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» sedici


"Mi piace il signor Pennyworth, è molto simpatico e gentile." Sussurrò distrattamente Brandy, mentre rigirava lo zucchero nella tazza di caffè bollente che le aveva offerto Alfred. Il suo sguardo assente era incollato alla piccola scodella di porcellana bianca.

"A volte pensa che sia ancora un bambino." Bruce le sorrise in modo dolce e prese posto accanto a lei, alla penisola della cucina in pregiato marmo di Carrara.
Quella situazione era surreale per il giovane miliardario, era come se tra lui e Brandy non fosse successo niente nelle ultime settimane. Ogni istante era stato cancellato.

"Forse ti starai chiedendo perché sono venuta a trovarti..." La bionda lo guardò di sottecchi, cercando di nascondere l'imbarazzo e concentrandosi sul caffè nero. Poi prese un lungo sorso della bevanda bollente.

"Sì, ma mi fa piacere vederti." Wayne versò il liquido scuro nella tazza che il suo maggiordomo gli aveva preparato sul ripiano della cucina e si alzò per prendere il latte condensato dalla credenza in mogano. "Vedi, Alfred mette ancora il latte nella mensola più bassa... Pensa ancora che io sia un ragazzino."

"Bruce..." La giovane lo fissò negli occhi per la prima da quando aveva messo piede nella villa. L'uomo si sedette accanto a lei, con la tazza nera stretta fra le mani. "Ho davvero bisogno di parlarti di quello che è successo qualche settimana fa."

"Intendi il bacio?"

"Sì, Bruce. È stato solo un errore! Io amo Aaron e non vorrei perderlo per un mio sbaglio. Mi dispiace, ma forse è meglio se la smettiamo di vederci." Aveva gli occhi lucidi. Non voleva ferire Wayne, non voleva nemmeno abbandonarlo, ma in cuor suo sapeva che era la cosa più giusta da fare.

"Brandy..." La voce del miliardario si incrinò e non riuscì a continuare la frase. Poté sentire il suo cuore frantumarsi in mille pezzettini e gli mancò il respiro.
Non poteva essere vero.

"Forse è meglio se me ne vado."
La bionda sorrise triste e si alzò dalla sedia. Sorpassò Bruce senza aggiungere altra parola. Corse fuori da Wayne Manor, con il cuore che le batteva all'impazzata e le lacrime che minacciavano di uscirle dagli occhi. Si rifugiò nella sua macchina e diede libero sfogo al suo dolore. Sapeva di star facendo la cosa giusta, ma perché ci stava così male? Perché sentiva come se il mondo le fosse caduto addosso?

* * *


"Dottor Crane, il piano procede eccellentemente secondo le mie regole. Tra poco saremo pronti ad attaccare." Le parole uscirono dalle labbra di una figura nascosta nell'ombra. Era un uomo alto e dinoccolato, stretto in una divisa nera da ninja ed aveva un paio di katane appese alla schiena.

Jonathan si alzò dalla sua scrivania ed andò incontro allo sconosciuto. Si sistemò gli occhiali sul volto scheletrico e si aggiustò la cravatta rossa; ormai passava più tempo all'Arkham Asylum che nel suo appartamento. "Tra quanto?"

"Mi servono ancora un paio di settimane. Devo essere sicuro che la cura arrivi nelle case di tutti, poi potremo finalmente far risorgere Gotham dal baratro in cui è caduta." L'estraneo si apprestò a lasciare l'ufficio di Crane, senza lasciare traccia - come se fosse un'ombra.

"Aspetti! Voglio farle vedere una cosa." Il dottore prese un mazzo di chiavi dal cassetto del tavolo ed uscì dalla stanza, seguito dall'uomo misterioso. Un ascensore li portò fino ai sotterranei dell'ospedale psichiatrico. Entrarono in un grosso scantinato, l'odore di muffa invase subito le narici dei due loschi individui ed il buio avvolse i loro corpi. Lo scrosciare dell'acqua rimbombava tra le pareti umide. Nella stanza c'erano molti uomini: alcuni erano armati e controllavano i pazienti del manicomio vestiti con le divise arancioni da criminali, mentre altre persone erano legate su dei grossi tavoli di metallo.

"Riversiamo il composto chimico nella rete idrica della città, in modo che l'allucinogeno arrivi nelle tubature di tutte le case." Spiegò Crane al ninja, indicandogli un gruppo di psicopatici che stava rovesciando il contenuto di grossi barili nel condotto dell'acqua. Gli scagnozzi del dottore avevano individuato i tubi qualche giorno prima ed avevano iniziato a contaminare tutta la città.

L'uomo annuì e poi chiese: "Dov'è lui adesso? L'avete già ucciso?"

"Non ancora, stavamo aspettando il suo arrivo." Jonathan ghignò e poi fece cenno ad una delle sue guardie armate di seguirlo.
Il galoppino si tirò dietro il corpo semi-cosciente di una donna dai lunghi capelli biondi. "Lo ucciderà lei, è da anni che desidera farlo."

"La vendetta è un sentimento a me molto caro. Immagino che Falcone le abbia fatto qualcosa?"

Crane annuì. Prima di fornirgli spiegazioni lasciò il sotterraneo, seguito a ruota da Ducard e dalla guardia che stava trascinando la donna: "Ha ucciso suo marito e sua figlia dodicenne. Poco dopo è stata internata all'Arkham, in seguito al suo tentato suicidio."

Proseguirono lungo i corridoi poco illuminati del manicomio. Sembrava un film dell'orrore: le pareti erano viscide e le urla rimbombavano tra i mattoni.
Una luce spettrale e verde illuminava il volto di Crane, rendendolo ancora più spaventoso. Si fermò davanti ad una porta blindata e tirò fuori il mazzo di chiavi dalla tasca dei pantaloni eleganti neri.
"Da questa parte."

Seduto, imbavagliato e legato ad una sedia, c'era l'uomo più potente di tutta Gotham City.
Carmine Falcone era l'ombra di ciò che era stato un tempo. Il suo viso era ricoperto da lividi violacei e continuava a borbottare parole incomprensibili, in preda alle allucinazioni.

"Avanti, dalle la pistola, Smith!" Lo psichiatra fece un cenno con la testa alla guardia, che trascinò la donna davanti all'ex boss mafioso.
Jane Carter-Knight tremava e si guardava attorno spaventata. Non sapeva dove si trovasse e nemmeno che cosa ci facesse in quella cella maleodorante. Un uomo grosso come un gorilla le mise tra le mani una pistola e le intimò di sparare a Falcone.


Jane piagnucolò e scosse la testa, gettando poi l'arma a terra.
"Cosa volete da me?!" Mugugnò e si coprì il volto gonfio di lacrime con le mani tremanti.

"Signora Knight, quell'uomo le ha rovinato la vita! Perché non lo uccide?" Crane si avvicinò a lei e le appoggiò l'arto scheletrico sulla spalla. Poi raccolse l'arma da fuoco dal pavimento lercio e gliela posò tra le dita. "Non vuole vendicarsi per la morte di suo marito e della piccola Violet?"

La Knight annuì e puntò la pistola alla fronte di Carmine. Esitò prima di premere il grilletto, ma l'instabilità mentale e le medicine allucinogene che Crane la obbligava a prendere tutti i giorni le avevano annebbiato la mente, non facendole più distinguere la realtà dalla fantasia.

Sparò un solo colpo che trapassò il cranio di Falcone, imbrattando il muro di sangue e materia cerebrale. Jane si gettò sul pavimento ed iniziò a piangere a dirotto, guardandosi le mani come se fossero sporche di liquido color cremisi. Erano pulite, ma gli allucinogeni dello psichiatra le giocavano brutti scherzi.

"Smith, portala via." Asserì il dottore, per niente impietosito dai singhiozzi della donna.
Jonathan Crane era spietato e senza scrupoli e niente poteva scalfire il suo cuore di pietra, nemmeno le lacrime di una femmina disperata. Il tirapiedi alzò di peso Jane dal pavimento sporco e la trascinò fuori dalla cella blindata.

"Dottor Crane, lei è un uomo crudele." Henri Ducard ghignò. "Quando sarà il momento, riceverà mia notizie. Dobbiamo far risorgere Gotham dalle sue ceneri!"

* * *


"Sono contenta che tu e Aaron siate tornati assieme, ma non ti vedo sprizzare gioia da tutti i pori della pelle." Ivy le prese la mano e guardò Brandy negli occhi. La bionda era troppo impegnata a bere il suo cocktail alla frutta per prestare attenzione all'amica.

"Ti sbagli, sono felice invece!" Si sforzò di sorridere. "Aaron è il ragazzo giusto per me."
Palmer e DJ si stavano sfidando a biliardo, mentre le loro ragazze sorseggiavano dei drink sedute al bancone del bar. Alzò gli occhi dorati in quelli della giovane Knight e le sorrise dolcemente.

Brandy sollevò gli angoli della bocca e gli mandò un bacio volante. "Siamo innamorati, Ivy. Puoi fare tutte le insinuazioni che vuoi, ma io e Bruce Wayne non siamo fatti per stare insieme."

"Vedi! Non l'ho nemmeno nominato e tu lo tiri in ballo subito. So che pensi costantemente a lui." La mora ridacchiò e finì il suo mojito in un sorso. Poi ne chiese un altro al barman.

"Stamattina gli ho detto addio per sempre." Anche Brandy consumò il suo Sex On The Beach e si alzò dallo sgabellino. "Vado a casa, sono molto stanca e vorrei riposare." Salutò la sua amica con un bacio sulla guancia e poi si avviò verso il tavolo del biliardino.

"Hey, piccola." Aaron la strinse tra le sue braccia e le sfiorò con dolcezza le labbra. Era felice, finalmente si sentiva completo accanto alla donna che amava con tutto se stesso.

"Vado a casa, vieni anche tu?" Gli sorrise maliziosa e poi si morse un labbro. Palmer non se lo fece ripetere una seconda volta ed in meno di venti minuti si trovavano nell'appartamento della bionda a fare l'amore.

*

Brandy stava scrutando il viso addormentato di Palmer già da qualche minuto. Le piaceva davvero quel ragazzo, era innamorata di lui. Gli accarezzò le guance lentamente e poi gli posò un bacio sulla fronte. Aaron mugugnò qualcosa, ma non si svegliò.

"Ti amo." Gli sussurrò all'orecchio e poi uscì dal letto. L'aria fredda notturna avvolse il suo corpo nudo e la pelle le si ricoprì di brividi. Si avvicinò lentamente alla finestra ed osservò la sua città natale che si estendeva per miglia davanti ai suoi occhi. Le luci della città le illuminavano il volto con i loro colori tenui e psichedelici. La pioggia batteva scrosciante sui tetti dei palazzi, producendo un rumore cristallino che interrompeva il silenzio della notte.

Sospirò, le parole di Ivy e lo sguardo addolorato di Bruce non avevano abbandonato la sua testa per un solo misero istante.
Decise di vestirsi in silenzio ed uscì di casa. La pioggia scivolava sul suo corpo, come una doccia fredda, facendola sentire viva.
Si appostò sul tetto del commissariato ed accesse il Batsegnale. Il suo alleato si presentò dopo qualche minuto.

"Volevi vedermi?" Le chiese con la sua voce cavernosa, avvicinandosi lentamente a lei. Brandy lo fissò per qualche istante, incurante dell'acqua che le stava inzuppando i vestiti.

"Ho bisogno del tuo aiuto, Batman." Sussurrò appena, tanto che la sua voce si confuse con lo scrosciare della pioggia. "Devi proteggere me ed il ragazzo che hai visto nella tua Batcaverna. È il mio fidanzato e si è cacciato nei guai."

"Va bene." Mormorò appena, poi si affrettò a raggiungere il cornicione del palazzo, dandole le spalle. Era pronto per scomparire nel buio della notte. "C'è altro?"

"No..." Brandy gli sorrise impercettibilmente. "Però un giorno mi piacerebbe sapere chi si nasconde sotto alla tua maschera."

Batman si girò e la fissò con i suoi occhi scuri come la pece: "Un giorno forse te lo dirò."
Non le diede il tempo di controbattere, che sparì tra i tetti degli edifici di Gotham City.

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