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Vivo

CAVALLO

Sussulto quando le gocce cadono sul pavimento.

Sussulto all'eco più forte dei miei passi.

La galleria amplifica i rumori, e ora non sono in grado di sopportarli. Vorrei un bagno nel silenzio assoluto. È un sogno credere di salire nelle mie camere e dormire fino all'indomani pomeriggio. Non sentire niente. Non vedere niente. Non pensare a niente.

Ma non è mai successo e non cambierà proprio ora.

Ora che ho fatto scappare un principe e ora che sono scappata anche io.

La barca di carta sulla quale ero salita è affondata stracciandosi, e io mi sono affogata con le mie stesse mani. Non era una barca, era una zattera senza legamenti.

E se succederà qualcosa a Eiden sarà colpa mia e di Elania. Mi fermentano le budella.

Distruggere il diadema. Annientare la corona. Demolire la tirannia.

Non posso. Non posso. Non posso.

Nel momento in cui distruggo il diadema il popolo si vendica. È quello che li tiene fermi, non lo posso toccare. Se mi vendicassi su mia madre, loro sarebbero pronti a uccidere me. La rabbia non vede, e vincerebbe lo stesso Elania. «Basta» mi dico.

Ma qualcosa mi torna di rimando e non è il mio eco.

Davanti a me ho solo la porta della cripta. Incastonata nel muro grigio e polveroso è l'unica cosa che risalta di più qui dentro, colorata di marmo nero con incisioni dorate a partire dal pomello, come fossero raggi di luce ondulatori. Potrei salire e lasciarmi tutto alle spalle, ma non m'importa. Ho poco da perdere. Mi avvicino alla porta di pietra fredda, la tocco con il braccio teso. Se origlio, da dentro deriva un mormorio sommesso e continuo. Provo a spingere e la porta non si apre, quindi lascio il palmo della mano sulla pietra, non penso alle conseguenze del mio gesto. Viene naturale.

Attingo a quel fermento di rabbia incontenibile e dal profondo della gola fugge quel grido. L'aria diventa sorda come la pressione sott'acqua. La porta tuona delle particelle che vibrano esauste. Le strutture si spezzano, disegnando fulmini nella pietra friabile. Più lo uso, più mi sento viva.

La polvere scivola a terra leggera e al posto della pietra aleggia una nube.

Riesco a sentire quel vuoto d'aria aspettarmi, gonfiandosi dentro di me: è quella vitalità, quella potenza che mi regala l'annientamento. Respiro e la butto fuori verso la cripta. Mi sfianca, mi sfiata. Le candele si accendono al movimento della bolla d'aria che mi esce dal corpo, investendole dell'energia accumulata. Distruggi e crea.

Un uomo è voltato di spalle.

Deglutisco a fatica mentre respiro tutta questa polvere.

Le tombe posseggono la stanza, a destra quelle dei re, a sinistra le regine. Tutto è immobile, solo l'uomo uccide il silenzio. Non si è accorto di niente. Le vibrazioni di quella voce mi raggelano. «Cosa...?» le parole mi muoiono in gola anche se provo a esprimerle. Non avere paura. Scorgo a malapena la sua sagoma immersa nella penombra delle candele.

Si inginocchia, chino sulla pietra. «È passato così tanto tempo, fratello» sussurra. Solleva la testa. «Chiedi vendetta?»

«Con chi stai parlando?» la mia voce riecheggia tornandomi indietro, ma lui non si muove. Non mi sente. La cera gocciola sul ferro che tiene le candele, un pianto sopra il sepolcro.

Una fiamma alla fine della stanza attira la mia attenzione. È l'unica a essere dritta, davanti a me, e riesce ad allungare delle ombre sinistre sulla scultura che commemora. Riconosco che è un re dalle punte irte di una corona con una pietra intrappolata al suo interno, troppo simile a quella di Elania. Credo sia il primo re di Timeeria dopo il patto.

«Dovrò farlo» continua lui, inginocchiato sulle incisioni che comincio a leggere. Astreo e Uryl.

Più mi avvicino, più i peli si rizzano. Il cuore mi batte sui timpani. Mio nonno, mio zio.

«Sei stato profanato» mormora l'uomo, sfiorando l'epitaffio di Uryl. «È stata lei».

Mi fermo a leggere quello che mia madre ha fatto scrivere su suo fratello.

Se potessimo dire cosa sia la vendetta, diremmo che si tratta della lacrima più amara nel viso della donna più bella. Ma ben si differenzia dalla malvagità perché, sebbene la vendetta sia motivo di nichilismo, chi la compie spesso possiede l'animo più sensibile.

Il malvagio non possiede anima. E se potessimo dire cosa sia la malvagità, diremmo che si tratta del sorriso più affilato nel viso dell'uomo che si trova nell'inferno più buio.

Non mi meraviglio.

Faccio un passo avanti strisciando il piede, e l'uomo si volta verso di me.

Le ginocchia mi tremano e cado faccia a faccia con lui. Non ci credo. Non ci credo.

Ha gli occhi velati di bianco, non mi vede. Non può perché sta comunicando con gli altri. «Il sangue verrà versato al tramonto del regno, e la corona nera sarà spezzata».

La fiamma della candela oscilla per un attimo. Poi si spegne, attraversata da una corrente gelida.

Lui batte le palpebre e mi vede. «Diana».

Il mio nome sulle sue labbra mi causa il voltastomaco ardendomi la gola di rabbia e rancore. Non avrei mai pensato di rivederlo in tutta la mia vita, e se solo potessi gli farei ingoiare tutta la cera delle candele per fargli provare il mio dolore.

«Zio» dico, in un sussurro amaro. «Mylai».

Ha ucciso mio fratello. Lui è stato esiliato, e lui è il motivo per cui dovrò diventare regina di questo maledetto regno.

La barba grigia è corta e tanto basta a non farlo sembrare un nobile. Le fiamme riflettono lo sporco dei suoi capelli ricci, impolverati di terra e grassi. È quello che si merita, sembrare un topo.

Più lo guardo, più lo voglio distruggere. Ma se lo facessi, finirei per essere la mia stessa vittima. Non tocca a me. «Mi disgusti».

«Quale benvenuto mi dai» risponde con tono troppo simile a lei. «Dopo undici anni».

«Come sei arrivato qui?»

Affila gli occhi. «Esattamente come tu sei arrivata qui».

È una bugia sulla quale preferisco non indugiare. Fuori, negli altri regni, si sarà creato una rete con ratti come lui, dotate di poteri. Viaggiare è facile, prima dei confini di Timeeria. «Capisco». Le guardie di questo regno sono scadenti quanto chi dovrebbero proteggere. «Speravo che la morte ti avesse accolto. Ormai che sei qui, la cosa sarà breve». Non vorrei fare un piacere a mia madre, però nessun altro può permettersi di vendicare Jeremy se non noi due.

«Mi vuoi giustiziare?» dice, inarcando un sopracciglio. «Non ho fatto niente».

«Tu hai ucciso mio fratello» digrigno i denti, afferrando un pezzo del mio vestito per trattenermi. «Dovrei distruggerti con le mie stesse mani».

«Ucciso?» ripete. «È stata tua madre a uccidere mio fratello. Lei è l'assassina».

«Che vuoi dire?»

. «Non ricordi niente» sussurra, posando lo sguardo sulla tomba di Uryl. «Sono stato esiliato» muove la testa. «Ho cercato di difendere la mia famiglia, il mio diritto al trono. Non ho mai tentato di abbattere tutto come tua madre. Non ho ucciso tuo fratello, non è mai entrato neanche in questo palazzo!»

Mi alzo, arretrando di pochi passi, un cipiglio di pietà si forma sulla fronte. Le sue parole valgono poco per me, è fratello di mia madre. Non ci si può fidare. «Menti».

«Ti hanno mentito» ribatte. Il pensiero di portarlo da mia madre è forte, tanto che volto le spalle cominciando a camminare, i passi sulla pietra. «Te lo posso dimostrare».

I fantasmi. Sa che quelle parole riescono ad artigliarsi su di me. «Tu vuoi solo il trono».

«E tu no?»

«No» mi fermo. «Preferirei non averlo mai avuto, piuttosto che essere costretta a fare cose contro il mio volere!» ringhio, le vene del collo dure. Non sono più la principessa Diana, adesso sono figlia della dea Discordia. «E cosa mi vorresti dimostrare?» sibilo, riavvicinandomi. «Che Jeremy non c'è, qui?»

Mylai sfila un sorriso che mi ghiaccia. «Hai capito il gioco, dunque». Mi tende la mano, alzandosi anche lui. «Prendila, ti faccio vedere. Non posso mentire su ciò che vedo io».

Fisso mano ferma nell'aria. Non voglio prenderla, perché se avesse ragione cambierebbe tutto. Se non l'avesse, riaprirebbe una ferita troppo infetta. Maledico la mia sfacciataggine quando la afferro.

I miei occhi si annebbiano subito bruciando un velo della realtà che percepisco. Le ombre delle tombe si alzano, schiarendosi man mano che metto a fuoco la vista necromante. La cripta assume un colore azzurrognolo, non più scura e gialla per le candele, che adesso propagano luce blu.

Le ombre prendono forma lentamente, sollevate da terra, ondeggianti al volere di Mylai. O mio? Mi chiedo se riuscissi a distruggere le anime, unendo i suoi poteri con i miei, e mi vergogno solo a pensarlo.

«Evoca Jeremy» sussurra Mylai.

Delle voci si aggiungono all'orecchio quando lui parla, come se aspettassero un suo segnale. Tra questi potrebbe esserci mio fratello.

Potrei vederlo dopo undici anni.

Penso a lui, vedendo il suo nome impresso nella mente. Il freddo mi sale dalle caviglie, ficcandosi nelle ossa e risalendo mentre alcune ombre si avvicinano. Scacciale via, mi ordino, e questi si allontanano.

Mi distraggo un attimo osservandoli scomparire e un fantasma si eleva dalla tomba di Uryl. Non se ne va neanche se glielo ordino. È lui il fratello che Elania ha ucciso. Lei è diventata così per colpa sua. Forse Mylai lo controlla. O forse voglio che mi veda.

Si avvicina a me con la sua pelle di un azzurro diafano, la mascella squadrata.

Trattengo il respiro mentre ci osserviamo.

Poi mi oltrepassa. Mi restringo nelle spalle per il brivido nervoso che sale dalla schiena.

Non è rimasto più nessuno.

Mylai mi lascia la mano.

Mio fratello è vivo.

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