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» sette



Brandy sbuffò e maledì per l'ennesima volta la sua pazza coinquilina che l'aveva trascina a quell'evento di cui poco le importava. Le scarpe con il tacco che Ivy l'aveva obbligata ad indossare assomigliavano più a dei trampoli dannatamente alti. In più, i piedi le facevano davvero male. Neanche il vestito che stava indossando era uno dei più comodi, ma la sua amica aveva tanto insistito affinché ne mettesse uno dei suoi.

Ma era semplicemente un abito stupendo, molto elegante e che la faceva sentire dannatamente femminile. Il corpetto ricamato con le spalline sottili e la lunga gonna con spacco vertiginoso le aderivano al corpo, mettendo in risalto la sua figura longilinea ed il tessuto rosso creava un delizioso contrasto con i suoi capelli dorati e gli occhi celesti.

"Ricordami perché siamo qui, ne ho davvero bisogno." Si lamentò per l'ennesima volta la giovane Knight e si affrettò a scendere dal taxi, stringendo un lembo della gonna per evitare di ruzzolare a terra davanti a tutti quegli snob con la puzza sotto al naso che affollavano l'entrata della maestosa villa dallo stile classico.

"Te l'ho già detto mille volte! Siamo qui perché il rettore della mia università ha invitato alcuni tra gli studenti più meritevoli a partecipare a questa mostra d'arte contemporanea che si terrà a Wayne Manor." Ivy si sistemò le pieghe - inesistenti - del suo lungo abito a sirena color verde smeraldo, un magnifico abbinamento alla sua pelle leggermente olivastra. "Inoltre ti ricordo che la maggior parte dei quadri sono stati dipinti da noi ragazzi e verrano venduti in beneficienza."

"Ricevuto." Brontolò ancora Brandy, iniziando a salire l'imponente scalinata che conduceva al portone di legno massiccio. "Ricordami che DJ mi deve un favore e comunque non mi bevo la patetica scusa che ci ha rifilato per non essere qui stasera. Sarà senz'altro uscito con Aaron ed i loro amici."

Entrarono nella sontuosa abitazione, guardandosi attorno smarrite e sentendosi ben lontane da quel mondo fatto di lustrini e sorrisi falsi. Sia Brandy che Ivy erano abituate a lottare per quello che volevano, nessuno aveva mai dato loro qualcosa senza che non si fossero impegnate al massimo per raggiungere i loro obiettivi.

"Andiamo a salutare il rettore ed i miei compagni di corso." La mora afferrò l'amica per il braccio e la trascinò per l'enorme androne affollato dalla crème della crème di Gotham City.

La stanza era delimitata da un colonnato di marmo bianco, un grosso lampadario con cristalli a goccia pendeva dal soffitto illuminando l'ambiente con colori tenui. In sottofondo si sentivano le dolci note provenienti da un'arpa dorata posta al centro della sala, le cui corde erano accarezzate dalle mani esperte di una giovane musicista affermata in città per la sua immensa bravura.

Ivy si fermò non appena individuò un gruppetto composto da alcuni ragazzi della loro età ed un uomo distinto stretto in un completo beige e con dei buffi baffi a manubrio brizzolati.
L'aria bonaria del rettore Henry Clifford metteva a proprio agio chiunque dialogasse con egli.
Stava intrattenendo i suoi studenti con delle storie riguardanti la sua lontana gioventù da artista libertino.

"Buonasera, signor Clifford." Lo salutò educatamente Ivy.
Il preside ricambiò con un baciamano sul dorso delle mani di entrambe le amiche e riservò un complimento sui loro magnifici vestiti eleganti.

"Buonasera, signorina Jackson. Chi è questa splendida fanciulla con lei?" Sorrise calorosamente nella direzione dalla bionda, stringendo la mano che la ragazza gli porse.

"Piacere, sono Brandy Knight, nonché la sua coinquilina e migliore amica." La giovane si sentiva un po' a disagio in mezzo a tutte quelle persone per bene e sperava solo che la serata finisse al più presto. Era solo in momenti come quelli che rimpiangeva la scelta di lavorare all'Iceberg Lounge. Per fortuna un cameriere in frac interruppe quelle imbarazzanti presentazioni e porse a tutti un calice di costoso e pregiato champagne francese.
Brandy lo mandò giù in un fiato, sperando che quel coraggio liquido le avrebbe dato la forza per affrontare quella lunga mostra d'arte.

"Noi andiamo a fare un giro, ci vediamo dopo all'asta." Ivy trascinò ancora una volta la bionda per le sale riccamente decorate di Wayne Manor, in cui erano esposti i quadri di grandi e rinomati artisti accanto a quelli degli studenti dell'accademia di belle arti. Aveva notato quanto la sua amica fosse a disagio ed un po' si sentiva in colpa per averla trascinata in un mondo che le era estraneo.

La Jackson era abituata allo sfarzo, era cresciuta in una famiglia di estrazione medio-alta anche se aveva perso ogni contatto con i suoi cari da anni. Da quando aveva comunicato che voleva fare la pittrice e che stava frequentando un ragazzo di origini africane.

Suo padre era un uomo di vecchio stampo, dedito al lavoro nella piccola fabbrica che aveva inaugurato dopo anni di sudore e dura fatica, e gli era venuto in attacco di crepacuore quando la figlia gli aveva comunicato le sue intenzioni per il futuro.
Si aspettava che seguisse le sue orme e che diventasse manager dell'impresa di famiglia, non certo che preferisse spennellare una tela piuttosto che portare avanti la Jackson&Jackson.

Il colpo finale era arrivato quando aveva presentato DJ alla sua famiglia. La madre Caroline era contenta che avesse qualcuno di speciale nella sua vita, ma Peter Jackson era uscito di senno ed aveva cacciato i due giovani fidanzati senza troppe cerimonie. 

Caroline e suo fratello Harry, ad insaputa del capo famiglia, avevano ancora contatti con lei e si trovavano ogni qualvolta Peter fosse fuori casa per lavoro.
Inoltre la mamma la aiutava a pagare la retta scolastica e l'affitto del piccolo appartamento in cui viveva.

"Ti piacciono questi quadri?" Domandò Ivy alla sua amica Brandy.

"Molto." Rispose sincera la bionda e si limitò ad osservare ogni piccolo dettaglio delle tele esposte difronte a lei, circondate da eleganti cornici di legno intagliato. Alcune raffiguravano paesaggi, altre figure umane e nature morte. "Però mi piacerebbe mettere qualcosa sotto i denti, perché sto morendo di fame."

La mora alzò gli occhi al cielo, fintamente esasperata ed accompagnò il gesto con un piccolo sbuffò: "Sei la solita! Anche un camionista ucraino apprezzerebbe di più queste opere d'arte di come stai facendo tu."

"Ti ho detto che mi piacciono e per inciso è la verità, cos'altro devo fare?" Brandy si allontanò scocciata, alla ricerca del ricco buffet pantagruelico che era sicuro venisse offerto agli ospiti del signor Wayne.
Era uno dei motivi per cui Ivy era riuscita a trascinarla a quella ridicola festa per ricchi snob!

Si guardò attorno smarrita, in mezzo a tutta quella gente vestita in modo elegante e ai camerieri che servivano champagne a fiumi si sentiva un po' destabilizzata e non sapeva dove andare.
Le stanze le sembravano tutte uguali: enormi, mobili antichi con eleganti rifiniture in oro, lampadari a cascata...
Fino a quando non arrivò ai piedi di una scalinata in marmo.
Il chiacchiericcio era ormai un rumore di sottofondo, segno che era finalmente da sola e in un posto in cui non doveva di certo trovarsi.

Brandy era curiosa - forse troppo a volte - e decise di salire l'enorme scala per vedere dove conducesse.
Il ticchettio dei suoi tacchi sulla pietra lucida rimbombò per tutto l'androne. Arrivata in cima si trovò difronte alcune porte di legno chiuse che si affacciavano su un lungo corridoio che conduceva ad un salottino più piccolo rispetto a quello in cui erano radunati tutti i presenti alla mostra.

Camminò cauta, fino a quando si trovò nella confortevole stanza. 
Le pareti erano ricoperte da librerie colme di tomi voluminosi, mentre un divano di pelle bianche e delle poltrone dello stesso colore occupavano il centro della sala.
Un pianoforte a parete color panna era posto in un angolo.
Era maestoso, quasi regale. Brandy era abituata a quello vecchio e sgangherato dell'Iceberg Lounge che saltuariamente veniva suonato dal Pinguino quando era in vena di fare festa e decideva che doveva accompagnare musicalmente le esibizioni delle sue spogliarelliste. Così si avvicinò lentamente, come se avesse paura di quello strumento da cui provenivano note e melodie raffinate.

Un ricordò la investì in pieno e sentì - per un misero istante - gli occhi umidi. Poi scacciò subito quella sensazione, Jason Knight non meritava le sue lacrime...


Brandy era piccola, aveva più o meno otto anni. A quell'età si è ancora dei bambini paffuti ed innocenti e si pensa che i propri genitori siano degli eroi senza difetti. La bimba dalle lunghe trecce dorate adorava suo papà Jason e riteneva che fosse il suo principe azzurro, quello di cui sentiva parlare ogni sera quando lui le leggeva le favole prima di andare a dormire. Violet - che aveva appena quattro anni - era un po' gelosa del rapporto speciale che si era creato tra padre e figlia e così preferiva rintanarsi tra le braccia di mamma Jane.

Jason Knight in quel periodo era quasi felice. Il demone dell'alcol e del gioco d'azzardo l'aveva lasciato in pace per un piccolo lasso di tempo e stava vivendo in tranquillità l'infanzia delle sue adorate bambine, per cui avrebbe sacrificato la vita se fosse stato necessario. Era felice, ma la felicità è una puttana che dura un secondo e poi se ne va.

Un giorno era tornato a casa dal lavoro ed aveva trovato moglie e figlie ad attenderlo. Aveva baciato dolcemente la sua bella Jane e tirato un buffetto sulle guance di Vivì che gli aveva sorriso gioiosa. Poi si era rivolto a Brandy: "Oggi voglio insegnarti una cosa speciale."
L'aveva presa per la manina paffuta e l'aveva portata nella piccola stanza delle bimbe, era uscito per qualche secondo ed era tornato stringendo tra le braccia una vecchia tastiera elettrica.

"Quando ero giovane, con i miei amici Joe e Kravitz suonavo in un gruppo, volevamo imitare i Pink Floyd. Eravamo pessimi, ma ci divertivamo un mondo!" Rise, ricordandosi la musica spacca timpani che proveniva dai loro strumenti. Il loro covo era il garage di Joe e la vicina del suo amico si lamentava sempre con il padre del ragazzo.

Appoggiò delicatamente la tastiera sul tappeto rosa fragola e si sedette accanto alla sua bimba: "Voglio insegnarti una canzone che ho dedicato a tua mamma la prima volta che ci siamo visti. Si chiama 'Brandy, You're A Fine Girl' ed è un vecchio brando degli anni '70 dei Looking Glass."

"Si chiama come me!" La piccola sorrise, mettendo in mostra la bocca sdentata e le fossette più adorabili che si potessero vedere.

"Alla mamma è piaciuta così tanto la mia serenata che ha deciso di chiamarti proprio Brandy!" Anche Jason rise, come forse sapeva solo fare quando era in compagnia della sua adorata famiglia. "Adesso ti faccio vedere come si suona."

Con le lunghe dita nodose iniziò a sfiorare i tasti, chiudendo gli occhi per assaporare tutti i bei ricordi che quelle note portavano con sé.

"Brandy, you're a fine girl.
What a good wife you would be. Yeah, your eyes could steal a sailor from the sea." *

La canzone parlava di una ragazza innamorata di un marinaio. Anche egli la amava, ma amava di più il mare - a cui non poteva rinunciare. Ricordava un po' la storia di Jason: amava sua moglie e le sue figlie, ma non poteva rinunciare all'alcol e al poker.

Una sola lacrima calda scese dagli occhi di Brandy, le mani le tremavano mentre toccò il primo tasto del pianoforte.
Era da molto tempo che quel ricordo dolce non emergeva dagli anfratti della sua testa.
Pensava sempre a Violet e a sua mamma Jane, ma per suo padre riservava solo odio per quello che aveva fatto.

Ricordarsi di lui così dolce e buono le fece male al cuore, perché sapeva che nonostante tutto gli voleva ancora bene e nel profondo sentiva la sua mancanza. E forse, era pronta a perdonarlo...

La famigliare melodia della canzone che portava il suo stesso nome si diffuse per il salottino della villa di Bruce Wayne, accarezzando i muri freddi e propagandosi per i lunghi corridoi austeri.

"Cosa ci fa qui, signorina?" Una voce maschile fece sobbalzare Brandy, che si girò di scatto imbarazzata per essere stata beccata a curiosare in una casa non sua. Un giovane uomo sulla trentina la stava fissando in attesa di una risposta. Era stretto in un completo elegante ed i suoi capelli neri come la pece erano pettinati ordinatamente sulla testa.
Era alto - più di lei - ed il suo fisico ben tornito occupava lo spazio circostanze con sicurezza.

"Mi scusi, signore... Adesso vado via subito." La bionda era pronta a sorpassarlo per uscire da quella stanza, ma lui l'afferrò saldamente per un polso e la avvicinò a sé.
Per un secondo i loro occhi si fusero e il cuore di Bruce smise per un istante di battere.
Quegli occhi li avrebbe riconosciuti dappertutto e tra mille altri della tonalità simile.
Le pagliuzze dorate in mezzo all'oceano più limpido, i sentimenti che affollavano quelle iridi celesti... Era lei.

"Aspetti, se vuole può rimanere. Quel piano non lo suona mai nessuno." Le sorrise, cercando di mascherare la reazione che aveva provocato in lui e la invitò a raggiungere lo sgabello difronte al pianoforte. Brandy lo ringraziò, le guance tinte da un leggero rossore ed iniziò a riprodurre la melodia che le aveva insegnato suo padre.
Bruce la fissava attento, scrutando ogni minimo particolare della figura della sua - inconsapevole - alleata. Gli occhi più belli che avesse mai visto, la labbra carnose tinte di rossetto rosso fuoco ed i capelli dorati, che le ricadevano dolcemente sulla schiena lasciata scoperta dal vestito. Voleva sapere tutto su di lei, ma aveva paura di spaventarla.

"È molto brava, signorina..." Lasciò la frase in sospeso, sperando che intuisse la sua richiesta velata di rivelargli il suo nome.

"Brandy Knight. Piacere, signor?" Si affrettò ad aggiungere la ragazza, con un sorriso imbarazzato.

"Wayne, Bruce Wayne."

Brandy si morse un labbro; aveva difronte a sé l'uomo più famoso e potente di Gotham, colui che doveva percorrere mille miglia prima di incontrare qualcuno che non sapesse il suo nome.
Innanzitutto, non si aspettava che fosse così affascinante ed in secondo luogo non avrebbe voluto farsi beccare come una ladra a girovagare per la sua lussuosissima villa.

"Mi dispiace essermi allontanata dagli altri per venire a curiosare in casa sua." Si alzò in piedi ed abbassò lo sguardo.

Bruce le sollevò il mento: "Non c'è bisogno di chiedere scusa, infondo quella mostra stava annoiando persino me che l'ho organizzata."

Gli sorrise riconoscente.
Non si aspettava che il principe di Gotham fosse così normale.
Se lo era sempre immaginato come uno spocchioso ragazzino viziato, non come un giovane uomo dall'aria misteriosa.
Gli occhi scuri di Bruce la mettevano in soggezione: nascondevano molti segreti e dolore, tante parole non dette.
Le sembrava quasi di vedersi allo specchio, sapeva la sua storia ed immaginava che anche lui avesse provato quel desiderio di vendetta che corrodeva il sangue e le vene.

"Forse è meglio se adesso torno al piano inferiore, la mia amica mi sta aspettando." Bisbigliò, incatenata a quello sguardo che la stava spogliando - non in senso erotico. Era più come se Bruce stesse cercando di leggerle l'anima, stava scrutando ogni piccolo particolare della sua figura per capire i suoi segreti.

"È stato un piacere, signor Wayne!" Lo sorpassò e si affrettò a lasciare quella stanza con il cuore che le batteva all'impazzata.

"Anche per me, signorina Knight. Ci vedremo presto." Lo sentì bisbigliare, ma forse era stata una sua impressione perché ormai era già lontana da lui.


*

"Si può sapere dove ti eri cacciata?!" Sbraitò Ivy, andandole incontro. "Ti sei persa il discorso del preside Clifford."

"Scusa, stavo cercando da mangiare e nel frattempo mi sono persa per questa enorme casa."
Balbettò Brandy, ancora scossa per l'incontro ravvicinato con Wayne. Di riflesso si toccò il polso, la pelle le bruciava quasi come se fosse ancora in contatto con quella dell'affascinante miliardario.

"Tu non me la racconti giusta, non con quello sguardo da pesce lesso." La mora si mise le mani sui fianchi, assumendo una posa che sarebbe dovuta risultare minacciosa.

"Okay, va bene... Tanto non ti si può nascondere niente. Ho incontrato Bruce Wayne."

"Fortunata tu! Qui si stavano lamentando tutti che non si è ancora fatto vedere in giro." Ivy bevve un sorso del suo spumante e prese posto difronte al podio allestito per il battitore d'asta. "Dopo a casa mi racconti meglio. Voglio proprio vedere quanto pagheranno il mio quadro."

Brandy sospirò: quella serata non sarebbe finita in fretta.
Sentiva scorrere il tempo lentamente e desiderava solo tornare a casa, togliersi i tacchi e baciare Aaron per scacciarsi dalla testa l'immagine di Bruce Wayne.

*



"Finalmente siete arrivate!" DJ era stravaccato a petto nudo sul divano dell'appartamento delle ragazze. Accanto a lui da una parte c'era Aaron - senza maglietta - e dall'altra Whisky che sbadigliava rumorosamente.

"Perché siete mezzi nudi?!" Domandò Ivy entrando in casa e gettando alla rinfusa i trampoli infernali che aveva al posto delle scarpe con il tacco. "Non che mi dispiaccia ovviamente... Ma ci state nascondendo una relazione omosessuale e vi abbiamo colto sul fatto?"

"Ah ah, spiritosa." DJ fece una smorfia e si alzò per raggiungere la sua fidanzata. La baciò con passione - difronte ad un'allibita Brandy - e poi salutò anche la bionda.

La Knight sgattaiolò delle grinfie dei due piccioncini e raggiunse Aaron sul divano.
"Ciao." Gli disse e poi gli stampò un bacio sulle labbra. "Mi sei mancato."

"Anche tu, piccola. Questo vestito ti sta d'incanto e ad averlo saputo non ti avrei lasciata uscire di casa così." Mise un piccolo broncio e cercò ancora la bocca della sua ragazza. La strinse tra le sue braccia muscolose e subito ogni turbamento riguardante Wayne sparì dalla mente della bionda.

"Ti va di rimanere a dormire qui?" Gli domandò, cercando i suoi occhi ambrati che tanto le piacevano e le infondevano tranquillità. Gli accarezzò le guance ispide per la barba non fatta da qualche giorno e lo baciò ancora. Non si sarebbe mai stancata di quelle labbra carnose che le facevano toccare il paradiso con la punta del dito.

"Sì, se me lo chiedi così non posso fare a meno di dirti di no." Si alzò dal divano trascinando con sé anche Brandy ed acciuffò la sua maglietta nera. "Buonanotte ragazzi, noi andiamo a dormire."

"Sì, certo... Dormire." Dissero all'unisono Ivy e DJ, che subito dopo si misero come due deficienti.

"Lasciali perdere." Brandy alzò gli occhi al cielo. "Whisky, vieni!"

"No no, il piccolo rimane con me stasera. Non vorrei che lo scandalizzassi, poverino!" La mora prese in braccio il cagnolino e cacciò DJ dall'appartamento.
"Vi ricordo che i muri sono sottili ed il mio udito è sensibile. Per il resto scatenatevi." Schiacciò l'occhiolino ad entrambi, sparendo successivamente in camera sua con il cucciolo di husky tra le braccia.

"Io la uccido." Fu il commento lapidario di Brandy, poi sbatté la porta della stanza da letto alle sue spalle. Aaron rise, divertito dal teatrino che mettevano in piedi ogni volta le due coinquiline.

*



Il corpo caldo di Aaron era sopra e dentro di lei, lo riusciva a sentire dappertutto. La pelle leggermente imperlata di sudore del ragazzo si fondeva con la sua, come se fossero un'unica persona.
Un gemito uscì dalle labbra di Brandy, che venne zittito subito da un bacio di Palmer.
Scese poi lungo il suo collo, mordendole la pelle con desiderio e con fare famelico. Le dita della ragazza erano già ancorate alla schiena muscolosa di Aaron.

"Voglio che stia sopra tu." Le sussurrò all'orecchio, dando l'ennesima spinta che ormai stava portando al limite la bionda, e con un colpo di reni invertì le posizioni. Afferrò Brandy per i fianchi, dettando con le mani il giusto ritmo. Lei era stupenda con i capelli dorati spettinati ed indomabili, gli occhi sbarrati per il piacere e la testa gettata all'indietro, mettendo così in risalto il seno sodo.

Le giovane appoggiò i palmi sugli addominali contratti di Aaron, riuscendo a percepire con la pelle ogni minimo muscolo teso per lo sforzo. "Sei la cosa più bella che ci sia nella mia vita." Gli disse ed era vero, non sarebbe riuscita a definirlo in un altro modo.
Aaron Palmer era perfetto per lei, che era cieca difronte ai suoi difetti.

La donna lo osservò: le labbra carnose arrossate dai baci, gli occhi ambrati liquidi per il piacere, i capelli arruffati, le spalle muscolose sui cui aveva spostato le mani... Gli piaceva tutto di quell'individuo che era sbucato all'improvviso nella sua vita.
Chiuse ancora gli occhi, sentendo il corpo andare in fiamme per l'appagamento ed un urlo le fuoriuscì dalle labbra.
Anche Aaron raggiunse il culmine e si ritrovarono abbracciati tra le lenzuola color cremisi del letto di Brandy.

"Mi sono innamorata di te." La ragazza non riuscì a trattenersi e quelle cinque parole le uscirono dalla bocca come un fulmine a ciel sereno.

"Anch'io, Brandy." Le risposte Aaron dopo un istante di silenzio, in cui si sentirono loro due ansimare, il fiato ancora corto per quell'amplesso meraviglioso. "Mi sono innamorato di te."

* * *

NOTA:

* "Brandy, you're a fine girl.
What a good wife you would be. Yeah, your eyes could steal a sailor from the sea."
SIGNIFICA: "Brandy, sei una brava ragazza. Che brava moglie che potresti essere. Yeah, i tuoi occhi potrebbero rapire un marinaio dal mare."

(Estratto dalla canzone "Brandy, You're A Fine Girl" dei Looking Glass, 1972.)

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