da offrirgli, se non sofferenze e dispiaceri, ed aveva il timore che il giovane uomo rimanesse ancora una volta deluso dalla sua città natale.
La metropoli del crimine non era un posto che faceva per lui.
Il signor Pennyworth entrò nell'enorme camera da letto di Wayne. Era arredata con mobili dallo stile antico e raffinato.
Al centro della stanza c'era un maestoso letto a baldacchino, su cui era disteso il miliardario che dormiva beatamente.
"Signor Wayne, è ora di alzarsi!" Proferì Alfred, appoggiando poi un vassoio colmo di prelibatezze sul comodino accanto al talamo matrimoniale.
"I pipistrelli sono notturni..." Borbottò Bruce, con la faccia premuta sul cuscino di pregiate piume d'oca. La luce che filtrava prepotentemente dalle grandi finestre disturbava il sonno leggero dell'uomo. Quella notte non aveva quasi chiuso occhio.
"Forse, ma anche per i miliardari playboy è tardi alzarsi alle tre di pomeriggio! Condurre una doppia vita ha il suo prezzo, temo."
Lanciò il quotidiano fresco di stampa accanto al corpo di Bruce che si mise a sedere sul letto e lo sfogliò con cura. "Teatrale, ha fatto impressione."
Il ragazzo si soffermò sull'articolo in prima pagina dedicato interamente a Batman che la sera prima aveva catturato Carmine Falcone ed un buon numero di suoi scagnozzi.
"Teatralità e inganno sono armi potenti, Alfred. È un buon inizio." Commentò richiudendo il giornale con un sorrisino soddisfatto dipinto sul volto e poi decise finalmente di alzarsi dal letto.
Indossava solo i pantaloni del pigiama di seta scura ed il petto ricoperto di lividi e tagli non passò inosservato agli occhi attenti e vigili del suo maggiordomo.
"Se quella è la prima di una lunga serie di lesioni sarebbe saggio trovare una scusa convincente. Le suggerisco il polo." Alfred indicò una profonda escoriazione sul fianco di Wayne e si affrettò a porgergli qualcosa per disinfettarla.
Bruce ignorò il suo aiuto, bevve un sorso di spremuta all'arancia che il maître gli porse ed iniziò a fare una serie di piegamenti sulle braccia.
"Non voglio giocare a polo, Alfred." Protestò.
A volte sembrava ancora il ragazzino di tredici anni che era molto tempo prima, non l'uomo saggio e maturo che era diventato negli anni di lontananza dalla sua città.
"Strane ferite, vita sociale pressoché inesistente... Dettagli che porteranno la gente a chiedersi cosa faccia Bruce Wayne dei suoi soldi e del suo tempo libero." Controbatté l'anziano signore, con ovvietà nella voce.
"E cosa si aspettano che faccia?"
"Uhm... - Alfred sembrò rifletterci per qualche istante. - Che guidi auto di lusso, che frequenti belle attrici, che spenda denaro senza ritegno e chissà signor Wayne, lei inizi fingendo di divertirsi, potrebbe anche prenderci gusto."
Calò il silenzio. Bruce continuò a fare le flessioni, mentre l'uomo dai capelli candidi aveva già raggiunto la porta per congedarsi dalla stanza.
"C'era una ragazza ieri sera al porto..." Bisbigliò il giovane con un filo di voce e poi si sollevò in piedi, passandosi una mano tra i folti capelli castani scuri.
"Come prego?" Alfred si girò e lo fissò interrogativo.
"C'era una ragazza ieri sera al porto. Sembrava che volesse vendicarsi personalmente di Falcone ed era molto determinata." Bruce si girò in direzione della grande finestra, dietro alla quale si estendevo ettari su ettari di erba verde e rigogliosa. Poi continuò: "Voglio trovarla, potrebbe essere una preziosa alleata."
"Pensavo che fosse un tipo solitario, signor Wayne."
Bruce sorrise.
*
Dannazione - pensò Brandy alzando teatralmente gli occhi al cielo - DJ aveva ragione.
Aaron Palmer, il nuovo buttafuori dell'Iceberg Lounge, era dannatamente attraente e la bionda era rimasta a bocca aperta quando lui si era presentato con un sorrisino malizioso dipinto sulle labbra rosse e carnose.
Era alto, muscoloso, con i capelli biondi scuri tirati all'indietro con il gel ed aveva degli occhi castani dai riflessi ambrati che avevano squadrato la figura longilinea della ragazza come se volessero spogliarla. Inoltre il sopracciglio destro leggermente spaccato gli dava quell'aria da duro che aveva completamene stregato Brandy.
Era fottutamente sexy, ma questo lo aveva già detto.
Gli aveva persino dedicato mentalmente la sua esibizione e non aveva fatto altro che fissare Aaron per tutto il tempo in cui aveva dimenato le chiappe sul quel lurido palco, strusciandosi addosso al palo come se fosse una questione di vita o di morte.
Quando era arrivato il momento di slacciarsi il reggiseno, aveva guardato l'uomo negli occhi e gli aveva sorriso in modo molto esplicito. Aveva mosso i fianchi a ritmo della musica sensuale che rimbombava a tutto volume per il locale e si era passata le mani per tutta la lunghezza del busto, immaginandosi che fossero quelle di Palmer. Poi si era passata la lingua sulle labbra dipinte da un rossetto rosso acceso ed aveva gettato la lingerie di pizzo nero in direzione di Aaron. Non si era preoccupata di mettere in mostra i capezzoli completamente turgidi, cosa che non era sfuggita agli occhi attenti del buttafuori.
Si era eccitata quando il giovane le aveva fatto l'occhiolino e si era morso il labbro carnoso con i denti. Aveva incrociato le braccia al petto, strette in una maglietta a maniche lunghe nera che fasciava perfettamente il suo corpo tonico e duro come il marmo più pregiato. Aveva gradito molto quel gesto sfacciato e non era stato l'unico perché i clienti che si stavano dimenando sotto al palco tutti sudati e visibilmente su di giri avevano infilato diverse banconote nelle mutandine striminzite della ballerina.
Quando la canzone terminò, Brandy tornò nel camerino dedicato alle altre spogliarelliste e si cambiò velocemente, indossando i jeans e la maglietta bianca con cui era uscita di casa.
Mise anche la sua felpa preferita - quella bordeaux - che era uno degli ultimi regali che sua mamma le aveva fatto quando era ancora sana di mente.
Le sue colleghe erano in procinto di darsi una mano di trucco conclusiva sul viso, pronte per scaldare il pubblico con un'altra esibizione. Avevano tutte un nome d'arte per mantenere l'anonimato, visto che alcuni clienti non si sarebbero fatti scrupoli a seguirle sotto casa se solo avessero avuto qualche informazione in più sul loro conto.
Brandy aveva scelto di farsi chiamare Misty ed era la star dell'Icerberg Lounge.
Era soprannominata "Bellezza Glaciale" dagli habitué del nightclub per via dei suoi occhi azzurri e freddi come il ghiaccio.
Quella sera aveva finito prima delle altre e così aveva salutato Monique, Kitty, Darling e Trisha con un sorriso, pronta per tornare a casa dato che erano le due di notte inoltrate. Finì di mettere via le sue cose, infilò le cuffiette del suo vecchio iPod nelle orecchie e per qualche istante chiuse gli occhi, seguendo il ritmo della musica anni '80 che tanto le piaceva.
Sobbalzò quando sentì due mani afferrarle i fianchi e costringerla a voltarsi. Gli occhi di Aaron Palmer si trovavano davvero troppo vicini ai suoi e sul suo volto era presente il sorriso malizioso ed un po' strafottente che lo caratterizzava.
"Sei stata molto sfacciata prima." Le sussurrò ad un palmo dal suo viso, con la voce più roca e sexy che Brandy avesse mai sentito.
La bionda si strinse il labbro inferiore tra i denti e ribatté: "Non mi sembra che il mio spettacolino non ti sia piaciuto."
"Affatto, sei stupenda." Il respiro dell'uomo le solleticò le labbra. Sapeva di menta, misto a tabacco.
Aaron le strinse i fianchi tra le mani e fece aderire perfettamente i loro corpi. Brandy gli allacciò le braccia dietro al collo.
La tensione era palpabile.
I due giovani si sentivano attratti sessualmente uno dall'altra e a nessuno dei due dispiaceva quel contatto ravvicinato.
"Io stacco adesso, ti va di venire a bere qualcosa con me?" Le domandò Aaron, premendo il bacino contro quello della ragazza. Brandy rimase per un attimo senza respiro: quella vicinanza così intima la stava mandando in iperventilazione.
Annuì decisa ed inclinò leggermente la testa di lato, lasciando al giovane una visione completa del suo collo.
La labbra morbide di Palmer si posarono su quel lembo di pelle e lo lambirono avidamente.
La donna si aggrappò con forza alle sue spalle ampie e muscolose.
Brandy Knight in ventitré anni della sua vita non era mai stata così sfacciata con un uomo, anzi aveva evitato proprio il genere maschile come se fosse la peste ed aveva avuto solo qualche storiella di poco conto nel suo passato.
Ma Aaron Palmer la faceva sentire desiderata e sicura di se stessa quando la guardava con i suoi profondi occhi ambrati.
Un gemito uscì dalla sua bocca e quasi si vergognò della sua sfacciataggine, ma le labbra ed il corpo possente dell'uomo contro il suo più esile e fragile la mandarono completamente in tilt.
Palmer si staccò, osservando con soddisfazione la sua opera d'arte: un succhiotto violaceo svettava sulla pelle arrossata di Brandy.
Si fissarono negli occhi per degli istanti che sembrarono interminabili, poi Aaron si avvicinò ancora alla giovane donna, sfiorandole la bocca con la sua. Il cuore della bionda esplose nella cassa toracica e fu sicura di essere arrossita completamente, ma - nonostante ciò - cercò le sue labbra così rosse ed invitanti.
Si baciarono: prima timidamente, sfiorandosi appena, quasi come se fossero imbarazzati da quella situazione; poi l'eccitazione regnò sovrana e Aaron afferrò le cosce di Brandy, sollevandola senza il minimo sforzo. La ragazza era incastrata tra il muro freddo che le leniva la pelle attraverso la felpa ed il corpo marmoreo del buttafuori che invece la mandava su di giri. Allacciò le gambe intorno ai suoi fianchi e rimase senza fiato quando sentì la sua erezione premerle in mezzo alle gambe.
Allora non era l'unica eccitata in quel momento... Sorrise soddisfatta, saper di creare quelle emozioni in un uomo attraente come Aaron Palmer la faceva sentire divinamente.
"Hey, che ne dici se adesso andiamo? Conosco un posto qui vicino." Si staccò dalle sue labbra e in quel momento era la cosa che non avrebbe voluto fare per nulla al mondo, ma era comunque ciò che di più razionale potesse fare.
Aaron mugugnò qualcosa, si affrettò a liberare la ragazza dalla sua presa e le lasciò un ultimo bacio a stampo.
Brandy lo prese per mano e lo trascinò fuori dall'Iceberg Lounge.
Ci impiegarono qualche minuto per raggiungere il locale, dai cui proveniva della musica assordante e c'erano alcuni ragazzi in strada a fumare. Si strinse ad Aaron che si fece strada tra la folla per raggiungere il bancone che sembrava un miraggio in mezzo a tutti quei corpi sudati. Le luci psichedeliche illuminava la stanza con colori che variavano dal rosso al verde.
"Cosa posso portarvi?" Domandò un giovanotto dall'aria simpatica quando vide i due individui sedersi sugli sgabelli di acciaio di fronte a lui.
"Per me un Sex On The Beach." Brandy sussurrò in modo lascivo il nome del cocktail e rivolse un'occhiatina di sottecchi ad Aaron.
"Anche per me, grazie." Palmer si passò la lingua sul labbro, facendo andare i cortocircuito il sistema nervoso della ragazza accanto a lui.
Il giovane barista si allontanò per preparare le due bibite alcoliche.
Versò sapientemente tutti gli ingredienti nei due bicchieri high ball assieme a dei cubetti di ghiaccio, poi guarnì con una fetta d'arancia ed una ciliegina candita.
Porse infine i calici alla coppia.
Brandy si portò la cannuccia alle labbra e bevve una lunga sorsata del suo cocktail preferito.
Adorava il suo sapore rinfrescante e deciso, ma contornato dalla dolce asprezza degli agrumi contenuto in esso.
La vodka si fondeva perfettamente al liquore alla pesca e al succo d'arancia e mirtillo rosso, in un abbraccio perfetto.
Pure Aaron prese un sorso del suo drink, anche se preferiva di più il gusto intenso del Cuba Libre. Fissò di sottecchi la bellissima bionda al suo fianco, aveva un viso angelico contornato da lunghi capelli dello stesso colore dell'oro e scommetteva che avesse delle gemme preziose di acquamarina al posto degli occhi.
Era attratto da lei ed era certo che il sentimento fosse reciproco vista la foga con cui lo aveva baciato prima. Ma ad Aaron Palmer non interessavano l'amore e le smancerie, lui prediligeva le avventure fini a se stesse.
"Ti va di ballare?" Gli domandò Brandy, appoggiando il bicchiere completamente vuoto sul bancone di legno nero e lucido. Le sue guance erano diventate rosse a causa dell'alcol.
Aaron finì il suo cocktail e si affrettò a seguirla fino alla pista gremita di gente. Il dj stava passando una canzone tipica da discoteca, fatta per scatenarsi.
La bionda si muoveva seguendo la musica, ondeggiando i fianchi e le braccia. Il ragazzo cercava di imitarla, non gli piaceva molto ballare così si limitò ad abbracciarla dal dietro e seguire il movimento del suo corpo.
Un'ora più tardi erano entrambi stremati, con le fronti imperlate di sudore ed il fiatone.
Era anche tremendamente tardi ed il cielo di Gotham stava iniziando a lasciare posto ai colori delicati del rosa dell'alba.
*
"Ciao, Aaron." Brandy gli sorrise e cercò nelle tasche della felpa la chiave del suo appartamento.
"Sono stata davvero bene con te."
"Ciao, Brandy. Anch'io sono stato bene con te. Ci vediamo in giro." Alzò l'angolo della bocca in un sorriso sghembo e poi si sporse verso di lei per baciarla dolcemente. Lanciò un'ultima occhiata alla ragazza prima di sparire tra i vicoli illuminati dalla fioca luce dei lampioni.
Brandy si affrettò ad entrare e richiudersi la porta alle spalle.
Sospirò, in casa regnava il silenzio segno che Ivy fosse andata a casa di DJ e che aveva portato con sé anche il piccolo Whisky.
Estrasse il telefono dalla tasca dei jeans. Erano quasi le cinque di mattina ed aveva in segreteria alcuni messaggi da parte della sua amica che appunto le diceva di essere dal suo fidanzato a trascorrere la notte.
Si diresse verso la cucina e tirò fuori una lattina di Coca-Cola dal frigorifero. Bevve la bevanda fresca e zuccherina tutta in un sorso, assaporandone con la lingua il sapore dolciastro.
Aveva appena trascorso la serata con un ragazzo fantastico e si era comportata in un modo tremendamente sfacciato.
Però le era piaciuto.
Prima di infilarsi sotto le lenzuola pensò che non era poi una così cattiva idea comportarsi come una normale ventitreenne: uscire in discoteca, passare del tempo con gli amici, divertirsi ed avere un ragazzo...
Per anni non aveva fatto altro che pensare alla sua vendetta personale, per cercare di lenire tutto quell'odio e quel dolore che si portava dentro. Ma adesso che Falcone era a marcire nella prigione di Gotham - sperava che qualche poliziotto buonanime avesse perso le chiavi della sua cella - poteva finalmente godersi la vita, anche se comunque niente e nessuno le avrebbe ridato la sua sorellina.
Vivi - ne era più che sicura - le avrebbe detto semplicemente di essere felice e di vivere la sua vita in serenità, lontano dall'odio che corrode le persone come un acido.
Sorrise e poi serrò le palpebre. L'immagine sfocata di Violet alleggiava nella sua mente e con quella beata visione poté finalmente addormentarsi.
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