10
Quella stessa sera avvertii una presenza dietro di me. Quando mi voltai, vidi John con la tagliola per orsi sulla gamba e il sangue che lo ricopriva del tutto, Weigh con la faccia spappolata e Mike, che invece perdeva sangue dal collo, dove c'era il foro che gli avevo procurato a scuola. La ragazza uguale a me apparì dietro di loro, che la fecero passare. Mi guardò e sorrise.
«Cosa vuoi da me?» domandai.
«Voglio ciò vuoi tu.» rispose cupa.
«Voglio solo vendetta.» dissi.
Lei si avvicinò. «E la avrai.» indicò la fine del vicolo, da dove arrivavano gridolini e suppliche. Guardai verso di lei, ma era sparita. Capii cosa voleva che facessi. Presi il martello e mi avvicinai al rumore. Alla fine del vicolo c'erano due tizi incappucciati che stavano picchiando un ragazzino.
«Ehi, scemo.» disse quello col cappuccio blu. «Se ci dai i soldi, ti lasciano andare, oppure ti stacchiamo le orecchie. E dicci pure chi ti piace, già che ci sei.»
Il ragazzino cominciò a piangere.
«Ah, sappiamo che hai preso una cotta per quella dell'altra classe. Come si chiama? Ah, sì: Lauren.»
Riconobbi quella voce. Era di Peter. Quello al quale avevo lanciato le forbici sull'occhio. Mi chiesi perché mai non avessero proibito di far uscire i figli dalle case, sapendo che una certa assassina. Mi avvicinai piano e osservai i due fuorilegge.
"Tom può aspettare.» pensai.
Raccolsi un mattone da terra e mirai alla testa dell'altro che non conoscevo. Il mattone gli arrivò dritto in testa, frantumandosi. Il ragazzino trasalì, mentre Peter si accucciò per aiutare il suo amico.
«Merda, Isac?!» esclamò. «Tu non muoverti!» puntò il coltello in faccia al ragazzino, che scattò dalla paura.
Mi nascosi dietro al bidone più vicino e afferrai il martello. Peter si alzò e sentii che stava venendo verso di me. Lanciai un sasso lontano davanti a me e lui mi superò. Era di spalle. Era la mia occasione. Mi alzai piano e lo raggiunsi. Lui era troppo occupato a guardare il buio per cercare cosa avesse provocato quel rumore. Alzai il martello e lo colpii alle costole. Peter si accasciò a terra, e strillò. Dall'alto, delle persone accesero la luce dalle proprie stanze. Ci avevano sentiti. Imprecai e guardai Peter negli occhi, che rimase scioccato. Mi guardò sgranando gli occhi. «Shhh...» feci io. «Continuiamo a divertirci in un altro posto.» così detto, gli colpii non troppo forte la testa e lui perse i sensi.
«Che succede la giù?!» esclamò un'anziana signora affacciandosi.
Ringraziai che nel punto in cui ero io il lampione non proiettava sufficiente luce, essendo troppo distante.
«Oh, mio Dio. C'è un bambino è un ragazzo svenuto!» esclamò la signora.
Io mi guardai dietro e mi avvicinai al bambino, senza mettermi sotto la luce. Lo guardai, lui ricambiò lo sguardo e io gli feci un cenno, come per dire di far finta che vada tutto bene. Il bambino alzò la testa e disse:«Tutto bene, signora! Lui mi stava dando fastidio, ma gli ho dato un colpo e ha perso i sensi.»
La vecchietta sgranò gli occhi. «Oh, cielo. Torna a casa.»
«S-si.» rispose lui.
La vecchietta chiuse la finestra e spense la luce. Sapevo però che sarebbero arrivati altri del palazzo a controllare chi avesse urlato. Mi avvicinai al bambino. «Ehi, ciao. Scusami tanto. Non volevo spaventarti.»
«Grazie dell'aiuto. Ma... Tu chi sei?» chiese spaventato.
«Sono... Una ragazza come te. Anche io venivo presa di mira dai bulli. Mi picchiavano e rubavano tutto. Ma le cose possono cambiare. Vedrai che presto tutto cambierà. Chi non merita di vivere sarà punito.»
Lui esitò. «Ed è una cosa giusta, no?»
Annuii. Lui si alzò e fece per andare via.
«Sai tornare a casa, no?» chiesi.
«Si, g-grazie.» sorrise e corse via.
Io tornai a concentrarmi su Peter, che era ancora privo di sensi. L'altro lo lasciai lì per terra. Aveva la testa spaccata e sotto di lui il sangue sgorgava veloce. Io presi Peter per le gambe e lo trascinai via. Volevo portarlo in un vecchio garage abbandonato, dove mi sarei divertita con lui.
«Magari gli taglierò le orecchie come voleva fare col bambino.» sorrisi.
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