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1. Il rapimento

Shawn

Sono nervoso e agitato perché il momento più importante della mia vita si avvicina sempre di più. Le mani mi sudano e il cuore batte all'impazzata.

Ci siamo quasi, manca pochissimo alla mia vendetta.

Meno di un'ora e Elizabeth Mumford sarà qui tra le mie grinfie, e giuro che non ne uscirà viva finché non avrò avuto ciò che mi spetta.

Non mi interessano i soldi, o meglio, voglio anche quelli ma... ma la cosa che più mi importa è la sua confessione, voglio la verità che già conosco sbattuta in faccia e voglio che quella verità esca fuori dalla sua bocca.

George Mumford confesserà tutto e allora avrò pace e mio padre sarà vendicato.

Angus e Jack, i miei uomini, sono già in posizione, pronti per rapire Elizabeth.

Non me ne vanto, so benissimo che ciò che sto per fare è terribile e spregevole, ma non ho scelta.

Sono un pezzo di merda, forse è così, ma non sono un assassino, né uno stupratore: non torcerò un capello a quella donna. Almeno finché suo padre farà quello che dico e non mi farà incazzare.

Deve soffrire. Voglio che soffra quanto ho sofferto io. Ecco perché non gli darò subito sua figlia.

Dovrà penare per averla sana e salva, dovrà passare del tempo, giorni di terrore in cui quel bastardo crederà di non rivederla viva.

Mi accendo una sigaretta e inspiro la nicotina come se fosse l'unica cosa che può farmi respirare.

Attendo un tempo che mi sembra infinito, quando il mio telefono squilla e la voce di Angus, preoccupata, tuona:

«È successo un casino, Shawn!»

«Che cazzo avete combinato?» urlo, mentre dentro di me tutto è in tumulto.

***

Roxie

Il locale è gremito di gente e io muovo la mano sulla mia gamba a ritmo di musica, come se stessi suonando la batteria.

Aspetto Elizabeth che è in ritardo come al solito, ma in fondo penso che la adoro così com'è, persino col suo ritardo cronico.

La vedo arrivare, con l'acconciatura perfetta e quel sorriso contagioso stampato sulle labbra.

È l'unica vera amica che ho, la più preziosa.
Quando a 16 anni fui adottata da Bert, il maggiordomo di casa Mumford, non avrei mai immaginato che la mia vita sarebbe stata un pochino meno schifosa di quanto era stata fino a quel momento.

E non lo è stata solo grazie a Bert che mi ha trattato come se fossi sua figlia, ma anche grazie a Elizabeth che, nonostante fosse la padrona di casa e io la semplice figlia del maggiordomo, mi ha subito fatta entrare nella sua vita, facendomi uscire con lei, facendomi conoscere il suo gruppo di amici.

Una volta mi confessò che io ero diversa dalle altre, che spesso cercavano la sua compagnia solo per il cognome che portava. No, per Eli ero la sua migliore amica, e lei lo era per me.

Quando però Bert è morto, ci siamo un po' perse. Lei ha iniziato a lavorare nell'azienda del padre e io come cameriera in un fast food.

Elizabeth mi offrì un posto come segretaria ma io ero troppo orgogliosa per accettare.

Da allora ci vediamo poco, a causa degli assurdi orari del mio lavoro, ma ci sentiamo via messaggi o chiamate quasi tutti i giorni. E stasera sono proprio felice di rivederla.

«Roxie» strilla Elizabeth venendomi incontro e io corro per tuffarmi tra le sue braccia.

«Eli, mi sei mancata tantissimo» dico perdendomi in un abbraccio infinito.

«Anche tu, tesoro. Vieni qui, fatti un po' vedere. Dio, quanto sei bella! Ogni giorno di più diventi uno schianto di ragazza. Parecchi miei colleghi di lavoro morirebbero per avere una donna come te al loro fianco.»

«Nahh, niente uomini per me. Sto bene da sola. Tu, piuttosto, che mi racconti?» chiedo e mi incammino al tavolo prendendola per mano.

Ci sediamo e faccio segno al cameriere di raggiungerci.

«Una soda e un gin tonic» dico rivolta a lui, non appena si avvicina al nostro tavolo.

Elizabeth sorride e io ricambio.

«Ricordo ancora bene?» chiedo, riferita al gin tonic, che so essere la sua bevanda preferita.

«Perfettamente.»

Guardiamo il cameriere che se ne va, è carino, muscoloso al punto giusto e con un sedere niente male.

Riprenditi, bella, gli stai davvero guardando il sedere?
Una voce in testa mi rimbrotta e io provo a ricordare l'ultima volta che sono stata con un uomo.

Niente da fare, è passato così tanto tempo che non potrei mai ricordarlo.

«Gli stavi guardando il sedere?» chiede divertita Elizabeth.

«Hai idea da quanti secoli sono in astinenza, sorella?» dico divertita e lei scoppia a ridere.

«Roxie, ci sono un sacco di bravi ragazzi che potrei presentarti. Perché dici tutte le volte "no"?» chiede.

«Perché non mi interessa una relazione seria. E poi ho già provato a uscire con degli uomini e sono tutti banali e noiosi. Coi migliori sono durata a stento una settimana, sono troppo lontani da me, il loro vissuto, le loro abitudini quotidiane... veniamo da mondi troppo diversi.»

«Anche io e te, eppure guardaci» fa lei, sorridendo dolce.

«Vero, ma tu sei la mia migliore amica, è diverso! Conosci il mio passato per filo e per segno e non mi hai mai giudicata per questo!»

«E credi che un uomo possa farlo?» domanda sorseggiando il suo gin tonic.

«Forse, ma non ho interesse a scoprirlo. Un bel fusto per una notte ci sta, ma una cosa seria? Anche no, sorella!»

Elizabeth scoppia a ridere e io la seguo a ruota. Continuano a chiacchierare, conversando su qualsiasi cosa ci venga in mente.

La mia amica mi confessa che sta uscendo da poco con un uomo e che sembra una brava persona, che non sembra uno di quelli interessati solo al suo patrimonio.

Quando prende lo smartphone dalla borsa e lo poggia sul tavolino per farmi vedere le foto di Eric, il tizio con cui sta uscendo, le ammiro incuriosita e sono felice di constatare che è un bel ragazzo, e che dal viso sembra anche una brava persona.

Sono contenta per lei, in fondo con quello stronzo di padre che si ritrova se lo merita.

Non ho mai sopportato George Mumford. Quell'aria saccente, il tono sempre burbero e autoritario, lo squadrarti ogni volta dall'alto verso il basso...

È uno stronzo, ecco, non ci sono altre parole per definirlo!

Quando si fa l'ora in cui Elizabeth deve andare via, la saluto con un forte abbraccio, e decido di rimanere un altro po' nel locale per godermi ancora la musica.

Non passano che pochi istanti, però, perché mi accorgo che Eli ha lasciato il suo smartphone sul tavolo.

Lo prendo e mi avvio con questo verso l'uscita, sperando di trovarla ancora lì fuori.

«Noooo, lasciatemi, lasciatemi!!!»

Sento delle urla e riconosco la sua voce, qualcuno sta provando a farle del male.

Corro in direzione delle grida e arrivo quasi sul retro, dove vedo due uomini vestiti di nero che cercano di caricarla su un furgone.

«Lasciatela andare, bastardi» urlo e mi avvento come una furia su di loro.

Salto sulle spalle di quello più magrolino e provo a mordergli il collo.

Lui strilla mentre l'altro con un colpo mi fa cadere a terra.

Il magrolino mette Elizabeth nel furgone, ma io non permetterò che la portino via.

«Lasciatela andare! Lasciatela!» grido con quanto fiato ho in gola e prendo di nuovo a mordere, stavolta il più grosso.

Gli mordo la mano con quanta forza ho, spinta dalla rabbia e dall'adrenalina del momento.

Lui urla e quando riesce a togliere la mano, ha una grossa ferita da cui esce sangue.

«Puttana» strilla, mentre l'amico mi carica in spalla.

«Ora vieni con noi, puttanella» urla ridendo, e il suo amico lo aiuta a farmi salire sul furgone.

Grido, strepito e cerco di liberarmi, ma non ci riesco.

Sono in due e sono troppo forti per una mingherlina come me.

Quando siamo entrambe nel furgone, noto che Eli è svenuta, forse il bastardo le avrà dato una botta in testa.

Il più grosso mi imbavaglia e mi lega le mani, mentre il più piccolo si occupa di Eli.

Quando chiudono il bagagliaio del furgone, dove ci hanno collocato, sento che parlano di me e del fatto che non dovrei essere lì, che il capo gli farà il culo una volta scoperto il casino.

«Chiamalo, Angus! Adesso. Magari ci dice di farla fuori, ci troviamo un posto isolato e le spariamo una pallottola in fronte!»

Un brivido corre lungo la schiena perché non voglio morire, non così!

Ma terrò il sangue freddo perché anche se dovesse essere non gli darò la soddisfazione di vedermi spaventata!

«È successo un casino, Shawn!» sento dire a uno dei due, probabilmente a telefono col loro capo.

«Noi, ehm... è spuntata un'altra ragazza dal nulla. Una sua amica, le abbiamo viste insieme nel locale. Lei ci ha aggrediti e ci ha visti in faccia così... abbiamo preso anche lei!»

Non so cosa accade dopo, perché vedo Eli che inizia a svegliarsi e riesco solo a pensare a lei e a quanto sarà spaventata quando capirà dove ci troviamo.

Ti tirerò fuori di qui, amica mia! Non permetterò che ti facciano del male!

Eli mi guarda, incapace di parlare a causa del bavaglio che le stringe la bocca.

La guardo anch' io e quando vedo una lacrima scendere sul suo viso, capisco che devo essere forte. Devo esserlo per tutte e due!

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