» missing-moment: nobody said it was easy - parte due
L'amore è un effetto collaterale della vita, qualcosa di non previsto che rende la tua esistenza migliore e ti fa vedere il mondo con occhi diversi. Michael non voleva innamorarsi di nuovo, ma ciò era successo e si sentiva in colpa per aver accantonato l'immagine di Luke in un angolo recondito della sua mente.
Era passato qualche mese da quando aveva incontrato Kevin Keller per la prima volta, si ricordava vividamente la notte in cui i suoi occhi si erano posati in quelli del ragazzo, sentiva ancora la pioggia scrosciante inzuppargli la divisa del GCPD e la mano di Kev che si posava dolce sulla sua spalla. Da allora non aveva avuto più attacchi di panico ed aveva accettato di incontrarlo una volta a settimana per fare terapia con lui. Kevin si era rivelato un ottimo psicologo ed era riuscito a fargli superare le cinque fasi del lutto*.
Il primo mese in cui era morto Luke, Miller lo aveva passato a domandarsi se fosse successo davvero. La mattina si svegliava e si girava dalla parte del letto in cui era solito dormire Davis per salutarlo con un bacio, ma trovava il cuscino intatto ed il materasso freddo e vuoto. Poi la consapevolezza di non poterlo vedere mai più gli franava addosso come un macigno pesante ed il dolore lo soffocava con la sua presa ferrea, senza lasciargli via di scampo.
Poi era subentrata la rabbia. Si domandava in continuazione perché fosse successo proprio a lui, perché Dio avesse deciso di punirlo strappandogli crudelmente dalle mani l'unica cosa bella che aveva nella sua vita. Prima di Luke, Michael era sempre stato solo; la sua famiglia lo aveva abbandonato anni prima a causa della sua omosessualità e non aveva molti amici. Quello era stato il momento critico della sua elaborazione del lutto, perché si era chiuso e ritirato in se stesso. Non voleva l'aiuto di nessuno.
La terza fase - quella della contrattazione o del patteggiamento - non lo aveva sfiorato. Era subito subentrata la depressione, non riusciva più ad uscire di casa e si era isolato dal mondo esterno. Passava tutto il giorno nel loro appartamento, dormiva e piangeva. Piangeva e dormiva. Aveva perso molti chili e si iniziavano a vedere le costole sotto alla sua pelle sottile e chiara. Ogni cosa gli riportava alla mente il suo amato Luke, ogni cosa gli diceva che non lo avrebbe mai più visto. Non aveva mai sofferto così tanto in vita sua e gli sembrava di morire lentamente ogni giorno che passava. Talvolta alla sua porta bussava qualche collega e amico di Davis, preoccupato per le sue condizioni. Michael non aveva voglia di parlare con nessuno così scacciava tutti in malo modo. Niente aveva più senso per lui.
Una mattina però si era svegliato con gli occhi secchi e la gola arida, il letto era un lago di sudore e la maglietta che indossava gli si era appiccicata alla pelle. Aveva sognato Luke quella notte, come faceva sempre da quando era morto qualche mese prima, ma quella volta era stata diversa. Il suo amato poliziotto gli diceva che doveva essere forte, che doveva tornare a vivere e smetterla di sopravvivere come stava facendo lui.
Quella mattina aveva fatto colazione, si era vestito e si era diretto al commissariato. Aveva chiesto al capitano Loeb di poter ritornare in servizio, l'uomo aveva temporeggiato prima di dargli una risposta definitiva perché si aspettava un crollo emotivo da parte di Miller in qualsiasi momento. Gli aveva assegnato un lavoro d'ufficio e solo qualche mese dopo era tornato a pattugliare le strade, affiancato dalla nuova recluta Brandy Knight.
Michael si stiracchiò nel letto, la sera prima si era addormentato con ancora addosso la divisa talmente era stanco. Sentì un leggero frusciare accanto a lui e sorrise, Kevin non se ne era andato. La notte prima si erano semplicemente sdraiati sul letto, spalla contro spalla, e cullati dal battito dei loro cuori che da qualche settimana a quella parte si era sincronizzato si erano assopiti velocemente.
Michael Miller e Kevin Keller si erano innamorati l'uno dell'altro in quei mesi che avevano passato insieme, ma avevano paura ad ammettere i loro sentimenti reciprocamente. Michael non voleva tradire Luke, il suo primo ed unico amore; Kevin, invece, temeva di correre troppo e minare la fragilità del rapporto che si era creato tra di loro. Come uomo e psicologo sapeva che il poliziotto provava ancora dei sentimenti per il suo defunto fidanzato.
Michael si girò sul fianco ed osservò Kevin che dormiva.
Il ragazzo aveva le labbra leggermente dischiuse ed i capelli castani gli ricadevano arruffati sul volto, la sua espressione beata infondeva tranquillità e serenità al giovane agente. Gli doveva tanto: lo aveva salvato in un momento di buio totale della sua vita e gli aveva ridonato una scintilla di speranza e felicità nel cuore. Con Kev era riuscito a superare il baratro della depressione ed aveva iniziato a metabolizzare la morte di Luke.
Erano passati solo due anni da quel drammatico giorno, ma Michael non si sentiva ancora pronto ad amare. Aveva paura di tutti quei sentimenti che provava per il suo psicologo, lo spaventava da morire l'idea di aprire di nuovo il suo cuore ad un'altra persona, perché aveva paura che anche Kevin potesse scivolargli via dalle mani. Si era reso conto che anche Keller provava qualcosa nei suoi confronti ed aveva notato la sua stessa insicurezza e smarrimento negli occhi del ragazzo.
Con un sospiro decise di alzarsi dal letto, aveva bisogno di una doccia per schiarirsi le idee e per riflettere. L'acqua che gli scivolava tiepida sulla pelle fu come un balsamo curativo, gli diede quel effimero sollievo che anelava per affrontare l'ennesima giornata. Grazie a Kev era entrato nella quinta fase dell'elaborazione del lutto, l'accettazione. Era pronto a dare un senso a quanto era successo (anche se doloroso da tollerare), ad inscriverlo nell'ordine naturale delle cose, ad accettare la sua enorme perdita e a guardare al futuro con un flebile entusiasmo di vivere. Soffriva ancora come un cane e gli mancava il respiro a ripensare a Luke, ma era giunto il momento di andare avanti. Ciò non significa abbandonare Davis e smettere di amarlo, semplicemente doveva procedere con la sua vita e doveva imparare a tornare a vivere. Il ricordo del suo amato gli sarebbe rimasto marchiato a fuoco nel cuore e nella mente, ma ricordare tutti i momenti belli insieme era diventato meno soffocante.
Una volta fuori dalla doccia indossò dei vestiti puliti, una maglietta azzurra come le sue iridi ed un paio di jeans. Quel giorno non avrebbe lavorato, era il suo turno libero così aveva pensato di fare una sorpresa a Kev. Iniziò con il preparagli la sua colazione preferita: cioccolata calda con panna e brioche alla marmellata di lampone. Glielo aveva detto quando erano andati a fare una passeggiata insieme al Robinson Park, avevano parlato a lungo quel pomeriggio raccontandosi di tutto, ma mai una volta si erano sfiorati.
Michael aveva imparato a conoscere ogni piccola sfaccettatura del carattere solare e vivace di Kevin, però non aveva mai osato accarezzargli la pelle o abbracciarlo. Il contatto fisico era ancora un tabù. Keller aveva tentavo più volte di stringergli una mano e di sfiorargli un braccio, ma Miller si era sempre ritirato gentilmente, dissimulando l'imbarazzo con una qualsiasi scusa.
Posò il vassoio colmo di prelibatezze sul comodino accanto al suo letto. In quei mesi aveva persino cambiato appartamento, si era trasferito lontano dal suo quartiere natale in una casetta più accogliente e soprattutto che fosse intonsa dai ricordi di Luke.
Scosse leggermente Kevin, sentendosi strano nel toccare la schiena dello psicologo per la prima volta. Kev si svegliò, stropicciandosi gli occhi con le mani e trattenendo uno sbadiglio.
"Scusami, mi sono addormentato sul tuo letto." Borbottò con la voce impastata dal sonno. "Sarei dovuto andare a casa mia."
"Non preoccuparti, Kevin. Ti ho preparato la colazione." Michael gli sorrise dolcemente e poi tornò in cucina. Era un po' a disagio: la sera prima erano usciti a bere qualcosa insieme, Keller aveva alzato un po' il gomito così lo aveva accompagnato nel suo appartamento, perché quello dello psicologo era troppo lontano. Prima di farlo sdraiare sul suo letto, il ragazzo gli aveva sussurrato che si era innamorato di lui. Poi aveva chiuso gli occhi ed aveva iniziato a russare profondamente.
Afferrò la tazza di caffè amaro che si era preparato e tornò nella stanza. Kevin aveva iniziato a gustarsi la sua colazione in silenzio. "Ti sei ricordato di ciò che mi piace." Gli sorrise.
"Già." Michael si sedette accanto a lui. "Oggi voglio portarti in un posto speciale."
*
"È bellissimo!" Sussurrò Kevin con emozione nelle voce. "Non ero mai stato qui."
"È il mio posto preferito in città."
L'Undersea Aquarium era un enorme parco oceanografico dove si potevano ammirare una moltitudine di pesci colorati e animali marini. Michael ci andava spesso, trovava rilassante camminare in mezzo alle enormi vasche. Adorava come la luce si rifletteva sulla superficie increspata dell'acqua e come illuminasse tutto con quel suo bagliore pallido e azzurrognolo.
Miller afferrò la mano di Kevin che si era impalato a fissare i pesci pagliaccio ripetendo quanto fossero uguali a Nemo e lo strascinò fino al tunnel sotto l'acqua. Erano da soli, l'acquario aveva aperto solo da qualche minuto così rimasero in silenzio ad osservare i pesci che passavano sopra alla loro teste. Erano variopinti, di mille colori, forme e specie diverse. C'era anche qualche medusa rosa brillante che ondeggiava placida nell'acqua.
"È stupendo!" Sibilò Keller, guardandosi attorno estasiato. Fece qualche passo avanti, il tunnel era lungo una decina di metri e dava la sensazione di camminare sul fondo dell'oceano. La luce che filtrava nell'acqua gli dipingeva degli aloni bluastri sul volto e rendeva gli occhi di Michael ancora più azzurri e profondi di quanto non lo fossero già. Rimase senza fiato ad osservare Miller che intanto si era avvicinato ad una vetrata ed aveva appoggiato le mani su di essa. Una tartaruga aveva catturato la sua attenzione e gli nuotava felice davanti alla faccia.
Kevin si avvicinò lentamente a lui e gli sussurrò a pochi centimetri dal volto: "Mi lasci senza ossigeno nei polmoni, proprio come se fossi sott'acqua. Ma nonostante mi manchi l'aria, non voglio tornare a galla perché qui sotto mi sembra tutto più bello ed io mi sento vivo."
Michael si voltò verso di lui e dischiuse le labbra, stupito. Poi gli sorrise dolcemente e gli prese una mano nelle sue, gli accarezzò il dorso, disegnando dei cerchi invisibili sopra alla sua pelle calda e morbida. "Kevin..."
"Non c'è bisogno di dire niente, Michael. So che per te è difficile e a me va bene così, non voglio forzarti a fare niente. Io voglio aspettare che tu sia pronto ad amare di nuovo, non è mia intenzione spingerti a compiere qualcosa che non ti senti di fare in questo momento. Voglio solo che tu sia di nuovo felice."
"Ma io sono felice..." Singhiozzò leggermente. Non si era accorto delle lacrime che gli rigavano silenziose le guance. "Sono felice da quando ti ho incontrato. Ho solo paura di perderti come è già successo con Luke, ho paura che questa mia felicità mi venga strappata nuovamente dalle mani. Ho così tanta paura, Kev. Ho paura di amarti..."
Keller gli asciugò le lacrime con le dita e lo strinse a sé. Michael appoggiò la fronte contro alla sua spalla e si lasciò cullare da quell'abbraccio. Kevin gli accarezzò dolcemente la schiena, cercando di confortarlo come meglio poteva. Le parole in quell'istante sembrarono superficiali ad entrambi.
Dopo istanti interminabili si staccarono da quel groviglio e Kevin appoggiò le mani sul volto di Michael. Si avvicinò lentamente a lui e lo baciò, avevano entrambi le lacrime agli occhi ed il cuore palpitante. Miller per la prima volta dopo tanto tempo tornò a respirare a pieni polmoni.
"Nobody said it was easy.
It's such a shame for us to part.
Nobody said it was easy.
No one ever said it would be this hard.
Oh take me back to the start." **
* * *
NOTA:
* LE CINQUE FASI DEL LUTTO: Il modello a cinque fasi elaborato nel 1970 da Elisabeth Kübler-Ross (psichiatra svizzera considerata la fondatrice della psicotanatologia e uno dei più noti esponenti dei "death studies"), permette di capire le dinamiche mentali più comuni della persona a cui si è diagnosticata una malattia terminale. Gli psicoterapeuti lo hanno trovato valido anche quando si debba elaborare un lutto affettivo o ideologico. È un modello a fasi, e non a stadi. Le fasi possono alternarsi e ripresentarsi più volte, con varia intensità e senza un ordine preciso: le emozioni non seguono regole ma, come si manifestano, così svaniscono, magari miste e sovrapposte.
1. Fase della negazione o del rifiuto.
2. Fase della rabbia.
3. Fase della contrattazione o del patteggiamento.
4. Fase della depressione.
5. Fase dell'accettazione.
(Fonte: Wikipedia)
** "Nobody said it was easy. It's such a shame for us to part. Nobody said it was easy. No one ever said it would be this hard. Oh take me back to the start." SIGNIFICA "Nessuno ha detto che fosse facile. E' un peccato dividerci. Nessuno ha detto che fosse facile. Nessuno aveva mai detto che sarebbe stato così difficile. Oh riportami all'inizio."
(Estratto dalla canzone "The Scientist" dei Coldplay, 2002)
* * *
LUKE & MICHAEL
KEVIN & MICHAEL
Ringrazio come al solito lapiccolaavengers che ha realizzato questi fantastici Aesthetics per me. La storia di Michael è finita, però il libro non ancora! Pubblicherò un ultimo missing-moment sui nostri amati Brundy e poi vi ringrazierò come si deve per aver supportato la mia storia e per averla letta fino in fondo. 😍❤️🦇
-Aliss19 🌹
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