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Il futuro del regno

PEDONE

Voci. Trambusto. Clangore e strofinio.

Prima ancora che mi svegli completamente il mio corpo va in allerta, si tende come se si sentisse in colpa per essersi addormentato. Mi sono addormentato nonostante tutto, sono uno stupido. Sbatto le palpebre umide e sussulto, inghiottendo a vuoto.

Quel rumore metallico schiocca.

Lancio un'occhiata fulminea al tetto, dove ieri sera... Ma è mattina, e con la luce l'oscurità scompare. O si fa più netta.

Chi mi sta facendo visita, adesso?

«Ci sono le guardie» avvisa Eiden.

Le crepe nel muro attraversato dalle ombre delle grate attirano la mia attenzione, sono ancora troppo intorpidito per accorgermi della cella che si apre violentemente. Guardie. Due guardie irrompono nel mio spazio, mi fanno sentire invaso.

«Cosa...?»

«Silenzio».

È stata la regina a mandarli. Ne sono sicuro quando tirano la catena dietro di loro e la fanno scivolare fino ai miei piedi. Vogliono incatenarmi come un animale così da essere sicuri che non scappi.

Il respiro mi si blocca nel petto.

Ma una guardia mi afferra un braccio, stringendolo troppo e smorzando ogni mio tentativo di resistenza che non riuscirei a portare avanti. «Perché?» Una domanda senza risposta. Prende l'estremità di una catena e la incastra intorno ai polsi. Il metallo freddo sembra bruciarmi la pelle, è pesante e insopportabile, e riesce ad arrovellarmi le budella.

«Lo state incatenando?» fa Eiden, agitato e con la voce piena di sconcerto. Percepisco nell'aria il pensiero che abbiamo tutti: condanna a morte. Traditori. Impostori.

Ci vogliono giustiziare.

«Tutti». Sento le altre due celle aprirsi, Clara strilla finché il suono non viene attutito, poi piano piano si spegne. Devono averle coperto la bocca.

«Non toccatela» esplodo. L'altra guardia tira la seconda catena. Mi sorride divertito reagendo alla mia confusione. Vorrei risedermi per non scoprire cosa mi sta per succedere, ma so che non posso. L'altro mi chiude il collo nella stretta metallica e stringe fino a farmi vedere i contorni sfocati. Tossisco e non se ne curano.

Entrambi escono, sono costretto a seguirli reggendomi con la forza che mi è rimasta. Passando intravedo Clara ed Eiden con solo i polsi legati che aspettano me per uscire dalla cella, il respiro affannato di entrambi.

«Siamo insieme» sussurra Clara.

Provo a rallentare il respiro corto che mi sta occludendo la gola; fatico anche in questo e l'ansia mi assale. La fronte comincia a sciogliersi nel sudore e la pelle a riscaldarsi troppo, attaccandosi dolorosamente agli anelli. Solo i giustiziati vengono trascinati così. Mia madre non ha trovato una strategia adatta, quindi vuole punirmi per essermi fatto vivo. Se non lo facesse, apparirebbe una bugiarda oltre che usurpatrice. Io sono il figlio morto.

Quindi sarà coerente con la sua bugia, e io sarò l'impostore.

Salgo le scale a chiocciola in silenzio tra ragnatele e polvere, superiamo la porta per entrare nell'enorme sala fatta di specchi. Al centro c'è un altare, direzionato per gli sguardi dei fedeli che si siedono sulle panche. È il tempio di Keyos a Hosgrave.

L'ultimo tempio che ho visitato non mi ha fatto bene.

Sfiliamo davanti ai pochi riuniti in preghiera e leggo i loro volti sprezzanti. Incolpate un innocente e lo giudicate senza conoscerlo, però pregate il vostro magnanimo dio che vi opprime.

È come se sentissi delle lacrime formarsi sotto le guance, incapaci di uscire, nascoste dietro una fragile diga.

Ieri sera credevo di rimanere incastrato in uno scacco senza fine con Mylai e la Gilda dei Veli, ma se Elania ci ucciderà non dovrò più compiere nessuna scelta. Questo sembra quasi un sollievo, e non lo più è se penso a Eiden, Clara e Diana.

Percorriamo il giardino, sfiliamo tra i cortigiani. Non sono loro che m'interessano in questo momento, e anche se il loro sguardo presuntuoso pesa, pesano di più le catene.

Quando entriamo nel palazzo i miei occhi non sanno dove poggiarsi prima. Scale, aperture, marmo lucido e finestre luminose. Non avrò tempo per osservare la bellezza. La stessa che ricopre il marcio.

«Jeremy» mi chiama Eiden. «Non ci faranno niente». È una dolce preghiera, ma non sarà così.

Le voci rimbalzano sugli scalini martellati dai piedi. La catena mi tira più forte sotto l'ammonizione delle guardie: non posso voltarmi. «Forse a voi due» la gola graffiata dal dolore mentre prendo l'aria.

«Fermatevi» ansima Clara, stavolta. Deglutisco la palla di emozione che mi sale dallo stomaco. Punto i piedi adesso che le guardie tirano. «No» dico. Entrambe si mettono d'accordo e tirano insieme. Perdo l'equilibrio per un istante e non posso più rimanere fermo. Stupido.

«Che cosa volete fare?» sbraita Eiden, scuotendo la catena. «Non ha senso giustiziarlo, non ha fatto niente» fa più piano, mentre il capo opposto rafforza la presa.

«Lo giustiziano?»

«Noi non facciamo niente» ribatte la guardia.

Eiden grugnisce: «nemmeno la regina può farlo». Abbiamo perso.

Non ho voglia di dire niente, e anche se volessi sono certo che le parole non mi uscirebbero. Così mi tirano contro il mio volere verso l'apertura al centro dell'ingresso, un passo lento dietro l'altro. «Lo faranno nella sala del trono?» chiede Clara. Qualcosa si incrina nel tono.

Logico. Al centro del potere, esattamente ciò che Elania deve dimostrare dopo l'oscillazione che le ho regalato. Ma non voglio che loro assistano. Una vera e propria esecuzione davanti a chi mi è stato vicino: è l'avvertimento.

Le porte si aprono senza nessuno che le spinga, facendo correre lo sguardo sul tappeto rettangolare fino al piedistallo. Da lì, un trono acuminato si erge vicino ad uno più piccolo. Elania è seduta in quello più grande, con la mano a mezz'aria, e Diana nell'altro. Quando ci vede, le si forma un cipiglio sulle sopracciglia e la testa scatta verso nostra madre.

Lei rimane impassibile. Immobile. «Entrate» dice in un soffio.

Vengo strattonato d'un tratto, sento il muscolo del collo infuocarsi. Clara ed Eiden mi seguono come testimoni. «Perché Diana è lì?» chiede Clara.

«Lei non c'entra» ribatte a tono secco Eiden. «Non lo sapeva» aggiunge più dolcemente.

Basta leggere la sua espressione per capire il suo sgomento. Tutto è stato architettato ieri, e lei era fuori da quella stanza. È qui perché è la principessa e perché dev'essere l'unica.

Superiamo diverse colonne portanti e mi accorgo che più lontano, sulla stessa linea dei troni, Vaelian e Mylai mi guardano avvicinarmi al giudizio della regina. Ai piedi di Diana, Victoria schiude la bocca.

Un giorno a Hosgrave, ed ecco dove mi trovo. Ho seguito il mio desiderio, le mie scelte. Per cosa? Per morire sotto la mano di mia madre? Se non fosse stato per Althea, mai avrei saputo della realtà dei fatti. E se fosse un malinteso, se non fossi il figlio della regina, un principe dal sangue reale, mi verrebbe quasi da ridere. Ma non lo è, e non riesco nemmeno a muovere le labbra.

«Ieri è stata una giornata importante per tutti noi» comincia Elania, indicandoci. Il suo tono è colloquiale e distaccato. Sta trattando una faida tra agricoltori o parla di ieri? Non sente ciò che dice. «Il torneo per la mano di mia figlia, il ritorno e la quasi morte del principe Eiden...»

«Se devi sentenziare la mia morte, fallo subito» la interrompo di colpo. Le guardie si voltano stupefatte, allentando le catene per un secondo. Mylai sogghigna sotto i baffi, mentre Vaelian piega in basso gli angoli della bocca e allarga le spalle, disgustato.

Elania rimane nella posizione assunta mentre parlava, inclina solo la testa. «La tua morte?» contrae le labbra. «Affatto».

Non mi vuole uccidere?

La mia faccia mi tradisce, ed Elania continua: «No, no. Non interrompermi più».

Annuisco una sola volta. Il resto scompare e la vista mi si chiude su di lei. Non mi vuole uccidere. Sono salvo. Sono vivo. Sarò vivo.

«Il popolo si sta domandando cosa sia successo davanti a loro. Sono impossibilitata nell'ignorare le loro voci, quando sono così tante. Per questo, io e il consigliere abbiamo pianificato una strategia» prende una pausa. Io elaboro ciò che ho appena sentito più le conseguenze che avrà la mia vita qui. «I nobili soprattutto si calmeranno grazie alle nuove disposizioni. Queste prevedono una mossa drastica al futuro del regno». Si volta verso Diana, il mio campo visivo si riallarga e comincio ad avvertire quello che sta succedendo. Diana balza lo sguardo su Elania, me e Victoria.

«Quale mossa?» chiede, la voce fragile e palpabile. Il suo pomo d'Adamo scende e risale.

«Jeremy» dice.

Il sangue mi pulsa nelle orecchie.

«Jeremy sarà il re di Timeeria».


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