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CAVALLO
Due mesi dopo
Da qualche settimana non sento altro che l'incessante ticchettare della pioggia sui balconi e nei canali di scolo. Se apro la finestra per il ricambio d'aria, l'odore pungente di erba bagnata mi stringe le narici raffreddandomi fino all'osso.
«L'inverno vuole imporsi» recita spesso Victoria, circostanziale. «La primavera arriva lo stesso».
In questi giorni i corridoi sono un crocevia di tacchi o scarponcini dei signorotti. Non possono uscire, il terreno fangoso e annacquato non permette neanche alle carrozze di lasciare la tettoia, quindi i cortigiani devono trovare un altro modo per tenersi tutti sotto controllo. Che mai possano stare a leggere qualche libro davanti al fuoco, che so. No. Meglio passeggiare nei corridoi trasformandoli in fogne.
Preferisco spalmare la faccia contro il vetro, restando chissà quanto a fissare i goccioloni scivolare via formando saette sulla superficie.
Ma oggi il cielo si è aperto, lasciando il sole libero di spargere i suoi raggi per indurire la terra. «Alla fine l'impero dell'inverno dà tregua, eh?» dico a Victoria, intenta a lavorare a maglia qualche manto per il prossimo freddo.
«Solo per poco».
La guancia contro la finestra diventa mano a mano più calda. «Usciamo».
«Bisogna aspettare» mormora seduta di fronte al mio letto, tutta presa dall'imbroglio dei fili.
Mi stacco dalla lastra, parte del viso schiacciato e arrossato. «Aspettare?» dico. Infilo le dita nel nodo arricciando ancora di più la palla che ha in mano. «Perfetto». Prendo dei vestiti adatti dentro l'armadio, in sottofondo il silenzio scioccato di Victoria. «Sono pronta».
«Mi hai ignorata?»
Tiro il manto sulle spalle. «Dovresti essere abituata».
«Dovresti imparare il lavoro a maglia» replica, scuotendo il tessuto infilzato da due stecche appuntite. Inclina un attimo la testa, osservando le punte. «O forse uccideresti qualcuno».
«Ho da studiare Sistemi politici moderni». È l'inizio del lungo titolo del libro che Lady Carph mi ha assegnato. È stata anche lei a recuperarlo e passarmelo, ricordo la sua camminata titubante e incuriosita dopo ciò che le avevo detto durante la partita. «Ma non lo farò».
Le guance di Victoria si induriscono. «Testarda».
«Moralista» le sussurro, lanciandole un fiore secco che prendo dal tavolino. L'ho trovato sotto la porta, tempo addietro. Credo sia di Vaelian e spero di no, altrimenti sarebbe uno stupido a fare una cosa del genere. Victoria ha subito pensato a uno spasimante segreto, e intanto io del conte non le ho detto niente.
«Lo avrà colto con amore solo per te» borbotta, stendendolo al suo posto sulla sedia quando si alza. «Io neanche uno».
«Come no? Saerj ti ama» scherzo, ed esplodo in una risata appena la vedo contrarre le spalle turbata. «Sei timida, non ti fai vedere mai da sola».
«E che dovrei fare?»
«Se stai con me, nessuno ti fermerà. Sai come sono, i maschi. Hanno paura se ci sono più donne insieme».Victoria è sempre stata troppo attaccata a me, e credo sia per via dei genitori. Entrambi sono stati uccisi a corte quando era piccola ed è diventata la mia dama: non avendo più il loro affetto, lo ha cercato in me.
«Proprio così» risponde, vacua, infilando le maniche nella giacca. Più che una dama di compagnia, oggi decide di sembrare una servitrice. I capelli sfusi in un mollettone e neanche un filo di trucco a coprire il grigio stanco sotto le ciglia.
«Però non ti lamentare, poi...» dico andando ad aprire la porta. Sorrido e le faccio cenno di andare.
Lei, nessun entusiasmo.
Il torneo tra un mese porterà un uomo nella mia vita. Dovrò stare con lui come vuole l'etichetta, allontanando Vic. Ho paura che stia cominciando già adesso a prendere le distanze, e forse per questo nelle ultime settimane sembra nostalgica.
Anche se non se ne rende conto, è un bene per lei. Io non sono il tipo di amica adatta a dare troppo affetto. La voce di mia madre mi rimbomba nelle orecchie. Vulnerabile.
Debole.
«Di nuovo?» dice Victoria, tenendo la porta per me.
Annuisco. Non parlo con Elania da due mesi, ma non riesco a togliermi la sua voce dalla mente, come se mi perseguitasse. «Usciamo» faccio, secca.
I raggi mi scorrono giù dalla fronte, riscaldandomi dall'interno dei vestiti. Degli uccelli volteggiano in alto passando da un albero all'altro, cinguettando mentre si librano al calore del sole.
«Dovevo portare le scarpe consumate» lamenta Victoria alzando di più le ginocchia e tirando su il vestito per non sporcarlo col terreno.
«Non è così melmoso» commento, picchiettando con la punta delle mie scarpe adatte alla fanghiglia. «Chissà come fanno i cavalieri, sotto la pioggia nelle guerre».
«Spero che non piova il giorno del torneo» si risucchia le labbra, posando lo sguardo sulla città oltre il cancello di Hosgrave. Lontano da qui, si vede la struttura che ci dovrà ospitare. È l'arena antica di Timeeria, la prima istituita dai monarchi.
«E se lo annullassero?»
Fa un sorriso genuino. «Be'...» sospira. «Non credo affatto succederà».
Sbatto le palpebre togliendo il focus dalla città, mento contratto, riprendo a osservare le cortigiane. Loro stanno camminando sul viale ciottolato, incespicando con i tacchetti fra gli interstizi. Vorrei far notare a Victoria che non sarebbe molto più comodo camminare lì, ma il suo silenzio mi spegne. «Vuoi andare lì?» dico alla fine, con gentilezza.
Lei scuote i ciuffi biondi e sono sollevata. Non voglio mischiarmi con quella categoria di persone.
Se lo annullassero. Mi sento ridicola ad averlo pensato. «Non succederà mai» rispondo, soffiando dentro il vestito l'aria calda adesso che il sole è stato nascosto da un nuvolone. «L'ho accettato. Non sono felice, ma va bene».
«Diana, sei fortunata che Mylai non ti abbia squartata mentre dormivi. Era il minimo, accettarlo» ribatte rude, scagliando l'attenzione verso le mura del palazzo, con la raffigurazione della Creazione. Nyx, Fato ed Eros. Hosgrave è talmente vecchia che faccio fatica a credere quanta vita abbia visto. Vita e perversione, a cominciare da quei tre dei.
Il fatto che Victoria sbotti non mi disturba. Due mesi fa si è offesa perché gliel'ho tenuto nascosto, ma ho cercato di farle capire le mie ragioni. Con riluttanza e qualche urlo, ci siamo riuscite, ma le conseguenze si sentono ancora. La gente a Palazzo è più nervosa perché Elania lo è, e questo mi fa solo piacere. Il suo potere crolla. La sua sicurezza anche. Vaelian mi ha spifferato che non si è nemmeno degnata di cercare mio fratello e io da qui posso fare poco. Se chiunque tradisce chiunque, non posso fidarmi della volontà di qualche cortigiano a cercarlo.
Solo io potrei farlo bene, nessun altro. Ne sono convinta e aspetterò il momento giusto. Ci ho pensato a lungo, a quale possa essere. Dopo il torneo, tra la folla, è facile disperdersi e passare inosservati senza gingilli reali. Sparirei facilmente.
«Mylai è Wyllin. Non sappiamo nulla di come si muovono».
«Muovete» mi corregge. «Siete esasperanti».
È vero.
Andiamo avanti nel tragitto, quando il sole ricompare gli mostro la faccia chiudendo gli occhi e lascio che sia l'unica cosa che sento, isolando tutto il resto. Mi appoggio al tronco di un albero, carezzando l'erba fresca con la pianta del piede.
Più avanti si forma un gruppetto. «Guarda» fa Victoria.
Sotto il fogliame intravedo un banco, le dame e i cortigiani hanno tra le mani delle tazze fumanti. «Cioccolata?»
Lei mi fa cenno di sì.
Acceleriamo il passo e ci mettiamo in fila. In estate, il giardino viene mantenuto pulito e aperto per le danze notturne, tra litri di bevande, fumi e fuochi. Se questo succede in pieno giorno, mi intristisco a pensare cosa c'è fuori questi cancelli.
Lascio una moneta nel palmo del cuoco, strizzando l'occhio. Lui si inchina e ci porge due tazze, una la passo a Victoria stando attenta a non bruciarmi i polpastrelli.
Soffio dentro la tazza, il naso sembra aprirsi con il vapore caldo del cioccolato. Le ossa intere mi sembrano rigenerarsi mentre la ingurgito, saporita e densa.
Victoria emette un verso di piacere, poi si lecca il labbro rimasto marrone. «Come fai a restare pulita?»
«Sono una principessa» rispondo, ovvia. E dovrai essere una regina, tuona la voce di Elania. Mi giro istintivamente, quasi non riconoscendo sia dentro di me. Ma dietro c'è solo la fila che si viene a creare.
«Che c'è?»
«Niente. Niente...»
Victoria abbassa la tazza fumante e mi si avvicina. «Sai che per te farei di tutto, no?»
Deglutisco, la lingua improvvisamente amara. «Entriamo».
Nell'ingresso del palazzo, dei passi lenti e pesanti cadono dalle scale. Passi che riconoscerei ovunque.
Mi volto. Dall'ultimo scalino in alto, Elania. Batte il suo bastone nero lucido, io sussulto.
«Diana» mi sento chiamare dal corridoio. È Mylai, ed è da lì che mia madre dovrà passare se vuole uscire con quel bastone da passeggio osceno. Le sue iridi incontrano le mie, più eloquenti di due mesi di silenzio, e le sostengo per tutto il tempo. «Diana» richiama Mylai.
Lascio indietro Victoria, i miei passi più morbidi si mischiano con quelli duri di Elania ancora sulle scale. So che mi fissa la schiena.
Ma appena arrivo da mio zio, siamo in due contro una. È di fronte a noi, punte aguzze al posto dei fiori sul vestito.
Mylai mi si avvicina all'orecchio, il fiato pesante. «Jeremy sarà al torneo».
Il cuore aumenta le pulsazioni, veloce, veloce.
Il collo di Elania scatta, impagabile reazione, ma dubito abbia sentito.
Prendo la notizia senza mostrare nulla. Jeremy sarà al torneo. Il torneo che ha indetto mia madre. Si metterà a rischio per me?
Irrigidisco la mia posizione e metto un piede avanti, poi l'altro, come quando mi ha fatto sfilare con Eiden davanti alla corte. Vaelian spunta alle sue spalle e mi accenna un sorriso fugace, che ignoro. Non ora.
Mi muovo lentamente come mia madre. Mylai dietro starà ridendo.
Arrivo a pochi centimetri da lei, sotto la guglia riversata, lei porta avanti il bastone.
Striscio il piede sulla base del bastone spostando l'equilibrio e lo lascio cadere a terra mentre le passo accanto. Il rumore secco del legno sul pavimento è amplificato dalle mura.
La presa che le sfugge davanti a tutti.
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