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Famiglia

PEDONE

Devo fare tutto quello che Althea mi chiede per rimanere vivo qui dentro.

Mykah me ne ha dato una dimostrazione chiara. Altrimenti il dolore che hai provato non sarà niente. Non l'ha detto, sento la sua voce nasale invadermi e opprimermi fino a farmi salire calore ai lobi, il petto schiacciato. A malapena riesco a respirare a pieni polmoni nonostante il dolore di prima se ne sia ormai andato.

Mi è divampato dentro, un'esplosione della sacralità universale all'interno di un contenitore fatto di ossa, sangue e carne. Provo a muovermi sul pavimento della sala di Keyos, i muscoli ancora scorticati dall'interno che se li potessi vedere sarebbero di un vivo rosso pulsante.

«Riesci ad alzarti?» mi chiede Eiden, incassando il mento come per incoraggiarmi e nell'attesa di farmi distillare un sì dalle labbra. Ma forse non se ne accorge, e le mie labbra ancora tremano mentre l'adrenalina pompa nelle vene. Dietro i bulbi oculari la trottola sta poco a poco smettendo di girare, troppo presto per alzarmi con le mie sole gambe.

Scuoto piano la testa chiudendo le palpebre, deglutisco aria muovendo la lingua ispessita dalla poca saliva. Se un dio esiste allora mi odia.

Mi odia quanto è l'odio il motivo del mondo.

E se il mondo l'ha creato lui, anche le persone che lo seguono devono odiare ciò che è diverso. Perché è difficile da controllare.

Guardo quella maledetta statua del Caos vorticare immobile sotto il soffitto, come se mi girasse attorno, ballasse sulle mie insicurezze circoscrivendomi in un limite soffocante fatto solo di me stesso: incapace, miscredente, errato.

Le suole di Clara sfrigolano sul pavimento mentre si abbassa davanti a me. «Cos'è successo?»

Lascio che l'aria mi riempia il petto prima di rispondere. Ho quasi paura di sentirmi bruciare ancora dall'interno, per fortuna non accade nulla e rilascio la tensione. «Potete portarmi in stanza?» mi sembra di gracchiare e di apparire ridicolo, ma loro non fanno una piega.

Clara mi dà colpetti sulla coscia, gli angolini della bocca inclinati verso il basso, quella pietà che non volevo.

Comincio a pentirmi di tutto.

***

Nelle orecchie mi ronza il via vai della fiumana di gente che ha ripreso le proprie faccende. Lo stesso via vai che avvolgerà anche me tra pochi giorni, ci penso per tutti i gradini e mi spaventa l'idea di integrarmi in un posto come questo, covo di criminali d'élite.

«Terzo ingresso» grugnisce Pykre, vibrazione bassa. Era fuori dalla sala, Clara gli ha chiesto come arrivare alla mia stanza solo perché Althea l'ha fatto alzare dal tavolo, prima. Eiden ha scelto il mutismo selettivo nel momento esatto in cui ci siamo avvicinati a lui, e ho notato lo sdegno per gli strani capelli intrecciati del principe.

«Come fai a sapere dove sto?» domando. Non credo che possa ricordarsi le stanze di tutti, e con lui non ho avuto alcun contatto. E non mi piace che lo sappia - sarò anche il principe di Timeeria, ma non per questo un omaccione con un paio di cicatrici e difficoltà deambulatorie dovrebbe sapere dove alloggio, sopratutto se non sembra incaricato per proteggermi. Qui nessuno protegge nessuno, Mykah è stato la conferma.

«Ti spaventi?» mi deride, voltando di poco la testa giusto per vederne il profilo. «Faccio avanti e indietro tra 'ste due gilde, il lavoro sporco» alza il mento grattandolo con un'unghia lurida, «tipo rubare principi. Ti sei fidato del conte Vaelian, vè?»

Eiden rallenta un passo sbilanciando il peso che mi sostiene tra lui e Clara e per fortuna si ferma anche lei. So che Pykre non si rivolge a me perché ricordo quel nome, Vaelian. Eiden l'ha menzionato a pranzo.

«No, no» si affretta Pykre con menefreghismo. «Non c'entro niente con quello. Doveva farti arrivare qui, riesce sempre in qualche modo a farla a tutti eh» si schiarisce la gola dal catarro. «Sei in stanza con lui, principino. Per questo so dove devo portarti».

«Siamo in stanza assieme?» Eiden riesce a farsi uscire qualche parola di bocca.

«Eh sì».

«E io?» fa Clara, roteando la testa verso i diversi piccoli archi prima di entrare sotto il terzo. Mi metto a contare le porte che passiamo, così la prossima volta non dovrò chiederlo più a nessuno.

«E che ne so? Quel ragazzo lo saprà, Mykah...» Clara emette un lamento gorgogliato che mi fa quasi ridere. Pykre si ferma all'undicesima porta con la tenda spessa e la indica. «Questa è» borbotta. Rimane a guardare Eiden per un altro istante, poi si fa spazio tra di noi dandogli una gomitata. «Vi verranno date le istruzioni per domani».

Aspettiamo che scompaia alla nostra vista, tutti e tre con l'attenzione rivolta verso il fondo del corridoio. «Simpatico» commenta Clara, inacidita. «Un po' come tutti qui dentro».

Abbozzo un sorriso, al contrario di Eiden Pyros che rimane inespressivo e distante, come se non fosse neanche presente nel suo corpo. Agito la mano davanti al suo naso e rinviene tossicchiando. «Scusate» fa, posato. Leggo le lezioni di etichetta imprimersi una sull'altra fino a formare il suo carattere. Apparteniamo a due mondi completamente opposti, basta osservarlo per capirlo. Spalle rotonde, posa dritta, ordine. Mi sentirei in dovere di inchinarmi se non fossimo così. Confusi, sporchi, stanchi.

«D'accordo» fa Clara, sospirando e allentando la presa su di me. «Ci pensi tu? Vorrei andare in stanza, devo cercare Mykah» chiede a Eiden.

Prendo la parola prima che possa farlo lui. Se siamo in stanza insieme, non voglio che mi senta come un peso più di quanto non lo sia già stato. «Penso di potercela fare, per due passi» scuoto la testa e mi sgancio da entrambi, poggiandomi allo stipite. I dolori si stanno attenuando nei muscoli, è l'accelerazione dei battiti quando mi chiameranno, mi chiederanno di pregare, quando dovrò rimanere solo con Mykah il problema. «Vai a riposare anche tu» accenno a Clara, lasciandole lo spazio che si merita. Lei guarda Eiden - dal basso, con le braccia conserte -, una risposta veloce che può davvero fare ciò che ho detto. Mi sfugge una risata breve. «Vai».

«Sì!» mi soffia un bacio con la mano e se ne va.

Faccio adagiare il silenzio tra me e il principe, poi parlo: «prego» gli dico, scostando la tenda.

«Gentilissimo, Jeremy principe di Timeeria» risponde.

Il giorno inoltrato ha spostato i raggi di stamattina, ora la luce illumina in modo uguale tutti gli angoli bianchi della camera. Rispetto alla gilda del sole nero, mi sembra di aver saltato non un fiume, un lago, il che mi fa sentire confortato: preferirei rimanere qui dentro e non uscire per il resto del tempo. Dimentica tutto, tutti.

Ma non è possibile.

«Quello è il mio letto» faccio, spostandomi piano piano verso il materasso dove Althea mi ha legato, la sedia ancora davanti. «L'ho già conosciuto».

«Io ho conosciuto una stanza chiusa e una sedia» ribatte, a metà fra il divertito e l'irritato. «Simili, no?»

Annuisco con convinzione, lasciandolo esplorare i mobili - armadio unico, due comodini e un minuscolo tavolo ai piedi del suo letto. Apre l'anta dell'armadio. «Ci sono delle uniformi» mi comunica, sorpreso. Sono ben ripiegate sul fondale in legno, grigie e bottoni arancioni, ovviamente. Vengo scosso da un tremito, una memoria muscolare del dolore, appena penso che i bottoni arancioni facciano ridere.

Dissimula. «Ci chiederanno di metterle da domani» deduco la prima cosa che mi viene in mente abbassando la fronte. Non posso permettergli di prendere il sopravvento su di me. Non posso.

Eiden getta fuori un respiro e chiude l'armadio. «Domani è un altro giorno. Odio le uniformi, tutti troppo simili».

«Già». I tacchetti delle sue scarpe schioccano appena sposta il peso sul tallone. Sono rovinate, smangiucchiate dalla sporcizia con delle pieghe sul dorso decorato. Mi fa credere che abbia camminato molto, perché un principe non terrebbe mai degli indumenti in condizioni pietose. Soprattutto se la sera prima era a Hosgrave. I suoi occhi hanno posato lo sguardo su Diana non troppo tempo fa ma anche se li perforo, li aggancio, non riesco a vedere nulla al loro interno. Solo la facciata che un Pyros vuole mostrare. «Chi è Vaelian?» polvere da sparo nella mia bocca.

Introietta l'esplosione con un movimento rapido del labbro superiore. «Jeremy, Jeremy, Jeremy...» inflessione monotona, osserva oltre le onde della tenda, poi si siede con calma. Il letto lo accoglie senza lamentele, sprofondando di qualche centimetro. «Ho toccato la tomba con inciso il tuo nome» ricorda, lasciando le parole posarsi nella distanza tra noi due per assumere un altro significato. La tomba. «Eppure i morti non sembrano così vivi. Neanche da evocati» aggiunge e mi squadra. «Non sei un impostore?» suona più come una domanda che come un'affermazione, e forse mi fa sentire offeso.

Ma un'insicura offesa passa in secondo piano. «Mi credono morto?» Abbandono la schiena contro il muro, una pressione sul fondo della gola. È stata Elania a farlo credere. Lo pensa anche lei o non vuole trovarmi? Appartengo a un passato morto. «E Diana?»

«Mi ha fatto vedere la tomba» risponde, chiaro. Mi sembra di percepire anche una punta di dispiacere, sfrega le mani con imbarazzo. «Somigliate in qualcosa. Ma i tuoi occhi sono...»

«Uguali, sì» tronco sulla difensiva. Magari avrà capito che non ho alcun potere, che sono un'attrazione circense. Il mostro della classe nobiliare. Le lettere mi cominciano a vorticare dentro il cranio e mi alzo di scatto per far cessare il rumore.

Fallito

Abbandonato

Mostro

Innaturale.

Gracile

Ladro

Infame

Assente

Rimango fermo dando le spalle a Eiden, fissando il bianco vuoto sopra il mio letto. La gabbia toracica si espande riportando calma, poi si stringe ancora.

«Stai bene?»

«Sì. Scusa. Non volevo-»

«Non ti devi scusare» ribatte, tranquillo. «Vuoi che faccia qualcosa?»

Giro su me stesso, passo per passo, andando a sedermi sulla scrivania vicino al suo letto. Incrocio le gambe in aria, i piedi non toccano terra e lo preferisco, come se non fossi realmente qui o me. «Voglio sapere di lei».

«Quindi so più cose io sulla tua famiglia? È surreale» si gratta il naso, pensando. «Principe di Timeeria».

Lo so bene che è surreale. «Non lo sono davvero».

«Non lo eri davvero» mi corregge. «Dovrai entrare a corte, un bel salto da... Per l'appunto, da dov'è che vieni?»

Alzo il mento al soffitto. «Resterea» rispondo secco, un sorrisetto ironico. Il figlio della regina Elania sotto il potere dei Pyros. Mi viene da ridere, ma questa mi muore in gola.

Le iridi dorate del principe scintillano flebilmente a dispetto dell'assenza del flusso. «Oh, Keyos».

«Potrà fare ben poco per noi». Le persone come Eiden riescono a trovare un motivo a tutto, si aggrappano al mito del disegno più grande e magari vivono davvero meglio. Io non lo so.

Infila le mani nelle tasche del pantalone grigio, arretrando sul letto fino a toccare con la parete opposta al mio. «Diana ti vuole bene».

«Solo all'idea che ha di me» intreccio le dita sui miei capelli. Lei non ha avuto degli adepti che le hanno mescolato i pensieri, riportando il dolore davanti per sempre. «Avevamo sei anni. Siamo cresciuti separati, non mi conosce davvero».

«E tu non conosci lei, si sta distruggendo come il suo potere». Fa oscillare la testa, le trecce danzano sul suo collo olivastro. Diana ha i poteri, penso. Non prendo l'argomento e lascio il principe continuare, non voglio essere io spiattellare la mia incapacità al principe di Escados. Se proprio vuole, ne parlerà lui. «Non so come dev'essere crescere lontani dalla propria famiglia» sbatte gli occhi e ritorna a guardarmi. «Diana però ti avrebbe invidiato, cresciuto lontano dal nostro mondo. Credo che lo annienterà piuttosto che rimanerci».

Non è bello come credete. Da fuori tutto sembra scintillare, i vermi si nascondono all'interno del frutto. «E tu perché sei qui?» La domanda che gli ho fatto non ha ricevuto risposta.

Sfila una mano dalla tasca e indugia sulla collana adagiata nell'incavo del petto. «Forse Keyos regola i conti per merito di mio padre, forse è solo colpa del conte...» sembra voler continuare la frase, ma i suoi occhi si perdono nel vuoto, come ricordando qualcosa che stava scomparendo. «Tua sorella è in pericolo».

«Come?» Vado in subbuglio, la mia mente mi lancia un'immagine di Althea. Mi ha trasferito dopo undici anni passati in un altro regno. E adesso ha anche il principe. Mykah irrompe nei miei timpani: «Sei solo un pedone nell'immensa scacchiera di tua nonna»

«Vaelian, il conte» dice, raccogliendo le idee. «Ha in mente qualcosa. Ha in mente qualcosa» ripete, alzandosi dal materasso e camminando per la stanza. «Mi ha fatto credere di essere in salvo, ma mi ha condotto qui. È in combutta con Althea, non so per cosa. Non te l'ho detto prima perché eravamo lì...»

Quindi non se lo stava dimenticando. Non tutti i nobili pensano di uccidersi a vicenda, come credono alla gilda del sole nero. «Sì, capisco» rispondo. «Non mi stupirei se avesse più di un piano».

«È pur sempre la madre di Elania. Tu non l'hai incontrata, la regina» assottiglia le labbra. Il modo in cui si muove pensando a Elania non aiuta la mia preoccupazione. Ci stiamo cacciando in un guaio enorme.

Lei ha omesso troppe cose da quando l'ho incontrata, stamattina. Vuole che la assecondi senza mettermi in luce il percorso perché sa che non mi piacerebbe, che è pieno di fossi e marcio. «Non farò i suoi giochetti per far del male a mia sorella».

Annuisce. «La gilda di Althea è un aggancio per la corte di Timeeria. Dobbiamo arrivare lì, forse il Sole Nero può aiutarci...»

Mi esce una risata amara. «Non lo sai? Vengo da lì. Althea si è impossessata anche di quella, forse qualche accordo con tuo padre» ipotizzo, ma dall'espressione che fa credo che non lo sapesse. Sembra sbiadire in mezzo alla stanza per effetto di qualche mangialuce, però qui non c'è magia. «Ha creato una rete» finisco.

«Mio padre ha fatto un doppio accordo, con Althea ed Elania alle sue spalle solo per togliermi di mezzo» sussurra, torturandosi una pellicina del pollice. Arretra fino al davanzale della finestra, la tenda liscia lo richiama a sé. «Vogliono tutto il potere».

Non so cosa voglia dirmi. Gli intrighi delle corti sono più profondi di quanto si immagini, e nemmeno Eiden sa quali sono le vere intenzioni del padre, a quanto pare. Tempo fa giravano delle voci, mai niente di chiaro. Sono congetture e non mi sembra il caso di domandare, quindi lascio che ragioni qualche istante. «Come facciamo ad aiutare Diana, allora?» Se neanche le prove servono, mi trovo con polvere fra le mani. Odio non sapere esattamente cosa fare. So di dover entrare a corte, e in questo Althea può aiutarmi, ma non voglio essere costretto a facilitare il suo obiettivo se va contro di noi.

Eiden irrigidisce la mascella. «Facendo quello che fanno loro. Fingiamo finché possiamo».

Stringo i pugni, forzando quello dolente.

Per entrare a corte e avvisare mia sorella e mia madre, devo diventare un adepto della gilda di Althea a tutti i costi.

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