Lei
CAVALLO
«Diana, sali sulla carrozza» Vaelian mi graffia tirandomi il braccio.
Davanti mi si apre lo stradone del palazzo, immerso nella grigia foschia che mi riempie le narici. Sali. Non ci riesco. Salire nella carrozza reale mentre mio fratello viene deportato come prigioniero, fuori dal mio controllo, dentro un'altra carrozza insieme a Clara ed Eiden.
Mi volto: è svenuto, accasciato nelle braccia di una guardia. Qualche volta apre gli occhi che sono rivolti all'insù, confusi. Non possiamo comportarci così.
Fulmino Vaelian con la forza del pensiero e, costretta a farlo, salgo sulla carrozza, anche se preferirei farmi tutto il tragitto a piedi piuttosto che chiudermi in una scatola con lei. Mia madre è già dentro, postura immobile, totalmente assente. Strofina le mani l'una sull'altra, portandosi il mignolo alle labbra e punzecchiandosele.
Io mi metto proprio davanti a lei: o tutto o niente.
Oggi avrei dovuto assistere l'intera giornata alla sfilza di morti in mio nome, e alla fine avere uno sposo legato ai piedi per il resto della vita. Invece le mie speranze si sono avverate. Jeremy, Eiden. Mylai aveva ragione, ma come sempre le speranze si realizzano al contrario di come vorresti. Perché niente può andare bene se ti chiami Wyllin.
Lo vogliono incarcerare come se fosse un criminale, un reietto della più bassa società. Lui ha il nostro sangue reale. Ha scalato la menzogna più grande di mia madre per arrivare qui.
«Perché hai mandato Vaelian laggiù?» Ho la voce piatta, ma riconosco - e riconosce - la mia stizza. Victoria mi si siede accanto, Vaelian di fronte a lei. La carrozza parte, le ruote che traballano non aiutano a farmi sentire meno agitata
«Per prendere...» muove la mano per sottintendere i nomi, poi ha il coraggio di dirli. «Jeremy ed Eiden. Il cielo si è aperto, ciò che è successo non è passato inosservato al Supremo».
«Non è passato inosservato a nessuno» ribatto implacabile. Tengo la schiena attaccata al sedile, senza muovermi, e lascio le parole fare tutto senza esprimere la tormenta che mi si agita tra il cuore e il petto. «Potevi mandare me».
«Ci occuperemo di questo più tardi. Nel frattempo i prigionieri hanno la priorità» spiega Vaelian.
Victoria getta un sospiro pesante. «I prigionieri sono suo fratello e il suo futuro marito, non contrabbandieri». Non le sono mai piaciute le ingiustizie, ma prendere posizione davanti alla regina contro un suo ordine è troppo persino per lei.
Vaelian inarca un sopracciglio e un ciuffo svolazza fino a adagiarcisi sopra. «Aspiri alla politica, dama?»
Prima che lei si volti verso il finestrino, noto l'iride colorarsi, non so se per l'imbarazzo o per la rabbia. E conosco troppo bene entrambe le sensazioni.
Mi soffermo su Elania. Non si sbilancia. Per lei, sono sicura che l'opinione di Victoria sia vento nelle orecchie, inutile scoccare frecce avvelenate.
Però io, pensando, me le scocco da sola. «È la mia dama e ha libertà di parola».
«Certo». Vaelian arriccia il labbro inferiore, indifferente. I ciuffi ramati si muovono sulla fronte all'inclinarsi della strada, ed è l'unica cosa che attira la mia attenzione. Quando me ne rendo conto, vorrei schiaffeggiarmi da sola. Non è questo il punto.
Elania fissa senza battere ciglio lo scorrere degli alberi, le dita eleganti sotto il mento. Adesso, i suoi occhi sembrano grigi, invecchiati d'un tratto davanti alla menzogna sussurrata a tutti.
«Maestà» la chiama Vaelian, quasi delicato. «Come intendiamo procedere con il principe di Escados e il principe Jeremy? I suoi poteri potrebbero essere un problema per la nostra corte».
«La mia corte» raddrizza il tiro, Elania.
Aspetto che continui a parlare per sentire trattare mio fratello come un soggetto pericoloso, ma lei rimane ghiacciata nella sua posizione, e così anche la sua lingua.
Non resisto. «Se posso intromettermi» rimarco un finto galateo «direi di mettere il principe nel posto che gli spetta: la sua tomba. È perfetta, no?» Prendo una pausa per assaporare le parole che mi sgorgano dal fondo della gola. Sono agrodolci. «Scomodarsi proprio adesso è inutile».
Il petto si alza, poi si abbassa. L'orizzonte è più interessante della propria figlia, vedo. Per Vaelian, né per Victoria, è la stessa cosa: la schiena della mia dama s'irrigidisce, e il consigliere tende l'orecchio al più assoluto nulla.
Il silenzio ci inghiotte nel suo torpore, interrotto ogni tanto da qualche masso.
Ho sentito dire che negli altri regni, il popolo acclama la carrozza reale quando passa per le vie. La differenza è che lì il monarca esce più spesso, prendendosi cura dei bisogni di chi lo mantiene. Diffonde sicurezza.
Nelle nostre vie sono i fantasmi del passato a salutarci, perché qui la gente preferirebbe acclamare il nero del nostro sangue avvelenato, sgorgante dagli occhi strappati.
Darei oro per vedere questa scena. Mylai lo accetterebbe volentieri, e glielo darei se non uccidesse anche me insieme a sua sorella. Ora, il pensiero di essere uccisa e annullata mi sembra quasi un sogno: non dovrei vivere in questo mondo con queste leggi e sostenere una società così marcia. Purtroppo, il desiderio di averla vinta è troppo forte.
«Come puoi lasciare tuo figlio svenuto e imprigionarlo accanto alla cripta?» continuo, la voce s'ingroppa nella montagna d'incredulità crescente. Mi ignora come ha ignorato il suo senso di colpa per così tanto tempo da non averne più, sulla coscienza. Anzi, da non avere più coscienza. «Il tuo comportamento da madre mi sorprende» faccio ironica, il fiato infuocato. «Jeremy è stato fortunato a non averti vista così». Lui, se viene da fuori, non conosce la mia realtà: lo invidio. E lo vorrei vicino.
Come ogni cosa, Elania me l'ha allontanato quando lo avevo sotto il naso.
È lei che si separa da tutto. Mylai, Althea... Sono i fondamenti di questo schema. La famiglia è alle radici della persona, più le tagli, più si attorciglieranno nella vita.
Che persona sarò, io?
Sospiro e cerco di trovare una posizione migliore, ma capisco che la scomodità viene da dentro. «Tu avevi dimenticato di avere un figlio, vero?»
Sbatte le palpebre.
«Ti sei convinta che fosse davvero morto per non doverlo ricordare più. Non hai mentito solo a me, ma anche a te stessa! Quale credi sia la cosa peggiore?» chiedo, le parole si rimescolano nel palato ed escono amplificate. «Era una scusa per allontanare tuo fratello Mylai. Capisco».
Scuoto la testa e mi viene da ridere. Tutta politica, come sempre. La famosa scacchiera dove tutto è bianco o nero, con me è diventata grigia. Tutti muovono una pedina per eliminare l'altra e avere vantaggio. Io ho riportato mio zio a corte, infilandomi la testa nella ghigliottina.
«Diana» sussurra Vaelian, spalancando per un attimo gli occhi per ammonirmi.
«No, no» rispondo, mostrando i denti bianchi. «Voi non cercate di rimediare ai miei guai, ma di avvantaggiarvene. Quanto mi ci vorrà a scoprire che il torneo era un compromesso? Indovinate, a nessuno importa della principessa più che della propria pelle, e il fatto che il nostro trono sia maledetto è stato lampante» esclamo, «dopo lo spettacolo. Oh, per non parlare di mio fratello e dei suoi poteri. Qualcuno di voi ne aveva qualche idea?» chiedo retorica. Le pareti della carrozza si tappezzano della mia voce, chiudendosi attorno a noi.
Nessuno risponde, e riprendo: «Come ho detto prima lo avevate dimenticato. E tu lo avevi fatto dimenticare anche a me». Stringo i denti e spingo giù la sensazione che vibra sotto la pelle.
«La regina non...»
Batto le mani sulle mie cosce. «Non ci credo! Ancora non rispondi?»
«Lei è la regina, Diana».
«Ora le sto parlando come madre, se permetti, non sono affari tuoi, Vaelian». Aspetto che muova qualche dito per lanciarmi fuori dalla carrozza o strangolarmi con il suo potere, ma nulla di questo accade. Ingoio la saliva e mostro il sorriso al contrario, quello che parla di disprezzo e prevedibilità.
«Infida».
Un momento, i fiati sospesi.
Stacca le dita dal mento. Abbassa la mano.
Mi accenna uno sguardo che dura così poco da sembrare un secolo, ed è come se affogassi dentro il mare che mi lancia contro, leggendo qualcosa che fino a quel momento non avevo mai notato prima. Sono i suoi occhi a sommergermi e spegnere il fuoco che avevo appiccato.
Ed è lì. La sento, lei.
Lei che è rimasta colpita.
Mi ritrovo vuota e infreddolita, lasciata di nuovo ad asciugarmi da sola.
«Non sai quanto» risponde, seduta al suo posto e composta come sempre.
Di quel contatto mi rimane un carbone fumante tra le mani.
Incrocio le braccia e appoggio la testa sulla spalla di Victoria, mentre penso a ciò che potrò fare a Hosgrave. Con quel carbone ci farò la cenere.
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