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VIII ~ CLARISSE



Dall'arrivo di quei ragazzi c'è una luce diversa nella casa. Finalmente i miei occhi si concentrano su ciò che mi circonda. La porta vetrata del soggiorno è aperta. James sembra sparito da qualche parte con i suoi amici.
Esco fuori.
C'è un gioco di luci e colori attorno a me. Sento il calore del sole sulla pelle e un venticello freddo mi fa rabbrividire ma sono Fuori.

«Distruggerò te e tutto ciò che ti circonda.»

Ma io sono viva.

«La libertà non ti è concessa.»

La riconquisterò perché la mia libertà è mia e mia soltanto.

«È la tua punizione.»

Affronterò anche questa in tal caso.

Non è grande questo posto ma è certamente nascosto dagli occhi indiscreti. C'è una piccola foresta a circondarla. Il sole è alto nel cielo. Brillante. Sono tante le nuvole a coprirlo ma non credo di averlo mai trovato così bello.

«Ti va di fare una passeggiata?» mi chiede una voce alle mie spalle. Non la riconosco perciò mi sento costretta a voltarmi e a distogliere gli occhi da quella timida meraviglia.

I suoi occhi sono caldi, luccicano di vita. Ha un viso spensierato, le labbra piegate in un sorriso attraverso cui si mostrano i denti bianchissimi. Indossa una semplice maglietta bianca, dei jeans strappati chiari, gli anfibi scuri. È quasi l'opposto di Hemmings. I capelli sono di un castano chiaro, tagliati abbastanza corti sui lati e più lunghi e ribelli in alto. Sulle guance e sul naso ha una leggera spruzzata di lentiggini. La pelle è abbronzata e i suoi occhi sono ambrati. Probabilmente d'estate assomigliano a due monete d'oro.

Quanto possono ingannare le apparenze? Mi porto di fronte a lui, scavando nei suoi occhi con i miei, cercando di coglierne ogni sua essenza.

«Mi farebbe piacere. — gli rispondo e dal vetro scorgo il mio riflesso — Vestita così però non credo sia il caso.» sento l'imbarazzo prendere il sopravvento.

«James tra un po' esce a cercarti qualcuno per i vestiti. Prenditi una sua felpa.» la sua voce non è impositiva come quella di Hemmings, parla con leggerezza e spontaneità.

«Oppure potremmo restare qua.» propongo.

Hemmings sta per uscire. Sarebbe l'occasione perfetta per scappare.

«Stai morendo dalla voglia di uscire da questa casa.» scherza e mi porge la sua mano.

La prendo leggermente esitante.
Non mi sentivo in imbarazzo a vestire una semplice maglia con Hemmings, dopotutto non mi lascia scoperto alcunché, però non mi sento molto a mio agio con lui.

«Luke Clifford.» si presenta, stringendo la mia.

«Suppongo tu sappia già chi sia io.» nonostante la mia freddezza il suo sorriso non tentenna neanche per un istante.

«Sì e fortunatamente sono riuscito a sfuggire a Will. Hai presente il biondino? Ecco lui. Sta rimproverando James da un po'.»

«Cosa? Perché?» solo dopo essermelo chiesto ad alta voce capisco la stupidità della mia reazione.

Quel ragazzo mi ha comprata. Probabilmente i suoi amici possiedono un minimo di umanità. Hemmings non è una persona cattiva, mi dico, me lo ha dimostrato. Anche Daniel per mesi mi aveva dimostrato che potevo fidarmi di lui...

«Un paio di cosette riguardo la tua incolumità. Sei scomparsa da quasi due mesi. In molti ti credono morta o dispersa.» continua tranquillamente.

«Due mesi?» ripeto incredula in un sussurro «Sono stata lì per tutto questo tempo... Non ci posso credere.»

«James è riuscito a tirarti fuori da lì prima che fosse troppo tardi.» continua.

«Lui mi ha comprato. Mi considera un'oggetto, una bambolina.» lo correggo.

«Non lo dice con cattiveria e in realtà ha pagato la tua liberazione, non la tua persona. Fidati di me. Non ti considera un oggetto.»

«Per ora.»

«Ti spaventa così tanto?» la sua voce ora sembra preoccupata.

«Non mi fido, è diverso.»

«E di me ti fidi?»

«No.» rispondo istintivamente.

«Pensi ti voglia scopare nel parco?»

«No! Che razza di domanda è.» sento le guance andare a fuoco, non voglio arrossire, non devo.

Sarebbe fin troppo inopportuno. Con le mani mi copro il viso. Ride, ha una risata profonda e molto forte. Scopro il viso per poterlo vedere, gli si formano due fossette quando le sue labbra si piegano in un sorriso. Il suo volto sembra sia stato modellato per sorridere. I suoi occhi si stringono ma non troppo e il sole fa luccicare le sue pupille.

«Lo sapevo che ci sarei riuscito!» esulta senza preavviso. Aggrotto le sopracciglia, cominciando a pensare che sia pazzo.

«Ti ho fatto sorridere.» mi fa notare.

Lo guardo perplessa e le sue parole mi alleggeriscono la mente. Mi ha fatto sorridere? Non me n'ero nemmeno accorta. E perché ci tiene così tanto? Continua a sorridere e credo si stia trattenendo dal saltarmi addosso.

«Sei diverso da lui.» commento e immediatamente si fa serio. Forse non dovevo dirlo, è suo amico. Mi pare di leggere una sorta di delusione nel suo volto.

«Scusa, non volevo.» più che dispiaciuta la mia voce risulta intimorita.

Hanno tutti e tre una corporatura allenata, assomigliano a tre eroi greci, dubito che siano abituati a ricevere dei rifiuti o delle critiche da una ragazza, avrebbero un effetto intimidatorio su chiunque anche se temo che non serva essere molto forti per avere la meglio su di me in questo istante.
«Non sei come le altre ragazze» mi aveva detto Hemmings durante il nostro primo incontro.

«Ti scusi in questo modo anche con James? Ora capisco perché insisteva che vi raggiungessi prima.» il suo tono è ancora scherzoso. Non capisco cosa voglia dire. Mi guarda come se si aspettasse una risposta.

«Sai che sei la prima a dirlo? Ci dicono tutti che siamo identici. La prima dopo Will, ovviamente.» continua.

Come fanno ad essere identici? Mah... Chiunque l'abbia detto non li conosce. O forse sono io a non conoscerli.

«Dove ci troviamo?» gli chiedo tornando a guardare verso il parco.

«Sul serio non hai freddo?»

Va bene, sono più simili di quanto pensassi. Perché non si limitano a rispondere alle mie domande? Ritorno a guardare il parco dandogli le spalle.

«No. Mi piace l'effetto dell'aria sulla mia pelle. È da tanto che... insomma, non mi aspetto che tu riesca a capire.»

«Dimenticati di Santon. Dimentica quel posto. Ora sei con noi.»

Un vento più caldo degli altri si alza e muove i miei capelli. Non li fermo e lascio che danzino con esso.

Santon Frederick Ivan'Oe. Quel nome cade come un sasso nell'acqua. Sprofonda in me, provocando una serie di onde nella mia mente.
Tutte le volte che scendevano.
Per rendermi più ubbidiente, più domabile. I colpi di quell'uomo sul mio corpo, la mia voce che lo pregava di smettere. I miei singhiozzi non l'avevano smosso di un millimetro.
Avessi perso i sensi... forse non avrebbe fatto così male. No, ogni volta che stavo per crollare si fermava per poi ricominciare.
Il vento sembra fuoco sulla mia pelle ora. Sento delle forti fitte su tutto il mio corpo.
Non è reale. È solo un ricordo. Sento una voce maschile pronunciare il mio nome.
Quell'uomo è di fronte a me e le sue mani mi alzano in piedi e mi scaraventano contro la parete. Poco dopo la sua voce impassibile mi ordina di alzarmi.

«Non potete togliermi il mio nome.»

La sua mano stringe i miei capelli e un'ondata di vento più freddo mi avvolge violentemente. Mi torna in mente il mio primo risveglio in quella cella. Immersa nel buio. Avevo trovato la porta e avevo cominciato a gridare, a supplicare di tirarmi fuori da lì.

Erano tutti suoi ordini. Di Santon Frederick Ivan'Oe.

«CLARISSE»

I due occhi d'ambra sono di fronte me. Sto per cadere, non mi sento le gambe, ho l'impressione di non ricordare come si faccia a muoverle. Glielo vorrei dire ma è come se qualcosa mi stringesse la gola.
Sento il torace andare in fiamme.

«Non respira! Will fa qualcosa!»

«Distendila James.»

«Sta sudando freddo. Sbrigati.»

Sento le loro voci concitate attorno a me, ma lui è lì, Santon ha le sue mani attorno al mio collo. Perché non me lo tolgono di dosso?

«Volevi scappare da me eh?»

Il mio corpo è mosso dagli spasmi e una sua mano sta esplorando la mia bocca con le sue dita.

«Luke che le hai detto?»

«Di Santon.»

«Fanculo. Spostatevi.»

«Sei buona.» si porta la mano tra le sue labbra. Mi lascia e cado a terra. Rialzo lo sguardo su di lui, disgustata.
I suoi occhi sono blu. Un blu immenso. Si china verso di me. Ora sono ambrati. Ora verdi.

È solo la mia immaginazione.

«Non sei lì.» la voce di Hemmings è insopportabilmente severa.

Non sono lì. Abbasso le palpebre e mi costringo a tenere gli occhi chiusi.

«Sei libera.»

Sono libera.
Il mio cuore può battere. La mia anima può volare di nuovo. La mia mente può creare. Il mio istinto può prendere il sopravvento.

«Sei con me.»

L'Inferno che è in me è il mio regno.

«Sei così debole, Petrovich? Reagisci cazzo.»

Io non sono debole Hemmings.

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