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Divertiti

PEDONE

Althea mi slega le caviglie, è già qualcosa nonostante mi lasci ancora i polsi stretti. Quei nastri malefici mi sfregano sulla pelle sensibile alla loro stretta, e con le dita rigide mi gratto per far andare via la sensazione.

Mi fa un cenno con la testa e appoggio i piedi a terra, alzandomi. Una scossa di dolore mi traversa le ossa ma posso resistere, pensavo peggio, e muovo qualche passo che sembra portarmi sempre più in aria, facendomi galleggiare in un castello di vetro e nuvole. Sono una fibra intessuta in una rete di bugie e ricatti, Althea ha raccolto l'intera mia esistenza, come dei pesci nel fiume. E adesso, qui fuori, il respiro manca.

«Perché riesco a camminare?» chiedo.

Lei prende un respiro lento. «Se non morite sul colpo, i guaritori al confine tolgono gran parte del dolore prima di farvi arrivare qua» spiega. «Vi metto alla prova, ma non ho tempo per farvi rimettere in sesto a Timeeria senza aiuti».

Capisco. Lascia l'accenno di dolore come monito. «E se il principe di Timeeria fosse morto?» sbotto. Ho voluto la verità. Figlio della regina Elania, tiranna di un regno corrotto: sono un Wyllin. Un principe Wyllin. Più me lo ripeto, più perde senso. Ho voluto la verità e non posso più tornare indietro.

Fa spallucce. «Avrei pensato che avessi perso la nostra essenza. Noi resistiamo» dice a denti stretti, vigorosa.

Sulla pelle degli altri, vorrei rispondere. Ma questo significa che hanno resistito anche Freya e Diana.

Loro non hanno passato ciò che tu credi. Sono vive. Una parte di me urla questo. Sono vive. E la Freya che ricordo io non può essere Elania. Mi sforzo di pensare a loro come la mia famiglia, come degli eventi che mi appartengono, e mi sembra ridicolo. È ridicolo pensare di essere un principe senza poteri. Magari, se fossi cresciuto a Timeeria dove il flusso si è prosciugato, li avrei avuti.

Noi resistiamo.

La casa distrutta, la loro scomparsa. È stato tutto un inganno architettato alla perfezione. Anche ciò che ricordo io è un inganno?

L'unica cosa che rimane vera nella mia vita è Clara.

«Fammi vedere lei».

Althea mi gira attorno, lo strascico del suo vestito sul pavimento ben curato sembra allungarsi a formare un cerchio attorno a me. Lei ha questo potere. Non disto molto dall'uscita, per qualche istante penso che potrei fuggire, poi ricordo che non so dove sono né come ci sono arrivato.

E che sono a Timeeria.

Althea Wyllin si ferma dietro di me, siamo al centro della stanza che comincia a schiudersi alla mia vista, come se il campo visivo si fosse allargato. La sua presenza è più forte di qualsiasi altra cosa. Ci sono due letti puliti, il mio disfatto, e sembra arredata come un vero appartamento. Attacchi per le candele, mobili...

Lei preme un dito sulla schiena, l'unghia scava sotto la scapola costringendomi a dirigermi dove vuole. Faccio dei passi lenti, consapevole che è dietro di me, fino ad arrivare davanti alla tenda della finestra. C'è solo l'infisso e questo velo sottile svolazzante, così come non c'è la porta.

«Guarda fuori» mi sussurra all'orecchio, premendo ancora il dito. «Sei alla Gilda dei Veli, cosa senti?»

Rallento il respiro che si affanna nei timpani e comincio ad avvertire i rumori dei passi e del clangore metallico fuori, il chiacchiericcio della gente più lontano e uccelli che cinguettano in alto. Il sole danza sulle ciglia e mi riscalda le guance.

«Qui non hai nulla di cui preoccuparti, Jeremy. Sei un Wyllin, qualsiasi cosa ti appartiene» dice in un soffio. «Devi solo rendere conto a me. Devi preoccuparti di me. Devi obbedirmi perché prima di appartenere a te, tutto questo è mio» sibila, rantola. Toglie velocemente l'unghia dalla scapola e mi accorgo della tensione accumulata nei muscoli troppo rigidi che mi fanno male. «Vuoi vedere la tua amica?»

Annuisco velocemente. Patetico.

«D'accordo. Ma ricordati che da adesso anche tu appartieni a me. E anche lei».

Mi bacia sulla guancia riscaldata dal sole.

***

Sento come se i miei occhi stessero per esplodere a ogni centimetro che scopro di questa gilda. Non credo di aver mai visto tanta bellezza e ordine in un solo posto, maestosità creata su misura per Althea Wyllin. «Mykah vi farà visitare l'intero edificio a tempo debito» dice, accorgendosi del mio sguardo vagante verso l'alto. Non tocco i piedi per terra se guardo il soffitto pitturato con fantasie mitiche e colori tenui, rischiando di incappare negli adepti che mi passano accanto - alcuni noncuranti, altri incuriositi - vestiti con abiti che sembrano farli camminare su delle nuvole, probabilmente creati da Althea.

Vorrei non sentirmi in colpa per restare affascinato, dimenticandomi solo per qualche secondo la realtà, ma tutto quello che vedo è curato nei minimi particolari. I corridoi che si dispiegano davanti a me con ampie cornici vuote alle pareti che contornano portacandele in oro e armi raffinate. Immagino degli adepti a utilizzarle qui e vengo scosso da un brivido temporaneo, dileguando il pensiero. I tendaggi fluttuanti agli infissi che danno sui giardini distendono una luce biancastra, riflettendo sulle colonne sorreggenti l'architrave rifinita lunga fino all'arco che separa il corridoio con una sala tonda.

A un certo punto sembra che i piedi si appesantiscano e torno a toccare il pavimento, smettendo di rimanere imbambolato da ciò che tutto il resto del regno non può neanche sfiorare. «Come hai fatto a costruirla?» chiedo, girandomi attorno per contare le aperture della sala centrale. Sei. Sei corridoi in un solo piano e ho già dimenticato da dove sono venuto.

«Una regina non smette di esserlo, neanche se estromessa dalla sua stessa figlia» ribatte cinica. «L'istinto di una regina non muore mai».

Saliamo due rampe di scale e più si va in alto, più la bellezza si dirada lasciando il posto a un ambiente scarno e austero. Sembrano cunicoli stretti costellati da porte, non più tende. L'illuminazione precedente sembra essersi cancellata, passando dal pieno giorno a un intermezzo. L'aria si fa pesante e umida. «Dove siamo?»

«Fai troppe domande» sospira Althea, alzando con un cenno del dito lo strascico del vestito alle caviglie. Non vuole rovinarselo. Schizzinosa. «Questa parte l'ho fatta creare per le vittime commissionate. Pensala come una prigione privata».

La gola mi si secca lentamente.

«Non possiamo far vedere loro il nostro sfarzo» continua, sorridendo senza emozioni. Si tocca l'acconciatura bianca sistemando un ciuffo spaiato. «Però è utile anche per le prove».

«Prove?»

Ci fermiamo in mezzo al corridoio sporco. Sembra di essere entrati in un edificio diverso rispetto a quello sotto di noi, e non avendo alcuna distrazione il cuore comincia a palpitare. È folle. Mi sto fidando?

Non. Ti. Fidare.

«Per essere un Wyllin non sei acuto» punge. «L'ho già detto. Ogni adepto per essere accettato deve superare delle prove, la prima l'avete fatta entrambi» dice, puntandomi gli occhi gelidi addosso che spiccano nella poca luce. Noto che è anche poco più alta di me. «Ma tu sei mio nipote e non vali quanto loro» finisce fiera.

Io non sono come voi. Serro la mascella finché l'attrito diventa insopportabile. Nipote di Althea, figlio di Elania e fratello di Diana Wyllin. La mia famiglia è davvero la causa dell'aridità di questo regno e io ne faccio parte.

Non è vero. Niente è vero e tutto è reale.

«Clara vale quanto tutti. Io valgo quanto tutti» affermo con la testa bassa. Non riesco a sostenere la sua presenza, adesso che le pareti sembrano restringersi attorno per soffocarmi. È tutta una prigione.

«Ma guardati» ridacchia Althea, dandomi le spalle. Va avanti fino all'ultima porta e gira il pomello facendola scattare. «Eccoti accontentato, caro» esclama teatrale, drizzando le spalle. «Oh, dentro c'è anche Eiden Pyros. Ci rivediamo sotto».

La polvere del pavimento mi artiglia la suola delle scarpe immobilizzandomi. Eiden Pyros.

Il principe.

Althea mi passa accanto, il suo profumo nauseabondo è l'unica cosa che rimane come firma a dire: «divertiti. È opera mia».

È folle. È manipolatrice.

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